La situazione politica in Germania

La coalizione "rosso-verde" sulla via della controriforma

Dopo le dimissioni di Lafontaine il neoliberismo di Schroeder ha preso il sopravvento

Dopo i sedici anni del governo conservatore-liberale di Helmut Kohl - che furono, soprattutto alla fine, "anni di piombo" - la vittoria elettorale della coalizione elettorale tra socialdemocratici e verdi (SPD, Grünen) nell´autunno 1998, aveva prodotto un clima di relativo sollievo, soprattutto negli ambienti sindacali. I socialdemocratici, a prestar fede ai loro discorsi, volevano "modernizzare" la Germania, preservando la "giustizia sociale": "Noi vogliamo conciliare il livello attuale di protezione sociale con un migliore utilizzo del mercato. Non vogliamo fare tutto in modo diverso, ma molto in modo migliore", affermava Schröder nei suoi comizi.

Qualche esitazione, e....a destra tutta!

All´inizio, nella sua fase di "luna di miele", il nuovo governo ha fatto passare alcune riforme che abolivano alcune controriforme del governo decaduto. Non si trattava, evidentemente, di misure a favore dei salariati, ma di qualche miglioramento relativo alle pensioni e ai servizi sociali (ad esempio, le dentiere erano nuovamente rimborsate). Quanto all´ambiente, l´introduzione della tassa ecologica, presentata come una misura per ridurre il consumo di energia, era stata accolta favorevolmente. Rapidamente però, le tensioni all´interno del governo - tra l´ala neoliberista diretta da Schröder e Fischer, e quella neokeynesiana diretta da Lafontaine - si sono esacerbate, al punto che Lafontaine non ha avuto altra scelta che sottomettersi o dimettersi dal governo (e dal partito di cui era presidente). A partire da quel momento, tutte e misure del governo hanno seguito la logica liberista di difesa "della posizione nazionale" e del rafforzamento della "offerta":

Tutte queste misure non hanno potuto impedire che il paese cadesse in recessione a partire dal secondo trimestre 2001. Nel 2002, l´anno delle elezioni, ci fu una modesta crescita dello 0,2%, e poiché la ripresa desiderata si faceva attendere, tutti i sondaggi davano perdente la coalizione "rosso-verde". La minaccia di guerra contro l´Iraq e l´orrore per la guerra della maggioranza dei tedeschi ha permesso a Schröder di risalire nei sondaggi. La sua ferma presa di posizione contro i piani di Bush gli è valsa un rilancio di popolarità. Per di più, le gravi inondazioni che hanno colpito il sud della ex RDT (Repubblica Democratica Tedesca) hanno permesso a Schröder di recitare la parte del "duca della diga", e di guadagnarsi le simpatie della maggioranza della popolazione dell´Est. Il tutto ben orchestrato dai media che Schröder sa usare in modo perfetto. E quanto meno si discutono i contenuti politici, tanto più lo spazio è libero per la pubblicità e la messinscena. Il tandem Schröder-Fischer ha infine vinto le elezioni con un vantaggio di circa 13.000 voti.

"Agenda 2010"

Passate le elezioni, la ripresa annunciata si fa aspettare. L´economia tedesca rimane in recessione e la crescita nel 2003 è prossima allo zero. Il ministro delle finanze Hans Nichel che pretendeva di presentare un bilancio in pareggio nel 2006 ha dovuto cambiare tono. Un sentimento di marasma si è diffuso un po´ ovunque. È il terreno su cui si sviluppa un attacco dei capitalisti contro i salari (diretti e indiretti, vale a dire le prestazioni sociali) nell´ambito di una politica governativa che rafforza la pressione su salariati e disoccupati. Ed è anche la principale giustificazione delle nuove misure di riduzione delle imposte. Queste ultime dovrebbero, in teoria, condurre all´annullamento delle sovvenzioni, ma in realtà fanno esplodere il debito della "mano pubblica" (Stato federale, province, comuni) che ammonta già a circa 1.300 miliardi di euro. "Dobbiamo ridurre le prestazioni dello Stato, favorire la responsabilità individuale e richiedere più sforzi da parte di ciascuno" dichiarava il cancelliere Schröder davanti al Bundestag il 13 marzo 2003, riassumendo la politica di "riforme" adottata dalla coalizione "rosso-verde". Secondo il cancelliere, il costo del lavoro in Germania è eccessivo, il "secondo salario" (1) troppo elevato, è la "causa strutturale" della difficile situazione dell´economia. In realtà, tali costi sono la conseguenza della disoccupazione di massa e della riunificazione tedesca. Il capitalismo tedesco, con la distruzione dell´industria autoctona dell´Est, ha ridotto alla disoccupazione da due a tre milioni di salariati. (2) "L´agenda 2010" è la versione rinnovata e radicalizzata delle "proposte Hartz" (3) dello scorso anno, di cui il cancelliere annunciava che avrebbero ridotto di due milioni la disoccupazione. Il nocciolo della proposta della commissione Hartz era di creare in ogni distretto una Agenzia di servizi del personale (Personal Service Agentur, PSA), se possibile privata, ma in caso di mancanza di interesse da parte privata gli "uffici del lavoro" (ANPE in tedesco) se ne dovevano fare carico. Tali PSA dovevano "impiegare" il maggior numero possibile di disoccupati sulla base di un lavoro interinale e affittarli alle imprese. Si parlava di "creare" in tal modo 780.000 posti di lavoro fino al 2005. "Abbiamo liberato il lavoro temporaneo e interinale dai regolamenti burocratici e lo abbiamo rivalorizzato, in modo che le imprese possano coprire in modo flessibile i loro bisogni di personale qualificato" (4) spiegava Schröder al Bundestag.

La seconda fase della proposta della commissione Hartz è l´istituzione di lavori a prezzi scontati per i quali l´imprenditore, esonerato dall´esenziale dei contributi sociali e delle imposte, paga solo una cifra forfettaria, a condizione che il salario resti inferiore a 400 euro, e di lavori pagati tra i 400 e gli 800 euro, per i quali l´imprenditore paga solo una percentuale ridotta dei contributi sociali. Quanti vogliono diventare lavoratori indipendenti o creare una piccola impresa, possono formare una "Io-SA" ("Ich-AG", che espressione!) e ricevono, se il loro reddito non supera i 25.000 euro all´anno, una sovvenzione mensile di 600 euro il primo anno, 360 il secondo e 240 il terzo, a condizione di rinunciare al sussidio di disoccupazione. Grazie a queste misure, il governo spera di creare 500.000 posti di lavoro. Si tratta di creare un settore di lavoro mal pagato e precario (o di allargare massicciamente il settore che già esiste), quello dei "working poors" come vengono chiamati in America, vale a dire di lavoratori che non possono vivere del reddito del loro lavoro, e di pesare in tal modo sul costo medio del lavoro in Germania, aggravando ancor più la crisi delle casse sociali, private di contributi per l´essenziale, a causa dell´esonero dei contributi da parte padronale. "L´agenda 2010", per essere precisi, è un attacco ancor più diretto contro i disoccupati: finora, il sussidio di disoccupazione (Arbeitslosengeld, 58% del salario netto) era pagato per un periodo massimo di 32 mesi. Ora, la durata massima sarà di 12 mesi per chi ha meno di 55 anni e di 18 mesi per i più anziani. A causa di queste misure, i disoccupati perderanno la somma di 3,8 miliardi di euro; la perdita massima per un individuo potrà ammontare a 14.000 euro all´anno. Dopo un anno do disoccupazione, l´ANPE tedesca pagava normalmente un sussidio di aiuto (Arbeitslosenhilfe) secondo i bisogni ma con un tetto (che era la regola) del 53% del salario netto ricevuto prima della disoccupazione. Ora, i disoccupati di lunga durata riceveranno solo il reddito minimo (RMI di circa 560 euro per una persona sola e 920 per una coppia, ma con variazioni secondo le regioni). Circa 1,8 milioni di persone perderanno il loro sussidio di aiuto (una perdita di circa 3,6 miliardi di euro all´anno) e dal 30% al 40% dei disoccupati non avranno più alcun sussidio. La riduzione delle prestazioni delle casse malattie è un altro lato della "Agenda 2010". Il deficit delle casse malattie -dell´ordine di circa 3,5 miliardi di euro- è stato il pretesto per aprire negoziati tra il ministro socialdemocratico della sanità, Ulla Schmidt (una ex maoista) e lo specialista della CDU/CSU ed ex ministro della sanità, Horst Seehofer, con l´obiettivo di ridurre le spese della sanità di 20 miliardi di euro. Le proposte mirano già a eliminare i rimborsi delle protesi dentarie e a rimettere in discussione il mantenimento del salario in caso di malattia al di là delle sei settimane, ciò che aprirà un mercato alle assicurazioni private.

La precarizzazione avanza

Parlando della "Agenda 2010", l´ex tesoriere della SPD Peter Glotz, oggi preside dell´università svizzera di St. Gallen, formulava nei seguenti termini la visione socialdemocratica "postmoderna": "La società della competenza appare come una società dell´esclusione cosciente di molte persone dal mondo del lavoro moderno (...) In definitiva dobbiamo vivere con una nuova sottoclasse sociale, che non arriva ad occupare posti di lavoro che esigono competenze elevate, o non accetta quelli che esigono uno sforzo". Secondo il primo rapporto sulla povertà e la ricchezza pubblicato dal governo federale e relativo al periodo 1990 -1998: "l´analisi dello sviluppo in Germania fino al 1998 mostra che l´esclusione sciale è aumentata, mentre la giustizia redistributiva è diminuita".(5) Fino ad allora, la coalizione rosso-verde parlava ancora di una "lotta contro l´esclusione sociale e la cattiva assistenza come parte integrante della nostra strategia globale".(6) Parlando di "coraggio per il cambiamento", la "Agenda 2010" evidenzia la distanza tra il discorso e la pratica. Tale distanza è illustrata dall´impiego di una terminologia presa direttamente dalla "neolingua" orwelliana: l´aumento dei contributi sui salariati si chiama "responsabilità individuale", la riduzione delle prestazioni sociali "incitazione a più posti di lavoro", i regali ai ricchi in materia di imposte sono "riduzioni per gli investitori" e l´estensione del lavoro precario "flessibilità del mercato del lavoro". Dal 1973, il tasso dei "senza lavoro" è passato dall´1,2% a più del 10% della mano d´opera. 1,8 milioni di disoccupati sono senza lavoro da più di un anno. Un terzo dei disoccupati sono poveri secondo i criteri della Unione europea, vale a dire che ricevono meno del 50% del reddito medio dei salariati. Dal 1974 il numero di persone che vivono con un reddito minimo è quadruplicato all´Ovest, mentre all´Est è raddoppiato dal 1993 per raggiungere attualmente i 2,7 milioni, di cui 1,1 milioni di giovani al di sotto dei 18 anni. Tutte le ricerche dimostrano che l´esclusione dei giovani costituisce una gravissima ipoteca per il futuro.

La sinistra della SPD e dei verdi

Dopo la dichiarazione governativa di Schröder del 14 marzo, otto deputate/i socialdemocrati/che/ci hanno iniziato a raccogliere firme per ottenere l´organizzazione di un referendum nel partito (occorrono le firme del 10% degli iscritti, cioè 67.000). Parlando della "preoccupazione per il futuro del nostro partito", pur appoggiando "il nostro governo federale diretto dalla SPD e il nostro cancelliere Schröder" esse/i formulavano domande controcorrente rispetto alla politica ufficiale del partito: "Siamo contro una privatizzazione dei rischi della vita. Le riduzioni del sussidio di disoccupazione, del sussidio di aiuto, del reddito minimo, e la rimessa in discussione del pagamento del salario in caso di malattia sono asociali e portano a una pericolosa riduzione dei consumi. Invece di risanare i bilanci pubblici per la sola via della riduzione delle spese, dovremmo tassare le grandi fortune. Siamo contro la riduzione delle imposte per i ricchi e contro la riduzione del tasso di imposizione per la fascia massima di reddito. Abbiamo bisogno di aumentare la domanda dei redditi bassi e medi, affinché la domanda privata sostenga la congiuntura e crei posti di lavoro. I diritti dei salariati non sono un ostacolo ma una precondizione per un lavoro produttivo e qualificato. (...) Sindacati forti sono per noi una parte integrante della vita economica alla quale non si può rinunciare".(7) La direzione del partito ha reagito immediatamente convocando una conferenza straordinaria a Berlino. La conferenza è stata ben preparata e orchestrata: ovunque apparivano slogan come: "La nostra via per il futuro: Agenda 2010" oppure "L´Agenda 2010 è un programma socialdemocratico per la crescita e l´occupazione". La conferenza ha applaudito gli interventi del cancelliere, della squadra governativa e anche quelli dell´opposizione. La maggioranza dei delegati, anche se critici, ha sottolineato che non bisogna indebolire il cancelliere. Per conservare il loro governo, essi accettano quindi cinicamente la sua politica sempre più neoliberista. Alla fine, malgrado le critiche, il 90% circa dei delegati ha votato per le proposte della squadra Schröder. La piccola ribellione, che era riuscita a raccogliere appena 20.000 firme, si è dissolta. Press´a poco lo stesso copione è stato messo in scena dai verdi, dove la rotta verso un neoliberismo esplicito non incontra alcuna (o una assai scarsa) opposizione organizzata, però singoli individui insoddisfatti lasciano il partito. Attualmente, tutti i partiti perdono iscritti in Germania, ma la socialdemocrazia è in testa.

E i sindacati?

Con l´unificazione tedesca e l´integrazione dei sindacati ufficiali della ex RDT nella DGB (8) si ebbe dapprima un aumento dell´influenza dei sindacati tedesco-occidentali, invitati a cooperare nella conquista dell´Est. Molto spesso, le burocrazie dell´Est svolgevano la funzione di apertura per il capitale tedesco-occidentale. Le direzioni sindacali non hanno criticato né lo smantellamento delle industrie tedesco-orientali, né i programmi di privatizzazione elaborati dalla Treuhand (9). Il boom che seguì l´unificazione permetteva un aumento dei salari e una "euforia nazionale" tanto nel movimento operaio quanto nell´intera società. I sindacati guadagnarono molti iscritti grazie alla fusione con i sindacati dell´Est: il totale degli iscritti sorpassò gli 11 milioni (in seguito, ne hanno perso circa il 30%). Poi è venuto il capitalismo ordinario.... la crisi del 1993-1994 e gli attacchi del padronato. Le direzioni dei sindacati non erano minimamente preparate a tutto ciò. Il capo della IG Metall, Klaus Zwickel, propose allora una "alleanza per il lavoro" con il padronato e il potere, vale a dire che il sindacato accettava di rinunciare a rivendicazioni di aumenti salariali se in contropartita il padronato impiegava un maggior numero di lavoratori. Ma per il padronato, tali proposte erano un invito a richiedere sempre di più, soprattutto una riduzione massiccia dei contributi sociali al fine di ridurre al di sotto del 40% gli oneri sociali e annessi. Il governo Kohl, d´accordo con le proposte del padronato, ha iniziato a trasformarle in leggi. A quel punto, i sindacati abbandonarono la famosa "alleanza" e si mobilitarono contro il governo, il che fu uno dei motivi della fine dell´era Kohl. Il tutto ricominciò sotto il governo Schröder. All´inizio vi furono accordi concreti e anche un piccolo aumento dei salari reali, soprattutto nel settore dei servizi, ma con la nuova recessione la nuova alleanza andò in pezzi e i sindacati non ebbero più interlocutori per la loro politica di "partenariato sociale". Le direzioni sindacali, sempre fedeli alla socialdemocrazia, sviluppavano una specie di "divisione del lavoro" con questa, e gli attacchi del governo "rosso-verde" trovavano ben poca resistenza. Così, mentre da vent´anni i sindacati protestavano contro il lavoro interinale, hanno firmato un contratto collettivo che accetta il principio che i lavoratori occupati dalle PSA ricevono un salario ridotto. I sindacati hanno contribuito a creare un settore a bassi salari e hanno fatto assai poco per difendere i contratti collettivi regionali (Flächentarifvertrag). All´Est, questo tipo di contratti è ancora valido per meno del 40% degli occupati e questa cifra è in costante diminuzione, mentre il 25% ha dei contratti impresa per impresa (ciò che rende difficile il lavoro dei delegati del personale) e il 30% è senza alcun contratto collettivo . (All´Ovest, queste cifre sono rispettivamente del 60%, del 10% e del 15%). Le differenze tra le due parti della Germania continuano ad aumentare, e non c´è soltanto una enorme differenza di cultura politica, ma anche una atomizzazione sempre maggiore della classe operaia dell´Est.

Uno sciopero sconfitto.

All´Est, i metallurgici lavorano ufficialmente 38 ore a settimana, vale a dire tre ore in più che all´Ovest. La realtà è spesso molto peggiore. Per lottare contro la distruzione del contratto collettivo e le differenze sempre più grandi tra le due parti del paese, la IG Metall ha lanciato lo sciopero per le 35 ore all´Est. Tutti sapevano che era una operazione rischiosa a causa della pressione del padronato e della propaganda dei mass media. Lo sciopero ha retto per quasi cinque settimane malgrado incidenti in cui persone che volevano lavorare sono state trasportate nelle fabbriche con dei camion o persino in elicottero. Ma il lungo sciopero ha provocato una interruzione della produzione nelle grandi imprese automobilistiche dell´Ovest, Volkswagen, Opel, Mercedes e BMW, il che ha prodotto una divisione all´interno della direzione della IG Metall, sotto la pressione dei presidenti dei delegati del personale di queste grandi imprese, in genere molto legati alla direzione delle imprese a causa dei privilegi che queste concedono loro. La campagna dei mass media, la pressione del governo e la divisione della IG Mretall (tra Zwickel e il numero due, Jürgen Peters, che lo sostituirà prossimamente) hanno portato all´abbandono dello sciopero, che ha naturalmente provocato una grande amarezza nelle file del sindacato. Si può dire che lo sciopero è stato tradito da una parte della burocrazia sindacale. In ogni caso, si tratta di una sconfitta grave e carica di conseguenze che porrà una ipoteca sulle lotte future. È quindi poco probabile che la IG Metall possa veramente difendersi e mobilitare contro gli attacchi della "Agenda 2010". La sconfitta dello sciopero e le lotte interne alla direzione hanno spinto molte migliaia di iscritti a lasciare il sindacato. È stata convocata per settembre una conferenza straordinaria ma non è affatto sicuro che questo sindacato possa essere in grado di eleggere una nuova direzione coerente. Il futuro della IG Metall, come pure quello di "Verdi", il sindacato unificato dei servizi, avrà ugualmente un impatto importante sullo sviluppo dei forum sociali che si cominciano a creare un po´ ovunque in Germania, rimettendo in discussione il neoliberismo in generale e la politica del governo Schröder in particolare.

NOTE

  1. Per "secondo salario" egli intende i contributi sociali che in Germania sono in media del 42% e di cui solo la metà è pagata dal datore di lavoro. Il tasso attuale dei contributi per la pensione è del 19,5%, quello dell´assicurazione malattie in media del 14,5% e quello dell´assicurazione per la disoccupazione del 7,2%.
  2. I costi dell´unificazione tedesca dal 1990 sono stimati nella modesta cifra di 900 miliardi di euro, che corrisponde all´1% in meno di crescita per ogni anno.
  3. Peter Hartz è il direttore del lavoro della Volkswagen di Wolfsburg, che in passato aveva negoziato a più riprese compromessi sull´orario di lavoro con la IG Metall (ad esempio, il sistema 4 per 32 ore). Il land (regione) della Bassa Sassonia (Niedersachsen) di cui Schröder era presidente prima di diventare cancelliere, possiede un quarto delle azioni della Volkswagen, l´impresa di gran lunga più importante della regione.
  4. Sozialismus N. 5/2003, p. 20
  5. Lebenslagen in Deutschland (Condizioni di vita in Germania), sotto la direzione del ministero del lavoro e dell´ordine sociale, Berlino 2001, p. XV
  6. Ivi, p. 215.
  7. Vedi www.mitgliederbegehren.de
  8. Deutscher Gewerkschaftsbund è la confederazione dei sindacati tedeschi.
  9. La Treuhand era l´organismo statale responsabile delle privatizzazioni e della vendita delle imprese e dei terreni all´Est.
Paul B. Kleiser (collabora al mensile Socialistiche Zeitung (SOZ)), Gigi Viglino (traduttore)
Germania, 1 agosto 2003
dal num. 484 di "Inprecor"