Mercoledì 24 novembre - Monza - Urban Center

Il lavoro, prima di tutto

Intervento di Roberto Giudici

Roberto Giudici

Il titolo dell'iniziativa è il “lavoro prima di tutto”.

Io voglio iniziare il mio intervento da quello che, secondo noi, ha significato la manifestazione nazionale del 16 ottobre a Roma.

Io penso che questa manifestazione abbia messo in luce due questioni fondamentali.

La prima è che, nonostante la crisi e nonostante le condizioni difficilissime cui sono costretti milioni di lavoratori, esiste ancora una volontà di resistenza e di lotta.

Il grande numero di lavoratrici/lavoratori e giovani che hanno partecipato alla manifestazione ci dicono questa cosa.

Aggiungo un'ulteriore considerazione. E' emerso anche il fatto che il sindacato, la sinistra e chiunque si preoccupi e s'interessi di lavoro, può contare, comunque, su di un settore sociale sensibile e disponibile alla resistenza e alla lotta.

La seconda questione è che da parte di queste realtà sono uscite un'esigenza e una necessità chiarissima.

Occorre mettere in campo tutto quanto possibile per connettere i momenti di resistenza e di lotta per dare un segnale politico generale che dia fiato e respiro alle lotte in corso.

Perciò la richiesta di sciopero generale non è semplicemente una manifestazione che si deve costruire. E' e deve essere, secondo noi, un segnale fondamentale da dare al paese prima di tutto, proprio per tentare di mettere in agenda e all'ordine del giorno la discussione politica sul lavoro.

Le vertenze, le lotte, la disponibilità a resistere hanno bisogno di un atto politico concreto di riunificazione perché il mondo del lavoro è colpito in tutti i settori e le categorie. Non sono solo i lavoratori metalmeccanici, sono i lavoratori di ogni genere ad essere coinvolti, ma sono anche chi il lavoro l'ha perso o chi al lavoro non ha ancora potuto accedere.

La manifestazione del 16 ottobre ha dimostrato inoltre una grande trasversalità: giovani, anziani, precari e immigrati. Per questo motivo c'è bisogno non solo di una giornata e di un evento politico ma anche di un lavoro di riconnessione di questa lotta: lo sciopero generale può essere il momento culminante e unificante di queste situazioni.

Un altro punto fondamentale, reso comprensibile in questa manifestazione sin dalla sua preparazione, è stato la radicalità delle richieste che uscivano. A grande voce.

Ormai per quanto riguarda la FIOM e il mondo sindacale, noi pensiamo, si sia arrivati ad un punto di snodo fondamentale nel senso che, ormai, il governo e il padronato (non c'è solo il governo, c'è soprattutto il padronato che detta le condizioni del mondo del lavoro e poi il Governo che appoggia questo tipo di indicazioni) hanno posto in essere tentativi di disgregazione e di distruzione della capacità organizzativa e rivendicativa dei lavoratori e del sindacato per cui lo spazio di mediazione si è ridotto all'estremo.

Il mondo imprenditoriale non vuole più un sindacato o meglio non vuole più il sindacato che abbiamo conosciuto sino ad oggi.

Vuole delle organizzazioni, tra virgolette, sindacali e un modello sindacale che, adeguandosi completamente alla prospettiva economica che i padroni stanno dettando, abbiano solo la possibilità, in qualche modo, di cercare di gestire le situazioni di crisi.

Per questo motivo penso ci sia poco spazio di agibilità, considerate le richieste padronali e del governo attraverso gli ultimi (ma non dimentichiamoci anche dei precedenti) provvedimenti sul lavoro, il collegato al lavoro sino al nuovo statuto che non a caso si chiama statuto del lavoro e non statuto dei lavoratori. Ormai il disegno fondamentale vuole che il lavoro sia considerato semplicemente una merce e come tutte le merci può essere comprato, venduto e considerato consimile con tutto quello che ne consegue.

La questione dei diritti è presa semplicemente in considerazione con l'obiettivo di una loro cancellazione.

Tutti conosciamo com'è veramente nel contenuto “la questione Pomigliano”. Nei giorni immediatamente prima della firma ci sono state enormi pressioni per farci firmare questo accordo scellerato.

Pomigliano, si diceva, che era solo una deroga, che sarebbe stato un caso isolato, che riguardava solo la FIAT, che riguardava solo quello stabilimento.

A distanza di pochissime settimane abbiamo visto, in realtà, come Pomigliano era il modello prototipo di una idea generale (oggi è vincente nel padronato): il lavoro deve essere considerato come una merce a livello globale e quindi il lavoratore deve completamente identificarsi con l'azienda……perché, come dice Marchionne, la concorrenza è globale è la concorrenza tra aziende e il lavoratore deve fare sì che la sua azienda predomini su di un'altra azienda altrimenti, perde la concorrenza… la lotta di classe è finita; alla fine i lavoratori sono un tutt'uno con l'azienda. Lavoratori di un'azienda contro i lavoratori di un'altra azienda. Il gioco è il ribasso dei propri diritti, dei propri salari e delle proprie rivendicazioni.

Questo è il contesto generale con cui dobbiamo fare i conti. Di fronte a questo tipo d'impostazione è chiaro che non può esistere una contrattazione rispetto a tale linea. Perché le regole le detta il padrone e i lavoratori, che non possono e devono essere organizzati, non possono mettere mano a quello che è la gestione dell'organizzazione in azienda e i suoi tempi.

E questo è un'altro dei capisaldi della questione di Pomigliano.

Perché stanno pensando di togliere il diritto di sciopero?

Perché lo sciopero è l'atto più concreto di opposizione a quello che succede in fabbrica, il tentativo di dire di no e di modificare quelle che sono le decisioni del padrone in fabbrica.

Per il padronato non deve più esistere la contrattazione e il padrone deve avere mano libera nell'organizzazione del lavoro, delle sue modalità e dei suoi tempi.

È chiaro che, se scompare la contrattazione, scompare il sindacato.

Il sindacato che abbiamo conosciuto sino a oggi è un sindacato che contratta. Altrimenti non ha ragione di essere.

Per questo motivo noi diciamo a tutti, e in primo luogo alla nostra organizzazione che è la CGIL, che questo tipo di prospettiva non ci piace: non c'è spazio o si accetta di rientrare all'interno di questo schema oppure non si può fare altro che opporsi in modo radicale “dalla a alla z” a questo tipo di schema che ci viene proposto non solo dal governo ma soprattutto del padronato.

A questo si accompagna la mancanza di prospettiva per il lavoro; un paese che non ha strategia produttiva e industriale non va da nessuna parte.

La concorrenza a livello globale viene persa in partenza, non perché come dice Marchionne, i lavoratori non devono fare una pausa di un quarto d'ora in otto ore di lavoro ma perché non esiste un sistema industriale e produttivo in grado di concorrere con sistemi produttivi più organizzati dei nostri.

Tutti noi stiamo vedendo - senza andare lontano da casa nostra - quello che succede in Germania dove i lavoratori guadagnano il doppio dei lavoratori italiani e dove, nonostante questo, è comunque un sistema produttivo all'avanguardia nella competizione mondiale che non sta perdendo posizione perché “paga troppo” i lavoratori...

Per cui, secondo noi, esistono tante posizioni, una correlata all'altra, che però hanno la caratteristica di una prospettiva che vede cancellati i diritti dei lavoratori.

Per questo motivo vediamo con molta preoccupazione i tavoli che si stanno aprendo a livello governativo (con la presenza della CGIL) per discutere di temi che, secondo noi, non sono i temi oggi all'ordine del giorno.

Com'è possibile discutere oggi di produttività con quello che propone Marchionne e con quello che propongono i padroni che gestiscono l'economia nel nostro paese?

In realtà non è possibile discutere di produttività perché sappiamo come vogliono discutere di produttività.

Dobbiamo essere in grado di sostenere una posizione totalmente radicale e contraria e discutere di produttività a partire da quello che è la nostra idea di produttività.

Perché alla INSE nessuno parlava di produttività, quando siamo andati a chiedere al padrone della INNSE come mai perdeva continuamente clienti e calava in produzione.

In Eutelia, migliaia di lavoratori, nessuno ha richiesto il livello di produttività del padrone Landi che è dovuto scappare (oggi all'estero perché altrimenti viene arrestato).

Alla Scotti e alla Metalli Preziosi nessuno ha chiesto quanto era la produttività e quale professionalità esprimeva il padrone di quelle due aziende tanto che anche lui è stato incriminato e arrestato.

Come si misura la produttività se nessuno fa innovazione e i macchinari sono obsoleti? Che tipo di produttività è possibile esprimere?

Noi pensiamo che, oggi, la questione fondamentale non sia quella di entrare sul terreno che ci viene proposto, ma è quella di cercare di bloccare prima di tutto quello che sta venendo avanti non solo grazie al governo e grazie al padronato ma anche grazie alla complicità degli altri sindacati.

E allora anche questo è un problema. Non è possibile fare finta che questa questione non esista e sembra che sia la FIOM che disdice i tavoli, che è la FIOM che non ha proposte.

Certo la divisione sindacale è sempre un problema grave perché a pagarla, sono solo i lavoratori (perché, lo sappiamo, la sua prima conseguenza è la riduzione della propria forza contrattuale) ma per uscire da tale difficile situazione è necessario partire da un dato di chiarezza, non si può partire da un dato di ambiguità, ed è questo che, noi come Fiom, stiamo tentando di fare.

Lo stiamo facendo allargando la questione, perché pensiamo che, come soli metalmeccanici, non ce la possiamo fare.

La proposta che abbiamo fatto, della manifestazione, è stata quella di dire, in una situazione come questa, che la prima questione è quella di tentare di riunificate il mondo del lavoro con il mondo del NON lavoro su precise parole d'ordine.

Diritti, (ri)conquista del lavoro e creazione di alleanze necessarie per accumulare forza.

Questa è la strada principale per tentare di riportare all'ordine del giorno la questione del lavoro.

Non illudiamoci nel caso in cui questo governo entrasse in crisi che un qualcosa tipo governo tecnico o un governo che non abbia come idea fondamentale quella di ripartire dal lavoro possa risolvere la situazione e modificare le condizioni che stiamo vivendo.

Per cui, ripeto, la questione fondamentale è fare leva sul grado di resistenza e consapevolezza per tentare di allargare le forze per portare la questione del lavoro in primo piano.

Altri, è certo, non la porteranno.

"Il testo è la trascrizione dell'intervento non revisionato dall'autore"
Roberto Giudici (FIOM - Milano)
Monza, 24 novembre 2010