Energia:
occorre un ritorno alla politica e alla programmazione.

Dopo le gravi inefficienze evidenziatesi nel settore privatizzato dei trasporti in Inghilterra ed il ripensamento sulle forme di gestione di questo servizio, chissà se anche in California si rimetteranno in discussione le scelte attuate in campo energetico?

E' quanto pare accadere in questi giorni visto il misero fallimento della “deregulation” avviata nel settore elettrico agli inizi degli anni '90, che affidava al gioco di domanda ed offerta l'aspettativa di miglioramento del servizio! I prezzi sono salti alle stelle, si è verificata una cronica carenza di energia con black-out estremamente dannosi per i servizi e per le aziende di Silicon Valley, è peggiorata complessivamente la qualità del servizio.

Non solo: vi è stato un incremento nei consumi interni e non ha funzionato il meccanismo di “compensazione” con Stati vicini tradizionalmente “fornitori di energia”, non vi è stata nessuna programmazione e non sono stati realizzati investimenti per adeguare e potenziare (anche sul piano ambientale) gli impianti di produzione. Gli utenti della California sono diventati ostaggio del mercato in un settore che fornisce un servizio fondamentale!

Quanto accaduto è, come sostiene qualcuno, frutto di un progetto di “deregulation” contraddittorio o solo parzialmente realizzato? Al contrario mi pare vi siano le condizioni per tracciare un bilancio più approfondito e critico delle politiche di liberalizzazione e privatizzazione che hanno interessato il settore energetico anche in Europa e nel nostro paese.

Il problema che si pone oggi di fronte al fallimento di questi processi è la necessità di far fronte in modo adeguato alla esigenza di fornire energia rispondendo alle due grandi questioni aperte: l'effetto serra e la crisi delle fonte energetiche (che si ripropone!). Questo è il terreno su cui tornare a far misurare la politica; ridiscutere di grandi progetti su energia, ambiente, nuove forme di occupazione non affidandosi al liberismo, alla globalizzazione, al mercato o ad antiche ed improponibili ricette come il ricorso al nucleare.

E' utile per fare ciò dare uno sguardo alla situazione in Europa e nel nostro paese. In Europa permangono paesi come Francia e Germania, che hanno recepito le direttive comunitarie sulla liberalizzazione mantenendo una forte programmazione del settore energetico ed il controllo pubblico delle aziende nazionali e/o regionali.

In Italia lo zelante “decreto Bersani” ha portato allo smantellamento di Enel, alla messa in vendita di tre blocchi di centrali di produzione (15mila MW complessivi), all'annuncio di 20mila esuberi tra i lavoratori, al blocco degli investimenti sugli impianti. Risultato: servizio peggiore reso agli utenti (cittadini ed aziende), tariffe in continua crescita, servizi fondamentali come la ricerca smantellati. Quindi niente servizio migliore, niente tariffe più basse, niente nuova occupazione (non parliamo poi della qualità del lavoro…).

Nel frattempo sono state presentate richieste per la realizzazione di nuovi impianti di produzione per circa 45mila MW, avanzate dai soggetti più disparati. Senza attendere gli effetti catastrofici “californiani” dei provvedimenti assunti, non si ritiene opportuno fare un bilancio ed assumere i provvedimenti necessari?

Anche nel nostro paese occorre un'inversione di tendenza basata su tre punti:

  1. ridefinizione di nuovi ed aggiornati strumenti di programmazione in campo energetico: occorre un Piano Energetico Nazionale che privilegi il risparmio, l'uso razionale dell'energia, l'impiego di energie rinnovabili;
  2. blocco del processo di svendita di Enel, rilancio del controllo pubblico, definizione di un piano industriale per il settore, ricostruendo una struttura operativa unica, nazionale, verticalmente integrata;
  3. rilancio di investimenti ed occupazione assumendo concretamente gli impegni di Kyoto e della riduzione delle emissioni serra, privilegiando la ristrutturazione, il ripotenziamento, e l'ottimizzazione degli impianti esistenti anche attraverso l'uso del metano.
E' possibile su questi temi riaprire un confronto tra le forze della sinistra, ambientalista e le rappresentanze dei lavoratori? Perché non far tornare la questione energetica un punto di forza del rinnovamento del paese che veda la sinistra percorre la strada della programmazione senza rincorrere politiche liberiste?

Ragionare su questo, avviare questo confronto, modificare radicalmente le scelte sin qui adottate dal centrosinistra, ritrovare le ragioni di un controllo del territorio in campo energetico-ambientale, mi pare possa essere un modo concreto per affrontare anche la prossima scadenza elettorale: si lasci alla destra il cavallo della liberalizzazione e privatizzazione!

 

Marco Gelmini
Roma, 10 gennaio 2001
da "Liberazione", 10 gennaio 2001.