Le prove, naturalmente, "non possono essere rese pubbliche per ragioni di sicurezza" ...

Preparativi per la guerra in Iraq

Molti candidati ai Premi Oscar per la menzogna

I candidati piu' quotati al premio Oscar per la bugia sono ovviamente il presidente George W. Bush e i suoi piu' stretti collaboratori.
In questi giorni, mentre intensificavano i bombardamenti sul territorio dell'Iraq, alla faccia di tutte le convenzioni internazionali, hanno ripetuto di "avere le prove" dei legami di Saddam Hussein e Bin Laden, e inoltre di avere la certezza che entro sei mesi l'Iraq sarebbe in grado di avere armi atomiche.

Le prove, naturalmente, "non possono essere rese pubbliche per ragioni di sicurezza".
Ma i governi alleati o clienti, a cui ovviamente potevano essere benissimo fornite, sostengono che non ci sono. Anche quasi tutti i consiglieri del padre di Bush hanno espresso forti dubbi (e certo, se hanno affiancato quello che era il presidente degli Stati Uniti al momento delle guerra del Golfo del 1991, non dovrebbero essere stati oggi tenuti all' oscuro per "motivi di sicurezza").

Le "prove" sui preparativi iracheni di dotarsi di armi atomiche sono assolutamente risibili: i satelliti spia avrebbero rilevato attivita' edilizie in zone dove in precedenza c'erano impianti militari smantellati.

Ma tutti sanno bene che gli impianti nucleari (pacifici) iracheni, distrutti con un azione di pirateria aerea israeliana, erano stati allestiti da tecnici francesi, e avevano bisogno di una costante assistenza esterna.

Anche se Saddam Hussein volesse predisporre le strutture edilizie per accoglierli, la messa in opera di questi impianti dipenderebbe da fornitori occidentali da cui sarebbe semplice ottenere informazioni.
Ammesso che qualche impresa statale francese o russa o tedesca avesse stabilito accordi per fornire questi impianti (cosa inverosimile in questo contesto) intervenire per bloccare tutto sarebbe facilissimo, senza infliggere nuove sofferenze allo sventurato popolo iracheno.

Nel 1990-1991, molti imbecilli ripetevano che Saddam era il nuovo Hitler e l 'Iraq la nuova Germania con il quarto esercito mondiale.
Era una balla grottesca, data l'arretratezza di partenza del paese, interamente dipendente dalle forniture militari di paesi piu' sviluppati, tra cui gli stessi Stati Uniti, la Germania e anche l'Italia.
Per giunta, era dipendente dagli Stati Uniti anche sul piano alimentare, sicche' i mezzi per una pressione non mancavano.
Ma quello che serviva non era "fermare Saddam Hussein", bensi' dare una dimostrazione al mondo di cosa poteva aspettarsi chi veniva prescelto come bersaglio dall'imperialismo.

L'unico dei collaboratori dell'ex presidente Bush e di Reagan che oggi si e' schierato con gli interventisti, Caspar Weinberger, in un'intervista apparsa sul "Corriere della Sera" del 7 settembre 2002, alla domanda: "Esistono prove sufficienti dei legami tra Iraq, Osama e Al Quaeda?", ha risposto testualmente: "Certo. Basti pensare al tipo di uomo che e' Saddam, al brutale attacco che perpetro' contro il vicino Kuweit, all'uso del gas per sopprimere la sua stessa popolazione, a tutte le promesse che aveva fatto all'ONU per le ispezioni e che non ha mai mantenuto. Siamo in possesso di tutte le prove che ci occorrono".

Le vere colpe di Saddam e quelle attribuetegli dagli ex complici Incredibile: nessuna di queste "prove" ha qualcosa a che fare con gli ipotetici legami di Saddam col presunto centro del terrorismo mondiale (e che questo sia rappresentato da Bin Laden, e' stato messo fortemente in dubbio da persone che se ne intendono, come i presidenti di due paesi alleati degli Stati Uniti, Egitto e Pakistan!).

Partiamo a ritroso dall'ultimo argomento per smontarli a uno a uno: Saddam Hussein in realta' ha accettato per anni gli osservatori delle Nazioni Unite, fino a quando furono sostituiti da noti agenti della CIA.
Lo hanno confermato con le loro dimissioni i principali rappresentanti dell'ONU a Baghdad come lo svedese Rolf Ekeus, l'assistente di Kofi Annan Denis Halliday, il suo successore Hans von Sponeck, e lo stesso Scott Ritter, capo degli ispettori per il disarmo, che dimettendosi ha ammesso che una parte dei suoi uomini lavoravano apertamente ed esclusivamente per i servizi segreti statunitensi, in aperto spregio di quanto prescritto dai regolamenti dell'ONU.

L ultimo capo degli ispettori, Richard Butler, e' stato denunciato dal suo stesso predecessore: quando lascio' Baghdad nel dicembre 1998, presento' il suo rapporto non all'ONU, come avrebbe dovuto fare, ma direttamente agli Stati Uniti, per consentire l'inizio di una nuova serie di bombardamenti prima che Kofi Annan potesse recarsi nel paese.

Quanto alla "prova" rappresentata per Weinberger dal "tipo di uomo che e' Saddam", varrebbe anche per decine di fedeli alleati di Washington nel Medio Oriente, in Africa, in America Latina, di cui molti hanno al loro attivo aggressioni a paesi vicini, e tutti sono esperti in uso di gas e altre armi letali contro la loro stessa popolazione.

Parlare dell'aggressione al Kuweit e' poi incredibile da parte di un esponente degli Stati Uniti: Saddam forni' infatti la prova (un video) dell' incontro in cui all'inizio dell'agosto 1990 l'ambasciatrice degli Stati Uniti, April Glaspie, gli assicurava che il suo paese non era interessato alle rivendicazioni irachene sul Kuweit (che era in origine un pezzo della provincia irachena di Bassora trasformato dalla Gran Bretagna in uno staterello vassallo ed era stato rivendicato piu' volte anche dai governi iracheni precedenti al regime di Saddam).

E come poteva dubitare di quelle rassicurazioni Saddam, che dagli Stati Uniti e dai suoi fantocci nel Golfo (Arabia Saudita, Emirati, e lo stesso Kuweit) era stato incoraggiato, finanziato e armato contro l'Iran degli ayatollah, di cui nel 1980 si temeva la capacita' di proselitismo?

Saddam e Bin Laden

Indicare come "complice di Saddam" il fantomatico Bin Laden (sempre che esista ancora) e' due volte grottesco, sia perche' costui e' stato a lungo alleato degli Stati Uniti contro l'URSS e socio in affari della famiglia Bush, sia perche' il suo integralismo non ha nessun punto di contatto col laicismo del Baath iracheno.

Gli stessi argomenti di Weinberger sono stati usati (sul "Corriere della sera" dell'8/9/2002) dalla Consigliera per la Sicurezza nazionale Condoleezza Rice, che allude ancor piu' spudoratamente non solo all' invasione del Kuweit, ma anche alla guerra con l'Iran (Saddam "ha attaccato due volte i suoi vicini").
Per giunta, secondo la Rice, Saddam avrebbe "pagato 25.000 dollari ai kamikaze palestinesi" (chi glielo ha detto? Qualche cinico giornalista convinto che solo per denaro qualcuno puo' dare la vita per una causa? O l'inventore delle "prove" basate sul video con l' esecuzione di un cagnolino in un laboratorio di chissa' quale parte del mondo?).
Saddam poi secondo la Rice avrebbe "cercato di assassinare un ex Presidente degli Stati Uniti".
Quale? E che "prove" ci sarebbero? Mentre lei stessa, come Bush o Weinberger, parla apertamente di uccidere Saddam! E quanti attentati contro Castro sono stati ammessi dalla stessa stampa statunitense?

La Rice dice tranquillamente poi che "l'assenza di risoluzioni dell'ONU non e' il cuore del problema.
Su questo punto ci si permetta di essere realistici".
Ed aggiunge che, visto che Saddam avrebbe ignorato moltissime risoluzioni dell'ONU (ma abbiamo visto che cio' e' falso!), "vedremo se e' il caso di tornare all'ONU"! Un altro candidato al Premio Oscar per la menzogna e l'ipocrisia, e' Tony Blair, che ha il coraggio di chiamare "ispezioni coercitive" un piano che prevede "l'invio di 20-50 mila soldati alleati ai confini iracheni con l' incarico di aprire la strada e di proteggere gli ispettori internazionali"! E intanto, nonostante l'opposizione di molti ministri, ha gia' inviato i suoi bombardieri a fianco di quelli USA a scaricare armi micidiali sul territorio iracheno (ma il Pentagono precisa che "i suoi top guns erano stati aggrediti e si sono difesi").
Gli Stati Uniti infatti sostengono che quando i loro piloti "hanno la sensazione" di essere inquadrati dai radar, devono reagire alla inequivocabile "aggressione irachena".

Il piu' ipocrita di tutti: Shimon Peres Ma forse il massimo "alloro" per l'ipocrisia va assegnato al "Premio Nobel per la pace" Shimon Peres.
Al meeting di Cernobbio del 6 settembre Peres ha dichiarato testualmente che "le colpe di Saddam Hussein sono moltissime: la guerra con l'Iran, costata 7 milioni di morti e l'invasione del Kuwait, che provoco' un altro conflitto con trecentomila morti".
Nel primo caso, in realta', la stima massima ha parlato di due milioni di morti (che non sono pochi, ma vanno divisi comunque in parti eguali tra Iran e Iraq, come le responsabilita' per la guerra, che se era stata iniziata da Saddam su istigazione occidentale, e' stata protratta poi testardamente da Komeini anche dopo che aveva costretto le truppe irachene a ritirarsi dal territorio iraniano, nel tentativo di privare l'Iraq dello sbocco sul Golfo).

Nel secondo caso, Peres parla come se il 95% delle vittime (forse molto piu' di 300.000, e quasi tutti civili) non fossero state irachene, in conseguenza della enorme sproporzione tecnologica e anche numerica tra le forze occidentali e lo scalcagnato esercito iracheno, che era stato grottescamente presentato come quello della quarta potenza mondiale, in procinto di invadere l'Arabia Saudita (mentre la foto dei satelliti sovietici accertarono che l'invasione del Kuweit era stata compiuta da un contingente ridotto, circa 10.000 uomini, con cui sarebbe stato impensabile un attacco all'armatissimo regime saudita).

Quanto alle altre colpe di Saddam, si attagliano perfettamente anche al criminale Sharon, di cui Peres e' completamente complice.

Il colmo dell'ipocrisia e' stato manifestato da Peres in un'intervista rilasciata il giorno successivo al giornale cattolico "Avvenire": dopo aver caldeggiato l'attacco all'Iraq, Peres si e' affrettato a dichiarare che "quella irachena e quella israelo-palestinese sono due questioni separate, che e' fondamentale tenere separate".
Paura di ritorsioni irachene? Difficile, dato che gli israeliani sanno bene, come sapevano benissimo nel 1991, quanto la tanto paventata "potenza militare" dell'Iraq sia un bluff (altra cosa, ma riguarda gli eserciti di terra, che un'invasione possa trovare una resistenza ben diversa da quella dello sventurato Afghanistan, prostrato da oltre un ventennio di guerre combattute sulla sua terra).
E comunque, se ci fossero problemi, Sharon ha gia' dichiarato di essere pronto a intervenire con ogni mezzo, compresa qualcuna delle 200 atomiche che Israele ha costruito fin dagli anni Settanta in collaborazione col Sudafrica allora razzista.

A tutti quelli che ripetono in buona fede le bugie di Bush e soci su Saddam che avrebbe rifiutato gli osservatori dell'ONU (mentre ha rifiutato solo quelli della CIA), chiediamo perche' non si ricordano mai di Israele, che ha sempre rifiutato ogni ispezione internazionale sui suoi arsenali atomici, e perfino su "normali" crimini di guerra come il massacro di Jenin? Sicche' i mancati "osservatori" si sono limitati, a distanza, a ripetere i dati forniti dall'esercito sionista, che negavano semplicemente il fatto.

Ultimo episodio, l'uccisione di altri bambini e donne sicuramente estranei al "terrorismo", su cui, dopo che era stata sollevata da autorevoli commentatori israeliani qualche perplessita', si e' fatto il "bel gesto" di annunciare un'inchiesta dell'esercito.
Naturalmente l'inchiesta se è conclusa scagionando ogni militare israeliano (erano stati imprevedibili "effetti collaterali").

Ancora una volta Israele segue l'esempio degli Stati Uniti, che si sono autoassolti per il bombardamento di una festa di nozze in Afghanistan, come per tanti altri massacri di civili che non avevano neppure l'idea di cosa fosse un grattacielo.

Veramente un record di ipocrisia. Purtroppo Peres continua a godere di tanta benevolenza nella sinistra italiana, che perfino su "Liberazione" la dichiarazione all'Avvenire che abbiamo citato e' stata scambiata per una dissociazione dalla posizione di Bush, mentre invece si tratta di un atteggiamento classico in Peres: fanno bene gli Stati Uniti ad affrontare il "pericolo Saddam", ma la questione palestinese ce la vediamo da soli.
Il tutto condito da una dichiarazione di buoni sentimenti: "se il primo problema per noi, ora, e' quello della sicurezza, e' anche perche' desideriamo tornare a una situazione di liberta': il conflitto e' anche per noi una prigione, dalla quale desideriamo uscire con tutto il cuore".
Anche questa frase e' stata segnalata positivamente su "Liberazione dal commentatore che firma "lo spettatore", che a quanto pare non ne ha colto il senso, che e' questo: vogliamo tornare alla "liberta'" che avevamo prima della rinascita della resistenza palestinese con l'Intifada.

Allora assolviamo Saddam? Lungi da noi l'intenzione di assolvere Saddam, che abbiamo condannato quando massacrava i curdi e aggrediva l'Iran col plauso di tutto l'occidente.
Ma come dimenticare che le colpe di cui si e' macchiato, oltre ad aver avuto come complici quelli che ora lo additano come incarnazione del male, non sono un'eccezione ma la regola in gran parte del mondo? Basta pensare alla Turchia, a cui nessuno ha fatto pagare l'occupazione di un terzo di Cipro e il massacro - che continua - non solo dei curdi, ma anche di moltissimi turchi democratici? E per quanti anni l'Indonesia e' stata libera di massacrare il popolo di Timor Est, prima che la crisi del regime militare istallato nel 1965 con uno spaventoso bagno di sangue spingesse l'ONU a intervenire tardivamente? E non occupa ancora la parte occidentale della Papuasia-Nuova Guinea, annessa col nome di Irian? E il Marocco non e' stato lasciato libero di occupare la Repubblica Saharawi? E che dire dei governanti di Cile, Guatemala, Bolivia, Argentina, Brasile, Salvador, Colombia, Messico, ecc., che hanno massacrato i loro popoli con armi e consigli degli Stati Uniti? Non parliamo dei crimini compiuti prima dai regimi coloniali in Africa, e poi portati avanti - dopo l 'indipendenza formale - da governanti infami sotto la guida di paesi imperialisti.
Basta ricordare il ruolo della Francia nei massacri nel Ruanda e Burundi.

E poiche' non siamo ne' siamo mai stati "campisti", come si definivano quelli che vedevano solo le colpe dei paesi imperialisti (o almeno di quelli che in quel momento non erano alleati dell'URSS o della Cina), nell'elenco dei crimini impuniti mettiamo anche l'oppressione del popolo ceceno iniziata dagli zar, proseguita dall'URSS staliniana e perpetuata oggi da Putin in nome della "lotta al terrorismo islamico", come la Cina usa lo stesso pretesto per continuare a opprimere le minoranze nel Tibet e nel Xinjang, e l'India per combattere il separatismo nel Kashmir.

Naturalmente se la Russia o la Cina, dopo aver tratto il massimo vantaggio dall'adesione alla "crociata contro l'integralismo", riterranno troppo pericolosa la politica di Bush e si dissoceranno da essa facendo davvero uso (per la prima volta dopo decenni) del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, invece di assentarsi o astenersi, (o magari, anche se e' piu' improbabile ancora, se lo fara' la Francia), saluteremo positivamente questo gesto, senza per questo dimenticare i diritti delle minoranze oppresse da quei governi, e senza illudersi che con quel gesto quei paesi diventino baluardi delle lotte di liberazione.

Consigli di lettura

Ho accennato finora a molte delle situazioni tragiche nel mondo.
Tra l'altro ho dedicato articoli e libri alla questione palestinese (su cui ricordo il recentissimo "Israele sull'orlo dell'abisso" di A. Moscato e Cinzia Nachira, ediz. Sapere 2000, Roma 2002).
Ma oggi la priorita' assoluta e' fermare i preparativi di aggressione all'Iraq, e per questo raccomando a tutti i compagni la lettura di un ben documentato libro di padre Jean-Marie Benjamin, "Obiettivo Iraq. Nel mirino di Washington", Editori Riuniti, Roma, 2002, molto utile per smantellare la campagna di intossicazione dei mass media.
Sulla guerra precedente, e in particolare sulle "bugie di guerra" che la prepararono e giustificarono, puo' ancora servire un libro scritto a caldo, ma che mantiene una certa attualita': Antonio Moscato "Israele, Palestina e la guerra del golfo", Sapere 2000, Roma, 1991.

Antonio Moscato
Lecce, 12 settembre 2002
da "Bandiera Rossa News"