Una cordata di imprenditori ha acquistato la storica istituzione culturale di Milano. Il nuovo direttore sarà il fondatore di Forza Italia

Le mani di Dell'Utri sul Teatro Lirico

La cultura Finivest.

Intendersene, se ne intende. Ha un'autentica venerazione per il Rinascimento, è appassionato di Giordano Bruno e Tommaso Campanella, conosce i grandi utopisti, è affascinato dall'eroe rinascimentale. Di sé, se potesse occuparsi solo dei suoi amati volumi, direbbe «io sono colui che concepisce mondi». E poi, fatto non secondario, è uomo ricchissimo e si muove a suo agio in una città che lo vede protagonista dal 1980, quando fondò Publitalia, la più grande concessionaria di pubblicità che fa capo al suo amico di sempre, Berlusconi, e che ne controlla il 60% del mercato.
Nel 1994, fonda «Forza Italia», curando personalmente la selezione dei candidati, sottoponendoli ad autentici provini per testare la loro capacità di reagire alle accuse più infamanti dei giornalisti. Arte di cui è maestro. Non a caso viene candidato a Milano nel 2001 e su di lui - per ordini ricevuti dall'alto - si riversano ben 69.743 preferenze. Sarà anche per questo che, tra la lettura di un incunàbolo e delle carte del processo che lo vede imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, il senatore Marcello Dell'Utri adesso dovrà trovare il tempo anche per ricoprire la carica di direttore culturale e artistico del Teatro Lirico di via Larga, la storica sala inaugurata nel 1779 e chiusa ormai da 5 anni.
Qualcosa di strano? Figurarsi. «Dell'Utri rappresenta una grande fetta della Milano culturale di oggi», ha spiegato candidamente Gianmario Longoni, socio della cordata che ristrutturerà il teatro e lo gestirà per i prossimi 15 anni. Quanto all'ingombrante caratura politica del neo direttore, «non mi risulta che faccia politica attiva... da noi il suo ruolo sarà culturale» ha azzardato Longoni, il giovane imprenditore già proprietario dei teatri Ciak e Smeraldo che in questi anni ha sbaragliato la concorrenza a colpi di cachet milionari diventando il vero «padrone» della scena teatrale milanese.

Come era facile prevedere, l'ennesimo tentacolo sulla cultura milanese - Mondadori (Einaudi, Elemond, LeMonnier, Sperling&Kupfer...) e Medusa sono del grande capo - non ha scomposto la giunta di centrodestra del sindaco Albertini: «In queste scelte la politica non c'entra», si è difeso l'assessore alla cultura Salvatore Carrubba, ex direttore del Sole 24 Ore, un liberal che viene dipinto come figura senza voce in capitolo all'interno della corte di Arcore.

Le opposizioni, invece, sono partite all'attacco parlando di una pericolosa interferenza, come se non si fossero accorte che la silenziosa ascesa dello scaltro mecenate da tempo ha già imbrigliato i gangli vitali della cultura milanese.

«Questo governo - sostiene Franca Chiaromonte, responsabile cultura dei Ds - ancora una volta conferma il suo atteggiamento invasivo, come sta avvenendo per le accademie e i conservatori, laddove sarebbe auspicabile una netta separazione tra politica e cultura». Contro la nomina di Dell'Utri spara a zero anche Andrea Colasio, capogruppo della Margherita in commissione cultura: «Si configura un processo strisciante di feudalizzazione della sfera culturale, di riduzione del suo margine di autonomia e del suo progressivo intrecciarsi alle logiche di partito».

Già fatto, è il caso di dire. Sull'influenza del personaggio Dell'Utri a Milano girano le voci più disparate, c'è chi lo dipinge come il grande burattinaio della cultura libraria italiana, con passioni onnivore - dal Quattrocento italiano fino ai testi della contestazione studentesca; e ci sono altri che ne intravvedono l'ombra dietro questa o quella importante libreria o fondazione.
Spesso lo si vede passeggiare tra le bancarelle del mercatino del libro antico che si tiene una volta al mese dietro piazza del Duomo. Il suo curiosare desta sempre una certa apprensione, a Milano non c'è libraio - di destra e di sinistra - disposto a parlarne senza una certa ammirazione. Il libro però non è solo una passione.
Dell'Utri è presidente della Fondazione Biblioteca di via Senato, dell'associazione culturale Il Circolo (più di 40 sedi in tutta Italia) e anche della biblioteca del Senato che ha sede a Palazzo Madama. E' sua anche l'idea di organizzare alla Permanente una delle mostre-mercato del libro antico più prestigiose a livello internazionale.
La Fondazione Biblioteca di via Senato mette a disposizione migliaia di volumi (dalla storia dell'impresa alla letteratura del '900, dalla storia del cinema e della fantascienza fino ai libri rari del XV secolo) e ospita seminari, mostre prestigiose e rappresentazioni teatrali.
Il senatore è anche editore della lussuosa rivista Erasmo (un altro dei suoi pallini), una pubblicazione bimestrale che ospita interventi di autori certo non organici alla cultura forzitaliota, come Umberto Galimberti, Giuseppe Pontiggia, Elisabetta Rasy e Ugo Volli. L'uomo è così superiore da potersi permettere anche di attaccare dalle colonne del suo nuovo settimanale, Il domenicale, un altro peso massimo del gruppo Mediaset come Maurizio Costanzo. «Basta con la dittatura televisiva del Costanzo Show», tutti a teatro.

Luca Fazio
Milano, 6 febbraio 2003
da "Il Manifesto"