Con il 68,8% di No viene battuta la flessibilità selvaggia alla Zanussi

Una vittoria operaia

I lavoratori della Zanussi dicono No. Una vittoria schiacciante, del tutto superiore alle previsioni.
I numeri non lasciano adito a dubbi: 68,8% i No, 31,2% i Sì. «E' il segnale che si può fare di più», commenta a caldo Giorgio Cremaschi, segretario della Fiom del Piemonte. Ciccio Ferrara, della segreteria nazionale della Fiom, legge nel risultato «la forza della Fiom di contrapporsi alla logica di impresa che consente - aggiunge - di riprendere il discorso sulle condizioni di lavoro.
C'è un grande malessere della soggettività operaia che individua nella Fiom un riferimento importante». Augusto Rocchi, vice-segretario della Cgil Lombardia, non sta nella pelle. «Ogni volta che si vota - dice - la Confindustria perde. Allora è vero che si può rilanciare una nuova strategia sindacale».
L'andamento del voto è uniforme. Il rifiuto dell'accordo si afferma perfino in fabbriche considerate assolutamente “affidabili” dall'azienda come quella di Firenze, con 36 voti in più.
Per Andrea Castagna, coordinatore nazionale del gruppo Electrolux Zanussi per la Fiom, il No ha vinto anche nelle fabbriche in cui più alta è la presenza dei giovani (Solaro, Comina, Villotta, Rovigo). Anche i cosiddetti “colletti bianchi” hanno bocciato l'accordo. «La Fiom - prosegue la dichiarazione di Castagna - ha chiesto alle lavoratorici e ai lavoratori di votare no rispetto a tre ordini di questioni: salario, diritti e rapporti di lavoro (lavoro a chiamata). Sulla base del giudizio da loro espresso, dobbiamo necessariamente riprendere la trattativa con l'azienda per modificare i contenuti dell'ipotesi di accordo respinta». Questa la cronaca del voto poco prima di andare in stampa.
Davanti ai cancelli l'attesa è stata grande per tutto il pomeriggio. «Ne abbiamo viste di tutte i colori: speriamo che questa sia l'ultima», dice Francesco Grilli, operaio storico dello stabilimento di Porcia e anche il più popolare, avendo ricevuto di gran lunga il maggior numero di voti delle ultime elzioni delle rappresentanze sindacali interne. Parole che esprimono tutta l'ansia dei 13 mila lavoratori del gruppo. Il timore è quello di veder cadere una ad una tutte le garanzie previste dall'ordinamento a tutela del mondo del lavoro. Lo scontro tra Fim Cisl e Uilm Uil, da una parte, e Cgil Fiom, dall'altra, si è manifestato con evidenza. I rappresentanti del Sì sono stati fischiati e persino cacciati via dai lavoratori. La posta in palio è alta e gli operai della Zanussi se ne sono resi conti fin dal primo momento, come dimostra del resto la grande partecipazione al voto. A Porcia è stata addirittura superiore all'83% (impiegati compresi). Al cambio turno dell'una e mezza centinaia di lavoratori entrano ed escono dalla fabbrica. Tanti i giovani: nell'ultimo anno ne sono entrati 500, per lo più con contratti a termine. Lucia ha 26 anni e lavora nel reparto montaggio. «La Zanussi - dice - vuole che aumentiamo la produzione del 15% in tre anni senza investire in nuove tecnologie. Spero che l'accordo non passi e che ci facciano lavorare un po' meno».
Per Mita, 25 anni, «questo accordo è una fregatura per tutti, sia per i giovani che per i vecchi. Per quanto mi riguarda ho già votato no. Quelli che votano sì, invece, pensano che così guadagneranno più soldi. Ma forse non hanno capito che questi soldi l'azienda glieli darà solo se lavoreranno di più». Luciano, 48 anni, di cui quasi 30 passati in fabbrica, rimpiange invece la tensione ideale degli anni '70, «quando Cgil, Cisl e Uil erano unite nella tutela degli interessi dei lavoratori. E i risultati si vedevano». Oggi, invece, le cose sono cambiate. «Anche qui dentro ci sono ormai tanti sindacalisti della Cisl e della Uil che pesano solo ai propri interessi: fare carriera lavorando poco in fabbrica, favorire l'assunzione di amici e parenti e via discorrendo».
Secondo Luciano, la Zanussi «si è assunta il ruolo di apripista: il suo obiettivo è far riconoscere il lavoro a chiamata con una legge». Il significato della parola flessibilità Monica lo conosce bene, avendo vissuto 18 dei suoi 41 anni da precaria. «Sto alla Zanussi da un anno con un contratto a termine, dopo di che mi aspetta il “part-time ciclico”. Ho vissuto a Roma per tanti anni, lavorando in società di servizi e pagata con ritenuta d'acconto. Il lavoro a chiamata - aggiunge - è una cosa orribile: vogliono costringere la gente ad aspettare l'elemosina di tre mesi di lavoro, in cambio della totale disponibilità verso l'azienda». Sul volto di Renato c'è la stanchezza di 35 anni di fabbrica: «Sono tanti - dice - ma per capire quanto pesano bisogna provarli sulla propria pelle. Eppure vengo considerato ancora troppo giovane per andare in pensione. Da alcuni anni, poi, le cose vanno sempre peggio: si fatica di più e si guadagna come prima».
E i partiti? Che posizione hanno assunto su questa vicenda. «Rifondazione comunista è stata l'unica forza che ha preso una posizione pubblica chiara - sottolinea Giovanni Moroldo, segretario provinciale del Prc - a favore del no, appoggiando la scelta della Fiom». Alcuni esponenti di altri partiti hanno preferito parlare di “modernità”, sposando nella sostanza lo spirito dell'accordo Zanussi. I Ds?, «si sono limitati a non prendere posizione».

Roberto Farneti
Porcia, 20 luglio 2000