occhiello

«Chi avrebbe dovuto controllare non ha fatto il suo mestiere»

Intervista all'economista Augusto Graziani sullo stato di salute e sulla "tenuta" del capitalismo italiano

Professor Graziani che cosa sta succedendo al capitalismo italiano?

Quello che sta succedendo lascia perplessi. Noi eravamo abituati ad avere nella struttura industriale italiana alcune grandi imprese non solo di una certa rispettabile solidità ma anche caratterizzate da una conduzione finanziariamente seria. La Fiat, la Pirelli, la vecchia Montedison, naturalmente cercavano di guadagnare più profitti possibile, anche comprimendo i salari, sacrificando le condizioni di lavoro, ma sul piano finanziario e della raccolta del risparmio non si erano mai verificate situazioni veramente preoccupanti. Adesso queste grandi imprese si sono ridotte di numero, occupano uno spazio minore. Sono comparse invece le imprese di media dimensione che danno l'impressione di avere copiato il modello statunitense, e cioè l'assalto ai mercati finanziari, nessun rispetto per il risparmiatore, e poi si può andare incontro a un fallimento tanto lo pagherà qualcun altro.

Il rischio d'impresa che fine ha fatto?

L'imprenditore adesso rischia solo la sua rinomanza, che peraltro non è più cristallina, ma di questo lui si disinteressa. Eventuali suoi risparmi lui se li è messi da parte, facendoli sparire sotto terra. Quindi non rischia assolutamente nulla. Molte volte si può avere anche l'impressione che questi fallimenti siano quasi architettati, di un imprenditore che lancia un'impresa, poi si mangia i profitti e infine dichiara lo stato di crisi.

Mangia i profitti ma continua a drenare denaro dai mercati e dai risparmiatori. Come è possibile? Non abbiamo organi di controllo adeguati?

E' vero, non abbiamo organi di controlli adeguati. Negli Usa, dove c'è un capitalismo d'assalto, c'è anche la Sec, la Security Exchange Conmission, che anzitutto esige dalle imprese una serie di notizie dettagliate dei bilanci, riguardanti la loro gestione, mentre i bilanci delle imprese italiane sono assolutamente illeggibili e privi di qualunque significato. Poi abbiamo l'impressione che questi controlli, sia dall'alto della Banca d'Italia sia dall'alto della Consob, non siano adeguati per la tutela del risparmiatore. L'esperienza che dovremmo trarre è che dobbiamo darci una legislazione di controllo molto diversa da quella attuale.

Le organizzazioni dei consumatori stanno proponendo una autorità di vigilanza sul risparmio sottratta alla Banca d'Italia. Lei che ne pensa?

Il controllo delle banche è una cosa che lascerei alla Banca d'Italia perché mi sembra che la banca centrale sia nelle sue funzioni di vigilanza che poi sono quasi le ultime che esercita. Io rispetterei la vecchia tradizione di assoluta indipendenza della Banca centrale rispetto al governo che è un organismo di partito, il che è ben diverso. Quello di cui si può discutere adesso è la creazione di un organo di vigilanza sulla gestione delle imprese che richiederebbe una legislazione tutta da costruire per creare un organo simile alla Sec americana. Il problema è che le imprese dovrebbero essere obbligate, attraverso una legislazione di diritto commerciale completamente nuova, a fornire i dettagli di gestione che ora non sono tenute a fornire. Oggi il risparmiatore acquista azioni o obbligazioni della Parmalat senza che alcun analista sia in grado di dirgli che la gestione è solida, perché l'impresa non è tenuta a fornire i dettagli di gestione.

Ci sono le agenzie di rating e di revisione aziendale. Non avrebbero dovuto sentire in anticipo la "puzza di bruciato"?

Queste sono società private che dovrebbero essere assolutamente cristalline, per dare la garanzie della loro certificazione. C'è da chiedersi, a volte, se siano davvero società cristalline, perché poi queste società di rating forniscono le loro prestazioni alle singole società a pagamento. La loro indipendenza sta nel loro codice morale, non nella loro struttura. Anche un organismo pubblico potrebbe lasciarci insoddisfatti, ma almeno non sarebbe proprio una cosa affidata a privati.

Gemma Contin
Roma, 21 dicembre 2003
da "Liberazione"