Nell’ultimo decennio abbiamo assistito a quattro guerre d’aggressione imperialiste scatenate dagli Usa e dai suoi alleati: la prima guerra in Iraq, l’ex Jugoslavia, l’Afghanistan, l’attuale invasione dell’Iraq (oltre a quelle a “bassa intensità” come in Colombia). Dentro una crisi interna sociale e economica non risolta l’attuale governo degli Usa ha scelto la guerra a livello planetario finalizzata al controllo delle risorse energetiche (vedi petrolio) ma soprattutto a ribadire il proprio ruolo egemonico mondiale con l’obbiettivo così di rilanciare la propria economia trasformandola in “economia di guerra infinita”.La guerra imperialista preventiva dell’attuale governo Usa non è terminata ed anzi nuovi obbiettivi d’aggressione si profilano: Siria, Iran, Corea del Nord, Cuba e Venezuela.
La natura dell’occupazione militare in Iraq rimane di stampo coloniale.
Essa è finalizzata alla rapina delle risorse economiche del paese (con la
presenza di alcuni stati europei a partire dall’Italia, desiderosi di
compartecipare alla spartizione del bottino di guerra) e a terrorizzare la
popolazione irakena come monito a tutte le masse arabe e islamiche affinché
si pieghino ai voleri dell’imperialismo statunitense.
In tale situazione si è sviluppata in Iraq una legittima resistenza contro
le truppe occupanti statunitensi ed i loro alleati, per riaffermare l’indipendenza
e la sovranità del proprio paese.
Ciò non significa, da parte nostra, in nessun modo identificazione con le
forze e le tendenze politiche che attualmente conducono la lotta contro l’occupazione
ma , semplicemente, il riconoscimento della piena legittimità di quella resistenza.
Il punto centrale è rappresentato dalla richiesta del ritiro delle truppe
d’occupazione, a partire da quelle italiane.
Abbiamo sempre condannato gli atti terroristici che hanno colpito e colpiscono
civili inermi, perché contrari storicamente e politicamente alle forme di
lotta del movimento operaio e dei movimenti di liberazione nazionale. Non
è un caso, a tale proposito, che molte formazioni terroristiche siano state
foraggiate in passato, con armi e soldi, dagli stessi governi statunitensi
per i loro interessi imperiali.
Il fatto è che la “lotta al terrorismo” è diventata per i governi
Usa (con i loro alleati) un comodo alibi da usare come una clava per definire
quali sono gli “stati canaglia” da aggredire con invasioni militari,
per disfarsi del diritto internazionale e della stessa Onu.
Quella stessa Onu che votò un embargo decennale (nei confronti dell’Iraq)
che, affamando un intero popolo, provocò centinaia di migliaia di morti soprattutto
fra i bambini e gli anziani.
Nel nostro paese nel nome della “lotta al terrorismo” si straccia
letteralmente la Costituzione, si vogliono restringere i diritti sociali e
politici, si cerca di sfuggire alle proprie responsabilità per i militari
morti a Nassyria provocati dalla scellerata decisione di inviare le proprie
truppe in una missione di guerra. A questa logica imperialista e guerrafondaia
va contrapposta la lotta per la sovranità nazionale degli stati ed il diritto
dei popoli, a partire da quello irakeno, alla propria autodeterminazione.
E’ necessario e possibile lavorare politicamente alla saldatura fra
movimento d’opposizione alla guerra e lotte sindacali, sociali di ampi
strati di lavoratori e proletari poiché, riteniamo, vi sia una stretta correlazione
fra aumento delle spese militari e riduzione delle spese sociali.
In tal senso si pensi alle quotidiane lotte dei lavoratori (ferrotranvieri,
Alitalia, pubblici servizi ma anche metalmeccanici, l’Alfa Romeo a Milano…)
per salari decenti, contro il caro vita, per la certezza del posto di lavoro,
per la libertà di associazione e sciopero.
In prospettiva bisogna saldare il movimento contro la guerra e quello rappresentato
dall’opposizione sociale, politica alle controriforme del centro destra
oggi ma anche del centro sinistra ieri (l’attuale batosta sulle pensioni
ma anche la precedente del governo Dini, l’ultra precarizzazione del
mercato del lavoro della “legge Maroni” ma anche la precedente
del “pacchetto Treu”). Tale scommessa politica deve divenire l’impegno
per il prossimo futuro. Per rivendicare il drastico abbattimento delle spese
militari, per pensioni dignitose, consistenti aumenti salariali con l’aggancio
dei salari al reale costo della vita, la certezza del posto di lavoro con
l’abolizione di tutte le leggi pregresse sulla flessibilizzazione e
precarizzazione del mercato del lavoro.
Coordina:
Renato Pomari (del Direttivo Circolo P.R.C. Monza)
Intervengono:
Dario Casati(Comitato Promotore)
Raniero La Valle (giornalista)
Walter Peruzzi (direttore
della rivista “Guerre e Pace”)