Militari italiani uccisi in Iraq

Il dolore e la riflessione di Emergency

Dobbiamo tutti prendere atto che si è al di fuori della ragione, quando i rapporti tra esseri umani si esercitano con la forza, con le armi, con l’uccisione.

In Iraq sono stati assassinati militari italiani.

Per la condivisa appartenenza a uno stesso paese, il fatto ci colpisce molto più da vicino di altri fatti identici.

Ma ogni volta che un essere umano muore per volontà, per decisione e ad opera di un altro essere umano ci assale lo sgomento che si prova di fronte all’assurdo.

«La guerra è questo», si dirà. Ed è vero. Ma questa constatazione non può essere un motivo di rassegnazione.

«La guerra è questo» significa che quando si decide di fare una guerra o parteciparvi si preparano il crimine e la morte. Non una morte inevitabile, che è offesa e sfida per ogni essere umano, ma una morte che per alcuni ha il sapore di un successo, di un obiettivo perseguito e raggiunto.

Non ci sarebbe rispetto né umanità nel ridurre l’esistenza stroncata di persone, il dolore dei loro congiunti, il dolore di tutti, ad argomento di una parte in una contrapposizione.

Lo stretto contatto con il limite estremo che la morte, la sofferenza e la disperazione costituiscono può e deve provocare la riflessione di tutti, non la polemica di alcuni.

Nessuno può ridurre questo avvenimento a dimostrazione di una tesi.

Sarebbe insensato sentirlo come la prova di avere o avere avuto ragione.

Dobbiamo tutti prendere atto che si è al di fuori della ragione, quando i rapporti tra esseri umani si esercitano con la forza, con le armi, con l’uccisione.

La guerra è questo: è morte e dolore evitabili e voluti, un’assurda disumanità non commisurabile con nessuna difficoltà, con nessun problema.

Emergency - Brianza
Monza, 12 novembre 2003