DOCUMENTO PER LA CONFERENZA DELLE LAVORATRICI E DEI LAVORATORI DEL PRC
Contro flessibilità, precarietà e disoccupazione
Riprendiamoci tempo e salario

PREMESSA

Alla conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori del Prc è affidato un compito difficile ed ambizioso, quello di contribuire a definire e costruire una nuova piattaforma di rivendicazioni ed obiettivi che favoriscano la crescita e l'allargamento di quei movimenti e quelle esperienze di lotta che hanno, in questi mesi, avviato un disgelo nel panorama sociale del paese e che, in un più lungo periodo, avviino un processo di ricomposizione delle forze del lavoro subordinato.

Le forze del lavoro subordinato hanno subito processi di arretramento, di divisioni profonde che riguardano tutti gli aspetti delle proprie condizioni: da quella retributiva a quella della prestazione lavorativa, da quella della salute e della sicurezza sul lavoro a quella della certezza e della durata dei contratti che lo regolano, da quella sulla tutela del posto di lavoro a quella della sicurezza sociale, dei rapporti di forza nei luoghi di lavoro, di potere nella società, della rappresentanza sindacale e politica, della sua collocazione nella gerarchia sociale, della sua capacità di influenzare le culture e i sistemi di valore presenti nella società.

L'EPOCA DELLA GLOBALIZZAZIONE

Le drammatiche cifre, 1.000.000 di infortuni; 1.200 morti sul lavoro sono la denuncia più evidente di una condizione di lavoro che è oggi peggiore di quella degli anni '50.

Peggiore perché mancano le forme classiche di rappresentanza e di resistenza del Movimento Operaio organizzato: il sindacato confederale di classe; il partito di massa.

Si è affermata in questi anni una poderosa frammentazione e scomposizione sociale. Da un lato le trasformazioni profonde del ciclo produttivo e della stessa struttura della pubblica amministrazione e dei servizi. Dall'altro l'incidenza, sempre più marcata, dell'immigrazione.

Se la precarietà, lo sfruttamento e l'alienazione caratterizzano le condizioni di lavoro nell'epoca della globalizzazione e si abbattono con la massima forza sul lavoratore atipico, non sfuggirà che la condizione del cittadino straniero immigrato assume un valore quasi simbolico. Le difficoltà che vengono frapposte alla sua regolarizzazione, la necessità di appropriarsi di una lingua, l'oggettiva condizione di inferiorità derivata dalla mancanza di accesso ai più elementari diritti di cittadinanza, fanno del migrante la vittima predestinata del lavoro nero, a tempo, in affitto. Si tratta di una categoria di lavoratori variegata per tipologia e professionalità, con difficoltà alla sindacalizzazione, solo da poco organizzata in associazioni di connazionali che in qualche modo mitigano la condizione di solitudine, ma nello stesso tempo spesso ne accentuano la separatezza. L'economia capitalistica globalizzata ne ha bisogno come esercito di riserva, lavoratori senza diritti, proletarie braccia da lavoro da remunerare al minimo. Non solo braccia da lavoro, ma persone: menti, pensieri, sentimenti e cultura che devono poter percorrere, insieme a tutti gli altri lavoratori precari, la strada dell'emancipazione.

La polverizzazione produttiva, la destrutturazione dei diritti, la scomposizione sociale, la scomparsa quasi totale della figura dell'artigiano tradizionale e la sua sostituzione con lo pseudo- imprenditore contoterzista, la atomizzazione e la solitudine dei lavoratori, la sempre più marcata coincidenza del tempo di vita con il tempo di lavoro, il senso di precarietà e di insicurezza non più mitigato da un ruolo pubblico in grado di " accompagnare, proteggere e sostenere" le persone, sta producendo una vera e propria mutazione del lavoro.

Il lavoro non è scomparso, si è spalmato sul territorio, ha pervaso la società in tutte le sue pieghe (anche fisicamente sul territorio) e non riesce più a sviluppare i "collanti identitari" in grado di sostenere i processi, di classe e solidali, che lo avevano caratterizzato come la più importante molla di giustizia e di uguaglianza tra le diversità che la storia dell'umanità ricordi.

Per una parte dei lavoratori il lavoro non è più "costruzione solidale del futuro", bensì accesso ai consumi. La competizione territoriale tra aree e l'appannamento della contraddizione tra capitale e lavoro, portano anche una parte dei lavoratori ad individuare il "nemico" negli altri territori sottovalutando lo sfruttamento diretto e giungendo anche processi di "identificazione" degli interessi nella difesa del "bene comune" contro gli " altri-da-sè" che sono vissuti come minaccia.

Ciò è particolarmente evidente in Veneto che rappresenta una sorta di "frontiera esposta" alla deriva populista e fascista delle piccole patrie e non è un caso che la destra, e proprio quella più estrema, cattiva e repellente, trovi in questa regione terreni fertili di espansione.

Proprio qui si assiste ad un più marcato e pericolosissimo smottamento culturale del centrosinistra e del sindacato che inseguono, assecondano la destra in questa corsa verso la rottura delle solidarietà e l'affermazione delle separatezze.

Proprio per questo collochiamo la nostra conferenza a Treviso. E' un investimento politico del partito per rafforzare un forte intervento; per contribuire a ricostruire un progetto politico basato sul lavoro e la sua valorizzazione, in una radicalmente diversa visione della società.

Le condizioni salariali si collocano nel nostro paese tra le più basse dei paesi capitalistici avanzati e la stessa Commissione Europea dà merito all'Italia di avere la dinamica salariale più bassa dei paesi UE.

In questo quadro si rileva un aumento degli orari di lavoro di fatto, della produttività oraria, che è quella su cui si basa il confronto reale sul "costo del lavoro" tra paesi, ed il granitico permanere della disoccupazione strutturale di massa più alta tra paesi comparabili per struttura produttiva e ricchezza. Il differenziale di disoccupazione tra media europea e media italiana è rimasto invariato a testimonianza dei fallimenti della destrutturazione del mercato del lavoro, delle molteplici modalità flessibili di entrata al lavoro, ognuna delle quali segna diritti esigibili e salario più bassi.

I tassi di investimento pubblico nel Mezzogiorno sono alle stesse percentuali degli anni '50 ed una intera generazione, nelle regioni del Sud, è esclusa dai diritti fondamentali ed inalienabili: primo fra tutti il lavoro.

LA RIVOLUZIONE CAPITALISTICA

Questi processi sono provocati da ragioni di fondo di non breve periodo di natura economica, e quindi strutturale, ma anche politica.

In questo ultimo quarto di secolo si è avviata una rivoluzione capitalistica che ha subito nell'ultimo decennio vistose accelerazioni determinando una forte perdita di soggettività ed autonomia dei lavoratori da una parte, e dall'altra il concentrarsi dei poteri decisionali che hanno progressivamente reso meno incidenti i processi democratici sul piano economico, politico, sociale.

Il pieno dispiegarsi della globalizzazione, favorita anche dal crollo dei sistemi politici e sociali dei paesi dell'Est, ha fatto prevalere la logica del mercato, dell'impresa, della finanza in ogni angolo del globo e questo ha comportato un complesso processo di modificazione nel lavoro subordinato, che ne ha profondamente cambiato le caratteristiche.

Da un lato, assistiamo ad una estensione, su scala planetaria, del lavoro, che indipendentemente dalle diverse configurazioni giuridiche che assume, paese per paese o territorio per territorio all'interno dello stesso paese, può e deve essere considerato a tutti gli effetti come lavoro dipendente e salariato.

La crescita del lavoro dipendente su scala planetaria, che smentisce nettamente le profezie sulla fine del lavoro, continuerà anche nei prossimi decenni, secondo le previsioni più qualificate, come quella dell'OIL . Anche in presenza di processi di crisi economica, che al massimo ne varieranno ritmi ed intensità, tipologie di lavoro autonomo o creativo sono destinate sempre più ad essere assorbite nella dimensione del lavoro dipendente.

Dall'altro lato, ciò che è evidente a partire dai paesi capitalistici, in questo processo è in corso una divisione tra le forze del lavoro e il mercato del lavoro, fra un numero sempre più ristretto di lavoratrici e lavoratori a tempo pieno e indeterminato e una quantità sempre crescente di disoccupati ed inoccupati; a questo si accompagna il rapidissimo diffondersi di un'ingente quantità di figure precarie ed atipiche, con scarsi diritti e basse retribuzioni.

Le innovazioni tecnologiche, le modifiche della O.d.L. tendono a provocare l'espulsione di forza lavoro diretta dai processi produttivi, ad ogni livello, generalizzando precarietà e flessibilità nei rapporti di lavoro.

Per tutte queste figure di lavoratrici e lavoratori aumenta lo sfruttamento e l'alienazione, ossia tanto la rapina del valore prodotto dal loro lavoro, quanto l'estraneità del loro lavoro e del suo prodotto dalla loro persona. Questo doppio "aumento", che caratterizza la natura astratta del lavoro nella società capitalistica, non si realizza solo sul piano quantitativo, ma anche e soprattutto, su quello qualitativo.

Questo è particolarmente evidente nella condizione del lavoro precario, non a caso assunto come simbolo della condizione generale del lavoro nell'epoca della globalizzazione: sfruttamento ed alienazione gravano sul lavoratore atipico non solo durante il periodo di lavoro, ma anche prima e dopo. La condizione strutturale di insicurezza ed incertezza continua l'ansia della ricerca di lavoro e di reddito, rende totale la dipendenza del lavoratore dal sistema complessivo dell'organizzazione capitalistica del lavoro; il tempo di vita diviene una funzione del tempo di lavoro, paradossalmente proprio quando questo scarseggia o manca del tutto.

Il tempo subisce così un doppio processo. Nel campo della produzione di beni materiali, nella concreta O.d.L. nelle fabbriche si giunge ad una sempre più forte intensificazione dei ritmi, che suddivide le varie fasi di operazioni in poche manciate di secondi in modo da sfruttare ogni istante del tempo umano ed impedire ogni controllo diretto, da parte dei lavoratori, dei ritmi e del tempo.

Nel campo della produzione di beni immateriali, il cui peso si è fatto via via crescente nell'organizzazione capitalistica dei modi di produzione postfordista, rendendo i confini tra lavoro produttivo e lavoro improduttivo sempre più labili ed incerti, il tempo subisce una dilatazione di fatto poichè il tempo destinato una volta alla socialità diventa parte, anche se non riconosciuta dal punto di vista sociale e retributivo, della produzione direttamente legata alla valorizzazione del capitale. Così anche gli ambiti di relazione tra le persone non sono più circoscritti alla funzione di ricostruzione della forza lavoro, ma entrano a far parte direttamente del ciclo produttivo generale.

Proprio il mancato riconoscimento retributivo di questo uso del tempo, come l'abbrutimento delle condizioni di lavoro nella fabbrica, connota il lavoro, nell'epoca della globalizzazione, di una specifica ed inedita dimensione servile.

LA CONDIZIONE DELLE DONNE

Tale dimensione investe in maniera del tutto particolare e paradigmatica -vera e propria metafora generale- la condizione lavorativa ed esistenziale della parte femminile del lavoro subordinato.

Sulle lavoratrici continua a pesare -e sempre più pesa a causa delle strategie neoliberiste di smantellamento del welfare state- il doppio lavoro del produrre e riprodurre; pesano maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, sperequazioni salariali, rallentamenti nelle carriere professionali; pesano tutte le forme della precarizzazione del lavoro che non a caso riguardano soprattutto le donne. E pesa in maniera particolare una doppia alienazione che investe le lavoratrici sia sul versante "classico" della loro collocazione nel rapporto capitale/lavoro, sia su quello della riproduzione sociale in ambito domestico. L'economia capitalista ha invaso tutte le sfere della vita sul pianeta, in una dinamica di continua espropriazione che tutto subordina ai meccanismi del mercato, all'insensatezza di una sempre più invasiva produzione di merci inutili, spesso dannose ed avvelenate. Il benessere, la felicità, il futuro delle persone care, per cui le donne investono il tempo della riproduzione sociale, l'energia dell'affettività, della relazionalità, della tensione psichica verso l' "altro": tutto questo non ha riscontro nelle condizioni materiali e nelle prospettive che il capitalismo globale è oggi in grado di assicurare. Da un lato il rischio della mucca pazza sulle mense dei bambini, dall'altro la dissoluzione degli assetti idrologici del territorio e la prospettiva di un diluvio autunnale crescente in questo secolo: sono questi segni evidenti della contraddizione stridente che intrappola il lavoro domestico delle donne. Loro curano e accudiscono i corpi e l'esistenza delle persone care e il capitale globale le uccide o le priva di futuro.

AMBIENTE E OCCUPAZIONE

La globalizzazione capitalistica insegue lavoro e ambiente al loro più basso costo. Così come quelle del lavoro degradano ulteriormente le condizioni ambientali e i fenomeni di crisi invece che essere affrontati si aggravano, rischiando l'irreversibilità.

La crisi energetica e climatica rappresentano ormai una doppia realtà incrociata che mette pesantemente in discussione la possibilità stessa di coesistere con questo sviluppo di una civiltà socialmente progressiva.

Così l'agricoltura diventa un reparto all'aperto del ciclo produttivo industriale, diviene uno dei punti alti dello scontro per gli assetti della proprietà, per i rapporti tra finanziamenti europei e colture, per riconnettere il ciclo produzione-trasformazione-distribuzione garantendo la sicurezza alimentare che è divenuta una gigantesca questione europea.

La brevettazione dei viventi apre un nuovo campo di mercificazione proprietaria quanto mai inquietante. In Italia lo sfascio del territorio è solo la punta dell'iceberg di una crisi nel rapporto tra sviluppo ed ambiente che viene da lontano ma si aggrava sempre più. E' indispensabile per battersi per il lavoro e per la sua qualità, un'idea del tutto diversa dello sviluppo che sia fondata sull'esigenza non solo di risultare sostenibile ma di essere fattore attivo di riqualificazione e riproduzione dei cicli naturali, ponendo a tal fine in radice il tema della qualità della produzione, dei prodotti e dei consumi insieme a quello di una nuova economia non mercificata.

"IL CASO ITALIANO"

Le trasformazioni avvenute nelle forze del lavoro subordinato derivano da processi strutturali ma sono anche dovute ed aggravate da scelte soggettive, da precise volontà politiche particolarmente rilevanti nel caso italiano.

Siamo oggi in presenza di un rovesciamento del "caso italiano", cioè quello di una società che, pure in un sistema politico bloccato e in un mondo diviso e a blocchi, rappresentava una estrema dinamicità ed intensità di conflitti capaci addirittura di giungere alle soglie di un cambiamento generale, con un forte Movimento Operaio organizzato e con una forte autonomia di classe fino alla fine degli anni '70.

Da quel periodo in poi comincia ad entrare in crisi il circolo virtuoso fra crescita ed occupazione, fra sviluppo quantitativo e sviluppo sociale e un'offensiva reazionaria del grande capitale si presenta nel paese con caratteristiche di vera e propria vendetta di classe contro un movimento operaio e popolare che aveva largamente travalicato i confini di un semplice conflitto rivendicativo e redistributivo.

Questo processo venne di fatto agevolato, e non contrastato adeguatamente per quello che rappresentava, dal prevalere nelle rappresentanze sindacali e politiche della classe operaia e del movimento popolare di teorie e pratiche via via sempre più accomodanti e subordinate alla logiche dominanti, fino ad arrivare alla deriva della politica concertativa del sindacato e a quelle della sinistra liberale che, per larga parte, erano storicamente legate al movimento operaio.

Con l'ingresso della sinistra liberale al governo, con l'assolutizzarsi della questione del governo nelle sue politiche, e il parallelo processo di istituzionalizzazione e di perdita di democrazia e di rappresentanza del sindacato, che si colloca senza autonomia nel quadro politico, si realizza precisamente il rovesciamento del "caso italiano".

I processi di frantumazione e di divisione del lavoro subordinato non erano nè inevitabili, nè inarrestabili; era possibile opporvisi allora, provocando esiti diversi da quelli attuali, è possibile oltre che necessario combatterli oggi, contrapponendo alla diminuzione del salario, in tutti i suoi aspetti, una ridistribuzione del reddito a favore dei lavoratori e dei pensionati; alla disoccupazione una proposta di piena occupazione; alla flessibilità un'alternativa di nuove e positive rigidità; alla miseria un salario sociale per i disoccupati.

In questi mesi fatti concreti indicano le potenzialità e le possibilità di ripresa del movimento di lotta contro la precarietà e l'insicurezza sociale nel quadro di mobilitazione contro la globalizzazione capitalistica.

Dalla Marcia mondiale delle donne contro la precarietà e le violenze che ha promosso nella sua piattaforma la rivendicazione della riduzione dell'orario di lavoro, il salario sociale, l'eguaglianza sociale e l'estensione dei diritti.

Ai 130.000 LSU/LPU che rivendicano la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, essendo il loro un puro e semplice lavoro subordinato negli enti locali, nelle scuole, più in generale, nella Pubblica amministrazione.

Alle lavoratrici lavoratori della Zanussi che respingono l'accordo sul job on call e conquistano un'intesa più avanzata.

Ai lavoratori lavoratrici Telecom che respingono l'accordo quadro di settore che instaura doppi regimi salariali e normativi tra vecchi e nuovi assunti.

Alle lavoratrici lavoratori Mc Donald che scioperano per conquistare più dignitose condizioni di lavoro.

Alle decisioni del più grande sindacato industriale italiano di aprire vertenze di secondo livello con significativi aumenti salariali e all'adesione altissima allo sciopero indetto alla FIAT.

Nei primi giorni di dicembre si terrà a Parigi l'assemblea europea dei disoccupati e precari. Il nostro partito dovrà essere presente con una sua delegazione di precari disoccupati in continuità con il cammino per il salario sociale avvenuto nel Mezzogiorno sostenendo l'istituzione del salario sociale europeo che è nella piattaforma rivendicativa dei precari e dei disoccupati.

E' vitale che tutto il partito investa per sostenere questi movimenti contribuendo a farli crescere ed estendere.

E' però necessario, per mettere in relazione questi movimenti, lavorare alla ricomposizione delle forze del lavoro frammentate e divise ed attraversate da una profonda crisi di rappresentanza. Questo passa necessariamente attraverso la ricostruzione, per via legislativa, di un nuovo assetto di garanzie, di diritti e di poteri, capaci di rivolgersi a tutte le figure del lavoro e della disoccupazione proponendo un nuovo sistema di rigidità a favore del lavoro, contrapponendola alla flessibilità in uscita dal lavoro, alla fine dei CCNL (ai salari di aziende e di territorio) che vogliono i padroni.

Un nuovo sistema universalistico dei diritti nei rapporti di lavoro e nella società è l'unica possibilità per ricondurre ad unità ciò che è stato diviso e persino contrapposto.

Proponiamo su questo terreno un nuovo e diverso rapporto, rispetto alla tradizione comunista e sindacale del passato, fra intervento legislativo e lotta contrattuale, fra legge e contratto.

Nella nostra, ma anche in larghissima parte dei movimenti operai del '900 il tema delle rivendicazioni e degli obiettivi operai, del lavoro dipendente in generale, è stato esercitato per via contrattuale o quantomeno stabilendo un netto primato della contrattazione sulla via legislativa. Le grandi conquiste legislative per le forze del lavoro dei primi anni '70 avevano alle spalle le grandi esperienze di contrattazione nelle imprese e sul territorio che caratterizzarono l'autunno caldo e i periodi immediatamente precedenti e seguenti.

Noi proponiamo di non rinnegare affatto questa tradizione, che ha conosciuto momenti altissimi ed ha contribuito enormemente alla crescita del movimento sindacale, dello stesso movimento politico delle classi subalterne, della democrazia in generale; ma è necessario, oggi, fare i conti fino in fondo con le necessità e le urgenze che le trasformazioni negative intervenute nel tessuto del lavoro ci impongono e su cui la Conferenza delle lavoratrici e dei lavoratori del PRC deve discutere, avanzare proposte, indicare direzioni di ricostruzione dei soggetti sociali.

L'inchiesta deve divenire una modalità quotidiana del nostro lavoro ad ogni livello, rafforzando e sostenendo le esperienze che abbiamo maturato. Ed è fondamentale per contribuire alla elaborazione della nostra linea politica nelle forze del lavoro subordinato.

LA QUESTIONE SINDACALE

Nè si può affrontare la Conferenza senza indagare il sindacato, il suo ruolo, la sua natura nell'attuale società italiana. E' questione che investe direttamente la democrazia e i modi concreti con cui si esercita nei luoghi di lavoro e investe direttamente chi, come noi, lavora alla ricostruzione del Movimento per la trasformazione.

Per questo, senza ledere nessuna autonomia, è necessario che il corpo del partito affronti la questione del sindacato partendo dalla consapevolezza che è aperta nella società la questione, non eludibile per affrontare i suoi assetti, saperi e poteri, della ricostruzione del sindacato generale e di classe, che spetta anche al partito e ai suoi militanti contribuire a definire.

Le scelte delle compagne e dei compagni impegnati alla costruzione della sinistra sindacale in CGIL per definire una nuova ed autonoma linea politico-rivendicativa confederale vanno in questa direzione. La riuscita straordinaria dell'assemblea nazionale di Milano è la dimostrazione che si coglie un'aspettativa, una necessità che è largamente avvertita nei luoghi di lavoro. La stessa scelta di dare vita ad una nuova e più ampia aggregazione, rafforza la necessità di aprire nel sindacato una dialettica, un bilancio critico sui risultati della concertazione.

Si potrà così rendere evidente la crisi di un sistema di relazioni sindacali in cui è avvenuto un gigantesco trasferimento di risorse e poteri al sistema delle imprese a scapito del lavoro e della sua collocazione nella società, mettendo in chiaro la necessità in primo luogo, di ricostruire un'autonomia di classe dei lavoratori definendo la legge sulle RSU, dotandole di autonomia contrattuale ed effettiva rappresentanza senza rendite di posizione per nessuno.

Il percorso che avviamo con la conferenza può essere utile a tutte le compagne e a tutti i compagni impegnati nei sindacati per una lettura più approfondita delle condizioni di lavoro e sociali e per ricostruire i nessi tra questione sociale e partito politico, incontrando i temi della "rifondazione" che parte dall'impegnarsi come partito nella ricostruzione della soggettività di classe del lavoro subordinato.

IL MONDO DEI SINDACATI

In questi anni però il quadro della influenza nei vari settori dei diversi sindacati è profondamente mutato.

Nella scuola i sindacati dell'autorganizzazione hanno contribuito fortemente a creare le condizioni per la ripresa del movimento di lotta, che ha rimesso in discussione un accordo che consegnava al datore di lavoro la possibilità unilaterale di distribuire aumenti salariali.

Il movimento ha conquistato un altro livello di confronto, aumenti uguali per tutti che rallentano i processi di autonomia scolastica, di frammentazione e disuguaglianza degli insegnanti e della qualità della formazione.

Così come è importante valutare appieno i processi e i tentativi di riaggregazione sindacale nelle forme dell'autorganizzazione in settori colpiti pesantemente dalla ristrutturazione e dalla riorganizzazione. Sono processi che vanno incoraggiati e sostenuti perché rappresentano una modalità di risposta alla crisi del sindacato generale.

Nel settore dei trasporti, in particolare, c'è ormai un'evidente ed innegabile regressione del sindacato confederale che è arrivato persino a mettere in discussione il diritto di sciopero ed anche la libertà di organizzazione e rappresentanza autonoma dei lavoratori.

Nel settore i processi di privatizzazione dei servizi, delle strutture sono profondi ed avanzati e le modalità consociative con cui sono avvenute ed avvengono le intese tra sindacato confederale ed aziende così devastanti da imporre scelte politiche forti. oltre ad essere legittimo diventa doveroso l'interrogativo che dobbiamo porci per verificare se gli spazi della battaglia per la modifica delle politiche del sindacato confederale nei trasporti non siano esauriti. Inoltre i processi legislativi secondo cui l'affidamento dei servizi pubblici avverrà tramite appalto-concorso, aprirà ad una esasperazione della competitività con pesanti possibili ripercussioni occupazionali e salariali.

Nei trasporti, in particolare, e successivamente negli altri settori dei servizi pubblici, bisogna chiedersi se esistono le condizioni per proporre una ricerca, individuare un percorso di ricostruzione di un nuovo sindacato con caratteristiche confederali, che sappia saldare i legittimi interessi dei lavoratori con la necessità di chi usufruisce del servizio, per una visione generale del sistema dei trasporti e con la consapevolezza degli interessi e dei poteri in gioco.

L'IMPEGNO DEL PRC

Come PRC vogliamo lavorare e contribuire a favorire e privilegiare tutti i processi di aggregazione e di ricomposizione sia della sinistra confederale che quella della autorganizzazione.

Dobbiamo porci il problema dell'efficacia dell'azione di tutte le sinistre sindacali, farci carico di una ricomposizione generale di queste forze, ponendoci l'obiettivo della costruzione delle condizioni per la ricostruzione del sindacato confederale di classe che sappia interpretare i bisogni di una "nuova classe operaia" e tradurli in strategia e mobilitazione per costituire un nuovo ed autonomo soggetto sociale.

A questa nostra idea di nuovo sindacato confederale per il nostro paese non ci sembra vi siano alternative credibili perché non riusciamo a vedere alcun impegno concreto che vada nella direzione di cambiamenti paragonabili a quelli che invece sono stati capaci di avviare i sindacati americani (AFL-CIO), dove i nuovi dirigenti arrivati ai vertici di quel sindacato hanno dimostrato di puntare ad una "ridefinizione netta del ruolo del sindacato generale", una maggiore lungimiranza rispetto ai loro predecessori e una inedita disponibilità all'iniziativa comune con forze diverse fino a prefigurare coalizioni certamente composite ma altrettanto politicamente esplicite nel loro "anticapitalismo globalizzato".

Il nostro invito al sindacato americano per partecipare alla nostra conferenza vuole essere un occasione di approfondimento e conoscenza diretta dei loro forti cambiamenti con i quali stanno cercando di uscire dal bozzolo del proprio silenzioso declino, dalla loro involuzione autoreferenziale, burocratica, autoritaria fino agli espliciti fenomeni di corruzione e consociativismo che li aveva portati alla grande crisi degli anni settanta.

RICOMINICIAMO DAL SALARIO

Proponiamo di individuare un nuovo baricentro della lotta operaia e popolare non solo per rispondere alle esigenze immediate di una condizione del lavoro che peggiora ogni giorno che passa, ma anche per una ragione più di fondo e di prospettiva.

La costruzione di un'alternativa all'attuale società non può che procedere sulla spinta dei soggetti sociali più deprivati di potere e identità dall'attuale rivoluzione capitalistica e nello stesso tempo non può eludere gli aspetti strutturali su cui questa fonda la sua forza, cioè il sistema di proprietà e quello di potere. Una scelta di lotta essenzialmente per via contrattuale non sarebbe in grado di aggredire questi due giganteschi aspetti. La ragione non sta solo nell'indebolimento del ruolo contrattuale del sindacato, peraltro così evidente in questa fase e che quindi vogliamo pienamente riguadagnare, ma anche nell'esaurirsi degli spazi per operazioni riformistiche e redistributive di tipo classico, in conseguenza delle scelte delle imprese, per stare al passo della globalizzazione, di impadronirsi interamente del surplus prodotto e degli aumenti di produttività, e degli ingenti processi di privatizzazione in corso. Il mondo del lavoro, del non lavoro, del precariato si trova così immediatamente di fronte il problema della proprietà e degli assetti di potere, in modo assai più diretto che nel passato. Per questo la dimensione politica e legislativa dell'iniziativa operaia e sociale diventa non solo determinante in ultima analisi, ma condizione per la ripresa stessa di una nuova capacità di contrattazione.

ELEMENTI PER LA PIATTAFORMA

Per tutte queste ragioni la nostra proposta di piattaforma può articolarsi attorno a quattro grandi questioni: quella salariale e retributiva; quella dell'occupazione; quella dei diritti quella dell'uso del tempo e della qualità della vita.

Sarà compito della Conferenza declinare ulteriormente questi temi, fino a delineare un corpo di obiettivi ben definiti, che a loro volta costituiranno l'ossatura dei programmi generali del nostro partito, a cominciare da quello per le prossime elezioni politiche.

Ciò che è qui importante sottolineare, anche con alcuni esempi, è il carattere complessivo della proposta, che vuole cogliere tutti gli aspetti della condizione operaia e lavorativa, vedendo sia i caratteri specifici che le connessioni tra i vari temi.

Affrontare la questione salariale nella sua complessità significa promuovere una ripresa della lotta per consistenti aumenti salariali e retributivi, visto anche che siamo agli ultimi posti in Europa sia dal punto di vista del costo del lavoro che da quello del salario reale; significa attuare una riforma che comporti un'immediata riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente; significa intervenire sulle tariffe e sui prezzi dei servizi e delle prestazioni sociali, fino a prevedere adeguate fasce sociali fino alla gratuità per i settori della popolazione che versano in condizione di indigenza e di povertà; significa elevare le pensioni minime di almeno 200.000 lire al mese entro un quadro di mantenimento del sistema pubblica previdenziale.

Affrontare il tema dell'occupazione significa riproporre, anche nella dimensione regionale come recenti esperienze hanno positivamente dimostrato, la richiesta di ridurre per legge e in modo generalizzato l'orario di lavoro a 35 ore settimanali a parità di retribuzione; significa promuovere investimenti pubblici, a cominciare dal mezzogiorno e dalle zone che necessitano di un risanamento del territorio e della struttura produttiva, in settori di pubblica utilità, come l'ambiente, la gestione di forme alternative di energia, la cura delle persone, lo sviluppo della cultura; significa introdurre il salario sociale per i giovani e i disoccupati di lunga durata, di un milione al mese, come abbiamo scritto nella nostra recente proposta di legge, collegato a un pacchetto di servizi gratuiti forniti dagli enti locali, al fine da favorire la ricerca del lavoro ed in ogni caso prevedendo un periodo di lavoro minimo garantito in settori di pubblica utilità.

Affrontare il tema dei diritti significa non solo difendere, come abbiamo fatto con successo nel referendum quel poco che resta della legislazione garantistica in materia di lavoro, non solo di opporsi alle nuove misure di flessibilizzazione, non solo di difendere dalla Confindustria la struttura della contrattazione basata sul contratto nazionale e sulla contrattazione articolata, ma estendere garanzie e diritti a chi, come i precari e i lavoratori atipici, ne è del tutto privo; significa perciò elaborare legislativamente una nuova griglia di diritti e garanzie estendibili a qualunque figura di lavoratore, che vadano dal diritto alla continuità del posto di lavoro, a quello di un'equa retribuzione, della sicurezza e della salute sul posto di lavoro, ai diritti di assemblea e di rappresentanza.

Affrontare il tema dell'uso del tempo e della qualità della vita significa in primo luogo dispiegare la rivendicazione della riduzione dell'orario di lavoro in tutte le sue valenze: dentro il luogo di lavoro, come opposizione all'intensificazione dei ritmi e per un'umanizzazione dei tempi della prestazione lavorativa, fuori, nella società, come diversa organizzazione del sistema generale dell'organizzazione dei tempi, degli orari, dei trasporti della vita urbana e sociale; significa porsi il tema di un diverso rapporto fra i sessi e le generazioni nel rapporto fra tempi di vita e di lavoro; significa spostare la battaglia per un'autogestione del tempo umano anche sul terreno del tempo non immediatamente impegnato nell'attività produttiva; significa ricostruire un protagonismo delle classi lavoratrici nella difesa della salute per l'intera popolazione; significa porre concretamente, come lo fu emblematicamente nell'esperienza delle 150 ore, i problemi di un accesso e di un controllo da parte delle classi lavoratrici nell'istruzione, nella formazione, nell'informazione, nella cultura. Ed è anche l'unica strada sulla quale si può lavorare alla ricostruzione di un sindacato unitario, democratico e di classe.

PRC - Nazionale
Roma, 27 gennaio 2001