Baghdad è stata conquistata, Saddam Hussein ed il suo regime sono crollati
USA ed alleati pronti a spartirsi il bottino

La guerra infinita

La guerra preventiva ha sempre il mirino puntato e pronto a sparare contro il prossimo nemico

Una bandiera a stelle e strisce ha avvolto una statua di Saddam prima che questo tragico simulacro fosse abbattuto dalle truppe americane e così è terminata la battaglia per conquistare Baghdad. Qualcuno dichiarerà il termine della guerra di conquista dell'Iraq, già pronto a spartirsi il bottino, tralasciando l'altissimo bilancio di vite umane tributato all'esercito invasore.

La guerra non è però finita, perché la guerra preventiva ha sempre il mirino puntato e pronto a sparare contro il prossimo nemico. Intanto non è finito lo spargimento di sangue nelle città irakene visto che Bush, Rumsfeld e Blair promettono ancora sangue per le strade dell'Iraq. Basti vedere le poche e confuse notizie che arrivano da Bassora, città "liberata" dalle truppe inglesi, che i cronisti presenti raccontano come un luogo di violenze e di sofferenze.

Intanto Saddam, come Bin Laden ed il mullah Omar, non si trova e con lui la gran parte del governo macchiatosi in questi anni di crimini contro il proprio popolo.

La sorte del dittatore irakeno, mentre scriviamo, non è chiara e la stessa amministrazione americana non lo considera più un elemento determinante. Non si commentano le notizie che lo vogliono in ambasciate compiacenti o già espatriato da tempo, visto che può sempre essere utile scatenare un nuovo attacco per dargli la caccia. Abbiamo però una domanda che vorremmo ricevesse una risposta: dove sono le armi di distruzioni di massa? Non le hanno trovate ma hanno scatenato lo stesso un attacco mostruoso per abbattere un regime al collasso magari accordandosi in segreto proprio con i suoi dirigenti per esibire le foto ricordo della campagna militare vittoriosa. Da qualche indiscrezione dal Pentagono emerge, con raro senso del ridicolo, la possibilità di un processo di Norimberga per le elités dirigenti irakene. Non è credibile che ciò avvenga, anche perchè salterebbe all'occhio l'assenza degli Usa dal Tribunale Penale Internazionale, che per altro potrebbe essere invocato per i crimini di guerra perpetrati proprio dalle truppe alleate. Prevale il pragmatismo, finalmente si può dar corso alla sempreverde dottrina americana, dove gli affari sono pur sempre affari! Non è un caso che proprio ieri è ritornato il Fondo Monetario Internazionale a dettare la propria legge, parlando dei decenni che ci vorranno per ripristinare lo status precedente all'11 settembre e insistendo sulle riforme antisociali da fare nei paesi più ricchi.

Per questo le parole pronunciate in queste ore dal Pentagono sono il preludio di nuovi attacchi, la prosecuzione della guerra permanente in altre forme. La prospettiva più probabile è quella di trovarsi in una situazione di guerra di bassa intensità, che non vuol dire meno sanguinosa ma solo che essa sarà sporca, più simile ai conflitti conosciuti in Palestina o in Afghanistan, dove la vita umana vale pochissimo e le vittime non hanno nomi né storie da raccontare.

Solo due giorni prima della presa di Baghdad Bush e Blair dettavano le condizioni del dopo Saddam non al regime irakeno, ma al Mondo. Se non fosse ancora chiaro, in quell'occasione si è fatto riferimento all'Onu solo per contribuire alla distribuzione degli aiuti umanitari ed indicando alle Nazioni Unite la linea delle prossime risoluzioni, che dovrebbero sanare l'atto di insubordinazione al potere imperiale statunitense dell'ultimo Consiglio di Sicurezza. Invece l'Onu dovrebbe porsi l'obiettivo immediato dell'allontanamento dell'esercito angloamericano, la riaffermazione dell'integrità territoriale ed economica dell'Iraq e l'avvio di un processo di autodeterminazione democratica del popolo irakeno.

La guerra permanente è sempre di più la dimensione quotidiana in cui siamo immersi ed è per questo che persisterà un movimento che ne chiede la cessazione. Ci ritroveremo nelle piazze di tutto il mondo sabato prossimo, per fermare definitivamente questo crimine contro l'umanità e non dimenticando le sofferenze inflitte dall'attacco. Oggi più che mai l'opposizione alla guerra diventa l'opposizione al modello di società ed alla globalizzazione che l'hanno prodotta. Se i signori della guerra credono di poter riguadagnare la fiducia dell'umanità o immaginano che, con una vittoria militare ampiamente prevista, si possa sconfiggere il bisogno di giustizia esploso in questi mesi, non faranno che l'ennesimo tragico errore.

Gennaro Migliore
Roma, 10 aprile 2003
da "Liberazione"