Un writer a Palazzo Marino

Atomo Tinelli: «Guarda i muri la repressione è inutile»

Si costruiscono palazzoni, torri per i cellulari, c'è una mania per un finto ordine ma non puoi scarabocchiare

«Sono convinto che le cose peggiori partano sempre da Milano: così è stato anche per la guerra ai graffiti».

Davide Tinelli, per tutti Atomo, va indietro nel tempo e scova le radici dell'ossessione in voga quest'estate già nel lontano '93. La prima campagna della Lega che piazza uno dei suoi, Formentini, sulla poltrona di Palazzo Marino. Dopo di lui Albertini, area forzista, «quello che scimiottava il sindaco di New York Giuliani: bene, a un mega-convegno sulle nuove mafie emergenti a Palazzo Marino fece la sparata dicendo che a Milano le mafie emergenti erano tre: lavavetri, graffitari e Cgil», rammenta Atomo, 42 anni, operaio all'Aem, primo graffitaro in città. Era l'82. Poi militante nel Leonkavallo e consigliere comunale per 13 anni, fino al 2006, eletto nelle liste del Prc. «Gli attacchi ai writers, da 15 anni sono pressoché quotidiani, il vicesindaco di An, De Corato, formula proposte di galera, e ci sono taglie (un terzo della multa comminata finice a chi denuncia) e squadrette contro graffitari e clienti di prostitute, salvo poi beccare l'ex vicepresidente del consiglio comunale di An con a bordo un viado».

Atomo riconosce il valore dei writers della nuova generazione («Al confronto sono un cane») e, nella scorsa primavera, è stato l'organizzatore della mostra "Street Art Sweet art", patrocinata da Sgarbi e ospitata nel Pac, il Padiglione di arte contemporanea: «La più visitata degli ultimi dieci anni, tanto che vorremmo trasportarla a Roma».

Ma la guerra ai graffiti è trasversale come dimostrano Cofferati e Domenici in queste ultime ore.
Sembra che l'unica qualità storica rimasta alla sinistra sia un certo bigottismo togliattiano, lo stesso che indicò perfino i punk, agli albori degli '80, come potenziali fascisti. I graffiti sono sempre esistiti: prima, negli anni '70 erano perlopiù politici, ora sono più individualisti. Che che cosa fa più scempio, tutti quei marmi anticàti messi al posto di quelli autentici, oppure gli scarabocchi su ceti palazzoni? A Milano, ma anche altrove, non esiste più un parco libero, sono una somma di recinti, per cani, bambini, anziani. Ecco, hanno dimenticato i recinti per gli adolescenti...

L'assessore si accorge del valore artistico dei murales e il vicesindaco vuole sbattere in galera chi li fa. E' una schizofrenia solo apparente: quello che non diventa merce, e quindi può essere cooptato dall'industria culturale, in questo caso, diventa devianza, da criminalizzare.
E' un discorso legato alla trasformazione di questa città che, bada, non è la capitale del terziario ma delle telecamere. Le mettono ovunque ma poi funzionano solo quelle per le multe. Si costruiscono palazzoni, torri per i cellulari, c'è una mania per un finto ordine ma non puoi scarabocchiare: la campagna contro i writers è spropositata, sembra l'anticamera di Blade Runner ma il fenomeno è in continua ascesa: è una delle poche trasgressioni, forse la più economica e l'unica con velleità artistiche. La repressione non serve, lo dimostrano i muri, è istigazione a delinquere. I tram sono completamente tappezzati di pubblicità: perché tutto deve funzionare solo per il mercato? Basterebbe ricoprire alcuni vagoni della stessa pellicola e farli decorare dai cittadini... Un pedagogo in più e un portaborse in meno sarebbero d'aiuto.

Di cosa parliamo quando parliamo di graffiti?
Di vari stili in continua evoluzione, è comunicazione, arte di strada, è l'unica arte popolare in posti privi di umanità, non luoghi, che diventano supporti per messaggi. E' più forte della tv non devi neanche accenderli! Ci sono gli adesivi (sticker), le mascherine (stencil), le firme (tag), i poster, e i disegni come sui "panettoni" (dissuasori della sosta) o sulle cabine elettriche. Sono un recupero dell'inestetismo urbano. Molte volte è gioco, goliardia, ma la dose di consapevolezza è forte. Come quando le pubblicità vengono modificate.

Checchino Antonini
Milano, 4 settembre 2007
da “Liberazione”