Le origini del Primo maggio

Il 1886 fu un anno tumultuoso

Il primo maggio 1886 giunge al culmine di un periodo che si può far partire con la grande sollevazione popolare del 1877 negli Stati Uniti

Il 1886 fu un anno tumultuoso. Un contemporaneo lo definì giustamente "l'anno della grande insurrezione dei lavoratori". Gli storici l'hanno chiamato "anno della rivoluzione", "la grande sollevazione" e l'hanno definito "tale da meritare questo titolo anche più degli sconvolgimenti del 1887"». Un giorno in particolare, in quell'anno, sarebbe diventato una data cruciale - e tragica - nella storia del movimento operaio americano, prima, e internazionale, poi.
Non a caso lo storico Jeremy Brecher, nel suo classico studio sulle rivolte di massa nell'America dell'ultimo secolo, "Sciopero" (edizioni DeriveApprodi), dedica al Primo Maggio un intero capitolo, in stretta correlazione con la grande insurrezione che nove anni prima aveva esibito i caratteri del primo grande sciopero di massa negli Usa. Questo decennio di lotta, di lenta maturazione organizzativa e di crescita della coscienza nelle classi subalterne varcherà ben presto i confini americani, arricchendo di nuovi riferimenti e simboli l'immaginario dei maggiori partiti operai. La Seconda Internazionale, riunita nel suo secondo congresso a Parigi nel 1889, sceglierà come data per una manifestazione simultanea dei lavoratori in tutti i paesi del mondo il primo maggio, in ricordo di una grande dimostrazione operaia repressa nel sangue, tre anni prima a Chicago.

«Una grande manifestazione - stabiliscono i delegati della Seconda Internazionale - sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi».

Le lotte in America

Il primo maggio 1886 giunge al culmine di un periodo che si può far partire con la grande sollevazione popolare del 1877, quando un vasto movimento di scioperi contro la riduzione dei salari blocca l'intero paese, impossessandosi dell'industria più importante, la ferrovia. Contro gli scioperanti le compagnie ferroviarie scateneranno la repressione dei militari - anche se nelle battute iniziali i lavoratori riusciranno ad avere ragione della polizia prima e della milizia dello Stato, poi e, in qualche caso, anche delle truppe federali. «Con questo scontro - sintetizza Brecher - ebbe inizio la grande insurrezione del 1877, uno sciopero spontaneo, un vero e proprio sciopero generale che investì tutto il paese. L'esempio dato da Martinsburg - un importante scalo ferroviario da cui si propagò, il 16 luglio, la protesta dei lavoratori - lo sciopero dei ferrovieri in risposta al taglio dei salari, il tentativo della compagnia di rimettere in funzione i treni con l'aiuto dei militari, la sconfitta di questi ultimi a opera della folla unita nel suo sostegno agli scioperanti, in quella stessa settimana si estese alla nazione intera». Occorre l'impiego delle truppe federali, assieme alla polizia, perché alla fine governo e compagnie ferroviarie possano reprimere nel sangue l'insurrezione.

La memoria degli scioperi del '77 è ancora fresca nel movimento operaio americano quando - già a metà degli anni Ottanta - si riaccende il malcontento tra i lavoratori e le iniziative di lotta sono destinate a crescere secondo un ritmo esponenziale. Se nell'81 gli scioperi complessivi sono 471 in poco meno di tremila stabilimenti, nel 1886 - l'anno del fatidico primo maggio - gli operai incrociano le braccia per ben 1411 volte in 9891 fabbriche. Non solo: il numero degli scioperanti triplica rispetto alla media dei precedenti cinque anni. «I Knights of Labor delle città, i sindacalisti e gli anarchici, abbandonata la primitiva ostilità, appoggiavano tutti l'Associazione per le otto ore che conduceva le agitazioni per lo sciopero». Il cuore del movimento è Chicago, qui i lavoratori dimostrano «combattività» ed «eccellente organizzazione». Ma anche dalla parte opposta sono preparati: «già più d'un anno prima i giornali avevano dato notizia che gli uomini d'affari della città avevano costituito dei gruppi paramilitari armando i dipendenti delle ditte e agenzie per la vendita all'ingrosso, e che la Guardia Nazionale era stata ampliata». Gli scioperi sono consistenti e i lavoratori riescono sulle prime a strappare molte concessioni, ma il tre maggio la polizia fa fuoco sulla folla. E' l'inizio della repressione, nel giro di pochi giorni la polizia fa «irruzione in non meno di cinquanta pretesi ritrovi di radicali», viene arrestato chiunque sia sospettato anche vagamente di affiliazione a gruppi radicali. Gli arresti avvengono senza mandato. Sette anarchici sono processati e condannati a morte, altri quattro saranno in seguito impiccati, «anche se non c'era alcuna prova che avessero a che fare con gli incidenti».

Le prime celebrazioni

Il primo appuntamento della festa dei lavoratori è preparato da un'intensa attività politica e di propaganda da parte delle organizzazioni del movimento operaio. «Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!». E' con questa dimensione internazionalista che il primo maggio prende forma fin dall'inizio, accompagnato di contro dall'allarmismo di tutta la stampa conservatrice che invita la popolazione a non uscire di casa. Il meccanismo della repressione non tarda a scattare, senza eccezioni neppure nei governi liberali. Né si distingue per morbidezza la linea applicata in Italia da Francesco Crispi che proibisce qualunque manifestazione pubblica sia per il primo maggio che per la domenica successiva, il 4 - giorno in cui si è deciso in più città di rinviare iniziative e cortei al fine di sfruttare la festività e avere il maggior numero di partecipanti possibile. Sono tanti i fattori che sembrano giocare contro la riuscita della mobilitazione. Sul campo avverso si trovano non solo i gruppi d'interessi capitalistici e i governi, ma anche - è il caso specifico dell'Italia - la mancanza di un partito e di una organizzazione unitaria e nazionale dei sindacati. Il partito socialista vedrà la luce nel 1892, mentre la Confederazione generale del lavoro nascerà nel 1906 - anche se le prime Camere risalgono al 1891. A questa carenza si aggiunge, poi, l'incertezza di quanto l'obiettivo delle otto ore possa spingere i lavoratori a scendere in piazza. Se si tiene conto di tutti gli ostacoli non può non apparire sorprendente la riuscita del 1 maggio 1890, prima volta in cui la classe lavoratrice si mobilita nei diversi paesi ma all'interno di un unico collegamento internazionale. In Italia ci sono manifestazioni nelle piccole e grandi città, e tutte registrano una partecipazione consistente, al punto che Antonio Labriola annoterà: «La manifestazione del 1 maggio ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista». E su scala internazionale si può dire che «il proletariato d'Europa e d'America - commenta Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti».

Lavoratori di tutti i paesi

Proprio l'esito positivo dell'appuntamento spinge a confermare il primo maggio come data permanente della "festa dei lavoratori di tutti i paesi" - questa la dizione precisa che la ricorrenza assume. Il nome e la dimensione internazionalista restano immutati, mentre gli obiettivi in virtù dei quali di volta in volta si mobilitano i lavoratori cambieranno a seconda delle situazioni politiche e dei rapporti di forza nel conflitto sociale. A cavallo tra '800 e '900 le rivendicazioni riguardano soprattutto il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, sottoposte a un brutale regime di sfruttamento. Ma di anno in anno cresce la consapevolezza del movimento operaio, tanto rispetto agli obiettivi particolari e generali, quanto rispetto alla necessità di dotarsi di strutture organizzative stabili. E non è un caso che le mobilitazioni del primo maggio vedranno scendere in campo, al fianco del movimento operaio organizzato, anche gli strati popolari in senso più ampio. Con la festa dei lavoratori di tutti i paesi coinciderà, ad esempio, la cosiddetta rivolta dei poveri che per quattro giorni - dal 6 al 9 maggio 1898 - impegnerà a Milano 20mila militari in assetto di guerra, sotto il comando di Fiorenzo Bava Beccaris, schierati contro 40mila dimostranti a causa del caro prezzo del pane. L'insurrezione finirà soffocata nel sangue sotto i colpi dei cannoni e gli assalti della cavalleria. Nei primi anni del '900 il primo maggio si sovrappone invece alla rivendicazione del suffragio universale, alla lotta contro la guerra di conquista libica e la partecipazione dell'Italia al primo conflitto mondiale.

Sotto il fascismo

La prima vera e propria occasione di festeggiamento arriverà soltanto dopo i massacri della Grande Guerra, il primo maggio 1919, quando i lavoratori scenderanno in piazza dopo aver ottenuto lo storico obiettivo delle otto ore. Ma le speranze rivoluzionarie del biennio rosso si spengono velocemente, in parte per l'incapacità di direzione da parte del Psi, in parte per il divario che divide gli operai del nord dalle masse contadine del sud. Con la conquista del potere da parte del fascismo inizia un lungo periodo di buio. La celebrazione del primo maggio è proibita e si individua come data della festa del lavoro - non dei lavoratori - il 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma. Ma il carattere di classe sopravvive lo stesso in piccoli atti "sovversivi", ma di grande significato, che emerge nei comportamenti degli operai in occasione del primo maggio, in varie forme: dal garofano rosso all'occhiello alla distribuzione di volantini fino alle scritte sui muri.

E' solo a pochi giorni dopo la Liberazione che i lavoratori possono il 1 maggio 1945 tornare apertamente nelle piazze. Il clima di collaborazione antifascista, tuttavia, durerà poco e già due anni più tardi la festa dei lavoratori sarà colpita da un sanguinoso attacco: a Portella della Ginestra gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro la folla che assiste al comizio. Dal '48 poi il movimento sindacale italiano si spacca con la nascita di Cisl e Uil, una rottura che, per quanto riguarda le celebrazioni del primo maggio, sarà ricomposta solo a partire dal 1970. Il resto - lotta per la pace e articolo 18 per tutti - è cronaca recente.

Tonino Bucci
Roma, 1 maggio 2003
da "Liberazione"