Venerdì 7 novembre, sciopero nazionale dei metalmeccanici FIOM

Il silenzio mediatico e i metalmeccanici

Tutta la stampa, tranne che Liberazione, il manifesto e l'Unità, ha praticamente ignorato la manifestazione del 7 novembre.
RaiMediaset l'ha cancellata del tutto.

sciopero FIOMIl Corriere della Sera annuncia in prima pagina il disastro delle buste paga dei lavoratori: fino al 21% in meno del potere d'acquisto in tre anni, con una caduta media del 13-14%. Come se un lavoratore a fine anno avesse ricevuto 11 e non 13 mensilità. Sono due mesi di stipendio in meno che mancano nelle buste paga, nei redditi, nella vita delle famiglie. La dinamica dei salari italiani è la peggiore tra quelle di tutti i principali paesi industrializzati, l'unica che da alcuni anni è costantemente al di sotto del tasso di inflazione. E' prima di tutto per questo che il 7 novembre i metalmeccanici vengono a Roma.

A volte la grande stampa scopre il disagio sociale del lavoro, la caduta dei salari, persino la precarietà. Tuttavia lo stesso circuito mediatico ignora totalmente manifestazioni come quella dei metalmeccanici. Pare quasi che quelle buste paga falcidiate si librino da sole nei cieli dell'economia, e non rappresentino invece concrete condizioni di vita. E, ancor di più, pare che non ci siano persone in carne ed ossa che, vivendo con quelle buste paga, lottano per cambiare le cose.

Alla Fiom, ai metalmeccanici, è precipitato addosso un silenzio mediatico che non ha paragoni con nessuno dei soprusi informativi che si fanno nel nostro paese. Tutta la stampa, tranne che Liberazione, il manifesto e l'Unità, ha praticamente ignorato la manifestazione del 7. RaiMediaset l'ha cancellata del tutto.

C'è stata più sensibilità in un certo mondo dello spettacolo che in quello dell'informazione ufficiale. Vogliamo qui ricordare il comico Enrico Bertolino, che in una sua trasmissione alla Rai, ha trovato il modo di citare il contratto dei metalmeccanici e il gruppo di Zelig, che ha realizzato a Sesto San Giovanni uno spettacolo di solidarietà. Però 150 mila persone che si preparano a venire a Roma, evidentemente convinte che manifestare pacificamente per i propri diritti significhi in una democrazia farsi ascoltare, assieme a tutti gli altri metalmeccanici vengono ignorate.

La lotta della principale categoria dell'industria è prima di tutto una grande battaglia per la democrazia. Gli accordi separati, che sono stati sottoscritti da organizzazioni minoritarie, rappresentano infatti una violazione del primo diritto che segna la cittadinanza democratica: quello di poter decidere con il voto. Ai metalmeccanici è stato tolto questo diritto, ma così la stessa contrattazione è stata messa in discussione.

La Legge 30, tutta l'iniziativa del Governo sul rapporto di lavoro, non mirano soltanto a mettere in discussione i diritti individuali delle persone, ridotte a merci degradate che possono essere comprate, vendute e dismesse in qualsiasi momento. No, questa legislazione mette in discussione i diritti collettivi. La contrattazione, da esercizio democratico con il quale i rappresentanti sostengono gli interessi dei rappresentati sulla base del consenso e della partecipazione, si trasforma in affare di mercato. Quando la Confindustria e il Governo hanno teorizzato il principio, istituzionalizzato nella Legge 30, che si fanno gli accordi "con chi ci sta", hanno messo in discussione un altro capitolo della nostra Costituzione. Il contratto è stato ridotto a una compravendita nella quale l'impresa si accorda con chi offre il prezzo più basso.

Come spesso accade, ai metalmeccanici è toccato per primi, ma oggi Governo e Confindustria chiariscono sempre di più la loro intenzione autoritaria verso tutto il mondo del lavoro. Vogliono imporre le loro scelte e avere dei docili ratificatori di esse dall'altra parte. Per questo, la Cisl e la Uil, che pure hanno firmato il Patto per l'Italia e tanti accordi separati, alla fine sono state brutalmente liquidate dal Governo. Per questo la democrazia sindacale viene messa in discussione e con essa ogni forma di rappresentatività. I compagni della Cub, che scioperano anch'essi il 7, hanno denunciato la cancellazione della loro presenza istituzionale per fare posto al sindacato padano, inesistente, ma caro al Ministro del Lavoro.

Se i lavoratori non possono decidere sui loro contratti, vuol dire che sul loro posto di lavoro non sono cittadini, ma sudditi. Ma non si cancella con un atto di autorità una storia di democrazia che viene da ben lontano. Come il silenzio stampa sulla manifestazione non ha impedito il riempirsi di tanti treni straordinari e di migliaia di pullman, così l'autoritarismo del Governo e della Confindustria non possono cancellare la volontà dei lavoratori di difendere i loro diritti e di decidere su di essi.

Per questo i metalmeccanici sciopereranno in tanti il 7, e con essi ci saranno a Roma i movimenti antiliberisti. E tutti coloro che non accettano più quel miscuglio di autoritarismo in politica e dominio del mercato nella vita sociale, con cui pretendono di governarci. Per questo i pre-contratti, che aumentano il salario e riducono la precarietà in tante aziende, stanno mettendo in crisi la linea della Federmeccanica, delle altre associazioni degli industriali e dello stesso Governo, che reagiscono con provocazioni e insulti.

E' sicuramente una lotta dura e difficile quella iniziata dalla Fiom, ma non è certo senza speranza e senza risultati. Lo vedremo il 7 e anche dopo, anche se non ce lo faranno vedere nelle grandi reti televisive.

Giorgio Cremaschi
Torino, 6 novembre 2003
da "Liberazione"