QUELLO CHE I MASS MEDIA NON VOGLIONO DIRVI

DOSSIER IRAQ

lo smascheramento delle menzogne sulla guerra

PARTE 1: La parola agli americani

“Essi sanno che il loro paese è nostro … che dettiamo noi il modo in cui loro vivono e parlano. È questa la cosa importante dell’America, ora. È una buona cosa, specialmente se là c’è un sacco di petrolio che serve a noi.”
Generale di Brigata William Looney, U.S. Air Force, comandante dei bombardamenti in Iraq nel 1991

“Abbiamo il 50% del benessere mondiale, ma solo il 6,3% della sua popolazione. In questa situazione, il nostro vero compito nel prossimo periodo (…) sarà di mantenere questa posizione di disparità. Per far ciò dovremo fare a meno di ogni sentimentalismo (…) smetterla di pensare ai diritti umani, al miglioramento degli standard di vita e alla democratizzazione.”
George Kennan, pianificatore strategico degli Stati Uniti, 1948

PARTE 2: La storia

L’ascesa di Saddam

Saddam Hussein, dittatore assoluto, sanguinario e criminale, è stato messo al potere in Iraq da un colpo di stato organizzato dalla CIA (i servizi segreti americani) nel 1979. Possiamo pensare davvero che la CIA non sapesse di che pasta fosse fatta quell’uomo? Di certo se anche gli USA non lo avessero saputo allora, lo avrebbero dovuto capire subito dopo, quando fu chiaro che Hussein agiva in Iraq come un monarca assoluto, quando si seppe dello sterminio dei Kurdi iracheni. Ma nonostante questo gli Usa non protestavano contro Hussein, non dicevano al mondo intero che era un pericoloso dittatore, perché al momento egli stava facendo una guerra contro l’Iran, il più acerrimo nemico degli USA nell’aria medio orientale. Chi protestava era il movimento pacifista che, colmo dell’ironia, veniva screditato dai governi occidentali; in quel momento di Saddam non doveva parlare male nessuno, nemmeno i pacifisti. Saddam era un buon servitore degli USA e non andava screditato, e infatti sulla stampa e sulla televisione di quei tempi era difficile trovare descritte le atrocità che già allora Hussein stava compiendo. Saddam Hussein è il tipico dittatore “USA e getta”, buon amico quando serve, dittatore quando non serve più o quando diventa troppo scomodo, come Suharto in Indonesia.

Il paravento dell’ONU

Le cose cambiarono nel 1991 quando Hussein invase il Kuwait, paese ricchissimo di pozzi di petrolio. Dopo tale invasione gli USA, sotto il governo del presidente Bush padre, comandarono una spedizione militare contro l’Iraq. Allora la spedizione fu sotto l’egida dell’ONU, e fu la prima volta in 40 anni che l’ONU organizzava una spedizione militare per fare rispettare una delle sue risoluzioni. Mai era stato fatto qualcosa di concreto per la Palestina occupata da Israele, per il Sahara occidentale occupato dal Marocco, per il colpo di stato sanguinario che gli USA avevano organizzato in Cile per portare al potere il generale Pinochet, e per tutte le altre palesi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani. Troppi popoli avevano chiesto giustizia all’ONU e non avevano ricevuto altro che formali “dichiarazioni di intenti”, ma quando fu la volta dei potenti Stati Uniti di chiedere un intervento all’ONU, l’ONU disse subito di sì.
Del resto le Nazioni Unite avevano già mostrato in altre occasioni di essere un ente manovrato dalle potenze occidentali, in occasione di un colpo di stato in Congo, ad esempio, funzionari ONU statunitensi avevano preso posizione contro il presidente democraticamente eletto, Lumumba, chiudendo la radio governativa attraverso la quale egli poteva ancora comunicare col suo popolo. Il vero crimine di Lumumba era quello di volere restituire ai congolesi le ricchezze della propria nazione, di volere sganciare l’economia di quel paese dai dettami delle potenze occidentali e delle loro multinazionali.
Anche adesso Kofi Hannan, segretario dell’ONU, mente in maniera spudorata, dice che “la guerra degli USA non è del tutto legittima” mentre in realtà l’aggressione all’Iraq costituisce una violazione del diritto internazionale, e gli stati della coalizione anti irachena dovrebbero essere soggetti alle sanzioni dell’ONU. Ma è noto che Kofi Hannan divenne segretario dell’ONU quando il governo USA decise che il segretario precedente non era loro gradito. Adesso Kofi Hannan ha cercato di barcamenarsi un poco per non perdere del tutto la faccia con l’opinione pubblica internazionale: non può far capire in maniera troppo evidente che l’ONU è fortemente condizionata dagli USA, ma di sicuro nessuno all’interno dell’ONU ha il coraggio di prendere posizione contro i padroni del mondo a stelle e strisce. D’altronde l’ONU, per statuto, non ha un ordinamento democratico: nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU ci sono 5 paesi che hanno il diritto di veto, che possono cioè bloccare ogni iniziativa che non condividono, e gli USA sono uno di questi.
Questa volta gli USA non sono riusciti a piegare completamente al loro volere l’ONU, ma ricordiamoci che una decisione dell’ONU non è di per sé necessariamente democratica né etica. Eppure in molti affermano che questa guerra sarebbe stata giusta e legittima se approvata dall’ONU, come dire che un assassinio è considerato legittimo se compiuto dallo stato, che un crimine diviene legittimo se compiuto dal governo. Da questo tipo di ONU la pace e i diritti umani sono stati fin troppo spesso calpestati, per cui è meglio non stare né con l’ONU, né con gli USA, né con Saddam; l’unica parte da cui stare è quella dei popoli che chiedono la pace contro i governi che scatenano la guerra.

L’invasione del Kuwait e la prima guerra del golfo

Ai tempi della prima guerra del golfo il presidente George Bush era anche dirigente di un’azienda petrolifera, in un momento in cui i prezzi del petrolio scendono anche a causa della notevole quantità di oro nero messo sul mercato dall’Iraq, che possiede circa 1/3 delle riserve della regione. Con una guerra si poteva fermare quel flusso di petrolio, per impedire che i prezzi (e quindi i profitti della famiglia Bush) scendessero ulteriormente. Per altro la regione dell’Iraq è importante da un punto di vista strategico e le lobby delle armi sono sempre contente di una nuova guerra: più guerre ci sono e più si vende. Sono molti i deputati e senatori degli USA la cui campagna elettorale è stata finanziata dalle aziende che producono armi (si parla di circa 10.000 dollari a candidato), e la moglie del vice presidente Cheney è dirigente di una di queste industrie della morte. Del resto dal punto di vista dell’unica superpotenza mondiale rimasta (dopo il crollo dei regimi sovietici) ogni occasione è buona per espandere la propria sfera di influenza, sfoggiare i muscoli e far vedere al mondo chi è che comanda.
L’Iraq stava immettendo tutto quel petrolio sul mercato perché aveva bisogno di soldi, si era indebitato per portare avanti una guerra sanguinosa con l’Iran (un milione di morti) fatta sotto la spinta e con l’appoggio degli USA (la rivoluzione iraniana aveva esautorato in quel paese il dominio delle multinazionali del petrolio, un pericoloso esempio per i popoli della regione). La conquista del Kuwait, paese ricchissimo, poteva essere una soluzione a portata di mano per l’Iraq, una soluzione ad un problema che si era creato proprio perché l’Iraq aveva servito gli USA. Risalgono a quei tempi (anni 80) le forniture di “armi di distruzione di massa” da parte degli USA della Gran Bretagna e degli altri paesi occidentali, armi che furono usate prima contro l’Iran e poi contro la minoranza kurda nel nord del paese.
Per riuscire a convincere il suo popolo a fare la guerra all’Iraq, George Bush (padre) incarica un’agenzia di pubbliche relazioni (la Hill and Knowlton) di creare una colossale montatura, una notizia del tutto inventata sulle violenze dell’esercito iracheno (si può leggere il resoconto di tale montatura su un articolo apparso giorno 31/1/2003 sul quotidiano spagnolo “El Pais”.).
Tale agenzia di pubbliche relazioni fece una ricerca per identificare i messaggi che maggiormente potevano commuovere gli statunitensi, e scoprì che il messaggio a cui erano più sensibili erano quelli riguardanti “il fatto che Saddam fosse un pazzo capace di commettere atrocità contro il suo stesso popolo”. Due mesi dopo l’invasione irachena la figlia dell’ambasciatore del Kuwait negli USA si fece intervistare in televisione fingendosi un’infermiera, e disse che i soldati iracheni “con armi e pistole, estrassero più di 300 neonati dalle incubatrici e li lasciarono morire per terra”. Se fossero mai esistiti dei giornalisti onesti la finta “infermiera” avrebbe dovuto spiegare quanto meno perché non avesse pensato lei a mettere al sicuro i bambini e a dar loro conforto avvolgendoli nelle coperte.
Durante il conflitto vengono sganciati migliaia di missili e bombe, e moltissime munizioni sono a base di uranio impoverito, il quale a contatto col bersaglio si polverizza. 300 tonnellate di uranio radioattivo sono state polverizzate e disperse durante la guerra in Iraq, e questa polvere mortale continua a mescolarsi con la sabbia che viene portata avanti e indietro dai venti che spazzano quella regione: il tasso di incidenza dei tumori è aumentato di 10 volte!
A guerra finita viene compiuto un enorme crimine da parte USA, un vero e proprio genocidio: un’enorme armata irachena allo sbando si ritira dal fronte dopo la fine della guerra e viene bombardata dagli USA. Una carneficina pari quasi a quella di Hiroshima nella quale muoiono decine di migliaia di soldati iracheni, una violazione delle convenzioni internazionali sulla guerra, un tradimento della stessa parola data dagli Americani. Nessuno ha chiesto tre minuti di silenzio per dei soldati trucidati mentre si ritiravano dal fronte, la commozione in Europa e in America si manifesta solo se muoiono dei cittadini di uno degli stati più ricchi del mondo; la nostra capacità di piangere per gli umili e i diseredati a quanto pare è molto ridotta. Ricordando questo episodio forse si capisce perché gli USA sono contrari all’istituzione di un tribunale internazionale per i crimini di guerra: i primi ad essere processati potrebbero essere loro.

Il primo dopoguerra e l’embargo assassino

Quando la guerra finisce si verificano delle rivolte nel Nord e nel Sud dell’Iraq, i rivoltosi chiedono l’appoggio degli USA ma gli USA si schierano dalla parte di Saddam: non solo restano sordi alle richieste di aiuto dei ribelli, ma impediscono ai rivoltosi di raggiungere i depositi di armi e permettono alle milizie di Saddam di passare incolume attraverso la linea su cui si era appostato l’esercito USA per andare a sgominare la ribellione (informazioni più dettagliate si trovano nel libro “Out of the ashes: the resurrection of Saddam Hussein” di Andrew e Patrick Cockburn). Evidentemente agli Usa non fa piacere che il popolo iracheno si scrolli di dosso la dittatura di Saddam, anzi hanno paura che una sollevazione popolare prenda il potere. Gli Usa non hanno mai gradito che in Medio Oriente o in America Latina si formassero dei governi scelti liberamente dal popolo, hanno sempre cercato di imporre dei governi legati ai loro interessi. Se gli Usa vinceranno la guerra Saddam Hussein sarà sostituito da un altro regime dittatoriale, fedele come un tempo agli interessi politici ed economici statunitensi.
Finita la guerra, gli Usa propongono all’ONU delle sanzioni contro l’Iraq, e l’ONU approva (giusto per rimarcare l’assoluta mancanza di autonomia e indipendenza dell’ONU nei confronti del potere americano): si impone così un embargo che dovrebbe durare fino a quando l’Iraq non avrà disarmato distruggendo i suoi arsenali chimici e batteriologici. Fonti dell’UNICEF (agenzia dell’ONU per l’infanzia) parlano di 5.000 bambini morti ogni mese a causa di questo embargo che impedisce persino l’arrivo di cibo e medicinali: frutta e verdura sono quasi assenti, la razione di proteine è assolutamente insufficiente, le operazioni chirurgiche si eseguono spesso senza anestesia, i malati terminali non possono alleviare i dolori con la morfina, malattie facilmente curabili divengono mortali perché gli ospedali sono impossibilitati a fornire le loro cure a causa dell’embargo. Anche le apparecchiature per decontaminare il suolo dall’uranio non possono arrivare in Iraq a causa dell’embargo, e le leucemie e gli altri tumori continuano a mietere numerosissime vittime.
“Noi non vogliamo la distruzione dell’Iraq, e neanche vogliamo punire il popolo iracheno per le decisioni e le condotte dei suoi leader” disse dieci anni fa Bush padre. Nel 1996 un giornalista chiese a M. Albright, ambasciatrice americana presso l’ONU: “Sappiamo che sono morti mezzo milione di bambini … valeva la pena di pagare questo prezzo?”
La risposta fu: “Credo sia una scelta molto dura, ma il prezzo … riteniamo valesse la pena di pagarlo”. Anche Hitler ha sterminato mezzo milione di bambini, e sempre di un popolo asiatico: ebrei invece che iracheni. Per giunta, se alla fine gli USA si sono decisi a muovere un’ennesima guerra contro l’Iraq, nemmeno dal loro (deprecabile) punto di vista si può dire che “è valsa la pena” di attuare l’embargo.
Nel frattempo gli Usa impongono illegalmente delle no-flight zone (mai votate dall’ONU) dove non possono passare gli aerei iracheni, ma dove passano invece gli aerei Turchi che bombardano i villaggi dei Kurdi e dove passano gli aerei militari di Usa e Inghilterra, i quali quasi ogni giorno dopo la cosiddetta “fine del conflitto” hanno bombardato l’Iraq, nella più totale indifferenza della stampa, dell’opinione pubblica e dell’ONU: circa 25.000 missioni di combattimento in 12 anni, e solo nel 1999 vengono sganciate 1.800 bombe contro 450 obiettivi (fonte CNN, 28 dicembre 1999). Per maggiori informazioni sulle vicende descritte in questi ultimi due paragrafi si può consultare il libro “I nuovi padroni del mondo” di John Pilger, Fandango edizioni.

PARTE 3: Le menzogne

Le menzogne degli USA e dei loro alleati

Il resto è storia recente, gli Usa sostengono che il regime iracheno sia legato ai terroristi di Bin Laden, ma le prove non ci sono, anzi i servizi segreti inglesi in un dossier rivelato dalla stampa britannica ammettono che tali collegamenti non esistono. Gli USA sostengono che l’Iraq possiede delle armi di distruzione di massa, ma che le ha sempre nascoste agli ispettori. Nessuno adesso può dire con certezza che tali armi non ci siano, ma nessuno ha la prova del contrario, e gli ispettori dell’ONU non hanno trovato niente. Non si dovrebbe condannare nessuno in base ad una semplice ipotesi che non è stata provata, meno che mai condannare a morte per un’ipotesi: questa guerra è la condanna a morte per migliaia di persone, una condanna comminata in base ad un’ipotesi!
E anche se scoprissimo che Saddam dovesse avere tali armi ricordiamoci che le ha ricevute da USA e Gran Bretagna, che quindi tali paesi non solo ne possiedono più dell’Iraq ma che sono in grado di produrne in grande quantità, che possono venderle anche ad altri paesi, che gli USA in particolare hanno usato le loro armi in numerose guerre anche recenti (Vietnam, Corea, Kosovo, Afghanistan) e le hanno fornite a dittatori di ogni parte del mondo (dall’Iraq all’Indonesia) e che quindi se dobbiamo disarmare gli eserciti pericolosi il primo esercito da disarmare è quello degli USA.
Sostengono che bisogna liberare l’Iraq dalla dittatura di Saddam e liberare il popolo iracheno, peccato che, come già mostrato prima, quando questo stava succedendo nel 1991 gli USA si sono schierati contro il popolo e a favore di Saddam: quello che dice Bush è una palese menzogna.

Il linguaggio della menzogna

Saddam viene sempre presentato dalla propaganda dei mass media col titolo di dittatore e Bush col titolo di presidente; in realtà anche Saddam è un presidente, e anche Bush governa con metodi dittatoriali. Le (ipotetiche) armi batteriologice e chimiche dell’Iraq sono “armi di distruzione di massa”, le testate atomiche termonucleari (decine di volte più potenti di quella a fissione sganciata su Hiroshima, una sola di esse potrebbe distruggere una metropoli come Roma) degli USA sono invece dei “deterrenti nucleari”. Le persone uccise da Saddam sono delle “vittime”, quelle uccise dai bombardamenti USA sono degli “effetti collaterali” di un’azione di guerra. Le bombe del nemico sono “armi pericolose” che il “feroce dittatore” deve distruggere, le bombe USA sono degli “ordigni intelligenti” e i bombardamenti che vengono effettuati sono “precisi e umanitari” (così precisi che alcune bombe sono cadute addirittura in un altro stato, l’Iran, così umanitarie che hanno ucciso centinaia di persone). Neanche le morti sono uguali in queste guerre che si combattono non solo sul campo di battaglia ma anche sul piano della propaganda: i marines morti si piangono in diretta TV, mentre i morti dell’Iraq non si menzionano e le immagini dei loro cadaveri non si mostrano in TV. Il Vietnam ha insegnato qualcosa ai governi USA: la troppa libertà di informazione di cui godevano i giornalisti a quei tempi ha fatto sì che tutti sapessero quel che accadeva, e di conseguenza si è originata una fortissima opposizione interna alla guerra. Trent’anni dopo la verità sulla guerra viene opportunamente filtrata, censurata, centellinata in modo che non dia troppo fastidio. Addirittura nel conflitto attuale sono state fatte delle minacce esplicite ai giornalisti indipendenti secondo quanto riferisce Kate Adie, corrispondente della BBC.
Se poi qualcuno chiede un commento sulle centinaia di morti a Baghdad la risposta è: “la guerra non finirà in giorni e dobbiamo finirla nel più breve tempo possibile preservando il maggior numero di vite”. Che bell’operazione pubblicitaria, perfino nella risposta ad una domanda sui morti, la parola “morte” scompare, i morti iracheni sono dei fantasmi da non nominare e da non mostrare in TV, i militari che gestiscono le conferenze stampa sono addestrati dalle agenzie di pubbliche relazioni in modo da manipolare abilmente la realtà mentendo, fingendo, dicendo mezze verità. E la stampa di tutto il mondo (tranne poche eccezioni) si presta squallidamente a fare la sua parte in questa propaganda globale.

L’uso strumentale del terrorismo da parte dei governi

Gli USA sostengono che bisogna lottare contro il terrorismo, ma chi l’ha creato il terrorismo? I talebani dell’Afghanistan sono una delle tante creazioni degli USA assieme a Bin Laden. Quando nel 1979 l’Unione Sovietica invase l’Afghanistan (invasione causata anche da alcune manovre dei servizi segreti americani che operavano in tale paese) i servizi segreti USA formarono, addestrarono, finanziarono, armarono delle milizie di musulmani per combattere contro l’esercito sovietico. In questa opera sono stati aiutati da Pakistan, Arabia Saudita, Egitto, Francia, Gran Bretagna, Israele, Iran, Giappone e Cina. Gli Stati Uniti hanno speso 5 miliardi di dollari per supportare i ribelli durante gli anni ‘80, ed hanno usato Osama Bin Laden, allora alleato degli americani, per reclutare musulmani non afghani tra le file dei Mujaheddin stessi.
La tattica che dovevano apprendere era quella della guerriglie, tendere imboscate, fare saltare in aria ponti e caserme insomma un ottimo addestramento per i futuri terroristi. Gli istruttori USA esaltarono in quegli uomini il fanatismo religioso, instillando in essi l’idea di stare combattendo una guerra santa per il proprio Dio e per il proprio popolo. Dopo qualche anno molti di questi fanatici integralisti scoprirono di essere stati ingannati, di essere stati usati dall’America per allargare la propria influenza sulla regione, (nuove basi americane spuntarono come funghi in territorio arabo) e allora si rivoltarono contro gli USA, considerati traditori e imperialisti. L’apprendista stregone aveva giocato col fuoco ed il suo bel giocattolino gli si era rivoltato contro.
In Italia abbiamo spesso subito delle stragi (Brescia, Bologna, Piazza Fontana, Italicus) che all’inizio furono attribuite a “comunisti ed anarchici”, ma che poi si dimostrò che furono compiute da neofascisti spalleggiati da elementi dei servizi segreti italiani ed americani, con la copertura di alcuni personaggi del governo. Il terrorismo creato dai governi USA-Italia serviva a creare un’ondata di sdegno contro il movimento degli studenti e dei lavoratori per scatenare poi la repressione: arresti ingiustificati, processi politici, persino assassini e pestaggi da parte delle forze dell’ordine. Di recente si è saputo che i servizi segreti italiani due settimane prima del sequestro di Aldo Moro discutevano su come liberarlo(!)
Si sente sempre dire anche in Italia che bisogna fare qualcosa “contro il terrorismo” e che non ci si può permettere un altro 11 settembre, né in USA né altrove. Se la gente sapesse che i terroristi sono stati allevati dagli USA forse capirebbe che combattere il terrorismo significa combattere contro le politiche di sfruttamento e di sopraffazione che lo generano, contro la politica estera di continuo espansionismo politico e militare degli USA, contro le scuole di addestramento alla guerriglia e al terrorismo gestite dagli USA. La “Scuola delle americhe” detta anche “scuola dei golpe”, famosa per aver addestrato alla violenza e alla tortura centinaia di poliziotti e carabineros delle dittature sud americane è tuttora attiva all’interno degli Stati Uniti, e nessuna risoluzione dell’ONU è mai stata approvata per farla chiudere.

Le menzogne dell’11 settembre

Ma d’altronde anche sull’11 settembre ci sarebbe molto da riflettere. Secondo la versione ufficiale l’aviazione militare USA restò ferma fino ad un’ora e mezza dopo la conferma dei 4 dirottamenti simultanei. Un’ora e mezza è un tempo straordinariamente grande per la più potente aviazione militare del mondo. Pensiamoci su seriamente: le torri di controllo scoprono che ci sono 4 dirottamenti pressoché simultanei, avvertono l’aviazione militare, e non succede niente. Un aereo si schianta contro la prima torre gemella, e non succede niente. Passano 18 minuti e un altro aereo si schianta contro la seconda torre, e non succede niente. Ci sono ancora due aerei pericolosi che volano sul cielo USA, e non succede niente. Passa un'altra ora e un aereo si schianta sopra il pentagono; il più potente esercito del mondo lascia che un aereo si schianti sulla sua base operativa, sul comando centrale dell’esercito USA, nessun sistema di sicurezza funziona, né la difesa aerea né quella contraerea. Un aereo si schianta contro il pentagono, e non succede ancora niente, nessun aereo militare si alza in volo per intercettare l’ultimo aereo dirottato. Pensateci: e veramente possibile tutto ciò? Solo una serie ininterrotta di sbadataggini, errori, confusioni, inadempienze, idiozie da parte di funzionari e militari USA? Non è credibile, non è assolutamente credibile.
D’altronde la procedura standard nel caso in cui un aereo esce dalla sua rotta è la seguente: la torre di controllo prova a prendere contatto con l’aereo fuori rotta, e se ciò non serve a niente viene avvertita l’aviazione militare; un aereo militare parte automaticamente per eseguire un’intercettazione (che non vuol dire per il momento abbattimento, ma solo affiancamento) e si mette in contatto coi comandi militari per ricevere istruzioni sul da farsi. Niente di tutto questo è successo l’11 settembre. Che strana coincidenza, tutti i dirigenti e i responsabili dell’aviazione militare avevano la testa per aria?
Mentre le due torri gemelle crollavano il presidente Bush era impegnato in una visita alla Booker School; a un certo punto il suo capo di gabinetto, Andrew Card, sussurra al presidente che un secondo aereo aveva colpito il World Trade Center e vi era un’emergenza nazionale (secondo le parole dello stesso Bush: “Andy Card venne e disse: L’America è sotto attacco”). Bush non fa alcuna replica, Andrew Card corre fuori, e (tanto per cambiare) non succede niente. Eppure in una situazione simile il Presidente dovrebbe andare, e di corsa, a svolgere il suo ruolo: informarsi, riflettere, impartire disposizioni. Invece Bush non solo resta seduto ad ascoltare dei ragazzini che leggono, ma non dice nemmeno una parola ad Andy Card. Un presidente incapace? O un presidente per niente meravigliato dalla notizia di un disastro annunciato, di un attentato già previsto? Nel filmato di Bush alla Booker school il presidente dopo l’annuncio che “l’America è sotto attacco” viene visto sorridere ed incoraggiare i bambini. Incredibile vero?
D’altronde i servizi segreti statunitensi, inglesi, israeliani, avevano già comunicato la loro previsione di un imminente attacco terroristico per il settembre 2001, dalle informazioni trapelate si presumeva che vi fossero in preparazione dei dirottamenti, ma non solo nessuna seria precauzione è stata messa in atto, ma nemmeno nessun piano di emergenza (prova ne è l’assoluta passività dell’america in quell’angosciante ora e mezza in cui 4 pericolosi aerei volavano sugli Stati Uniti). Tre tentativi per dirottare degli aerei e farli schiantare su obiettivi strategici furono sventati nel 1994, e nel 1995 CIA e FBI scoprirono l’esistenza di un simile “progetto Bojinka” che rassomigliava fin troppo a ciò che poi sarebbe successo l’ 11 settembre. Ciò che successe alle torri gemelle era qualcosa che gli USA avrebbero dovuto aspettarsi date le informazioni in loro possesso.
Uno dei dirottatori dell’ 11 settembre aveva ricevuto un addestramento da pilota negli Usa, e il suo istruttore lo aveva denunciato all’ FBI come persona sospetta , ma le indagini si sono “misteriosamente” arrestate. (ordini superiori?). E come se non bastasse nessuna indagine è stata fatta sull’operato dei servizi segreti, dell’aviazione e del governo USA: non solo si fanno innumerevoli sbagli, ma nessuno è tenuto a pagar per essi. Per maggiori informazioni su queste vicende si può leggere il libro “Guerra alla libertà” di N. Mosadeq Ahmed, Fazi editore.
Viene allora da pensare che il governo statunitense abbia lasciato che i terroristi facessero il loro sporco lavoro; così poi si sarebbe sfruttata l’onda di risentimento nazionale per lanciare una campagna di guerra in Medio Oriente alla conquista di avamposti strategici dal punto di vista militare ed economico. Potrebbe sembrare un’ipotesi incredibile, se qualcosa di molto simile non fosse già successo.

Il precedente dell’operazione Northwood e di Pearl Harbour

Dopo il fallimento dell'invasione anticastrista della Baia dei porci, nell’aprile 1961, i capi di stato maggiore americani avevano ideato negli anni 70 l’Operazione Northwood, un piano che prevedeva l’esecuzione di attentati terroristici negli USA che sarebbero stati attribuiti al regime di Fidel Castro e che sarebbero stati il pretesto per un’invasione militare di Cuba. Un rapporto segreto affermava che “la pubblicazione dell'elenco delle vittime nei giornali americani avrebbe provocato nel paese un’ondata di indignazione strumentalizzabile”. Questo piano prevedeva dirottamenti di aerei e attentati dinamitardi a Miami e a Washington, e lo scopo dichiarato nei documenti dell’Operazione Northwood era quello di “dare al mondo l'immagine di un governo cubano che rappresentava (...) una minaccia grave e imprevedibile per la pace nell'emisfero occidentale”. Per fortuna, una volta tanto, Kenedy bloccà questo progetto, e qualcuno ipotizza che una dlle cause della sua morte possa essere stato il forte attrito coi militari che avevano ideato il piano. Si possono conoscere maggiori dettagli su queste vicende leggendo il libro James Bamford, Body of Secrets, Anatomy of the ultra-secret National Security Agency from the Cold War through the dawn of the new century, Doubleday, New York, 2001.
Documenti dell’esercito che vennero in seguito declassificati, provano che nel 1941 gli USA sapessero dell’imminenza dell’attacco di Pearl Harbour, e che avessero lasciato che i Giapponesi attaccassero in modo da poter dichiarare una guerra che altrimenti il popolo americano non avrebbe approvato. Il 29 novembre, il Segretario di Stato Hull mostrò al giornalista della United Press Joe Leib un messaggio con l’ora ed il luogo dell’attacco, ed il New York times nello speciale Pearl Harbour dell’edizione del 12/8/41, a pagina 13, riportava che l’ora ed il luogo dell’attacco erano noti in anticipo. La versione ufficiale governativa che la flotta giapponese avesse mantenuto il silenzio radio mentre si dirigeva verso le Hawaii è smentita dalle intercettazioni americane contenute negli archivi dell’esercito statunitense: in essi vi è il messaggio decodificato inviato dalla nave rifornimento giapponese Shirya che dice “procediamo alla posizione verso 30.00 N, 154.20 E. Pensiamo di essere sul posto il 3 dicembre”. Ciò prova che i giapponesi non mantenevano il silenzio radio, che gli americani avevano imparato a decifrare i loro messaggi in codice e che di conseguenza erano in grado di monitorare i loro spostamenti. 3.000 soldati americani furono quindi sacrificati come carne da macello per portare gli USA in una guerra contro la Germania che non era motivata da nobili ideali (la lotta contro il dittatore sanguinario) ma dal desiderio di espandere la sfera di influenza degli USA anche in Europa.
Del resto il “malvagio nemico” fascista e nazista fu presto “riciclato” dagli stessi americani in funzione anticomunista, fin troppi sono gli esempi di nazisti e fascisti (prefetti, podestà, poliziotti, marescialli, generali, politici) riabilitati frettolosamente a cui sono stati affidati incarichi di potere o che sono stati direttamente assoldati dalla CIA nel dopoguerra. Come fare a dire allora che gli USA hanno liberato l’Europa dal nazismo se i servizi segreti statunitensi hanno brigato per fare assolvere criminali di guerra nazisti, per farli espatriare in America Latina (insieme ai loro conti miliardari) e quindi per utilizzarli per combattere il nuovo avversario, il comunismo e i vari regimi sovietici. In sud America, per “combattere il comunismo” (ossia le lotte dei popoli oppressi dalle dittature sostenute dagli Usa e dalle multinazionali) questi criminali organizzarono e istruirono i terribili squadroni della morte che trucidavano e torturavano interi villaggi colpevoli di aiutare la resistenza contro la dittatura). Sotto il governo di Adenauer nella Germania dell’Ovest il 60% dei funzionari era ex nazista, e nell’esercito e nella polizia tedesca la situazione era persino peggiore (per maggiori informazioni su queste oscure trame si può consultare il libro “Il quarto Reich” di Franco Fracassi, Editori Riuniti).
Il nazismo non fu sconfitto dagli USA, ma usato e riciclato per i soliti sporchi fini. Gli Usa non hanno liberato l’Europa dal nazi-fascismo, hanno sconfitto in guerra Hitler e Mussolini per imporre sull’Europa un nuovo predominio a stelle e strisce; la liberazione l’abbiamo pagata a caro prezzo, prima con le nostre città rase al suolo dai terribili bombardamenti statunitensi (militarmente ingiustificati), e in seguito con la sudditanza economica e politica delle nazioni Europee nei confronti della superpotenza americana.

Le guerre erano già state previste e a volte pianificate prima che scoppiasse il “casus belli”

Zbignew Brezinski, consigliere governativo USA, spende almeno la metà delle pagine del suo libro “La Grande Scacchiera” per spiegare l’mportanza strategica dell'Eurasia e ribadire la necessità per gli Stati Uniti di conquistare e mantenere in ogni modo il controllo di quest'area ed impedire il nascere di altre potenze in grado di estromettere o condizionare questa egemonia statunitense nella regione. Egli scrive testualmente: “È ormai tempo che gli Stati Uniti perseguano un coerente disegno geostrategico d’ampio respiro per l'intera Eurasia. Questa necessità sorge dall'interazione fra due realtà basilari: gli USA sono oggi l’nica superpotenza globale e l’urasia è il terreno sul quale si giocherà il futuro del mondo. L'equilibrio di forze che prevarrà su questo continente deciderà dunque il destino della supremazia americana e della sua missione storica. La durata e la stabilità di tale supremazia dipenderanno soprattutto da come gli Stati Uniti muoveranno le principali pedine del gioco su questa scacchiera, controllandone le zone cardine dal punto di vista geopolitico”.
Altre pagine di questa sorta di “manuale di pianificazione delle guerre a venire” erano dedicate alla regione della Jugoslavia (dove gli Usa hanno effettuato negli anni 90 ben due interventi militari),; anche in quel caso si faceva notare l’importanza geografica e strategica di tale regione prima che scoppiassero i disordini che sono serviti gli Usa come scusa per intervenire militarmente.
E in effetti, solo per limitarci ad un esempio, in piani di intervento in Afghanistan erano stati preparati dall’esercito statunitense prima dell’11 settembreo 2001.

I risultati delle “guerre umanitarie” smentiscono quanto affermano i governi USA

In Afghanistan si è combattuta di recente una “guerra contro il terrorismo per catturare Bin Laden” il quale più di un anno dopo la guerra è ancora uccel di bosco. La si è fatta anche per “regalare la libertà” agli afgani, i quali sono morti di fame perché i bombardamenti USA hanno interrotto gli approviggionamenti di cibo attraverso le frontiere in un anno di carestia, sono morti sotto le bombe, e poi si sono trovati governati non più dai fanatici islamici Talebani (fino al 1991 armati e spalleggiati da Washington), ma da altri fanatici islamici, di etnia diversa, sanguinari quanto i primi, che durante tutta la lunga guerra civile afgana si sono macchiati di delitti atroci e di stermini disumani (i guerriglieri dell’Alleanza del nord). Si è fatta una guerra perché le donne erano trattate come schiave, perché erano prive di diritti, ma dopo la guerra la situazione non è cambiata. Tutte le ragioni sbandierate dagli USA e dai loro alleati per fare quella guerra non reggono alla verifica della storia. Alla stessa maniera si era detto qualche anno prima che la guerra in contro la Serbia si combatteva per impedire i massacri degli Albanesi in Kosovo, e per impedire tali massacri gli USA hanno spalleggiato un gruppo di fanatici albanesi che fino a poco tempo prima erano considerati dalla CIA dei terroristi. Si è scoperto dopo la guerra che i massacri vi furono dopo l’inizio del bombardamento americano, e non prima: l’attacco degli alleati contro la Serbia ha fatto precipitare una situazione già critica, ha fatto sì che odi e rancori repressi si manifestassero in tutta la loro atrocità omicida. Non bisogna dimenticare il ruolo attivo dell’Italia nel conflitto contro la Serbia quando al governo c’era il centro sinistra sotto la guida di D’Alema.

Il mito della “terra della libertà”

Queste verità scomode storiche incrinano di già il mito della nazione americana come “terra della libertà”, ma i miti sono duri da morire e allora è utile ricordare ancora alcune cose. La prima è che gli USA hanno organizzato, fomentato, aiutato, finanziato e armato numerosi dittatori in tutto il mondo. Pinochet (Cile), Somoza (Nicaragua) e Suharto (Indonesia) sono solo i primi di una lunga lista, e anche il regime fascista dei colonnelli ha governato per anni la Grecia grazie all’appoggio statunitense. Per un’approfondimento su queste vicende si può consultare il libro “Con la scusa della libertà” di William Blum, Marco Tropea editore.
La seconda è che anche all’interno degli USA la libertà viene continuamente negata agli stessi cittadini americani, specie se esprimono opinioni politiche scomode per il governo. Sacco e Vanzetti furono condannati alla sedia elettrica in base ad un’accusa notoriamente falsa, costruita appositamente dalla polizia, furono assassinati dal governo americano perché, come anarchici, partecipavano alle lotte dei lavoratori. Ma anche ai nostri giorni il leader nero Mumia Abu Jamal rischia la condanna a morte per un delitto mai commesso: una delle principali accusatrici ha ritrattato la sua testimonianza ammettendo di essere stata costretta dalla polizia a dire il falso per incastrare Jamal. Nonostante questo Jamal si trova ancora in prigione nel braccio della morte. Analoga è la situazione di Leonard Peltier, leader degli indiani d’America, reo di avere sempre lottato per i diritti della propria gente, di quegli indiani che la “nazione della libertà” ha prima sterminato, poi derubato della propria terra, e infine rinchiuso in ghetti chiamate riserve.
Ma dal giorno dell’attentato alle torri gemelle le cose vanno molto peggio, quei diritti umani che (almeno sulla carta) erano garantiti dalla legge americana, stanno scomparendo per il varo di nuove leggi liberticide, e adesso la polizia ha dei poteri così ampi che può fare praticamente quello che vuole su qualsiasi su persona sulla quale gravi un semplice sospetto (possibilmente solo perché araba o sud americana). Centinaia di persone vengono arrestate sulle basi di un semplice sospetto, viene loro impedito un contatto con l’avvocato, vengono tenute per mesi in carcere senza che ci sia un processo (e questo purtroppo succede anche in Italia), e rischiano persino di essere picchiate e torturate. Anche la tortura è diventata legale adesso in america, se ne può trovare conferma in un articolo comparso sul giornale “La Repubblica” del 13 /03/2003. La dimostrazione di quale sia la possibilità di manifestare il proprio dissenso negli USA è data da quanto successo durante il corteo del 21 marzo a San Francesco: cariche della polizia, manganellate gratuite e 1400 arresti!
Dopo l’approvazione della cosiddetta “legislazione contro il terrorismo” (“Usa Patriot Act II”) agenti governativi possono ad esempio irrompere a casa tua in tua assenza, compiere una perquisizione, impedendoti di scoprire per giorni, settimane o mesi se mai sia stato emesso un mandato in tal senso. Ed è allo studio un’altra legge ancora peggiore che darebbe poteri ancora più ampi alle forze dell’ordine, con implicazioni ancora più gravi. Essa consentirebbe al Governo di privare della cittadinanza quegli americani che avessero dato sostegno ad organizzazioni etichettate dallo stesso Governo come “terroristiche” anche nel caso in cui essi siano completamente all’oscuro dei presunti collegamenti di tali organizzazioni con il terrorismo; di effettuare perquisizioni senza mandato specifico; di effettuare arresti coperti da segretezza; di concedere nuove immunità alle forze dell’ordine.

La verità su Hiroshima

Il più grande attentatato terroristico della storia dell’uomo dovrebbe essere considerato non l’attacco alle torri gemelle, ma il lancio di due ordigni nucleari nel giro di pochi giorni su Hiroshima e Nagasaki, alla fine della seconda guerra mondiale, uno sterminio che fu attuato nonostante i Giapponesi avessero già cercato la resa da parecchi mesi. Gli Usa hanno ignorato tali iniziative, hanno sterminato due città bruciando vive centinaia di migliaia di persone e regalando una lenta morte per tumore a migliaia di altre, per un totale di circa mezzo milioni di morti. Dopo di che hanno fatto circolare la versione ufficiale che le bombe sono state sganciate per evitare il peggio, cioè un inutile spargimento di sangue (americano) nell’eventuale invasione via terra del Giappone La verità sui retroscena delle bombe atomiche sganciate dagli USA sul Giappone non si trova ovviamente nei testi scolastici italiani, perché sarebbe un affronto troppo grande per gli USA se la “cultura ufficiale” del suo fido alleato, lo Stato Italiano, avesse il coraggio di dire la verità a tutti i suoi cittadini. Il rischio sarebbe troppo forte, quello di creare una generazione contraria alle avventure militari di pacifisti. Tutti i libri un po’ più seri dei dozzinali manuali scolastici ormai riportano questa atroce verità, e d’altronde è stato giustamente osservato, se anche Hiroshima fosse stata necessaria, allora perché bombardare anche Nagasaki, la strage di 100.000 vittime uccise con un solo ordigno (le altre 100.000 sarebbero morte negli anni successivi per gli effetti letali delle radiazioni) non sarebbe bastata a spaventare i Giapponesi? Per approfondimenti su questo argomento cito William Blum, “Hiroshima: needless slaughter, useful terror” Covert Actions Quarterly Washington D.C: n. 53, estate 1995, pagg. 22-25. L’autore suggerisce che l’esplosione degli ordigni nucleari servì soprattutto ad impaurire il futuro nemico degli USA, ossia l’Unione Sovietica.

Bush come Hitler?

Vogliamo terminare questo dossier con una citazione:

“Naturalmente la gente non vuole la guerra. Perché un povero diavolo di una fattoria dovrebbe voler rischiare la propria vita in una guerra quando al massimo ne può guadagnare di tornare alla sua fattoria tutto intero? Naturalmente la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra, né in Germania. Questo è comprensibile. Ma, dopotutto, sono i governanti del paese che determinano la politica, ed è sempre facile trascinare con sè il popolo, sia che si tratti di una democrazia, o di una dittatura fascista, o di un parlamento, o di una dittatura comunista. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre portato al volere dei capi. È facile. Tutto quello che dovete fare è dir loro che sono attaccati, e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e per esporre il paese pericolo. Funziona allo stesso modo in tutti i paesi.”

Di chi sono secondo voi queste affermazioni, di un pacifista anarchico? Di un vecchio socialista rivoluzionario? No, vi state sbagliando di grosso, sono di uno dei peggiori criminali e guerrafondai di tutti i tempi, Hermann Goering, il vice di Hitler. Nel clima già rovente del dopo guerra le camicie brune naziste compirono pestaggi, violenze, appiccarono incendi, mentre Hitler faceva discorsi promettendo di mettere fine all’ondata di crimini dei sovversivi ed al terrorismo se gli venivano garantiti poteri eccezionali. Poi il tocco finale, venne bruciato il Reichstag e venne addossata la colpa di tale atto alla sinistra. Anche in questo caso si sa bene dalla storia che l’incendio fu in realtà eseguito dagli stessi nazisti agli ordini di Hitler per fornire al futuro Führer il pretesto che gli serviva per arrogarsi i pieni poteri ed instaurare la sua dittatura.
La storia sembra si debba sempre ripetere: da Hitler a Bush è cambiato veramente qualcosa?

(Nota: Si può scaricare una versione in formato doc del presente documento pronta per la stampa)

Corrado Perna
Milano, 24 marzo 2003
www.antipsichiatria.it, mail: cipen@lombardiacom.it