Ceriano Laghetto, il luogo dove è avvenuta la tragedia.
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“Lavoravano in nero e senza garanzie di sicurezza i due operai che giovedì pomeriggio (2 marzo 2006) sono rimasti sepolti vivi sotto cinque quintali di argilla, in un cantiere di Ceriano Laghetto presso la ditta Termo Inox. Nunzio Minardi, 69 anni, origini siciliane e residenza a Busto Arsizio, continuava a vestire i panni del carpentiere nonostante fosse in pensione. Senza contratto di lavoro, proprio come Valentin Karri, 24 anni, albanese, che non aveva neppure il permesso di soggiorno.”
Gli infortuni mortali in
edilizia di alcuni giorni fa in Provincia di Milano
ripresentano, purtroppo, problemi vecchi ma di
gravissima attualità, mai affrontati seriamente e
mai risolti nel nostro Paese.
La riduzione dei
pubblici funzionari preposti al controllo delle
misure di prevenzione contro gli infortuni e
delle corrette applicazioni delle norme di legge
sulle assunzioni, retribuzioni e pagamento delle
tasse e dei contributi previdenziali, hanno
favorito quei criminali travestiti da imprenditori
che si arricchiscono velocemente sul supersfruttamento
dei lavoratori alle loro
dipendenze.
Eppure leggi nazionali e direttive
europee esistono.
La non applicazione delle
norme porta gravi lutti nelle famiglie dei
lavoratori e delle lavoratrici.
Si tratta, allora, di
fare una grande operazione politica e sociale
che liberi i lavoratori dalla paura di essere
licenziati solo se si mettono a pensare di poter
far valere i loro diritti e tutele.
Le indagini sulle
opinioni dei lavoratori non sono mai finite.
Siamo anche qui ad una violazione palese della
Legge 300 (maggio 1970).
I padroni sono stati
incentivati da legislazioni che hanno favorito lo
scorporo delle attività aziendali, riducendo,
spesso, sotto i 15 dipendenti le unità produttive
per non applicare le leggi di tutela.
Gli ispettori
del lavoro sono in quantità talmente infima
rispetto alla crescita quantitativa delle microaziende
ed i padroni sono quasi certi di non
subire controlli.
In Italia esistono circa 400mila
agenti di pubblica sicurezza suddivisi nelle 5
(cinque) polizie a carattere nazionale, e a questi
vanno aggiunti gli oltre 100mila vigili urbani.
L’azione delle forze dell’ordine è però quasi
tutta indirizzata a sostenere la
cosiddetta”tolleranza zero” nei confronti degli
extracomunitari, dei piccoli criminali nostrani,
mentre quelli che sono potenzialmente
portatori di gravissimi comportamenti nei
confronti dell’integrità psico-fisica dei lavoratori
e lavoratrici dipendenti possono continuare
tranquillamente ad attentare alla sicurezza, alla
vita delle persone che lavorano.
La dispersione
in tantissimi corpi di polizia (ognuna con i loro
alti comandi e dirigenti), i costi elevatissimi che
questo comporta per le pubbliche finanze, la
scarsa funzionalità e quasi totale
incomunicabilità fra i corpi che questa
disorganizzazione comporta, sono concausa
dell’impunità di “lor signori”.
Il proliferare degli
appalti al massimo ribasso contribuiscono a
spingere i padroni a non spendere per
salvaguardare la salute dei dipendenti.
Il lavoro
nero è presente in molti quartieri, nei
capannoni e scantinati, in locali per i quali non
c’è autorizzazione all’abitabilità né tanto-meno
la concessione d’uso.
Un contributo per
debellare una parte non marginale del lavoro
nero dovrebbe venire anche dalle
Amministrazioni locali per far rispettare i
regolamenti comunali.
Su questi temi dovrebbe
avvenire il confronto, il dibattito e l’iniziativa
politica, per sconfiggere una cultura e una
politica che le destre al governo hanno favorito.
E vanno coinvolti anche gli addetti alla pubblica
sicurezza, alla tutela e prevenzione della salute,
perché anche per loro vi è l’esigenza di lottare
per conquistare più diritti e maggiore sicurezza.