Dibattito parlamentare del 19 febbraio 2003 alla Camera dei Deputati sulla partecipazione italiana alla guerra contro l'Iraq

L'Ulivo unito perde la faccia

Il centrosinistra completamente allo sbando vota sulla base del dispositivo Ue che piace anche al Polo.
A dire no alla guerra con nettezza solo il Prc

Il no alla guerra "senza se e senza ma" espresso dal movimento e portato a Montecitorio da Rifondazione comunista si è infranto nel buco nero dell'Ulivo. Dopo giornate e ore di convulse trattative il centrosinistra ha scelto di presentare e votare un unico documento (respinto con 311 voti contrari e 227 a favore) che fa un generico appello alle manifestazioni per la pace di sabato, mentre mette al centro l'ultimo dispositivo sottoscritto dai Quindici dell'Unione europea. Lo stesso che è alla base della mozione del Polo.

Le richieste sono molto blande: sostenere il rafforzamento delle ispezione delle Nazioni Unite; non dare per scontato lo scenario di guerra; operare per rendere piena ed efficace l'unità politica e strategica dell'Unione europea. Una risoluzione che non piace a Rifondazione comunista che annuncia e vota il no, nonostante il tentativo del Correntone che con Fabio Mussi chiede perlomeno l'astensione. «Troppo vaga e con troppi se», risponde senza ambiguità il capogruppo del Prc, Franco Giordano, mentre nell'Ulivo erano ancora in atto gli incontri incrociati per decidere il da farsi per difendere da una parte la sacra unità, dall'altra per non venir meno alla radicalità di un no alla guerra un po' più netto. Esigenza che ha portato 38 parlamentari del centrosinistra (27 del Correntone, 7 del Pdci, 4 dei Verdi) a votare sia la mozione della loro coalizione che quella di Rifondazione.

Un gesto che bene esprime non tanto e non solo le contraddizioni di un Ulivo completamente allo sbando, ma soprattutto la mancanza di una decisione realmente politica. Anche ieri in un'aula davvero incapace di tenere il controllo e il decoro proprio del luogo - numerosi sono stati i richiami del presidente Pierferdinando Casini - l'asse scelto dall'Ulivo è stato quello strategico dell'opposizione a Berlusconi, più che quello politico della connessione con i milioni di uomini e donne che hanno sfilato nel mondo.

Esemplari da questo punto di vista le reazioni all'intervento del ministro degli Esteri, Franco Frattini. Che nel motivare il no del Governo alla mozione dell'Ulivo sbaglia testo e accusa il centrosinistra di non fare alcun riferimento all'ultimo documento dei Quindici. Come se fossero stati pugnalati alle spalle, scattano in piedi deputati e deputate del centrosinistra. Offesa peggiore il ministro non avrebbe potuto fare. Tanto che le dichiarazioni di voto di Francesco Rutelli e Piero Fassino sono giocate tutte su questo punto. Il movimento per la pace poco conta. Il leader della Margherita inizia il suo intervento nel nome del "padre": «Assistiamo a una drammatica divisione tra Usa e Europa che viviamo con sofferenza oltre che preoccupazione. Da amici e da alleati degli Stati Uniti le ragioni di questa divisione le vogliamo ridurre e superare». Un'ode al potere nordamericano che ha fatto letteralmente inalberare i deputati del Polo, che giustamente rivendicano per se stessi quel ruolo. Per il resto pochi i passaggi sul popolo della pace i cui contenuti non entrano nel tessuto del ragionamento.

Il segretario della Quercia è molto più furbo e si prende molti più applausi da tutto il centrosinistra. Parte dai cortei di sabato e punta molto sul documento Ue. Un passaggio in particolare svela la strada scelta: «Noi siamo per una soluzione politica della crisi iraqena, soluzione che può essere raggiunta grazie alla posizione europea». Strada che lascia aperto, per il futuro, il dialogo con Berlusconi che ricambia Fassino con un gestaccio come dire: «Ma che cosa dici?!».

Ma soprattutto è la strada scelta per tentare di salvarsi la faccia davanti alla scoppio della guerra. Se l'Onu non dovesse avallare l'attacco Usa all'Iraq, l'Ulivo sarà pronto a schierarsi per un no netto. Altrimenti, davanti al sì dell'Onu, non potrà davvero più evitare di far emergere le contraddizioni. «Nel comportamento del centrosinistra - ha commentato il segretario del Prc Fausto Bertinotti poco prima del voto - c'è stata l'assenza totale della politica, di qualsiasi rapporto con il movimento. Oggi hanno ritrovato un ricompattamento nella mozione Ue e sono sfuggiti dalla contesa guerra/pace spostando tutto sull'opposizione al governo Berlusconi, che peraltro regge rispetto al passato ma non per il futuro. Visto che hanno la stessa base di ragionamento: il documento dei Quindici».

Stretta tra un Ulivo ben lontano dalla radicalità, la giornata più nera ieri è stata quella del Correntone. Che ha fatto di tutto per far conoscere il suo apprezzamento per il documento comune, ma che ha dovuto fare gli slalom per tenere la propria posizione. Messa in crisi però dalla radicalità di Rifondazione comunista a tal punto netta da far perdere le staffe a qualche parlamentare, come Fulvia Bandoli (sinistra ds) che interviene per dire che vota anche il documento del Prc ma critica l'intervento di Bertinotti. A criticare invece la sinistra ds, Verdi e Pdci ci pensa Ugo Intini dello Sdi che chiede «un profondo chiarimento nella coalizione dopo il doppio voto dei 38 parlamentari». Mussi non si fa sfuggire l'occasione per ribadire quello che è sotto gli occhi di tutti: «Sarà Bush a fare il chiarimento nell'Ulivo». Intanto le agenzie battono che anche da ambienti vicini a Cofferati è stato apprezzato il voto unitario del centrosinistra. Ma l'ex leader della Cgil non aveva chiesto di votare con un no alla guerra senza se e senza ma?

Angela Azzaro
Roma, 20 febbraio 2003
da "Liberazione