Ci sono dei momenti in cui tutto sembra sospeso, come in un’istantanea, come in attesa di eventi grandi e importanti che segnano la storia dell’umanità. La vita scorre al solito ritmo, lavoro, traffico, rumori…eppure dentro tutto questo c’è un’attenzione, quasi un’attesa collettiva: cosa succederà oggi, questa notte, domani mattina, dopodomani …? Tutto come prima oppure avremo già iniziato a scrivere un nuovo “triste”capitolo della storia dell’umanità? Avranno il sopravvento coloro che dalle piazze, dalle case, dalla strada hanno gridato pace oppure chi si proclama “esperto” di cose internazionali, di “politica reale”, i “potenti della terra” e magari ha anche il potere di decidere e di fare? Quali saranno le conseguenze delle decisioni prese in questi giorni per la gente comune, per il futuro di tutti noi?
Non vogliamo certo stare alla finestra a guardare ciò che succede in piazza da innocui spettatori.
In un momento così drammatico e complesso vogliamo associarci al grido di questo Papa:
Mai più la guerra per interessi di parte, mai più la guerra come strumento di offesa e di prevenzione, mai più la guerra come strumento di risoluzione nelle controversie internazionali!
Lo affermiamo con un certo tremore e timore coscienti come siamo che dire PACE significa pronunciare una parola gravida di senso e di responsabilità; come dice un proverbio africano: mentre con l’indice indichi qualcuno ricordati che tre dita della tua mano sono sempre rivolte verso di te.
Dire pace significa interrogarci se realmente siamo gente “pacifica”. Gridare pace per questo o quel popolo significa anche chiederci se sappiamo costruire nelle “distanze brevi e quotidiane” luoghi e relazioni di pace. Scendere in piazza e marciare per la pace significa anche dirci e ridirci l’obbligo di educarci ad atteggiamenti e prassi di pace.
Questo è un tempo nel quale le parole non bastano più e forse neanche i gesti se si limitano solo ad espressione di vuota retorica.
Perchè la pace non è gratis ma ha un prezzo e questo prezzo siamo noi, la coerenza della nostra vita e dei nostri atteggiamenti.
Ecco perché come Tavola della Pace vogliamo dire e gridare pace per l’Iraq e per tutte le altre situazioni di “non pace” oggi presenti sul pianeta, anche là dove guerra non c’è ma pace neppure, con l’impegno però di una responsabilità e di una credibilità personale e collettiva da assolvere: diventare noi stessi gente e operatori di pace.
Gli aderenti alla TAVOLA della PACE
Ci auguriamo tutti il contrario ma le premesse sono quelle dell’inizio delle ostilità a breve. In caso la guerra dovesse aver inizio: