Un accrescimento esponenziale di ricchezze mentre l'insieme del mondo del lavoro arretrava nel proprio potere di acquisto e il Paese intero arretrava. Perché il presidente Fiat guadagna 500 volte di più di un operaio?

I privilegi sono un costo per la democrazia: tagliamoli

Franco Giordano: «Tagliamo i costi per la democrazia»

C'è aria di tagli. E una pioggia di emendamenti ieri si è abbattuta sulla manovra. Tra mille perplessità e dubbi e tra i chiarimenti richiesti dai tecnici del Servizio bilancio vi è anche quello di accertare con maggior precisione l'entità dei risparmi su auto blu, corrispondenza postale e telefonia. E' in questo clima che ieri Rifondazione ha lanciato la sua proposta. Una proposta - sottolinea il segretario Franco Giordano - «per ridurre i privilegi con una distinzione necessaria tra i costi della politica e quelli della democrazia». Il nodo è tutto qui.
E dunque la decisione sui tagli da effettuare andrebbe sì individuata ma riportando alla ribalta una questione dimenticata, una «questione morale».
Insomma, «sono pronto ad accettare che si parli di una crisi della politica», continua Giordano, ma certo a patto che a mettere in evidenza il problema siano i precari, i lavoratori, i pensionati, «non può certamente farlo un manager che guadagna 500 volte di più di un suo dipendente». E cinquecento volte di più non sono poche. Dati alla mano, i conti di nuovo sono presto fatti. Milioni di lavoratori dipendenti e di pensionati hanno visto ridotto il potere di acquisto delle loro retribuzioni, hanno perso i meccanismi automatici di adeguamento alla crescita reale del costo della vita; imprenditori e grandi manager al contrario hanno aumentato i loro redditi in maniera esponenziale aumentando le disuguaglianze tra le fasce alte e quelle basse di reddito, e oltretutto, godono per gli incrementi dei propri emolumenti di regimi fiscali separati in cui vi è un prelievo del 12,5% inferiore di oltre al metà a quello di lavori dipendenti e pensionati e ridotto del 50% rispetto alla media europea. Si prendano alcuni esempi: Cesare Geronzi, di Capitalia, ha visto lievitare la sua retribuzione di oltre il 272% dal 2001 al 2005 passando da un compenso pari a 1milione e 136mila euro annui a ben 4 milioni e 230mila euro nel 2005.
Alessandro Profumo di Unicredit ha subìto lo stesso aumento di quasi il 215% passando dai 2 milioni e quasi cinquecentomila euro nel 2001 agli oltre 7 milioni del 2005. E la lista dei privilegi si allunga. Marco Tronchetti Provera intasca - rilancia il segretario di Rifondazione - ben più dell'Ad di British Telecom e Di Deutsche Telekom, Pierluigi Montani, Ad di Antonveneta, prende più del doppio di Rijkman Groenik che guida Abn Amro. Senza considerare che a queste paghe vanno sommati benefit e stock option. E su quest'ultimi i beneficiari pagano pochissime tasse grazie all'aplicazione di una aliquota secca del 12,5%.

Senza contare che l'Italia è al 41esimo posto nel mondo per la corruzione nel settore pubblico. E a dimostrarlo è lo studio di Transparency International, che riguarda 180 paesi in tutto il mondo, che vede quest'anno al primo posto la Danimarca, la Finlandia, e la Nuova Zelanda con 9,4 punti. All'ultimo vi è la Somalia con 1,4 punti.
Dunque si devono o no abbattere questi privilegi?
L'idea di Rifondazione è dunque chiara: ed è quella di «essere intransigenti contro i costi della politica» facendo però ben attenzione che a questo non corrisponda «un taglio delle forme di partecipazione».
Vale a dire non si può certo affrontare il tema dei costi della politica attraverso il taglio dei livelli più decentrati della partecipazione: consigli circoscrizionali, consigli municipali e consigli comunali.
Il primo problema da risolvere è nel taglio dei costi ai parlamentari. L'esempio dei deputati di Rifondazione è messo nero su bianco: dallo stipendio mensile pari a circa 15 mila euro tolgono oltre la metà dello stipendio per versarlo al partito, una parte viene destinata alle iniziative nel collegio dove si è stati eletti e poi «ogni spostamento di un nostro parlamentare viene pagato a sue spese», aggiunge Giordano. Ma il nodo resta: «A fare critiche non può certo essere la classe imprenditoriale».
Uno dei casi esaminati nel fascicolo prodotto dal Prc c'è quello di Montezemolo. «Facciamo un gioco - dice Giordano - fingiamo che Montezemolo venga pagato solo come presidente Fiat. Facciamo finta che guadagni solo 7 milioni di euro l'anno mentre sappiamo perfettamente che un operaio della Fiat guadagna 1.100 euro. Il presidente della Fiat guadagna in un anno quanto 489 dei suoi dipendenti». E allora? La proposta di Rifondazione è netta: prevedere una retribuzione massima per gli stipendi dei manager che non superi 10 volte il salario minimo del livello più basso. Insieme con la riduzione degli stipendi, l'altra richiesta è nell'armonizzazione delle rendite al 20%, «un modo - continua il segretario di Rifondazione - per recuperare soldi da destinare alla distribuzione del fiscal drag e alla detassazione degli aumenti contrattuali». Un modo - sottolinea ancora Gennaro Migliore - «per riportare equità ed eguaglianza in un sistema che resta ingiusto». Anche per questo domani si andrà in piazza, conclude. «Per dare maggior forza alle "parole della sinistra" in questo Paese». Contro ogni casta e privilegio di per sé ingiusto e in nome di una riforma sociale nel segno dell'uguaglianza e della giustizia sociale.
Un accrescimento esponenziale di ricchezze mentre l'insieme del mondo del lavoro arretrava nel proprio potere di acquisto e il Paese intero arretrava. Un aumento esponenziale, quindi, delle disuguaglianze come mai si è visto in questi ultimi decenni.
Milioni di lavoratori dipendenti e di pensionati hanno visto ridotto il potere di acquisto delle loro retribuzioni, hanno perso i meccanismi automatici di adeguamento alla crescita reale del costo della vita, vedono tassati i loro modesti aumenti contrattuali, che spesso costano ore di sciopero, all'aliquota fiscale più alta, addirittura subiscono una ulteriore erosione del loro reddito attraverso il meccanismo perverso chiamato fiscal drag.
Imprenditori e grandi manager, al contrario, hanno aumentato i loro redditi in maniera esponenziale aumentando le disuguaglianze tra le fasce alte e quelle basse di reddito e, oltretutto, godono per gli incrementi dei propri emolumenti di regimi fiscali separati, in cui vi è un prelievo del 12,5% inferiore di oltre la metà a quello di lavori dipendenti e pensionati e ridotto del 50% rispetto alla media europea.
Quando si parla di tassare le rendite finanziarie e i guadagni speculativi almeno quanto avviene in Europa, parliamo precisamente di intervenire per eliminare questa intollerabile condizione di privilegio.
Risulta, in questo contesto, veramente incredibile che siano proprio i rappresentanti di questa classe privilegiata e favorita che si ergano a paladini della moralizzazione e della buona politica.
Il tema dei costi della politica, non può essere separato, inoltre, da quello del rapporto perverso tra affari e politica che rappresenta un peso insopportabile anche come costo economico e come fattore di arretratezza del Paese. I dati dell'ultimo rapporto internazionale sulla corruzione nel mondo parlano assai chiaro.
L'Italia è al 41° posto nel mondo per la corruzione nel settore pubblico. Lo studio di Trasparency International, che investe 180 paesi in tutto il mondo, vede quest'anno al primo posto la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda con 9,4 punti. All'ultimo vi è la Somalia con 1,4 . Vi è una stretta correlazione tra la corruzione e la povertà : il 40% delle nazioni che hanno un voto inferiore a 3 risultano infatti essere estremamente povere.
E' calcolato che ogni punto in meno di 10 nella classifica della trasparenza (l'Italia ha solo 5 punti) corrisponde al 16% in meno degli investimenti stranieri con conseguenze disastrose su Pil e occupazione.
E' stimato che il 2,5% del nostro Pil finisca in tangenti ed in più si deve considerare che il vantaggio del corruttore è almeno il doppio di quello che viene pagato.
Nel nostro paese è possibile quantificare il danno provocato dalla corruzione nell'ordine di grandezza di 70 miliardi di euro, una cifra impressionante che potrebbe essere destinata ad altro.
Il settore approvvigionamenti della Pubblica Amministrazione risulta essere uno dei settori più corrotti e sempre Trasparency International calcola che interessi il 20-22% del volume. Nelle seguenti strutture, nelle quali sono in corso gli accertamenti, risultano gravi corruzioni:

Su tanti altri fronti ancora non è partito alcun accertamento.
Poco indagati e pubblicizzati sono i dati sulla corruzione interna alle aziende private a partire dalle grandi multinazionali che operano in Italia (i casi Siemens e ABB ecc.) e quella diffusa nei punti sensibili delle vendite e degli approvvigionamenti.
In questo contesto, affermiamo la più netta contrarietà ad affrontare il tema dei costi della politica attraverso il taglio dei livelli più decentrati della partecipazione: i consigli circoscrizionali, i consigli municipali, i consigli comunali.
La questione, invece, consiste nel non separare, come fanno ipocritamente una gran parte dei mezzi di informazione che alimentano la campagna dell'antipolitica, i costi enormi scaricati sulla collettività dal rapporto tra affari e politica e dalla corruzione, dal peso crescente sui bilanci pubblici dai costi indotti dall'impiego di consulenze esterne e dalle cosiddette esternalizzazioni, dalla zavorra rappresentata dal crescere di enti istituzionali di secondo livello (ognuno con il suo consiglio di amministrazione, i suoi sindaci ecc.) alimentato in questi anni.
La priorità per noi è una proposta che affronti il tema dal punto di vista dell'equità sociale e della riforma della politica. Il punto è tagliare i costi, moralizzare la politica, investire sulla democrazia e la partecipazione.

1. Quanto guadagnano gli industriali e i grandi manager privati in Italia

C'è un'altra casta di cui nessuno parla: quella dei dirigenti e dei manager delle società private.
Quella di chi negli anni del declino industriale, della crisi economica, delle migliaia di lavoratori messi in cassa integrazione e della precarietà diffusa, ha aumentato in modo esponenziale il proprio compenso.
Ecco come sono lievitati in cinque anni gli "stipendi", al lordo delle tasse e senza contare stock option e bonus, di alcuni amministratori delegati o presidenti di società quotate che non hanno cambiato incarico.

Guadagni dei manager italiani

Quanto guadagnano gli industriali e i grandi manager privati in Italia

Photo by Bobbyinfo

Tra il 2001 e il 2005 è andata ben diversamente per i lavoratori dipendenti i cui salari al netto dell'inflazione sono rimasti fermi ed hanno perso potere d'acquisto per oltre il 12%.
Cosa accade nel resto d'Europa? Mentre le retribuzioni dei lavoratori italiani restano tra le più basse del continente, i guadagni dei manager nostrani superano di gran lunga quelli dei colleghi d'oltralpe: Tronchetti Provera intasca ben di più dell'amministratore delegato di British Telecom e di Deutsche Telekom, Pierluigi Montani, amministratore delegato di Antonveneta prende più del doppio di Rijkman Groenink che guida Abn Amro, Luca Cordero di Montezemolo, con i suoi 7 milioni di euro all'anno (solo da Fiat e Ferrari) si lascia alle spalle Bernd Pisctsrieder di Volkswagen (che guadagna 2,6 milioni) e Louis Scweitzer, boss della Renault (2,2 milioni).
A queste "paghe da fame" vanno sommati benefit e stock option.
Quanto sono costati nel 2005 i manager delle 65 principali società quotate in borsa? 350 milioni di euro, il 20% in più dell'anno precedente.
Ad esempio, grazie alle stock option, Antonio Favrin della Marzotto (che ha uno stipendio annuo di "soli" 500mila euro) si è portato a casa 14 milioni di euro.
Il 2006 è l'anno della ripresa. E che ripresa per i top manager italiani: oltre 40 (contro i 27 del 2005) hanno chiuso l'anno con una "busta paga" superiore ai 3 milioni di euro (sempre senza contare liquidazioni e opzioni).
Alberto Lima tra, Impregilo e Sirti, si è messo in tasca 7,3 milioni. Marco Tronchetti Provera si è consolato del disastro finanziario di Pirelli Telecom regalandosi un assegno da 7,1 milioni di euro.
Non mancano i figli d'arte: Jonella Ligresti ha guadagnato oltre 5 milioni di euro, superando Francesco Caltagirone Jr. (4,7 milioni).
E come è andata con le stock option? Nel 2006 i super manager delle società quotate hanno intascato oltre 500 milioni di euro.
In pole position c'è Rosario Bifulco, presidente e amministratore delegato di Lottomatica, che si è guadagnato una gratifica da 37,3 milioni. Le stock option su Ferrari hanno regalato a Luca Cordero di Montezemolo oltre 10 milioni.
Ecco la classifica dei 10 manager con i benefit più alti.

Benefit dei dirigenti italiani

Benefit

Sui milionari introiti derivanti dalle stock option i beneficiari pagano pochissime tasse grazie all'applicazione di una aliquota secca del 12,5%.
Bel regalo, se pensiamo che il lavoro dipendente viene tassato in media del 30% e che, nel resto d'Europa, le rendite finanziarie sono tassate in media del 20%.
C'è una prassi che caratterizza sia i dirigenti delle società a partecipazione statale, sia quelli dei gruppi e delle grandi imprese private: quello di ricoprire incarichi in ben più di una azienda e di un ente (con relative remunerazioni).
Oltre ad essere presidente di Fiat, Luca Cordero di Montezemolo è presidente di Confindustria, presidente di Maserati, della Fiera Internazionale di Bologna e della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (Luiss), è consigliere di amministrazione del quotidiano La Stampa, PPR (Pinault/Printemps Redoute), Tod's, Indesit Company, Campari e del Bologna Calcio.

Quanto guadagna in un anno Montezemolo?

Facciamo un gioco, fingiamo che venga pagato solo come presidente Fiat, che non percepisca un soldo come leader di Confindustria, che faccia volontariato alla Fiera di Bologna e nelle altre realtà in cui ricopre incarichi, che non abbia altri benefit, che non abbia percepito una lira con le stock option.
Facciamo finta che guadagni solo 7 milioni di euro all'anno, mentre sappiamo perfettamente quanto guadagna un operaio della Fiat: circa 1.100 euro netti al mese, ossia 14.300 euro all'anno (1.100 euro al mese x 13 mensilità).
7.000.000 (compenso presidente Fiat) : 14.300 (salario operaio Fiat) = 489 Il presidente della Fiat guadagna quanto 489 dei suoi dipendenti.
Tra il 2003 e il 2004 Fiat auto era un'impresa al collasso, con migliaia di lavoratori tra cassa integrazione e mobilità. Il reddito complessivo dichiarato nel 2004 (e quindi relativo al 2003) dal Presidente di Fiat è stato di 15 milioni 775 mila euro.
15.775.000 (compenso Montezemolo): 14.300 (salario operaio Fiat) = 1.101
Nel 2004 Luca Cordero di Montezemolo ha guadagnato quanto 1.101 lavoratori Fiat attivi.
Facciamo un altro conto: i lavoratori messi in cassa integrazione percepiscono circa 800 euro netti al mese.
Montezemolo, con il suo solo compenso di un anno, avrebbe potuto pagare l'indennità di cassa integrazione a circa 1.500 lavoratori.
Oltre a mettersi in tasca assegni milionari, indipendentemente dallo stato di salute delle società che "governano", i top manager quando se ne vanno intascano liquidazioni da brivido.
Lo scettro 2006 spetta ai vertici del mosaico Pirelli- Telecom: Carlo Buona ha lasciato Bicocca con 18,8 milioni di euro.
Emilio Tonini è andato in pensione da Mps con 10 milioni di euro; Vittorio Colao ha salutato Rcs con 7,4 milioni di euro.

Per concludere:

Possibile che questi signori, ben rappresentati da Confindustria, si facciano promotori di una campagna per ridurre le tasse (a se stessi, ovviamente)?

Possibile che chi intasca personalmente milioni di euro all'anno continui a spiegarci che la competitività delle imprese si gioca sull'abbattimento del costo del lavoro (ossia del salario delle lavoratrici e dei lavoratori)?

Possibile che i vertici di Confindustria non passino giorno senza darci lezioni su come gestire il paese?

Comincino a non costruire le barricate, come stanno facendo, contro la tassazione delle rendite finanziarie prevista dal programma dell'Unione.

2. I grandi manager delle grandi aziende pubbliche o a partecipazione statale

Facciamo solo alcuni esempi.

Aumenti di stipendio

Giancarlo Cimoli (Ex Ferrovie, Alitalia)
2 milioni 700 mila euro
Amministratore delegato e presidente di Alitalia ha dichiarato 2 milioni e 700 mila euro senza contare la lauta liquidazione ottenuta dalle Ferrovie dopo il suo passaggio all'Alitalia (intorno ai 6,7 milioni di euro ).
Il suo stipendio è aumentato in un anno del 23%. Per essere più precisi: dai 2 milioni e 269mila euro annui del 2004 è passato ai 2 milioni e 786mila del 2006 (esattamente quanto guadagnano 210 dipendenti a contratto standard).

Elio Catania (ex FS)
2,5 milioni
Ex presidente e amministratore delegato di Fs, pare sia stato liquidato con una buonuscita di 7 milioni circa. Da notare che sono di 1,3 miliardi le perdite dichiarate dalle Fs per il 2006, mentre nel 2003 l'utile era di 31 milioni.

Vito Gamberale (ex Autostrade)
12 milioni buonuscita

Paolo Scaroni (ex Enel)
10 milioni di buonuscita
Negli ultimi tre anni i suoi compensi erano aumentati del 50%.

Vittorio Mincato (ex Eni)
11 milioni di buonuscita
Attualmente è il presidente delle Poste

Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica)
2,6 milioni

Massimo Sarni (AD Poste)
1,296 milioni
Amministratore delegato Poste Italiane, ha uno stipendio di quasi un milione e trecento mila euro.
Negli ultimi quattro anni, alle Poste in pratica è stata cambiata tutta la prima linea dirigenziale con una spesa per le buonuscite di almeno 8 milioni di euro , applicando a quasi tutti la regola del tre , cioè l'equivalente di tre anni di stipendio in cambio delle dimissioni.

Vittorio Grilli (Tesoro)
600 mila euro
Ex Ragionerie Generale dello Stato e attualmente Direttore Generale del Tesoro oltre che presidente dell'Istituto Italiano di Tecnologia, denuncia 511 mila euro all'anno guadagnati in Italia e 1 milione e 800 mila euro all'estero.

Vincenzo Pozzi (Anas)
438.000 euro
Ex presidente e amministratore unico dell'Anas, nel 2005 ha dichiarato 438mila euro di reddito.

Corrado Calabrò (Telecomunicazioni)
440 mila euro
Presidente dell' Authority delle Telecomunicazioni, guadagna 440 mila euro l'anno.

Vittorio Crecco
270 mila euro
Direttore generale dell' Istituto nazionale della previdenza sociale , dichiara 270 mila euro l'anno.

Mario Draghi
450 mila euro
Ex Direttore Generale del Tesoro, ora Governatore della Banca d'Italia, dichiara 450 mila euro l'anno.

Mario Andrea Guaiana
350 mila euro
Il direttore generale dell' Agenzia delle Dogane guadagna 350 mila euro.

Alcune proposte concrete sui costi della politica anche in relazione al dibattito sulla prossima legge finanziaria.

4. Una proposta generale che intervenga anche per quanto riguarda il Parlamento

Un primo elemento di trasparenza. Non è assolutamente vero che tutti sono uguali.

Vogliamo, quindi, con estrema chiarezza rendere noto per l'ennesima volta qual è la destinazione delle risorse che ogni parlamentare del PRC riceve in virtù del proprio mandato elettorale.

Guadagni dei parlamentari del PRC

Quanto detto testimonia la differenza tra le differenti forze politiche.

Il tema generale della funzionalità del Parlamento e quello specifico che riguarda retribuzioni e privilegi dei parlamentari va, però, affrontato anche in via generale.

Queste le nostre proposte

Castalda Musacchio
Roma, 19 ottobre 2007
da “Liberazione”