Un’idea molto semplice anima la nostra proposta. Parlare di cinema per parlare in fondo di noi stessi. Parlare di cinema per recuperare il gusto di riunirsi e ritrovarsi. Confrontarsi, discutere e magari scontrarsi. Per mettere in campo pensieri, opinioni, passioni. Esperienze, percorsi, sensibilità dissonanti. Per tentare di riappropriarsi di uno spazio, di un luogo. Il circolo. Sforzandoci di scardinare la vulgata comune di una politica fatta solo di professionisti e mestieranti. Dirigenti e affaristi. Comici e ballerine. Rinvenendone, invece, il senso antico nell’ordito di relazioni. Rapporti. Amicizie. Arabesco di lotta e speranza. Presente e futuro. Condivisione e partecipazione. Arricchente per il solo fatto di corrodere l’atomizzazione della società contemporanea. Modo ulteriore di esser contro. Di rivendicare la nostra diversità personale. La nostra soggettività altra. Ennesimo guanto di sfida a ciò che ci circonda. All’abitudine del nostro quotidiano. All’indifferenza dei nostri gesti. Al sonno della nostra ragione. Attraverso la discussione e il dibattito, riconquistare i rapporti tra le cose. Tornare a leggerli. Guardarli con attenzione. Decriptarne i messaggi. Interrogarli nel profondo. Tutto questo in punta di piedi e con molta umiltà. Senza troppe pretese se non la voglia di divertirsi trascorrendo in compagnia una bella serata.
Proponiamo un elenco di film che ha più padri. In cui è però visibile la volontà di tracciare sentieri.
Garage Olimpo e La memoria ostinata per far sì che la giornata della memoria del 27 gennaio non resti un semplice rito vuoto e formale. Memoria rimossa. Memoria tramandata. Sottaciuta e sottomessa. Lacerante nel suo non essere condivisa. Memoria come presa di coscienza del persistere nella storia di comportamenti lesivi della dignità umana. Che sono sopravvissuti. Loro sì. Alla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz.
Elephant e Bowling a Columbine rappresentano un esperimento: da un lato mostrare come uno stesso episodio possa essere raccontato in maniera diversa e come questo diverso raccontare possa tradursi in messaggi e significati dissimili per lo spettatore; dall’altro spunto per riflettere sulla violenza e sul modo in cui essa si relazioni con la società e i suoi modelli culturali, costituendone la figlia bastarda e illegittima.
Fantozzi, La classe operaia va in paradiso e Le mani sulla città sono opere che più da vicino ci parlano della realtà che viviamo. Cinema scomodo e impegnato. Dal sarcasmo tagliente e quasi surreale. Come quanto viviseziona la figura alienata dell’impiegato che ogni giorno ci ritroviamo accanto in metrò. O capace di critica sociale, di livore e polemica politica. Sia nell’analisi dell’operaismo degli anni settanta, con il nascere di un nuovo soggetto sociale, l’operaio massa, e il suo dirompente e sovversivo movimento di rottura e di distacco dalle forme classiche di rappresentanza del proletariato, il partito e il sindacato. Dal qualunquismo all’autonomia operaia. Sia nell’attenta ricostruzione della distruzione del territorio che accompagna la disgregazione del tessuto sociale. Il prevalere dell’interesse particolare. Il venir meno della legalità e della moralità. Vedi alla voce Zen a Palermo. Vele a Napoli. Quartoggiaro a Milano. “I personaggi e i fatti sono immaginari, ma autentica è la realtà che li produce”.
Il fare politica è uno sguardo straniero sulla sinistra italiana. Quasi a volerne fare la fredda cronaca. Morte, assassinio annunciato. Agonia lunga vent’anni. Desertificazione della politica. Il gabbiano senza più neanche l’intenzione del volo perché oramai il sogno si è rattrappito. Un’interrogazione permanente al nostro attuale agire. Un taccuino di appunti per il futuro. Per evitare di morire tutti democratici. O era democristiani? Non ricordo…
(Argentina/Italia, 1999)
di Marco Bechis
con Antonella Costa,
Carlos Echeverría,
Chiara Caselli,
Domenique Sanda.
(Cile, 1997)
di Patricio Guzmán
(Usa, 2003)
di Gus Van Sant
con Timothy Bottoms,
Matt Malloy, Eric Deulen,
Alex Frost,
Elias McConnell.
(Canada/Usa, 2002)
di Michael Moore
(Italia, 1975)
di Luciano Salce
con Paolo Villaggio,
Giuseppe Anatrelli,
Liu Bosisio,
Anna Mazzamauro,
Umberto D’Orsi,
Plinio Fernando, Jimmy il Fenomeno.
(Italia, 1972)
di Elio Petri
con Gian Maria Volontè,
Mariangela Melato,
Salvo Randone,
Gino Pernice,
Mietta Albertini.
(Italia, 1963)
di Francesco Rosi
con Rod Steiger,
Salvo Randone,
Guido Alberti,
Angelo D’Alessandro.
(Francia, 2005)
di Hugues Le Paige
Le proiezioni avverranno presso la sede del circolo di Rifondazione Comunista “G. Impastato”
via Orsini 4 - Monza.
L’ingresso è libero e aperto a tutti.