Informazione e disinformazione dalla Palestina.
Tornando alla tomba di Giuseppe.

Le notizie che giungono dalla Palestina sono via via più drammatiche (nei prossimi giorni vi torneremo più attentamente). Ramallah accerchiata, le strade ormai vengono sventrate dai buldozzer israeliani perchè i palestinesi non possano percorrerle.

In tutto questo la stampa internazionale cerca di accreditare un'immagine di Sharon il criminale di Sabra e Chatila, accettabile e credibile, addebitando ai palestinesi l' origine di ogni scontro. Bene oggi, 12 marzo, una grande manifestazione a Ramallah, con a capo Hanna Ashrawi, Abd Rabbo e Marwan Barghuti è stata attacata a freddo prima con i lacrimogeni e poi con proiettili, veri e non di gomma come dicono i telegiornali.

Le colpe dei manifestanti erano prima di tutto di aver sfilato davanti ai soldati israeliani senza cercare lo scontro con lancio di pietre, di aver ricoperto con le pale e i picconi le trincee scavate dall'esercito sulla strada Ramallah-Birzeit per impedire che 65.000 persone restassero di fatto ostaggi inermi del nemico.

Un collaboratore di Barghuti, raccontano testimoni oculari, è stato freddato con un colpo d' arma automatica munita di silenziatore.

Per la nostra stampa: i palestinesi cercavano lo scontro.peccato che il cronista era a Gerusalemme Ovest e che si è fatto raccontare l'accaduto dall'ufficio stampa dell'esercito!

In oltre cinque mesi di rivolta di disinformazione deliberata ne è stata fatta a man bassa, ripercorrendo a ritroso questo periodo il caso più eclatante è stato il cosiddetto "assalto" alla tomba di Giuseppe a Nablus: su una bugia clamorosa si è costruita fin dai primi momenti la criminalizzazione di un popolo.

Per cercare di contrastare quest'orgia di menzogne pubblichiamo un contributo di Israel Shamir sull'episodio di Nablus.

Ci sembra particolarmente interessante che un israeliano smonti pezzo per pezzo le bugie con cui vengono imbrogliati gli israeliani e noi con loro.

da "Bandiera Rossa"

Tornando alla tomba di Giuseppe

In questi giorni non è facile recarsi in visita alla tomba di Giuseppe. Blocchi stradali, eseguiti da soldati israeliani nervosi circondano la città di Nablus; trincee scavate o cumuli di terra ammassata rendono impraticabili anche le entrate e le uscite secondarie.

Nelle mattinate normali la città avrebbe visto i pendolari dai villaggi vicini arrivare per lavorare o fare acquisti: oggi come oggi, è a proprio rischio ed i residenti della città lasciano le loro case rischiando la loro vita, dato che i soldati sparano senza preavviso.

Tuttavia, si riesce ancora ad infilarsi a piedi nel vecchio capoluogo di Samaria.

La città è stesa come un mazzo di mirra tra i seni dei Monti Ebal e Gerizim. Nablus è l'antica Neapolis, fondata da Titus Flavius nei tempi gloriosi dell'Impero Romano.

Le tradizioni romane non si sono mai estinte in questa San Francisco della Palestina con i suoi sontuosi bagni turchi. Nablus è famosa anche per il suo fragrante sapone d'ulivo, il suo minestrone kubbah saporito e lo spirito ardente dei suoi abitanti.

Avevano messo in campo una forte squadra di guerriglieri contro Napoleone, si erano ribellati contro gli invasori egiziani ed avevano tenuto alla larga i coloni ebrei. Durante l'ultima insurrezione, Nablus si era creata la fama di un Jabal an-Nar - la Montagna di Fuoco. Gli israeliani raramente osavano entrare le strette vie della città vecchia.

Oggi, questa antica città sfidante ospita la casa di Marwan Barghouti, al quale si accredita, talvolta, la guida dell'insurrezione.

Sono venuto qui per recarmi in visita ad uno dei più incantevoli siti religiosi della Terra Santa., la tomba di Giuseppe, eroe della Bibbia e del Qur'an, uno dei ragazzi del posto che aveva "fatto strada" in Egitto e venne ricondotto in patria dai Banu Israel, per essere seppellito nella sua patria ancestrale.

La gente del posto aveva venerato la sua tomba, come numerosi altri luoghi santi e tombe che corredano le cime dei monti e gli incroci di strada in Palestina. I luoghi santi hanno radici profonde nell'anima palestinese; radici più antiche delle fedi moderne, sicchè sono sopravvissute a tutte le riforme religiose mantenendo la loro capacità di trasformare un essere umano in Dio.

Bisogna leggere i loro nomi col beneficio d'inventario, visto che cambiano con il passare del tempo. Troverete una dozzina di tombe dello Sheikh Ali - e perfino Joshua Nun ne possiede un bel po'.

Altre tombe invece, hanno una pluralità di nomi, come la grotta sul Monte Ulivo che i cristiani chiamano Pelagia, i musulmani Rabia al-Adawiya e gli ebrei Hulda.

Mentre alcuni clericali ortodossi musulmani, cristiani ed ebrei sollevano obiezioni contro la venerazione dei luoghi santi, la gente semplice non rinuncia a recarvisi per implorare grazie - gli uomini, la gloria ed i buoni raccolti, le donne, figli ed amore. La tomba di Giuseppe non fa eccezione.

Si presenta come un edificio semplice con una cupola restaurato di recente, ubicato vicino all'antica collinetta di Shechem.

In qualsiasi giorno dell'anno si possono vedere arrivare le contadine palestinesi, nei loro abiti neri riccamente ricamati, per rendere omaggio alla tomba dell'innamorato casto i cui occhi languidi fecero crollare la fortezza del cuore di Zuleika.

Un paio di mesi fa, la tomba di Giuseppe riempì i notiziari di tutto il mondo. I residenti di Nablus avevano combattuto contro soldati israeliani armati di tutto punto, per i resti del loro antenato Giuseppe, come gli achei contro i troiani per la salma di Patrocle. Una ventina di palestinesi persero la vita, gli israeliani un mercenario e contarono qualche ferito.

Le immagini degli scontri a fuoco furono trasmesse in tutto il mondo, mentre infuriava la battaglia, le ambulanze sfrecciavano verso ospedali e camere mortuarie e pesanti colpi di mitragliatori automatici centravano pietre e carne umana. La realtà virtuale degli schermi televisivi, accompagnata dalla voce degli esperti presentava l'ultima testimonianza dell'odio arabo verso i siti religiosi ebrei.

La favola della distruzione della tomba persisteva a lungo nei notiziari. Un importante clerico musulmano della Russia fu talmente arrabbiato da scrivere una lettera aperta ai palestinesi condannando il sacrilegio compiuto. Quotidiani internazionali di prim'ordine si lanciarono con commenti indignati sull'argomento.

Un marziano in visita sul nostro pianeta sarebbe stato indotto a credere che il desiderio principale dei palestinesi è di girare per vandalizzare i monumenti sacri degli ebrei.

Per coloro che non l'avessero ancora appreso dalle centinaia di riedizioni di questa storia dai media, il New York Times l'ha ripubblicato giusto la settimana scorsa, per l'ennesima volta.

Per me è stata la volta di troppo. Questo quotidiano americano-ebreo abilmente diffuso riesce sempre a stuzzicare il mio cervello, là dove si formulano i sospetti.

Mi ricordo delle notizie che il New York Times aveva dato, nel 1990, dei pogrom in agguato a Mosca, contro gli ebrei - pogrom che in qualche modo mai riuscivano a materializzarsi, ma intanto le notizie erano servite a spedire un milione di ebrei russi in Israele. Ricordo le notizie sul "massacro" di Timisoara in Romania - notizie che poi si rivelarono invenzioni di sana pianta, ma intanto avevano portato all' esecuzione sommaria del presidente Ceausescu e di sua moglie.

Ricordo molto bene l'agitazione creata dal Times contro l'assistenza dei militari cubani prestata alla Namibia, che aveva rotto la schiena all'Apartheid sudafricano. Conoscendo i palestinesi, mi riusciva difficile credere che coloro che si erano recati in venerazione al santuario per innumerevoli generazioni l' avessero distrutto.

Ciò che ho trovato sul luogo dell'ultima dimora di Giuseppe rassomigliava alla riedizione della vecchia barzelletta ebrea: "è vero che Cohen ha vinto un miliardo alla lotteria statale ? sì, è vero, ma erano solo centomila, in un gioco a poker, ed i realtà quella somma l'aveva persa".

Anziché essere in rovina, la tomba splendeva nella sua precedente bellezza. Non vi erano tracce di guerra. La Municipalità di Nablus aveva ingaggiato i migliori artigiani, chiamato esperti italiani e fatto restaurare la tomba com'era prima.

Avevano fatto rimuovere la rete di filo spinato, le postazioni per le armi automatiche, i carriarmati, lo squallido locale riservato ai soldati, le buche nel muro per le guardie. Una base militare ricavata dagli israeliani era scomparsa per fare riemergere la sacra tomba. Era una gioia ritornare a visitare Giuseppe, dopo che la mia prima visita, un mese prima dell'insurrezione, mi aveva lasciato alquanto sconcertato.

Sono poi tornato a visitare Nablus in compagnia di due turisti, un cristiano ed un ebreo. Siamo andati a trovare la sinagoga samaritana, a bere l'acqua dal pozzo di Giacobbe nella chiesa, guardare la Moschea Verde dall'interno decidendo poi, di rendere omaggio a Giuseppe il Bello.

Un vecchio poliziotto palestinese che aveva fatto la gavetta nell'esercito britannico, ci permise di avvicinare la tomba avvertendoci però, che non ci avrebbero lasciati entrare.

Aveva ragione. Ragazzi russi nelle loro divise dell'esercito israeliano, con elmetti e fucili, spuntarono dall'edificio per dirci che per entrare nel santuario bisogna passare dal posto di comando dell'esercito, fuori città, sottoporsi ad un controllo di sicurezza ed all'interrogatorio, per ritornare alla tomba a bordo di un autobus blindato. Ce ne siamo andati, verso siti più accessibili.

Per generazioni la tomba di Giuseppe è stata onorata e amorevolmente curata dalla gente di Nablus, ma fu catturata dagli israeliani nel 1975. Gli infausti accordi di Oslo l'avevano lasciata - un enclave armata di Israele - nel cuore della città palestinese.

Diventerà una yeshiva per una setta cabalistica guidata dal rabbino Isaac Ginzburg. Il suo nome dovrebbe far suonare la campana. In un'intervista col settimanale Jewish Week egli dichiarò che un ebreo avrebbe diritto di tagliare via il fegato di qualsiasi non-ebreo se ciò fosse per salvarsi la vita, considerando che la vita di un ebreo è di valore inestimabile rispetto alla vita di un non-ebreo.

Invitato dal suo intervistatore a moderare il tono del suo messaggio, egli rimase irremovibile. Molti giornali israeliani avevano pubblicato questa intervista, essendo il nome di Ginzburg ben conosciuto.

Un anno prima, i discepoli di Ginzburg avevano fatto un'escursione verso un villaggio palestinese nelle vicinanze, durante la quale un membro della setta ammazzò una ragazza di 13 anni. Egli fu arrestato e portato in tribunale.

Ginzburg fu citato come testimone dalla difesa e sotto giuramento dichiarò inammissibile l'accusa di omicidio, rivolta ad un ebreo per la morte di un non-ebreo, siccome il comandamento di "non uccidere" riguarderebbe solo gli ebrei.

Uccidere un non-ebreo sarebbe, nella peggiore delle ipotesi, un mal comportamento, egli disse, visto che "non si può paragonare il sangue degli ebrei a quello dei non-ebrei".

Nella sua Storia della Cultura degli Ebrei, Zvi Howard Adelman di Gerusalemme (si trova sul website del Department for Jewish Zioniste Education) cita Ginzburg ed alcuni dei suoi colleghi. Uno dei suoi colleghi cabalisti, il rabbino Israel Ariel, scrisse nel 1982, all'epoca del massacro di Sabra e Shatila, che "Beirut fa parte della Terra di Israele. I nostri dirigenti avrebbero dovuto entrare in Libano ed a Beirut senza tentennamenti per ucciderne uno ad uno. Nessun ricordo di loro dovrebbe essere rimasto".

Ora, ogni fede ha le sue frange estremiste ed i suoi fanatici. Certamente la stragrande maggioranza degli ebrei, inclusi gli ebrei religiosi, non sottoscrivono tali sentimenti cannibaleschi, ma al contrario, avvertono repulsione.

Ma tale repulsione non riuscì ad impedire al governo di Israele di concedere sovvenzioni alla setta o di costringere i palestinesi ad accettare questa enclave dell'odio nel cuore di Nablus, o di condurre una mini-guerra per promuovere lo zelo di Ginzburg. La repulsione non ha impedito agli ebrei americani di offrire il loro supporto cieco alla politica di Israele.

La repulsione non ha impedito a me di pagare le tasse al governo di Israele, pur sapendo benissimo che una quota sarebbe andata a sovvenzionare la setta di Ginzburg. La repulsione non impedì al New York Times ed ai suoi affiliati tra i media americani di propagare la sanguinosa calunnia degli "arabi che saccheggiano i luoghi sacri ebrei".

Ginzburg ha diritto alle sue opinioni oscene. Viviamo in un epoca in cui la nostra tolleranza comprende tutto, salvo la preghiera cristiana nelle scuole. Ognuno è padrone di entrare a fare parte di una setta satanica o cabalistica.

Ma è giusto dotare queste persone di elicotteri Apache a spese del contribuente americano?

L'influenza di Ginzburg e della sua setta oltrepassa di molto l'esiguo numero dei membri della setta. Essi costituiscono un pericolo per tutti i non-ebrei e così per i "ribelli ebrei" come per lo scomparso Primo Ministro Rabin. Una ventina di giovani palestinesi hanno dovuto pagare con la loro vita la riaffermazione del loro diritto di venire a pregare alla tomba - che sia stata forse una piccola prova di ciò che l'imminente confronto sui siti di Gerusalemme tiene in serbo?

Adesso, come prima del 1975, gente del posto e turisti, musulmani, samaritani, ebrei, cristiani e laici possono liberamente venire in visita a questo sito, se riescono ad aggirare i cecchini israeliani. Potranno mettere un fiore sulla lastra tombale di uno degli eroi preferiti della Bibbia, un profeta del Qur'an, l'innamorato della poesia di Firdausi e dei versi di Saadi, il cercatore della verità della rivelazione sufi di Giami. Giuseppe è tornato dalla gente che lo aveva sempre venerato. Potete tranquillamente venire a trovarlo, ma per favore, lasciate a casa i vostri carriarmati.

I palestinesi hanno combattuto contro la base militare, non contro il luogo sacro. I luoghi sacri di Gerusalemme, Betlemme e Hebron potrebbero essere sicuri nelle mani dei palestinesi, come lo sono stati per innumerevoli generazioni. Senza la venerazione da parte della gente del posto, nessuno di questi siti sarebbe sopravvissuto. Vi prego di tenerlo ben presente quando (prestissimo) verrà fuori il problema di Gerusalemme.

Le recenti coperture giornalistiche fatte circolare sugli eventi che avevano investito la tomba di Giuseppe sono solo un'ulteriore prova dell' inaffidabilità dei mass media americani come fonte di notizie. La grande nazione, la formidabile superpotenza attinge la sua conoscenza e naviga nell'oceano della politica mondiale usando un telescopio formato Mickey Mouse anzichè gli strumenti ottici dell'elettronica. Se i padroni ebrei dei mass media vi imbrogliano sulla Palestina, come potete mai prenderli per buoni in tutti gli altri campi?

Sarebbe auspicabile che le sofferenze dei palestinesi aiutassero gli europei ed americani a vedere che la nave sulla quale si sono imbarcati sta puntando dritto verso la scogliera.

Israel Shamir
Jaffa, 4 marzo 2001