Dopo Firenze. La pace «architrave» di una unione laica e democratica

Europa, la costituente dei cittadini non dei governi

Nelle straordinarie giornate di Firenze - in quel processo di autoformazione di massa, di ricerca e conoscenza collettiva, presupposto di un agire appassionato e razionale - è accaduto qualcosa di sorprendente: nella conferenza Dalla Carta di Nizza alla Convenzione, alcune migliaia di persone hanno partecipato a una discussione di temi costituzionali per affrontare la crisi della democrazia europea e fondare una cittadinanza universale.

Per ore si è dibattuto sulla base di relazioni di alto profilo culturale svolte da Barge, Ferrajoli, Di Salvo, San José, Manitakis e Sousa Santos, per esaminare i processi costituenti avviatisi in Europa, che ormai non vedono solo più gli Stati e i loro governi come principali protagonisti, dato che, proprio a Firenze, è entrato in scena un protagonista sociale: il movimento dei social forum, con la ricchezza plurale che ne fa una prima espressione della società civile organizzata, un vero e proprio 'popolo europeo in divenire'.

Convenzione illegittima

Netta è stata la critica del modo d'essere della Convenzione presieduta da Giscard d'Estaing, perché se ne è contestata la legittimità democratica. Sono gli Stati a farsi costituenti, prolungando così il proprio ruolo di 'domini' della produzione normativa, che è garantito loro dai Trattati.
I 'signori dei Trattati', come ebbe a definire gli Stati la Corte costituzionale tedesca, sono divenuti anche i 'signori' del processo costituente: a Laeken il 14 e 15 dicembre del 2001, è stato infatti deciso di affidare a una Conferenza intergovernativa il compito di varare una 'Costituzione'.
La centralità dei governi, che hanno un ruolo chiave nel processo legislativo dell'Unione europea - si badi gli esecutivi hanno compiti legislativi, cancellando in un sol colpo la divisione dei poteri, teorizzata dal liberalismo fin da Montesquieu, e il governo parlamentare ove il ruolo del legislatore spetta alla rappresentanza eletta - si prolunga fino a decidere essi, gli Stati, la Costituzione.
Sognano di concedere dall'alto, i signori dei Trattati, una costituzione.
Nessuno ha negato la specificità della costruzione europea, ma questa se vuole fare un salto da una 'società del mercato e della moneta' a una società democratica, segnata dai diritti di cittadinanza, deve avviare un vero processo costituente che non può esaurirsi in una Conferenza intergovernativa, ma deve scandirsi in fasi politiche e temporali in cui i popoli europei possano intervenire: serve uno spazio pubblico europeo come foro per discutere ed elaborare la Carta costituzionale dell'Europa. In questo processo devono giocare un ruolo il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali, ma innanzitutto gli attori sociali - dai migranti al sindacalismo, all'associazionismo ai partiti, ai movimenti.
Non sarà 'il popolo in piazza', ma certo occorre uno spazio pubblico in cui le rappresentanze e i cittadini possano discutere e decidere: una Costituzione non può essere il frutto di un Trattato tra Stati. Sarebbe un'ulteriore inaccettabile fuga dalla democrazia. Il metodo intergovernativo, che domina le procedure decisionali, non può essere accettato a sostituzione del 'potere costituente'.
Un popolo europeo può formarsi attraverso un 'patto costituzionale', se si realizza un pactum unionis a cui tutti e tutte devono prendere parte. Il movimento dei social forum europei, le sue marce del lavoro, le sue associazioni di precari, i suoi tavoli dei migranti, le sue associazioni di ispirazione laiche e credenti, il vasto mondo del pacifismo sono la base per iniziare un percorso di partecipazione alla 'fase costituente'. Nell'elaborazione di una costituzione vale, insieme al momento della legittimazione democratica tramite la partecipazione dei cittadini, la 'ragione'. Questa non è l'espressione di tecnici, di illuminati pensatori, ma il frutto del discorso nello spazio pubblico: è quello che dobbiamo continuare a costruire.

Tradito Montesquieu

La normatività è il tratto ineliminabile di una costituzione; essa si nutre di ragioni già passate al vaglio della storia e di altre che richiedono una propria giustificazione discorsiva. Per i principi storici non può non valere l'articolo 16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1789, che fece da preambolo alla Costituzione del 1791: «Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata né la separazione dei poteri determinata, non ha affatto una Costituzione».
Facendoci guidare da questo articolo possiamo leggere in filigrana il dibattito svoltosi nel Forum sociale europeo.
La divisione dei poteri, questa, come ho già detto, manca nell'Unione europea, dove si è affermata una commistione dei poteri, che ha esautorato la rappresentanza politica eletta.
I governi legiferano e così hanno di fatto abrogato il parlamento. La garanzia dei diritti è stata al centro della ricerca e ne sono stati indicati almeno tre gruppi. La pace: essa deve essere l'architrave della Costituzione europea, perché il ripudio della guerra è il lascito storico delle Costituzioni del secondo dopoguerra del Novecento - la guerra deve essere cacciata dalla storia, come recita felicemente uno slogan del movimento. La pace deve essere il principio fondante della Costituzione che potrebbe così dare nuovo vigore all'Onu, oggi utilizzato per condurre la guerra infinita e preventiva di Bush.
I diritti universali - civili, politici, sociali e di ultima generazione - devono essere garantiti a tutte le persone al di là della cittadinanza nazionale: per la prima volta nella storia i diritti possono davvero essere universali perché abbracciano la totalità delle persone presenti nel territorio europeo. I migranti sono parte della cittadinanza universale, ed essi sono il riferimento antropologico nella definizione dei diritti universali: se i migranti non godranno dei diritti questi non saranno universali.
Solo così i diritti saranno universali perché il soggetto varrà per le sue qualità semplicemente umane, senza altra qualificazione nazionale, statale o etnica.
I diritti dovranno essere non principi programmatici, ma diritti soggettivi perfetti, esigibili da tutti attraverso meccanismi giurisdizionali. I diritti universali non dovranno più essere solo limiti posti allo Stato, o pretese all'azione positiva dello Stato (come i diritti sociali), ma limiti al potere privato dell'impresa e all'uso delle risorse: si afferma così il principio della dotazione di mezzi perché ognuno possa realizzare il proprio progetto di vita.

Il faro dell'uguaglianza

Si ribadisce dunque il principio di uguaglianza come base della cittadinanza: non l'uguaglianza delle opportunità - che peraltro viene manomessa attraverso i processi di privatizzazione dei beni pubblici sociali, come la salute e l'educazione -; l'uguaglianza non solo come guida della redistribuzione della ricchezza, ma come principio che garantisce a tutti le risorse materiali per poter scegliere, in libertà e in autonomia, i modi di realizzare la propria esistenza.

Il terzo principio è la laicità delle istituzioni politiche, che non possono interferire con la sfera della coscienza, quella in cui ogni persona sceglie le proprie credenze morali e religiose. La richiesta della Chiesa cattolica di inserire un riferimento all'Europa cristiana lede il principio di neutralità e di multiculturalismo, che non è l'esaltazione dell'indifferentismo morale, ma la garanzia dell'autonomia della persona, unica responsabile delle scelte morali, autonomia tanto più importante oggi quando la manipolazione genetica e l'intervento nei processi della vita in nome della scienza pongono problemi etici di cui solo le singole persone possono dare valutazioni, base per partecipare al discorso etico. È un principio della modernità quello di sottrarre alle istituzioni politiche campi in cui la soggettività si svolge secondo libere scelte. Lo stesso Stato moderno nacque sottraendo le fedi religiose allo 'spazio dell'intervento politico'. Questo vale anche per altri fondamentali campi dell'esistenza come le scelte sessuali. L'uguaglianza non può significare la cancellazione delle differenze, quella di genere in primo luogo, che è ambito di conflitto contro eredità millenarie di patriarcato e di ridefinizione continua di identità.

Gli appuntamenti dati a Firenze devono trovare degli strumenti operativi comuni, e il social forum può essere la sede per socializzare conoscenze ed esperienze mettendo in relazione soggetti oggi separati. Un 'laboratorio per la costituzione europea' potrebbe essere, al pari di altri strumenti - come il tavolo dei migranti e 'bastaguerra' - la sede per mettere insieme soggetti sociali e associazioni di giuristi per elaborare carte dei diritti e progetti costituzionali su cui realizzare (auto) formazione, informazione, lotta politica e culturale per contribuire alla costruzione del popolo europeo, l'unico legittimato a elaborare e varare una Costituzione.

Franco Russo
Roma, 13 novembre 2002
da "Liberazione"