FONDAMENTI IDEOLOGICI DELLA GUERRA MONDIALE IN CORSOindice

ALLE RADICI DEL CONSENSO POPOLARE

un saggio di Giulio Girardi, filosofo e teologo della liberazioneindice

Sommario:

Il consenso popolare alla guerra, problema crucialeindice

Per cercare di capire ciò che sta accadendo dopo l’11 settembre nel mondo e quale sia in particolare il senso di questa guerra, per capire ciò che sta cambiando e ciò che non sta cambiando nella storia, vorrei tentare una strada: quella di esplorare le ideologie cui si ispirano i protagonisti, che sono il potere americano con i suoi alleati, impersonato da George W. Bush e l’integralismo islamico terrorista, impersonato da Osama bin Laden.

Richiamando l’attenzione sui fondamenti ideologici della guerra, non intendo certo considerarli come la sua spiegazione adeguata: il ruolo dei fattori politici ed economici rimane in essa decisivo. Ma l’esplorazione delle ideologie mi pare importante per capire il polo soggettivo della guerra, cioè le motivazioni esplicite e il consenso popolare che la sostengono dalle due parti. Tale esplorazione dovrebbe anzitutto permetterci di capire perché grandi masse umane si stiano affrontando ed uccidendo, perché nei due campi vi siano gruppi numerosi disposti a rischiare la vita per una causa che considerano giusta o addirittura santa.

Ma questo approccio mi pare interessante anche per una ragione opposta. Esso dovrebbe consentirci di cogliere non solo ciò che i combattenti dei due campi vedono, ma anche le ragioni per cui essi non vedono delle realtà che ad un osservatore esterno sembrano evidenti; perché, in altre parole, analisi e valutazioni che ad un osservatore esterno sembrano evidentemente errati possano contare su un consenso così massiccio.Vogliamo cioè riferirci alle ideologie nel loro duplice significato di illuminazione della realtà e di occultamento di essa. E’ un problema epistemologico dall’apparenza astratta, ma in realtà estremamente concreto, perché investe uno degli aspetti più decisivi e più profondi di questa guerra, ossia il consenso maggioritario sul quale, nonostante le stragi di innocenti che va perpetrando, essa conta da una parte e dall’altra. E’ un problema politicamente e tragicamente centrale, quello della complicità incosciente delle vittime con i loro carnefici.

L’importanza del problema del consenso trova una forte conferma in una interpretazione della guerra che considero per parte mia assai convincente. La guerra rappresenta per gli Stati Uniti e per i suoi alleati occidentali il modo per ricostruire quel consenso al processo di globalizzazione neoliberale che sta attraversando una crisi profonda.

Questo approccio costituisce inoltre la premessa da cui partire per affrontare la domanda decisiva: è inevitabile, come si afferma da tanti, sia in occidente sia all’interno dell’integralismo islamico, schierarsi da una parte o dall’altra?, E’ inevitabile, come si afferma in occidente,schierarsi con la democrazia o il terrorismo”, con la civiltà o la barbarie”, oppure esiste una via alternativa? E in tale caso, quale ne è il contenuto positivo?

Se poi, come mi sembra evidente, le due ideologie in presenza assolvono l’una e l’altra una funzione di occultamento e deformazione della realtà, si impone la domanda:esiste un punto di vista sulla storia che consenta di avvicinarsi maggiormente alla realtà, dissipando le nebbie delle ideologie?

Finalmente, l’esplorazione dei fondamenti ideologici della guerra e del consenso di cui essa gode è il necessario punto di partenza di qualunque strategia alternativa: contestare la guerra significa infatti in primo luogo sradicare il consenso popolare su cui essa poggia e rafforzare il grido insurrezionale della coscienza mondiale contro di essa. Ritengo quindi che su questo problema cruciale dovrebbe essere richiamata con forza anche l’attenzione del Foro Sociale di Porto Alegre.

Tenteremo quindi di analizzare il punto di vista del potere nordamericano ed occidentale e il punto di vista dell’integralismo islamico, per poi interrogarci sulla possibilità di un punto di vista alternativo all’uno e all’alto.

PUNTO DI VISTA E PROGETTO STORICO DEL POTERE NORDAMERICANOindice

Il punto di vista del potere nordamericano è evidentemente quello che domina il sistema politico ed informativo mondiale. Esso si esprime nei discorsi e nelle decisioni delle autorità degli Stati Uniti, del governo e delle camere, degli alleati occidentali , della Nato, ecc. Per quanto ci riguarda più direttamente, si esprime nei discorsi e nelle decisioni delle autorità italiane, della presidenza della repubblica, del governo e delle camere. Alle ragioni oggettive che certamente fondano questa scelta di campo si aggiunge la convinzione che solo facendo proprio il punto di vista dei grandi sarà possibile per l’Italia sedersi, oggi e domani, al tavolo dei grandi ; e sarà possibile per il governo in carica conquistare in Italia e all’estero, la credibilità che finora gli è mancata .

Questo punto di vista viene assunto ed argomentato dalla grande maggioranza dei mezzi di comunicazione di massa degli Stati Uniti e dei paesi alleati .Esso è condiviso dalla grande maggioranza del popolo nordamericano e degli altri popoli occidentali, tra i quali il nostro: ed è questo largo consenso che permette alle autorità di procedere con tanta sicurezza .Ciò che considero particolarmente importante , e preoccupante, è il fatto che questo punto di vista sia condiviso in occidente anche da quasi tutti i partiti e movimenti di sinistra :i quali hanno capito che solo allineandosi alle scelte del potere nordamericano ed occidentale, sul tema della guerra come su quello della globalizzazione, potranno rimanere al potere nei loro paesi, o riconquistarlo se lo hanno perduto; anche se queste scelte provocano, per la sinistra e per molti dei suoi militanti, una drammatica crisi di identità, un’angosciosa serie di interrogativi sul significato della loro militanza.

Ma non sarebbe legittimo identificare senz’altro il punto di vista del potere nordamericano con quello del popolo nordamericano; né il punto di vista dei governi occidentali con quello dei loro popoli. Esistono infatti negli Stati Uniti, nei paesi occidentali, in Italia consistenti minoranze che si caratterizzano come antagoniste” ed il cui punto di vista si contrappone a quello dominante sia nei confronti della globalizzazione neoliberale sia nei confronti della guerra al terrorismo. Queste minoranze rifiutano il dilemma o con gli Stati Uniti o con i terroristi” e credono nella possibilità di percorrere una via alternativa. Sull’analisi del loro punto di vista, nel quale per parte mia mi riconosco, dovremo tornare.

Bush: il discorso del 20 settembre 2001indice

Ma vogliamo ora esplorare con maggiore precisione il punto di vista del potere nordamericano nei confronti del terrorismo. Lo faremo prendendo come base il discorso pronunciato da George W. Bush il 20 settembre, nel quale il presidente formulò l a sua dichiarazione di guerra al terrorismo e ne illustrò il senso. Molti commentatori qualificarono subito questo discorso come il più importante della presidenza Bush. La BBC lo considerò addirittura il più significativo di un presidente americano dopo la seconda guerra mondiale.

Il discorso fu pronunciato nella sede più solenne, il Campidoglio, di fronte alle due camere del congresso, alla maggioranza dei membri del governo, ai sindaci di New York e di Washington. Fu interrotto 29 volte da applausi bipartitici”, cioè, dei repubblicani e dei democratici. Secondo alcune inchieste svolte subito dopo tra i cittadini americani, il consenso popolare che conquistò giungeva al 90%..Oltre che alle autorità ed al popolo degli Stati Uniti, esso si rivolgeva alla comunità internazionale. Con questo intervento, il presidente, la cui elezione era stata così problematica, affermò la sua autorità come interprete della coscienza nazionale e come simbolo di unità, candidandosi inoltre come leader mondiale.

La coscienza del clima di crisi e di terrore in cui il discorso venne pronunciato si rifletteva anche nelle misure straordinarie di sicurezza che circondarono l’assemblea, con elicotteri ed aerei da caccia che sorvolavano il campidoglio, ed un severo controllo degli accessi. Durante il discorso, il vice presidente Dick Cheney rimase in un luogo sicuro e segreto in altra parte della capitale.

Dichiarazione di guerraindice

Oggetto fondamentale del discorso fu , come abbiamo ricordato, la dichiarazione di guerra. Ho chiamato i militari, proclamò il presidente, a rimanere in stato di allarme. L’ora in cui gli Stati Uniti agiranno si avvicina.” In effetti, gli Stati Uniti avevano dichiarato ufficialmente lo stato di massimo allarme. Il presidente aveva autorizzato la chiamata alle armi di 50.000 riservisti.

Per Bush l’analisi dei fatti che giustificano l’entrata in guerra è assai semplice. Gli Stati Uniti sono stati oggetto di un attacco codardo da parte del terrorismo internazionale , il quale, dopo il crollo del comunismo, si configura come il nuovo nemico principale”. Caratterizzando precedentemente l’attacco terrorista come” l’inizio della prima guerra del millennio”, Bush aveva annunziato che guerra sarà, una guerra lunga, dura e difficile, diversa da tutte le precedenti; guerra in cui gli Stati Uniti si sentono aggrediti e non aggressori, vittime e non colpevoli; una guerra difensiva, e come tale legittima, anzi doverosa.

Obbiettivo della guerra è difendere la libertà, la democrazia e la civiltà; è restaurare la giustizia; è irrompere e sconfiggere la rete del terrore. Siamo un paese che si è destato di fronte al pericolo e che sta chiamando alla difesa della libertà”. Sia che trasciniamo il nostro nemico di fronte alla giustizia sia che lo raggiungiamo con la nostra giustizia, giustizia si farà.” Questi obbiettivi si esprimeranno poi nei termini con cui sarà denominata l’impresa: giustizia infinita” e libertà permanente”.

Per tali obbiettivi, la potenza più forte del mondo si impegna ad investire tutti i suoi mezzi. Impegneremo tutte le risorse di cui disponiamo, tutte le misure diplomatiche, tutti gli strumenti di spionaggio, tutti gli strumenti di sicurezza, tutti i mezzi finanziari, tutte le armi di guerra.” Vien fatto di pensare che in questo contesto, il fine giustifica i mezzi.

La base di consenso nazionaleindice

Nei suoi progetti di guerra, Bush si sente appoggiato da tutto il paese. L’opinione pubblica nordamericana è indignata e chiede vendetta. Secondo le inchieste, essa è favorevole ad una risposta militare, anche se questa dovesse provocare vittime nella popolazione civile (vittime per altro, osserverei, non meno innocenti di quelle nordamericane).

Bush conta anche sull’appoggio unanime, bipartitico, del Congresso, che lo ha autorizzato a prendere tutte le iniziative opportune ed ha messo a sua disposizione, a tale scopo, somme eccezionalmente ingenti.. Esso aveva infatti approvato all’unanimità una risoluzione che autorizzava il ricorso alla forza militare. Aveva anche approvato un pacchetto di quaranta miliardi di dollari per finanziare azioni antiterroriste e operazioni di ricostruzione degli edifici distrutti, il doppio della somma che il presidente aveva chiesto.

La solidarietà internazionaleindice

L’attacco terrorista, osservò Bush, ha colpito gli Stati Uniti non solo come paese particolare, ma come leader di un’alleanza internazionale che governa il mondo, ispirandosi ai principi del neoliberalismo, considerati espressione coerente della libertà e della democrazia. L’obbiettivo della globalizzazione neoliberale che l’attentato ha inteso colpire, è chiaramente indicato dalle Torri Gemelle del Centro Mondiale del Commercio.

Per questo Bush riteneva di dover coinvolgere nella reazione il mondo intero. Il disastro della settimana scorsa, dichiarò, ha colpito il mondo intero, non solo perché costituisce un attacco alla libertà, ma anche perché esso ha provocato la morte di cittadini di 80 paesi, per esempio di uomini e donne di El Salvador, dell’Iran, del Messico, del Giappone.. Questa è quindi una lotta di tutto il mondo, una lotta per la civiltà. Chiamiamo tutte le nazioni ad aiutarci.” Rivolgendosi quindi alla comunità internazionale, Bush espresse la sua gratitudine a quei paesi che avevano deciso di appoggiare la guerra.

Concretamente, egli poteva già contare sull’appoggio della Nato, che per la prima volta nei suoi 52 anni di vita aveva attivato la clausola di difesa comune: l’articolo cioè secondo cui se uno dei membri dell’organizzazione viene aggredito, si ritengono aggrediti tutti. Aveva inoltre ottenuto il sostegno ufficiale di due nazioni chiave, il Pakistan e l’Arabia Saudita, la cui importanza strategica è evidente.Stava negoziando l’appoggio dei paesi arabi che avevano sostenuto gli Stati Uniti nelle guerre anteriori. Stava finalmente preparando la svolta epocale” , dell’alleanza con i nemici storici, protagonisti dell’antico regno del male, la Russia e a Cina.

Alla comunità internazionale Bush rivolse un ammonimento categorico:in questa guerra non è possibile neutralità. o con noi o con i terroristi”. Per altro, sappiamo che Dio non è neutrale”.

Per parte sua, il segretario di stato aveva affermato che a partire da quel momento Washington avrebbe giudicato le nazioni sulla base della loro volontà di collaborazione. Questo, aveva dichiarato, diventerà il metro con cui misurare la relazione. E il grado di collaborazione inciderà sulla futura assistenza di Washington. Un dilemma drammatico per la coscienza dei paesi islamici.

Identificazione del nemicoindice

La definizione dell’obbiettivo della guerra implica l’identificazione del nuovo nemico principale. Nell’immediato, esso veniva indicato nel milionario saudita Osama Bin Laden e nella rete terrorista internazionale che egli dirige e finanzia, Al Qaeda. Ma la guerra, precisò Bush, intende colpire tutte le organizzazioni terroriste del mondo ed i governi che le appoggiano. Il presidente caratterizzò queste organizzazioni come una rete”, termine che attribuisce loro una certa unità e coordinazione mondiale, riconoscendo al tempo stesso che esse non sono facilmente localizzabili: si comprende così perché questa guerra sarà diversa dalle altre, in cui il nemico era uno stato o un insieme di stati, chiaramente localizzati; si comprende anche perché sarà prevedibilmente assai lunga.

Al Qaeda Laden sembra particolarmente forte ed efficiente negli stessi Stati Uniti, dove aveva preparato tranquillamente gli attentati con un alto livello tecnologico e dove aveva potuto operare per uno o due anni, senza essere scoperta dall’FBI. Certo Bin Laden nega categoricamente la sua partecipazione agli attentati, ma sono note le sue dichiarazioni pubbliche, che annunciavano un attacco senza precedenti agli interessi americani; ed è nota la sua responsabilità in atti di terrorismo antinordamericano , per esempio nel bombardamento del Trade World Center.

Al regime talibano dell’Afghanistan Bush presentò come esigenza non negoziabile che essi consegnassero Bin Laden e tutti i terroristi operanti nel paese, che smantellassero i loro accampamenti ed aprissero il paese alle autorità statunitensi, consentendo loro di verificare se quelle esigenze fossero state rispettate. Il talibano deve agire , ed agire immediatamente, deve consegnare i terroristi o condividere il loro destino.” Successivamente , Bush respingerà categoricamente la richiesta dei talibani, i quali pretendevano le prove delle sue accuse. La parola dell’impero doveva essere sufficiente garanzia di verità.

Il presidente precisò tuttavia che il nemico sono i terroristi e non il mondo islamico né il mondo arabo; che sono i talibani e non gli afgani. Il nemico degli Stati Uniti, dichiarò, non sono i nostri molti amici musulmani; non sono i nostri molti amici arabi. Il nostro nemico è una rete radicale di terroristi e tutti i governi che la appoggiano.” Noi rispettiamo il popolo afgano, ma condanniamo il regime talibano”.

In questo discorso Bush evitò il termine crociata” che aveva usato precedentemente. Ma non evitò di satanizzare il nemico. Si tratta per lui di assassini, eredi di tutte le ideologie assassine del secolo XX..Sacrificando vite umane per servire le loro visioni radicali, abbandonando tutti i valori, eccetto la volontà di potenza, essi seguono il cammino del fascismo, del nazismo e del totalitarismo. E seguiranno il loro cammino anche nel sepolcro della storia delle menzogne fallimentari.”

Questo frequente accostamento tra i gruppi terroristi e gli stati totalitari consente a Bush di trovare nelle guerre contro il nazismo, il fascismo e il comunismo i precedenti e la giustificazione della sua guerra antiterrorista.

Quale il motivo di un comportamento così abbietto da parte dei terroristi? Bush non si preoccupata molto di approfondire una questione pur così importante. La sua risposta è assai semplice: la loro motivazione, oltre la volontà di potenza, è l’odio, l’odio alla democrazia ed alla libertà. Essi odiano ciò che vedono in questa Camera : un governo democraticamente eletto. Ci odiano per le nostre libertà”.

Manca nella sua analisi qualunque tentativo di esplorare le ragioni di questo odio, attribuito unicamente alla malvagità di quanti lo coltivano; manca qualunque sospetto che nella genesi di questo odio gli Stati Uniti possano avere delle responsabilità con la loro politica, con la loro volontà di potenza, e magari con i loro delitti.

Manca inoltre, in questa identificazione del nemico, una definizione del terrorismo. Gli Stati Uniti si riservano il diritto di decidere quali sono nel mondo le organizzazioni terroriste. Non è difficile prevedere che qualunque persona, gruppo o movimento che si pronunci contro la politica nordamericana e contro la globalizzazione neoliberale, qualunque persona, gruppo od organizzazione che rifiuti di sottomettersi al pensiero unico, potrà essere caratterizzato come terrorista e condannato come tale. Gli alleati degli Stati Uniti in questa guerra, per esempio la Russia o la Cina, rivendicheranno anch’essi il diritto di decidere chi siano, nei loro confronti, i terroristi e di bollare come tali i popoli che lottano per la libertà. Non mancheranno poi , in Italia ed in altri paesi occidentali, quanti denunceranno come terroristi tutti i cosiddetti no-global” , coloro cioè che si ribellano alla logica della globalizzazione neoliberale e sono impegnati nella ricerca di un’alternativa.

Proclamazione della guerra santaindice

Sebbene Bush abbia escluso espressamente che il nemico degli Stati Uniti e dell’Occidente siano i musulmani ed abbia evitato di caratterizzare la guerra come una crociata, la sua dichiarazione di guerra e la sua caratterizzazione etica del nemico , banda di assassini mossi dall’odio, dall’invidia e dalla volontà di potenza, imprime alla guerra i caratteri di un conflitto mondiale tra il bene e il male, che prolunga ed attualizza quello del secolo XX, con il comunismo ateo, considerato il regno del male; un conflitto fra il bene e il male, tra la civiltà e la barbarie, tra la libertà e il totalitarismo, nei confronti del quale tutti i popoli e tutte le persone del mondo sono chiamati a schierarsi.

Proclamando poi che Dio non è neutrale”, Bush afferma solennemente che il punto di vista di Dio coincide con il suo e con quello del potere occidentale: questa convinzione permetterà agli strateghi della guerra di denominarla , in un primo tempo,giustizia infinita”. In tale prospettiva quindi, il conflitto non è solo etico, tra il bene e il male; è anche religioso, tra Dio ed i suoi nemici. La parola crociata” è scomparsa, ma la sostanza del suo significato rimane intatta.

Per quanto poi Bush ripeta che la guerra nordamericana non è diretta contro l’Islam, egli ed i suoi consiglieri dovrebbero sapere che (come vedremo analizzando il punto di vista dell’integralismo islamico) le innumerevoli aggressioni scatenate dagli Stati Uniti contro paesi musulmani generano inevitabilmente la convinzione che il loro obbiettivo sia proprio l’Islam e l’egemonia che esso esercita in quei paesi. Anche perché questa interpretazione affonda le sue radici in secoli di storia e di conflitti fra l’Islam e l’Occidente. Non a caso i talibani reagirono immediatamente alla sfida di Bush interpretandola come un pretesto per distruggere il sistema islamico e sollecitando i musulmani di tutto il mondo ad impegnarsi nella guerra santa. Nello stesso tempo, un alto dirigente del gruppo islamico Hamas chiamava da Gaza tutti i musulmani ad unirsi contro la prevista rappresaglia. Così la guerra venne assumendo i tratti di una crociata dell’occidente cristiano capitalista contro l’Islam.

Il punto di vista degli Stati Uniti esprime tipicamente la necessità in cui si trova il potere oppressore di nascondere agli altri ed a sé stesso la realtà della violenza che pratica. La cecità del dominatore è una conseguenza necessaria della sua violenza. Essendo il paese maggiormente compromesso in rapporti di dominio , gli Stati Uniti sono anche uno dei più ciechi del mondo. Una cecità generata dalla loro ideologia. Questa impedisce loro di prendere coscienza della loro responsabilità nella genesi del terrorismo mondiale. Impedisce loro di percepire l’inefficacia e il pericolo delle offensive militari contro il terrorismo. Impedisce loro di prestare attenzione alle motivazioni del nemico e quindi di capire la genesi del terrorismo antioccidentale. Consente loro di esigere con arroganza che la gente si schieri o con loro o con il terrorismo, senza sospettare che possa esistere un punto di vista alternativo, al tempo stesso, alla loro violenza criminale ed a quella dei terroristi. L’appoggio largamente maggioritario del popolo nordamericano ai progetti guerrieri di Bush dimostra che il popolo condivide questa ideologia e questa cecità. Questo vale anche per gli alleati incondizionati.

La teologia del destino manifesto, progetto di grandezza imperiale degli USAindice

Per cogliere in profondità i presupposti ideali del conflitto militare in atto, vale la pena di evocare la teologia del destino manifesto del popolo nordamericano. Questa teologia , lanciata nel 1879 da John Fiske ebbe enorme risonanza in tutto il paese, probabilmente perché interpretava (come interpreta tuttora) aspirazioni profonde della popolazione ed alimentava l’orgoglio nazionale. Essa infatti fonda il progetto di grandezza di quella nazione nascente. Progetto imperiale che essa, non dimentichiamolo, ha ereditato dall’Europa, e direttamente dalla sua madrepatria la Gran Bretagna. Ora tale progetto ha un duplice fondamento, economico e ideologico. Sul piano economico , la nuova società americana eredita la mentalità mercantilistica e imprenditoriale della Gran Bretagna, patria del capitalismo. Vede cioè nell’espansione esterna la condizione essenziale della prosperità interna.The principle of our institutions is expansion (il principio delle nostra istituzioni è l’espansione) proclamerà in quegli anni il ministro degli esteri Everett. L’indipendenza raggiunta non significa l’abbandono di quella tradizione, ma un suo rilancio nell’ambito del nostro nascente impero americano” (our rising american empire).

L’espansionismo economico si coniuga con una visione messianica della società nascente come popolo eletto, nuovo Israele, chiamato ad istaurare nelle terre conquistate una nuova umanità e in prospettiva ad egemonizzare il mondo.Non penso che tutti i dirigenti nordamericani conoscano questa teologia e che ad essa ispirino le loro grandi scelte . Ma essa esprime con chiarezza la convinzione e l’orgoglio del popolo nordamericano , di essere investito, nel piano provvidenziale, di una eccezionale missione storica. Segno evidente di tale missione è appunto, ai suoi occhi, la convergenza tra la superiorità della forza economica , politica e militare del paese e la superiorità dei valori occidentali, di libertà e democrazia, che esso rappresenta e che si sente chiamato a difendere con tutti i mezzi.

La lettura degli avvenimenti attuali da questo punto di vista è quella di un popolo che vede misconosciuti e minacciati il suo destino manifesto ed i valori che ha la missione storica di difendere. Esso sente quindi non solo il diritto, ma anche il dovere di riaffermare il suo destino , ponendo al servizio dei valori occidentali tutta la sua forza economica, politica e militare. I valori occidentali rappresentano il regno del bene ed i suoi nemici , nelle varie epoche, il regno del male. Il conflitto nel quale si gioca il senso della storia è appunto quello che oppone il bene e il male. La vittoria degli Stati Uniti e dei suoi alleati occidentali è la vittoria del bene. Nel secolo XX, questo conflitto ha opposto l’occidente capitalista cristiano al comunismo ateo, e si è concluso con la vittoria del capitalismo e di Dio.. Nel nuovo millennio, le forze del bene continuano ad essere rappresentate dall’alleanza occidentale egemonizzata dagli Stati Uniti; le forze del male sono rappresentate dalla rete terrorista mondiale e dai paesi che la proteggono.

In tale contesto, l’imperialismo economico e politico degli Stati Uniti viene non solo giustificato, ma anche idealizzato.Esso prolunga e consolida l’ideale cristiano che ha giustificato la conquista e la colonizzazione dell’America da parte dei paesi europei .Prolunga e consolida la costruzione di quella civiltà, chiamata occidentale cristiana, fondata su rapporti di dominio. Prolunga e consolida la costruzione di quella civiltà occidentale cristiana, alla cui origine si trova un delitto di lesa umanità , il genocidio fisico culturale e religioso dei popoli indigeni. Prolunga e consolida la costruzione di quella civiltà le cui strutture rappresentano l’istituzionalizzazione e la perpetuazione del delitto originario. Prolunga e consolida la costruzione di quella civiltà criminale , che pretende oggi di imporsi , ancora con le armi, come il regno del bene.

Ma i dirigenti e il popolo degli Stati Uniti sono orgogliosi della loro storia e della loro potenza. Orgoglio che la paurosa aggressione di cui sono stati vittima ha imposto loro di riaffermare. Ora questo orgoglio li induce a cogliere solo l’aspetto positivo, glorioso, della loro espansione ed a nascondere agli altri ed a se stessi il prezzo di sangue e di ingiustizia che essa è costata alle loro vittime.

L’ideologia del destino manifesto consente anche di capire il ruolo che assume per gli Stati Uniti il processo di globalizzazione neoliberale. Tale processo infatti,che attribuisce alla libertà di mercato il ruolo di legge suprema dell’economia e della storia, ha la sua origine in una decisione politica, assunta dalle grandi potenze occidentali, in primo luogo dagli Stati Uniti di Ronald Reagan e dall’Inghilterra di Margaret Tatcher. Pur affermando quindi la supremazia del mercato capitalista finanziario nell’organizzazione del mondo, esso subordina di fatto l’economia mondiale alla politica delle grandi potenze, in particolare all’imperialismo nordamericano.Tale imperialismo si presenta come espressione della modernità e del progresso, nascondendo il suo carattere ingiusto e violento dietro la maschera dell’ideologia.

L’analisi dell’ideale e della pratica imperialista degli Stati Uniti permette di capire le ragioni profonde del cosiddetto antiamericanismo”, che il pensiero unico designa con una serie di qualifiche come viscerale”, preconcetto”,di maniera”, veteromarxista” ecc., considerandolo quindi privo di qualsiasi fondamento oggettivo; colpevole anzi di ignorare il contributo che gli Stati Uniti hanno fornito e forniscono alla libertà dell’Europa, combattendo contro il nazismo, il comunismo, ed ora contro il terrorismo. L’idea che questo antiamericanismo sia in realtà espressione di antiimperialismo è totalmente assente dal pensiero unico neoliberale, che ha eliminato completamente dalle sue analisi la categoria imperialismo”, illudendosi così di poterla cancellare dalla realtà.

Queste premesse ci preparano a capire le ragioni del terrorismo che ha colpito gli Stati Uniti. Esso infatti, come vedremo, non era diretto solo contro i simboli del potere nordamericano, ma più precisamente contro i simboli dell’imperialismo nelle sue dimensioni economica, politica e militare.

PUNTO DI VISTA DELL’INTEGRALISMO TERRORISTA ISLAMICO [1] indice

Credo utile per la precisione distinguere il significato dei termini integralismo religioso ” e terrorismo”, per poi studiare il rapporto fra di essi. L’integralismo religioso

(cristiano, islamico, ebraico,ecc.) è un metodo ermeneutico, una dottrina e una pratica. Il metodo ermeneutico integralista è un’interpretazione del libro sacro, rigorosamente aderente alla lettera del testo, che rifiuta quindi i contributi della scienza e dello spirito critico.La dottrina integralista è quella che si considera l’unica verità rivelata, eletta quindi da Dio a diventare la religione universale dell’umanità. Sul piano pratico, la religione integralista si attribuisce il ruolo di norma necessaria ed esclusiva, con il suo sistema di valori, sia della vita personale sia della vita sociale: contesta quindi la legittimità sia di un’organizzazione laica della società sia del pluralismo religioso.

L’integralismo attribuisce quindi alla sua religione il diritto- dovere di difendersi, d’imporsi e di diffondersi. Esso diventa terrorista” quando questo diritto- dovere ritiene di potersi esercitare, per disposizione divina, anche ricorrendo alla violenza militare; quando , in particolare, esso implica il diritto dovere della vendetta. In questi termini, se non vado errato, deve caratterizzarsi l’integralismo islamico di bin Laden. Ma non escludo che esistano forme di integralismo islamico non terrorista, così come esistono oggi integralismi cattolici non terroristi, anche se l’integralismo cattolico è stato terrorista per secoli.

Nei confronti dell’integralismo terrorista di Bin Laden è esplosa unanime la condanna non solo da parte degli Stati Uniti e dei governi occidentali ed arabi che hanno aderito alla guerra, ma anche di quelle minoranze che in tutte le parti del mondo contestano la validità della guerra come risposta al terrorismo. Solo quindi un atteggiamento settario può qualificare il rifiuto della guerra come connivenza con il terrorismo. Ma è comprensibile la domanda che i fautori della guerra rivolgono a quanti ne contestano la validità: qual’è allora la vostra risposta al terrorismo? Il presupposto della domanda è molto chiaro: per rispondere efficacemente al terrorismo strategie diverse dalla guerra non esistono.

Si tratta comunque di una domanda molto esigente, alla quale non possiamo certamente sottrarci e che ci impegna a porre in atto un’ampia ricerca popolare partecipativa. Ma tale ricerca deve partire da un’analisi approfondita del terrorismo islamico e delle sue ragioni. Solo infatti comprendendo la sua natura e la sua genesi potremo decidere come combatterlo con efficacia. I dirigenti nordamericani ed occidentali non hanno finora compreso, mi pare, l’importanza di questa analisi per elaborare una strategia adeguata di risposta. Si sono accontentati di squalificare i terroristi, descrivendoli come malvagi, demoniaci, psicopatici, esaltati, folli; come fanatici, barbari, assassini, nemici della civiltà, della libertà e della democrazia, mossi da un odio ingiustificato ed irrazionale contro l’occidente e contro la modernità. Questa lettura consente agli occidentali di interpretare la loro reazione come una guerra difensiva, come una forma di legittima difesa; essa evita loro di interrogarsi sulle responsabilità degli Stati Uniti e dell’occidente nella genesi del terrorismo antioccidentale e quindi su ciò che dovrebbe cambiare nella loro politica per combatterlo con efficacia.

Credo invece necessario cercare di capire perché questa azione terroristica conti su un consenso popolare così forte, anche se minoritario, perché essa susciti una mitizzazione della figura di Bin Laden, perché migliaia di persone, ad esempio in Pakistan, si siano mobilitate per combattere al fianco dei talibani, perché quella battaglia possa contare sul sacrificio della vita di tante persone; perché lo stesso Bin Laden abbia abbandonato gli agi e la sicurezza offertigli da una delle famiglie più ricche del mondo per dedicarsi ad un’impresa così rischiosa e così pazzesca.

Nell’esplorare queste motivazioni noi occidentali dobbiamo riconoscere i limiti della nostra conoscenza dell’Islam, che si è affermato improvvisamente come protagonista sulla scena mondiale. Le interpretazioni che esporrò per parte mia vanno intese, più che come spiegazioni, come piste di ricerca; come piccolo contributo a quella ricerca partecipativa che ritengo essenziale sviluppare e che per altro è già in atto.

Per capire il punto di vista dell’integralismo islamico dobbiamo cominciare con l’ascoltare i discorsi, le minacce, gli appelli di Bin Laden, senza squalificarli in partenza come deliranti” e domandandoci invece dove essi attingano la loro efficacia mobilitante ed esaltante nei confronti di tanti musulmani. Dev’essere chiaro che sforzarsi di capire le ragioni di Bin Laden non significa giustificare la sua strategia sanguinaria; dev’essere chiaro inoltre che valorizzare nell’analisi il punto di vista di Bin Laden non significa attribuirlo all’Islam nel suo insieme, ma solo a quei settori che condividono la strategia terrorista. Credo anzi che la collaborazione dei musulmani non integralisti sia essenziale da un lato per isolare i terroristi, dall’altro per condurre quella ricerca di una civiltà multietnica, multiculturale e multireligiosa, che è l’unica alternativa autentica ai terrorismi.

Per cogliere il senso che Bin Laden ed i suoi seguaci attribuiscono alla loro lotta e identificare così le radici del terrorismo islamico, dobbiamo partire dall’analisi che essi compiono della politica nordamericana rispetto all’Islam e scoprire nella ribellione contro questa politica la giustificazione e sacralizzazione del terrorismo.

La politica nordamericana nei confronti dell’Islam: imperialista e terroristaindice

Ritorsione dell’accusa di terrorismo contro gli Stati Unitiindice

Quest’analisi si incentra su una vigorosa ritorsione dell’accusa di terrorismo contro gli Stati Uniti ed il loro complice principale, lo Stato d’Israele: Gli americani ci accusano di essere terroristi. Ma sono loro i più grandi terroristi della storia” (p.93) I crociati continuano a massacrare le nostre madri, le nostre sorelle e i nostri bambini. Ma gli americani, con i loro media, accusano noi di essere terroristi.” (p.94) ”Gli Stati Uniti hanno creato un nuovo slogan, chiamando ‘terrorista’ chiunque abbia deciso di combattere la loro ingiustizia. Vogliono occupare i nostri paesi, rubare le nostre risorse, imporci agenti e una guida politica non basata sulle rivelazioni di Dio. Se non siamo d’accordo, allora dicono che siamo terroristi” (p.99) Ovunque volgiamo lo sguardo, vediamo gli Stati Uniti come leader del terrorismo e dei crimini del mondo. Gli Stati Uniti non considerano terrorismo lanciare una bomba atomica su paesi lontani migliaia di miglia. Ma quelle bombe sono state gettate contro intere nazioni, comprese donne, bambini, anziani, e ,ancora oggi in Giappone ne rimangono tracce .” (pp.99-100)

Terrorismo ed imperialismo nei confronti dei paesi islamici: Arabia Saudita, Palestina, Iraq, ecc.indice

Ma il terrorismo e l’imperialismo nordamericano che Bin Laden denuncia con particolare virulenza è quello di cui sono vittime innumerevoli paesi islamici: nei loro confronti l’imperialismo nordamericano rappresenta una sacrilega intrusione.” (p.105) Essi sono vittime di aggressione militare, di sfruttamento ed usurpazione economica, di attacchi all’egemonia ed ai valori dell’Islam.

Bin Laden è particolarmente sensibile all’invasione americana della sua patria, l’Arabia Saudita, terra dei luoghi santi dell’Islam. Il governo americano, accusa, ha offeso un miliardo e duecento milioni di musulmani occupando il suolo sacro dove c’è la loro Mecca. Nessun potere imperialista del mondo si era mai comportato così”. (pp.95-96) L’ultima e la più grande delle aggressioni che i musulmani abbiano subito dai tempi della morte del Profeta è l’occupazione della terra dei due luoghi santi, le fondamenta della casa dell’Islam, il luogo della rivelazione, la sorgente del messaggio, da parte dell’esercito dei crociati americani e dei loro alleati” (pp.120-121) ”Da oltre sette anni gli Stati Uniti occupano la terra dell’Islam nel più sacro dei luoghi, la penisola arabica, saccheggiandola e dando ordini ai suoi governanti, umiliando il suo popolo, terrorizzando i suoi vicini e trasformando le proprie basi nella penisola in avanguardie per l’attacco ai vicini popoli musulmani.” (p.138) Ai crociati è stato permesso di occupare la terra dei due luoghi santi …La nostra terra è stata riempita di basi militari degli Stati Uniti e dei loro alleati….Invece di motivare l’esercito, gli uomini di guardia e della sicurezza, perché si opponessero agli occupanti, il regime ha usato questi uomini per proteggere gl’invasori, aumentando così l’umiliazione e il tradimento” (p.129) I cittadini conoscono la verità e cioè che il nostro paese è diventato una colonia americana, e hanno deciso di cacciare gli americani dalla terra santa…Essi sanno che il loro paese è il più grande produttore di petrolio del mondo….e che l’occupazione americana del suolo saudita ha l’unico scopo di sottrarre ricchezze al popolo a beneficio degli americani.” (pp.105-106) Così facendo, gli americani hanno provocato l’immensa collera del popolo saudita” (p.105)

Dalla denuncia dell’occupazione nordamericana non si può separare, secondo Bin Laden, la condanna dello stesso regime saudita, colpevole appunto di aver accolto le truppe occupanti: Il regime saudita, commettendo l’imperdonabile errore di accogliere le truppe militari americane, ha manifestato tutta la sua doppiezza. Ha dato sostegno alle nazioni che combattono i musulmani.” (p.105). Questo comportamento provoca la scomunica del regime: Essendo leale al regime americano, il regime saudita ha commesso un atto contro l’Islam. E questo, sulla base della giurisprudenza islamica, la sharia, mette il regime fuori della comunità religiosa”. (p.106)

E’ chiaro che non esiste alcun dovere più importante che respingere il nemico americano fuori dalla terra santa…Non c’è altro dovere, dopo la fede, che combattere il nemico che sta corrompendo la vita e la religione…Se non c’è altro modo di cacciare il nemico che la mobilitazione collettiva di tutti i musulmani, allora i musulmani hanno il dovere di ignorare le insignificanti differenze che sussistono fra di loro.” (pp.126,133)

Altro luogo particolarmente sensibile dell’aggressione imperialista nordamericana, perpetrata attraverso la complicità di Israele, è la Palestina. Lo scopo degli americani, religioso od economico, in queste guerre, è anche di servire gl’interessi dello stato ebraico e di distrarre l’attenzione dall’occupazione di Gerusalemme e dallo sterminio degli arabi della Palestina” (p.139) Il vostro atteggiamento con i musulmani di Palestina è vergognoso…Nei massacri di Sabra e Chatila, ebrei e americani hanno demolito le case sopra le teste dei bambini. E l’unico metodo che noi abbiamo per difenderci da questi assalti è di utilizzare gli stessi metodi.” (p.90) [2] ”Gli americani accusano i nostri bambini in Palestina di essere dei terroristi. ..Difendono invece un paese, quello degli ebrei, che con i loro aerei e le loro navi, distrugge il futuro di questi bambini.” (p.95) Se dei poveri bambini palestinesi, il cui paese è stato occupato, tirano pietre contro le truppe d’Israele, si dirà che sono terroristi. Ma quando i piloti israeliani hanno bombardato gli edifici delle Nazioni Unite a Qana, in Libano, che erano pieni di donne e bambini, gli Stati Uniti hanno boicottato qualsiasi documento, qualsiasi piano che portasse a una condanna di Israele.” (p.99) L’inimicizia tra noi e gli ebrei va molto lontano nel tempo e ha radici profonde. Non c’è dubbio che una guerra tra noi e loro sia inevitabile…. Il giorno del giudizio non verrà finché i musulmani non avranno sconfitto gli ebrei e gli ebrei si nasconderanno dietro gli alberi e le pietre, e gli alberi e le pietre parleranno e diranno: *musulmano, c’è un ebreo dietro di me, vieni e uccidilo.* Noi siamo sicuri della nostra vittoria.” (pp.110-111)

Altra vittima dell’imperialismo e del terrorismo nordamericano, cui Bin Laden si riferisce con frequenza, è l’Iraq.”Gli americani colpiscono i più deboli, i bambini, le donne…Come è avvenuto per i 600.000 bambini iracheni, che sono morti per mancanza di cibo e di medicine a causa delle sanzioni e del boicottaggio americano.” (p.95) L’Iraq è stato violentemente bombardato, il popolo è stato schiacciato e i media tentano di distrarre l’attenzione concentrandosi su alcuni aspetti della condotta di Sadam Hussein, mentre migliaia di iracheni muoiono ogni giorno.” (p.107) ”Nonostante la grande devastazione inflitta al popolo iracheno dall’alleanza crociato-sionista e nonostante l’enorme numero di persone uccise, che ha superato il milione, nonostante tutto questo, gli americani stanno tentando ancora una volta di ripetere i loro orribili massacri, non contenti del lunghissimo embargo imposto dopo quella guerra feroce. Vengono per annichilare ciò che rimane di quel popolo e per umiliare i loro vicini musulmani.” (pp.138-139)

Offensiva contro l’insieme del mondo islamicoindice

Ma più in generale, quella dell’alleanza giudaico –crociata” è una feroce offensiva nei confronti del mondo islamico nel suo insieme.” (p.107) A fondamento di un’affermazione così impegnativa, Bin Laden cita, oltre i paesi di cui abbiamo detto, il Pakistan, l’Afghanistan, l’Iran, la Siria, il Libano, la Giordania, l’Egitto, il Sudan, la Somalia, la Bosnia, la Cecenia, il Tajikistan, ecc. (pp.107-109, p.91). In una parola, l’alleanza giudaico- crociata è in guerra contro Dio, contro il suo Messaggero e contro i musulmani.” (p.139)

Bin Laden considera poi l’insieme dei musulmani come una grande nazione”, di un miliardo e duecentomilioni di persone. Per cui aggredendo un paese islamico, gli Stati Uniti stanno aggredendo l’intera nazione”. Ogni atto di aggressione contro una qualsiasi di queste terre impone a ogni musulmano il dovere di mandare un numero sufficiente di suoi figli a combattere quell’aggressione.” (p.91) Ogni attacco contro l’Afghanistan non sarà un attacco contro un individuo, né contro il mullah Mohammed Omar né contro Osama bin Laden. Il fatto è che l’Afghanistan, avendo innalzato la bandiera dell’Islam, e cercato di applicare la sharia dell’Islam, è diventato un obbiettivo dell’alleanza giudaico –crociata. Noi ci aspettiamo che l’Afghanistan venga bombardato (anche se i miscredenti diranno di farlo a causa della presenza di Osama bin Laden), in quanto nazione musulmana, poiché è l’unico stato che in quest’epoca tenti di applicare la legge dell’Islam: per questo tutti i musulmani dovrebbero sostenere l’Afghanistan” (pp.114-115) L’America farà un grande errore se penserà che il solo Osama bin Laden può combattere un paese così grande. Ma Osama bin Laden ha fiducia che, per la grazia di Dio, lode e gloria a Lui, la nazione islamica assolverà questo dovere. Ho fiducia che questa nazione di un miliardo e duecento milioni di musulmani sarà capace di mettere fine, con l’aiuto di Dio, alla leggenda di quella che è chiamata la superpotenza dell’America.” (p.113)

Sono queste incessanti aggressioni perpetrate dall’imperialismo nordamericano e giudaico, non la libertà e la democrazia, che, secondo Bin Laden, generano nei musulmani il risentimento e l’odio e quindi l’esplosione del terrorismo. L’ostilità che l’America continua a dimostrare contro i musulmani ha avuto come reazione una crescita d’odio contro l’America e l’Occidente”. (pp.101-102) Se il governo americano è serio, quando parla di fermare gli attentati all’interno del territorio degli Stati Uniti, allora che la smetta di provocare i sentimenti di un miliardo e duecento milioni di musulmani.” (p.102) Questa reazione non si può caratterizzare come antiamericanismo, ma come antiimperialismo, e più precisamente come antiimperialismo islamico.

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La jihad, guerra di liberazione e di affermazione dell’Islamindice

La jihad, terrorismo legittimo e necessarioindice

La denuncia dell’imperialismo americano e della sua aggressione politica, militare, economica e religiosa contro l’Islam fonda per Bin Laden la giustificazione, anzi l’esaltazione della reazione terroristica contro di esso. Il terrorismo può essere lodevole o biasimevole. Terrorizzare una persona innocente è discutibile e ingiusto…Ma terrorizzare i criminali e i ladri è necessario per la salvezza delle persone e per la sicurezza dei loro beni…Ogni stato ed ogni civiltà deve ricorrere al terrorismo in alcune circostanze per abolire la tirannia e la corruzione. Il terrorismo che noi pratichiamo è del tipo più lodevole, perché è diretto contro i tiranni e gli aggressori, i nemici di Allah e coloro che commettono atti di tradimento contro i propri paesi, la propria fede, il proprio profeta e la propria nazione. Terrorizzare costoro è legittimo e necessario…Ci strappano le nostre ricchezze, le nostre risorse e il nostro petrolio. Attaccano la nostra religione. Uccidono e massacrano i nostri fratelli. Compromettono il nostro onore e la nostra dignità, e se osiamo dire una sola parola di protesta contro l’aggressione ci chiamano terroristi.” (p.98) Se liberare il mio paese mi porta ad essere bollato come terrorista, è un grande onore per me esserlo”. (p.101). ”Se l’istigazione alla jihad contro gli ebrei e gli americani, volta a liberare la moschea di Al Aqsa e la santa Ka’ba è considerato un crimine, la storia mi sarà testimone che io sono un criminale.”(p.101)

La jihad, fondamentale dovere religiosoindice

Questa violenza, che si caratterizza come difensiva e liberatrice, non è solo giustificata, è anche un fondamentale dovere religioso. La sua espressione più completa è la jihad o guerra santa. Il nostro appello a ogni musulmano perché partecipi alla jihad contro Israele e contro l’America la definiamo un dovere religioso. Nel Corano il nostro grande Allah ci ha più volte incoraggiato a combattere per lui….Abbiamo fatto una promessa ad Allah, di continuare la lotta fin quando avremo sangue che scorre nelle vene o un occhio che vede ancora.” (pp.91-92) L’ostilità verso l’America è un dovere religioso, e noi speriamo per questo di essere ricompensati da Dio, lode e gloria a Lui…Essere chiamati *nemico numero uno* o *numero due* non ci preoccupa. Quello che ci sta a cuore è compiacere Dio, lode e gloria a lui, facendo la jihad per la sua causa e liberando i luoghi sacri dell’Islam” (p.100) Non esiste alcun dovere più importante che respingere il nemico americano fuori dalla terra santa…Non c‘è altro dovere, dopo la fede, che combattere il nemico che sta corrompendo la vita e la religione.” (p.126) ”La jihad è parte della nostra religione e nessun musulmano può dire di non voler fare la jihad per la causa di Dio, lode e gloria a lui. Questi sono i dogmi della nostra religione, e noi chiediamo: *c’è un altro modo per respingere gli infedeli?*” (p.92)

La giustificazione e sacralizzazione della jihad si fonda da un lato, come abbiamo visto, sul fatto che essa reagisce all’intrusione sacrilega dell’imperialismo nei paesi islamici e in particolare all’occupazione dei luoghi santi; si fonda d’altro lato sugli obbiettivi che essa persegue, cioè la liberazione di questi paesi e di questi luoghi, la restaurazione dello stato islamico e l’affermazione nel mondo intero dell’Islam, chiamato a diventare la religione universale.

La nostra chiamata all’Islam è stata rivelata da Maometto. E’ una chiamata rivolta a tutto il genere umano. Siamo stati incaricati di seguire le orme del Messaggero e di portare il suo messaggio a tutte le nazioni, quello appunto di abbracciare l’Islam, la religione che invoca la giustizia, la solidarietà e la fratellanza tra le nazioni… Siamo incaricati di diffondere questo messaggio a tutte le genti.. E nello stesso tempo lottiamo contro i governi e le genti che approvano l’ingiustizia contro di noi. Combattiamo quei governi che attaccano la nostra religione e che rubano le nostre ricchezze, ferendoci il cuore. E li combattiamo nella stessa maniera e con gli stessi mezzi con cui essi combattono noi.” (pp.89-90)

La jihad, guerra contro l’imperialismo con i suoi stessi metodiindice

Particolarmente significativo mi pare il riconoscimento della affinità che questa guerra antimperialista dichiara con i modi e mezzi dell’imperialismo che combatte. Essa riconosce di muoversi nella stessa logica del suo nemico, quella del diritto del più forte; riconosce pertanto di non rappresentare un’etica politica né una civiltà alternativa nei suoi confronti.” Nei massacri di Sabra e Chatila, ebrei e americani hanno demolito le case sopra le teste dei bambini. E l’unico metodo che abbiamo per difenderci da questi assalti è di utilizzare gli stessi metodi.” (p.90)

Come il terrorismo nordamericano, il terrorismo islamico di bin Laden giustifica anche l’uccisione di innocenti, se questa è necessaria per colpire il nemico: Supponiamo che gli americani abbiano attaccato una nazione islamica e rapito i miei bambini, i bambini di Osama bi n Laden, per usarli come scudo, e quindi abbiano cominciato ad uccidere musulmani, come hanno fatto in Libano, Palestina e Iraq, o come quando hanno aiutato i serbi a massacrare i musulmani in Bosnia. Secondo la legge islamica, se ci asteniamo dal colpire gli americani per non uccidere i musulmani usati come scudo, causiamo un male maggiore a tutti i musulmani che sono sotto attacco, male che supera di gran lunga il bene di salvare quelli usati come scudo. Ciò significa che, in casi come questo, quando diventa chiaro che sarebbe impossibile respingere gli americani senza attaccarli, anche causando la morte di musulmani, la legge dell’Islam impone di attaccare.” (p.112)

Come l’imperialismo che combatte, bin Laden afferma la legittimità di tutte le armi, per esempio delle armi chimiche ed atomiche. Interrogato sulla sua intenzione di usare armi chimiche, egli dichiara: La domanda presuppone che io possegga armi chimiche ed è volta a capire come noi le useremo. Io rispondo che ottenere armi chimiche per la difesa dei musulmani è un dovere impostoci dalla religione. Cercare di possedere armi chimiche che possano contrastare quelle possedute dagli infedeli è un dovere. Se io avessi tali armi, sarebbe perché ho assolto questo dovere e ringrazierei Dio di avermelo permesso… Sarebbe un peccato per i musulmani non provare a possedere le armi che preverrebbero gli infedeli dal causare del male ai musulmani. Ma come potremmo usare tali armi e se le possediamo, è affare nostro.” (p.114)

Credo che noi cristiani, prima di qualificare questi discorsi come deliranti” dovremmo riflettere sull’affinità che la jihad presenta con le crociate indette per la liberazione dei luoghi santi, alle quali bin Laden rimanda costantemente qualificando i nemici americani come crociati; dovremmo anche riflettere sull’affinità tra la jihad e le guerre di conquista, benedette dalla chiesa come strumenti di evangelizzazione e di istaurazione della cristianità; dovremmo riflettere infine sulla nostra mobilitazione contro il comunismo ateo e le guerre che essa ha giustificato.

Il punto di vista dell’oppresso-oppressoreindice

Volendo ora caratterizzare il punto di vista del fondamentalismo islamico alla bin Laden, lo definirei come quello dell’oppresso-oppressore: dell’oppresso cioè che si ribella alla sua propria oppressione, ma non all’oppressione in generale; che quindi non contesta i valori dell’oppressore e pertanto non emerge come soggetto alternativo, ma riproduce quei valori nella sua ribellione e nella sua pratica. Concretamente, l’oppresso-oppressore non respinge quel diritto del più forte che ispira l’oppressore. Egli accetta il terreno su cui questi si muove, quello del diritto della forza. Cerca quindi di diventare a sua volta il più forte; quindi orienta i suoi sforzi a distruggere la forza dell’oppressore, praticando gli stessi metodi che denuncia in lui. La sua pretesa di imporre con la violenza a tutta la società, particolarmente alle donne, la legge dell’Islam nella sua versione integralista, avvicina questo regime ai più oppressivi e repressivi regimi occidentali.

CONFRONTO TRA I DUE PROGETTI STORICI E I DUE TERRORISMIindice

Confrontando ora, dal punto di vista degli oppressi e delle oppresse come soggetti alternativi, i due progetti storici che ho cercato di caratterizzare, mi colpiscono nel loro rapporto due aspetti che sembrerebbero contrastanti. Da un lato, essi sono tra loro radicalmente opposti, dall’altro profondamente affini. La contrapposizione tra i due progetti è scontata, dato che essi ispirano i due campi nemici in questa guerra. Una constatazione sorprendente e sconvolgente è invece la profonda affinità tra i due nemici mortali e, chiamiamoli con il loro nome, tra i due opposti terrorismi. Constatazione che mi sembra centrale nell’analisi e determinante per scoprire le vie dell’alternativa.

Due progetti in radicale contrastoindice

Nella prospettiva di Bin Laden, infatti, gli aggressori diventano vittime e le vittime aggressori; terroristi non sono più gli islamici, ma i nordamericani; difensori della libertà duratura e della giustizia infinita non sono più gli occidentali, ma gli islamici mobilitati; gli eroi e martiri della guerra non sono i soldati occidentali e i pompieri di New York, ma i giovani musulmani che sacrificano la vita per la causa, in particolari quelli impegnati in attacchi suicidi; i valori etico-politici chiamati ad affermarsi su scala mondiale non sono più quelli occidentali cristiani, ma quelli islamici; alla coalizione internazionale convocata dagli Stati Uniti e costruita intorno all’occidente, si contrappone la comunità degli stati islamici fedeli alla loro religione; la condanna non colpisce più gli stati che ospitano terroristi, ma quei paesi islamici che si vendono agli Stati Uniti, che ospitano le loro truppe, che combattono al loro fianco contro altri paesi islamici, che tradiscono quindi la loro religione; il regno del bene diventa regno del male e viceversa. Dio stesso infine cambia campo, passando dall’occidente all’Islam: sono i musulmani e non più i nordamericani a dichiarare che in questa guerra Dio non è neutrale, Dio è con noi”.

Due progetti con profonde affinitàindice

D’altro lato, si riscontrano fra i due approcci profonde e sconvolgenti affinità. Gli uni e gli altri si considerano aggrediti e quindi vittime; gli uni e gli altri si considerano impegnati a combattere il terrorismo; gli uni e gli altri demonizzano il loro nemico, lo bollano come terrorista, come assassino, anzi come satanico; gli uni e gli altri ritengono di essere difensori della libertà e della giustizia contro gli oppressori; di rappresentare quindi il regno del bene e di essere in guerra contro il regno del male; gli uni e gli altri pensano che l’attacco sferrato contro un membro della loro alleanza deve essere percepito da ciascuno come sferrato contro di lui e provocare di conseguenza la sua reazione militare; gli uni e gli altri ritengono di stare combattendo una guerra giusta, anzi una guerra santa; gli uni e gli altri perseguono, per volere di Dio, un progetto imperialista, l’instaurazione cioè di un ordine mondiale egemonizzato dai loro valori; gli uni e gli altri ritengono che il loro destino manifesto, di egemonizzare il mondo, possa e debba prevalere sul diritto di ogni popolo all’autodeterminazione; gli uni e gli altri ritengono che il fine da loro perseguito, l’affermazione nel mondo dei loro valori, giustifichi tutti i mezzi, in particolare il ricorso alla violenza militare ed economica; ritengono pertanto che sia giusto sacrificare alla causa anche le vite di tantissimi innocenti, comprese quelle di donne e bambini. Gli uni e gli altri pongono tutti i paesi del mondo di fronte al dilemma: o con noi o contro di noi, non esiste alternativa.

In una parola, esiste un pensiero unico imperniato sul diritto del più forte che accomuna il progetto storico occidentale e quello dell’integralismo islamico terrorista.

Tra i due progetti imperiali è inevitabile la scelta?indice

Nel solenne discorso di dichiarazione di guerra, Bush, come abbiamo appena ricordato, ha rivolto alla comunità internazionale un drastico ammonimento: in questa guerra non è possibile neutralità, né per gli uomini né per Dio: o con noi o con i terroristi; o con la civiltà o con la barbarie.

Problema: è evidente che tra il punto di vista del potere americano ed occidentale e quello del terrorismo islamico non esiste alternativa? E’ evidente che nella lotta contro il terrorismo non esiste altra strategia che quella militare? Che condannare la guerra significa ridursi all’impotenza o addirittura diventare complici del terrorismo?

L’analisi che abbiamo condotto dal punto di vita degli oppressi e delle oppresse come soggetti, ci ha imposto una conclusione sconcertante: che cioè il contrasto fra questi due nemici mortali e tra i loro progetti storici, non è così profondo. Abbiamo infatti dovuto constatare che si tratta, in definitiva, dello scontro fra due imperialismi terroristi.

Ma voglio andare più avanti, anche a costo di essere giudicato estremista e settario. Dal punto di vista degli oppressi e delle oppresse, cioè dal punto di vista delle vittime, si tratta di due imperialismi oggettivamente criminali. Dico bene oggettivamente”: Non nego la buona fede soggettiva degli uni e degli altri, convinti come sono che la loro vittoria militare significhi l’affermazione di grandi valori: dei valori occidentali di libertà e democrazia per gli uni, di autentica religiosità per gli altri..Ma per gli uni e per gli altri buona fede” soggettiva significa incapacità di percepire il carattere criminale delle loro imprese e delle loro stragi, delle quali vanno invece orgogliosi; incapacità generata dalle rispettive ideologie di dominio; incapacità congenita al punto di vista degli oppressori, che ha bisogno di nascondere agli altri ed a se stesso il carattere ingiusto e criminale delle sue azioni, che ha bisogno quindi di costruire un’immagine rovesciata della realtà, in cui le vittime diventano carnefici ed i carnefici vittime.

Un’importante affinità fra le due ideologie di dominazione è quindi la loro capacità di accecamento. Quanto dire che prima di esercitare la sua carica distruttiva sul nemico, la scelta violenta la esercita su coloro che la professano, avvelenando ed accecando la loro intelligenza. E’ questo il veleno più micidiale, che sta ammorbando l’umanità, poiché priva grandi masse dell’autonomia intellettuale e morale, della capacità di scoprire l’ingiustizia nascosta nel sistema economico e politico e di indignarsi contro di essa.

Il punto di vista degli oppressi e delle oppresse come soggetti alternativiindice

Ma se e i due progetti storici che si scontrano sono l’uno e l’altro imperialisti e terroristi, non è per nulla evidente che sia ineludibile la scelta di campo fra di essi; è anzi ineludibile la necessità di respingerli entrambi. Respingerli, ma in nome di che cosa? In nome di quale punto di vista? Di quale strategia? Di quale progetto?

Al punto di vista degli oppressori dei due campi stiamo contrapponendo proprio il punto di vista degli oppressi e delle oppresse che emergono in tutto il mondo alla coscienza e alla dignità di soggetti alternativi.Punto di vista che è stato, in realtà, la nostra bussola in queste analisi e deve continuare ad esserlo nella elaborazione della strategia.Punto di vista che fonda una cultura alternativa a quella dei due imperialismi: una cultura cioè della non violenza liberatrice; di una non violenza intesa nel suo significato positivo e creativo, capace quindi di scoprire e valorizzare la forza del diritto, della verità, della giustizia, della solidarietà, dell’amore; capace quindi di scoprire e valorizzare le risorse intellettuali, morali e politiche degli oppressi e delle oppresse.

Pur non disponendo in questo momento di inchieste internazionali sul tema, penso che questo punto di vista è largamente condiviso dalle grandi maggioranze del Terzo Mondo, anche se esse lo esprimono timidamente e se non riescono ad influire sulle decisioni politiche dei loro paesi.Compito primario degli intellettuali e degli educatori vicini al popolo è appunto di valorizzare questa opzione intuitiva e il suo potenziale mobilitante.

Perché se gli oppressori, come abbiamo rilevato con insistenza, hanno bisogno di occultare agli altri ed a se stessi la violenza che praticano e trovano quindi nella menzogna un’alleata indispensabile, gli oppressi e le oppresse hanno invece bisogno di smascherarla e trovano un’alleata indispensabile nella verità. La rettitudine delle loro scelte pratiche determina in essi una connaturalità con la verità, che li dispone a scoprirla.

La scelta di fondo che c’impone la situazione di guerra non è quindi, come pretende Bush, tra i due progetti storici in conflitto, quello occidentale e quello terrorista, ma tra il punto di vista degli oppressori di ogni colore da un lato e il punto di vista degli oppressi e delle oppresse dall’altro. La scelta paradossale cui mi ispiro e che sto proponendo è quest’ultima. Di essa credo di dover proclamare contro venti e maree la netta superiorità non solo etica ma anche intellettuale sul punto di vista dei più forti, degl’imperialisti di occidente e d’oriente.E’ questa scelta di fondo, a mio giudizio, il punto di partenza e il fondamento di ogni ricerca dell’alternativa al neoliberalismo ed ai terrorismi.

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Mobilitazioni contro il neoliberalismo e contro i terrorismi indice

Ma dove si esprime concretamente questo punto di vista? Le mobilitazioni che in Italia e in tante parti del mondo si sono ribellate alla guerra rappresentano, mi pare, al riguardo, un’indicazione importante. Contro la guerra si schierano massivamente quelle forze che sono schierate da anni non contro la globalizzazione, come si ripete troppo spesso, ma contro la globalizzazione nella sua versione micidiale, quella neoliberale.

Mi sembra particolarmente significativa questa convergenza tra i movimenti che respingono il neoliberalismo e quelli che respingono la risposta terrorista al terrorismo. Tale convergenza implica una convinzione: tra la logica che ispira la globalizzazione neoliberale e quella che ispira la guerra vi è una profonda coerenza. Sui due terreni vige il diritto del più forte.La globalizzazione neoliberale è un processo di organizzazione del mondo, in particolare dell’economia, al servizio dei più forti.Essa stessa è una guerra di colonizzazione (economica, politica, culturale, ecc.), che rappresenta il passaggio dalla conquista dell’America alla conquista del mondo. Per favorire la concentrazione della ricchezza e del potere in poche mani, essa condanna grandi masse alla miseria, all’emarginazione ed alla morte. Per difendere il disordine stabilito contro le proteste popolari, essa non esita a scatenare la violenza sanguinaria delle cosiddette forze dell’ordine.In una parola la globalizzazione neoliberale è un’organizzazione imperialista e terrorista del mondo. Che provoca prima o poi, la reazione terroristica di molte delle sue vittime.

Questa convergenza rivela tutta la sua portata quando si paragona l’interpretazione del terrorismo legata all’impatto del neoliberalismo con una lettura che lo caratterizza in termini più generici, come ribellione alla povertà, alla disuguaglianza, all’ingiustizia. Lettura formulata, in modo sorprendente, da James Wolfensohn, presidente della Banca Mondiale: E’ difficile prevedere, afferma egli, quando la guerra sarà vinta…La guerra non sarà vinta fino a quando non affronteremo il problema della povertà e quindi le origini del malcontento. Non solo in Afghanistan, ma anche nelle regioni vicine, in molti altri paesi. Questa guerra si mostra con il volto di Bin Laden, del terrorismo di Al Qaeda delle rovine del Centro Mondiale del Commercio e del Pentagono, ma questi sono solo sintomi. Vincere la guerra significa occuparsi delle radici della protesta, la povertà e la disuguaglianza. Non capirlo significa chiudere gli occhi sulle origini del rancore dei poveri nei confronti del Nord del mondo.” (Intervista a Maurizio Molinari, La Stampa, 7 dicembre 2001).

Questa interpretazione suggerisce una risposta al terrorismo vicina da un lato alla nostra e dall’altro radicalmente opposta. E’ vicina alla nostra, in quanto afferma la necessità di combattere il terrorismo sradicando le sue cause, in primo luogo la povertà mondiale. Ma è radicalmente opposta alla nostra in quanto ritiene che la povertà si combatte applicando più rigorosamente la logica neoliberale, aprendo cioè e dinamizzando i mercati e privatizzando l’economia; mentre la nostra ricerca dell’alternativa implica una contestazione radicale della logica neoliberale e una inversione di tendenza nel processo di globalizzazione.

E’ evidente, in una parola, per noi che il rifiuto della guerra nasce dalle stesse convinzioni che impongono il rifiuto della logica neoliberale. E che la ricerca di un’alternativa alla guerra converge con la ricerca di un’alternativa al neoliberalismo. Vorrei qui indicare alcune piste per questa duplice ricerca.

Alcune piste di ricercaindice

1. La guerra in atto non ha avuto inizio l’11 settembre. Le sue origini vanno ricercate molto più lontano, nel progetto e nella pratica imperialista dell’occidente e particolarmente degli Stati Uniti; progetto e pratica imperialista che caratterizza la civiltà occidentale detta cristiana: civiltà che pretende di contrapporsi alla barbarie” islamica, ma che in realtà ha con essa profonde convergenze.

Evochiamo alcuni momenti particolarmente significativi di questo progetto e di questa pratica: - La conquista e la colonizzazione dell’America, realizzazione del progetto imperiale europeo. Essa segna la genesi e la caratterizzazione della civiltà occidentale cristiana e del sistema capitalista con quella tremenda impresa terroristica, che è il genocidio dei popoli indigeni.

  1. Il progetto e la pratica imperiale che ha segnato e segna, con numerosissimi interventi terroristici la politica internazionale degli Stati Uniti e l’affermazione del capitalismo nel mondo.
  2. Più prossimamente, il progetto e la pratica imperiale dell’occidente tradotta nel processo di globalizzazione neoliberale, istaurazione di una economica mondiale imperniata sul diritto del più forte e quindi su una forma di terrorismo economico e politico.
  3. La decisione dell’occidente di reagire al terrorismo islamico con il terrorismo di stato rende ancora più evidente l’interpenetrazione fra la violenza economica e politica e la violenza militare.

Quindi le dichiarazioni oggi insistentemente ripetute, secondo cui dopo l’11 settembre nulla sarà più come prima debbono essere corrette e integrate. Gli avvenimenti dell’11 settembre e quelli che sono seguiti non si possono capire in profondità se non si interpretano alla luce del passato dell’occidente, dell’Islam e delle loro relazioni.

2. L’integralismo islamico terrorista è una reazione al progetto ed alla pratica imperiale e terroristica dell’occidente e particolarmente degli Stati Uniti nei confronti dei paesi islamici; alle sue origini sta l’immensa collera e la profonda umiliazione provocata da tali aggressioni. D’altro lato questo integralismo è un tentativo di riprodurre quel progetto e di competere con esso.

3. Se questo è vero, la risposta dell’occidente al terrorismo islamico e ad altri terrorismi non può consistere in una riaffermazione orgogliosa dei valori che intendiamo difendere. Essa implica il riconoscimento leale dei delitti che hanno segnato la nostra civiltà, del debito storico che abbiamo nei confronti delle nostre vittime, quelle in particolare del mondo arabo e islamico. E’ evidente inoltre che scatenando nuove guerre contro paesi islamici non si sradica il terrorismo ma lo si alimenta ed estende tragicamente.

Di conseguenza, la risposta dell’Europa al terrorismo non può consistere in una politica di subordinazione agli Stati Uniti e di complicità con i suoi progetti imperialisti, ma in una politica autonoma ed alternativa. L’Europa però non potrà costruire una politica internazionale autonoma se non supera la sua condizione di mercato comune” e la sua frantumazione politica: fino a quando non avrà raggiunto questo obbiettivo dall’interno, l’unica base della sua unità politica sarà la subordinazione agli Stati Uniti.

Elaborare una politica autonoma e alternativa suppone da parte dell’Europa un ripensamento autocritico del suo progetto imperialista, la denuncia dei delitti che hanno macchiato la sua storia e segnato la sua civiltà, il riconoscimento del suo debito storico nei confronti dei paesi del terzo mondo, in particolare dei paesi arabi e l’impegno a pagarlo schierandosi al fianco di questi popoli nel loro processo di liberazione.

4. Una risposta valida al terrorismo islamico e ad altri terrorismi antioccidentali può consistere solo nell’estirpare le loro radici, cioè il progetto e la pratica imperialista dell’occidente e nel porre le basi di un a civiltà alternativa.. Paradossalmente quindi la risposta valida al terrorismo antioccidentale la stanno dando i movimenti impegnati nella elaborazione dell’alternativa alla globalizzazione neoliberale, movimenti che il potere occidentale denuncia appunto come terroristi e che reprime violentemente. Tra questi movimenti, rappresentano una risposta più diretta al terrorismo antioccidentale quelli che optano chiaramente e creativamente per una strategia non violenta.

5. Per quanto riguarda l’Italia, se essere un paese normale” significa impegnarsi senza esitazione sul cammino della guerra, e collocarci nel gruppo di testa dei signori della guerra, allora molto meglio rinunciare ad essere un paese normale e contestare coraggiosamente questa concezione della normalità. Costruire una civiltà alternativa significa anche costruire una nuova normalità.

6. La risposta al terrorismo antimperialista che stiamo delineando è evidentemente un progetto di lungo periodo destinato a segnare tutta un’epoca storica. D’altro lato, lo sappiamo, un progetto di lungo periodo è anche quello lanciato da Bush per sconfiggere militarmente i terrorismi di tutto il mondo.Ma di lungo periodo il potere occidentale e il movimento popolare alternativo hanno bisogno per ragioni assai diverse. Il potere americano ed occidentale ha bisogno di anni per distruggere, il movimento popolare alternativo ne ha bisogno per costruire.

7. Un contributo importante all’autocritica dell’occidente deve essere fornito anche dal cristianesimo.Il papa invita all’incontro di Assisi del 24 gennaio 2002 cristiani e musulmani per proclamare, dice testualmente, che la religione non deve mai diventare motivo di conflitto. Mi pare tuttavia che per essere credibile questa dichiarazione d’intenzioni deve partire dal riconoscimento che nella realtà storica si è verificato e si verifica esattamente il contrario.

Per parte sua il cristianesimo ha giustificato e sacralizzato tantissime guerre, in particolare le crociate e le conquiste; in queste guerre ha applicato il principio ispiratore del patto con l’impero romano, secondo cui la difesa e la diffusione del messaggio cristiano possono e debbono contare sulla forza delle armi e degli eserciti; o, come diremmo oggi, sulla forza del terrorismo.Inoltre in queste guerre il cristianesimo si è pienamente identificato con l’occidente e la sua civiltà, schierandosi contro i suoi nemici, tra i quali in primo luogo i popoli islamici.In particolare, le crociate per la liberazione dei luoghi santi implicavano guerre sanguinose contro gl’infedeli” e legittimavano con la liberazione dei luoghi santi la conquista delle loro terre.Queste crociate poi hanno certamente contribuito a suscitare, come reazione uguale e contraria, la jihad islamica. Come stupirsi allora che tra gli obbiettivi possibili del terrorismo islamico venga citata la basilica di San Pietro?

8. E’ indubbio che la costruzione della pace implica anche l’avvio di un profondo processo autocritico da parte dell’integralismo islamico.Ma il modo più efficace per suscitarlo non è né la guerra né una critica formulata dal nostro punto di vista. E’ invece la nostra propria autocritica, come occidentali e come cristiani che può creare quel clima di onestà e di sincerità reciproca che rende possibile il dialogo e l’autocritica.Decisivo poi per suscitare tale autocritica è il contributo delle donne musulmane coscientizzate e del movimento internazionale di donne che si sta schierando al loro fianco

CONCLUSIONE NON CONCLUSIVA: PER UN’INSURREZIONE DELLA COSCIENZA MONDIALE CONTRO I TERRORISMI.indice

Il compito prioritario che ci impone oggi il punto di vista degli oppressi e delle oppresse come soggetti alternativi è di spezzare, attraverso un ampio processo di educazione popolare liberatrice, la dipendenza intellettuale e morale massiccia che spiega il consenso all’ideologia dominante sui terreni decisivi della globalizzazione e della guerra. Si tratta quindi di invertire la tendenza storica rafforzando militantemente l’insurrezione e la ribellione della coscienza popolare, che sta già scuotendo il mondo e che sta corrodendo il consenso al terrorismo occidentale.Tale insurrezione, con la scelta fondamentale che implica, è il punto di partenza necessario di qualunque progetto di alternativa.

In effetti, l’attacco terroristico dell’11 settembre costituisce per tutta l’umanità un terribile segnale d’allarme che però gli uni e gli altri stanno interpretando in modi diversi ed opposti. Il potere nordamericano ed occidentale è in stato di massimo allarme per la minaccia del terrorismo contro l’ordine mondiale da esso egemonizzato e contro le popolazioni dei suoi paesi. Quanto ai movimenti alternativi, il terrorismo li obbliga anzitutto a prendere coscienza più acutamente delle minacce di morte che su gran parte dell’umanità e sulla stessa madre terra fa pesare non tanto il terrorismo antioccidentale quanto lo stesso terrorismo occidentale, scatenato dall’economia e della politica liberista.

Per altro, l’insurrezione della coscienza popolare non ha come oggetto solo minacce di morte, ma anche potenzialità di vita e di speranza. Essa implica infatti, particolarmente per merito dei popoli indigeni coscientizzati e mobilitati, la riscoperta e la riaffermazione del diritto di tutti i popoli e di tutte le persone all’autodeterminazione solidale. L’affermazione di questo diritto si contrappone frontalmente alla logica neoliberale, imperniata sull’autodeterminazione del capitale finanziario transnazionale. Diritto quindi la cui affermazione s’impone come l’anima di una civiltà alternativa non violenta e di una strategia non violenta per costruirla.

Ma l’insurrezione della coscienza mondiale che siamo chiamati ad accendere implica anche la scoperta e la valorizzazione delle risorse intellettuali, morali e politiche degli oppressi e delle oppresse di tutto il mondo per la costruzione di una nuova civiltà. Risorse troppo spesso ignorate, sottovalutate e persino soffocate dalle stesse organizzazioni di sinistra, vittime quasi sempre di quell’autoritarismo che denunciano nel sistema vigente; autoritarismo che è, a mio parere, una delle ragioni principali della nostra mancanza di creatività e delle nostre sconfitte storiche.

Quindi se i due progetti imperialisti fondano la loro fiducia sul diritto della forza economica e militare, il progetto alternativo di civiltà fonda la sua fiducia sulla forza del diritto, della giustizia, della verità, dell’amore; cioè sulla forza del popolo oppresso coscientizzato, mobilitato e organizzato. Se inoltre i due progetti imperialisti fondano la loro fiducia sul Dio degli eserciti e del terrore, schierato al fianco dei più forti, il progetto alternativo fonda la sua fiducia sul Dio, Amore Liberatore Universale, impegnato al fianco degli oppressi e delle oppresse.

Solo infatti ritrovando la fiducia nella risorse inesplorate degli oppressi e delle oppresse, solo valorizzando a fondo queste risorse nelle nostre organizzazioni, nella nostra ricerca e nella nostra lotta, potremo affermare con fondamento che una nuova storia è possibile, che una nuova storia, costruita dagli esclusi e dalle escluse di ieri, è già cominciata.



[1] Per illustrare il pensiero di Bin Laden mi fondo sul volume di Fabrizio Falconi ed Antonello Sette, Osama Bin Laden. Terrore dell’Occidente, Roma, Fazi Editore, 2001. A questo volume si riferiscono le pagine cui rimandano le varie citazioni.

[2] Gli autori del volume commentano :” L’attentato alle Torri Gemelle di New York è avvenuto nell’ anniversario degli eccidi di Sabra e Chatila”(p.90). Osservo di passaggio che era anche l’anniversario del golpe di Pinochet in Cile e dell’inizio di una stagione di terrorismo in quel paese, appoggiata dagli Stati Uniti ,e giustificata dalla lotta contro il regno del male”, rappresentato allora dal comunismo ateo.

Giulio Girardi
13 dicembre 2002