Sindrome dei Balcani
La lunga lista di vittime dell'omertà

Ufficialmente, quello di Rinaldo Colombo è il quinto nome nella lista dei decessi per patologie legate all'esposizione all'uranio impoverito. 31 anni, inviato in Bosnia nel '95, il carabiniere è morto il 29 settembre scorso a Busto Arsizio.

Nel triste elenco figurano:

Dati i lunghi tempi di incubazione dell'uranio impoverito (4-5 anni), la lista è destinata ad allungarsi ma se il muro d'omertà che le autorità continuano ad alimentare fosse stato incrinato prima, qualche vita in più poteva essere salvata sia tra le genti della ex Jugoslavia che tra civili e militari in missione.

E' stato grazie a “Radio fante”, alla denuncia tenace di alcuni militari democratici che la sindrome dei Balcani sia riuscita a “forare lo schermo”. Il governo dopo aver smentito vigorosamente ogni cosa ha dovuto rendere pubblico anche l'utilizzo di bombe Ui in Bosnia, tra il '94 e il '95. La risposta della Difesa è stata la nomina di una commissione scientifica di cui alcuni membri però, ancor prima di iniziare i lavori, si sono già dichiarati scettici che sia l'uranio la vera causa dell'impressionante incremento di alcune patologie tra i giovani impegnati nelle cosiddette guerre umanitarie.

A Roma, la procura generale militare ha aperto da mesi un'inchiesta senza ancora formulare capi d'accusa né iscrivere nomi al registro degli indagati. I danni provocati dall'inalazione delle particelle sprigionate dalle esplosioni radioattive sono noti da anni soprattutto negli Usa ma i vertici della difesa italiana non ritengono ancora di prescrivere test specialistici di massa tra gli interessati.

Un breve vademecum sulle precauzioni da usare è stato diramato alle truppe in Kosovo solo a cinque mesi dall'arrivo del contingente. La commissione difesa della camera si riunirà solo il prossimo 9 gennaio per decidere l'istituzione della “solita” indagine conoscitiva. La Rete Aui (“Aboliamo l'uranio impoverito!) che coordina varie associazioni chiede misure di accertamento e risarcimento per tutte le vittime e, insieme all'Ics (Consorzio italiano di solidarietà) propone lo stanziamento di fondi per decontaminare le zone bombardate dalla Nato. Pure in Portogallo (dove è già morto almeno un parà di 26 anni, Hugo Paulino), il governo ha sempre negato ogni nesso con la permanenza in Kosovo ma venerdì scorso ha stabilito di sottoporre tutti i reduci ad una serie di analisi.

Martins Barrento, capo di stato maggiore di Lisbona, continua a sostenere che la denuncia del padre di Paulino sia solo una storia «inventata per pura paranoia» pilotata da forze antidemocratiche serbe. Ma i comandi lusitani non intendono rendere pubblica la cartella clinica del caporale morto.

articolo da "Liberazione", 31 dicembre 2000