Gli operai dell'Alfa Romeo di Arese si trasferiscono ad Arcore per presentare il conto a Berlusconi.

«Presidente ci consenta»

Un corteo sotto la pioggia, torna la voglia di lottare

«Cancelli aperti, servizio catering, caffè e brioches per tutti. Da un presidente operaio è il minimo che ci aspettiamo». «No, da Berlusconi non voglio né il caffè né l'elemosina. Voglio il lavoro». «Scenderà Veronica in vestaglia?». «Allora mandiamo avanti lui che sembra la controfigura di Cacciari». «Suoniamo il campanello e domandiamo se hanno bisogno di uno stalliere».
Su uno dei nove pullman in viaggio dall'Alfa di Arese a Villa San Martino per la missione «Berlusconi c'è posta per te», le battute rimbalzano da un sedile all'altro. Piove che dio la manda, e andrà avanti così per tutta la trasferta. Gli alfisti sono contenti, e stanchi, per la lunga non stop del giorno prima: blocco totale della produzione, spettacoli e musica fino a notte. «Hai visto quanti studenti? Giovedì ci aspettano all'università statale per fare un'assemblea». «Quel pirla che ha votato per Berlusconi oggi, come al solito, non ha scioperato, ieri però era sotto il palco a bere e mangiare gratis».
Quando la telecamera della Rai si accende per riprendere qualche immagine, sul pullman si scatena il dibattito sui media che «non parlano dell'Alfa». Incauta, la giovane redattrice - «so cinque lingue e dopo cinque anni prendo 2 mila euro» - dice che preferirebbe lavorare all'Alfa piuttosto che in corso Sempione, «almeno voi siete più liberi, il vostro lavoro non finisce tra una pubblicità e l'altra». «Questa non la dovevi dire», commenta paterno il pensionato Alvaro Superchi, ex parlamentare della Quercia (l'ultimo onorevole targato Alfa Romeo). Pigi Sostaro, dell'Flmu, le propone uno scambio seduta stante: «Ti do il giubbino blu e tu mi dai il microfono».

operai alfaromeo ad Arcore - foto l'Unità

Ad Arcore i pullman si fermano in un piazzale poco allegro. Da una parte il cimitero, dall'altra molti poliziotti, «tre container pieni», dice un'operaia. «Vergogna», grida qualcuno ancor prima di scendere. Un operaio invita a lasciar perdere, «mica è colpa loro, sono poveri cristi, li comandano».
Dalle pance dei pullman esce l'armentario da corteo. Tante bandiere, il «carrettino» con l'amplificatore dello Slai Cobas, striscioni e un Berlusconi di cartone in tuta blu «presidente operaio o esubero?». Un operaio si mette una maglietta rosso nera, «per protestare anche da milanista». Il primo segno di vita sono due braccia che salutano dalla Peg-Perego.
Quando il corteo dei 500 alfisti entra nell'abitato, spunta qualcuno sui terrazzi. Solo un giovanotto applaude convinto. In «centro» gli arcoresi guardano da sotto gli ombrelli. Una pensionata che arrotonda facendo qualche ora dietro il bancone di un bar si unisce al corteo: «Ero un'operaia, so cosa vuol dire perdere il lavoro, se chiude una fabbrica come l'Alfa Romeo non si può restare amorfi». Alfa significa Anonina lombarda fabbrica automobili, gridano dal «carrettino», la Fiat vuole chiudere Arese, «ma il lombardo Silvio Berlusconi se ne frega».
Finalmente si imbocca il viale che porta a Villa San Martino e lì ci si deve fermare. In cinque proseguono e consegnano a un «segretario» la missiva per il padrone di casa. Nella lettera i lavoratori di Arese apprezzano l'intervento del governo a favore dello stabilimento di Termini Imerese. Al presidente del consiglio chiedono un incontro e un impegno altrettanto convinto per la salvaguardia di Arese. «Quel che succede ad Arese segna il futuro di tutti gli stabilimenti», dice nell'assemblea improvvisata Carlo Pariani dell'Flmu, «l'Alfa è stata regalata alla Fiat da altri governi, ma non è una scusa per essere complici della chiusura. Berlusconi deve spendersi in prima persona». Basta «finte» al tavolo delle trattative, dice Manfredi Carta della Fiom, dal presidente del consiglio i lavoratori dell'Alfa vogliono «impegni concreti». Se non ci saranno, «la strada la conosciamo, torneremo». Ce n'è anche per altri lombardi. Per Bossi e Maroni che tacciono sulla sorte della «prestigiosa» fabbrica, per il presidente della Regione Formigoni, «sempre in giro per il mondo, non trova un quarto d'ora per incontrarci».

Lombardo, per l'esattezza bresciano, pure Riccardo Conti. «E' il parlamentare del Cdu a cui la Fiat paga l'affitto. E' lui che ha fatto la speculazione sulle aree di Arese. Sta nella tua maggioranza, lo sai Berlusconi?», domanda con la consueta perentorietà Corrado Delle Donne, dello Slai Cobas. Sulla partita delle aree, Fiom e Cgil di Milano in una nota diffusa ieri definiscono il mantenimento delle produzione di auto ad Arese «determimante» per condurre in porto la reindustrializzazione qualificata delle superfici già dismesse. Se l'Alfa non chiude, del resto si può discutere. Il messaggio più che alla Fiat è indirizzato alla nuova proprietà, alla Aig Lincoln che ha fatto una joint venture con la Belfiore di Conti.

Domanda del viaggio di ritorno: dopo Arcore dove si va? Qualcuno propone come prossime mete la casa di Bossi e di Maroni. «Andiamo a Cortina, è meglio e fa più effetto», dice un operaio.

Manuela Cartosio
Milano, 30 novembre 2002
da "Il Manifesto", foto da "L'Unità"