I difficili rapporti tra il PRC e Il Manifesto

Lettera aperta al Manifesto

L'opinione di una dirigente del PRC

Perché ce l'avete tanto con noi? Perché le nostre posizioni vengono o ignorate o ridicolizzate? Perché non vi accorgete del nostro percorso politico? Badate bene le mie non sono domande lamentose o recriminatorie. Vogliono porre un problema, tutto ed esclusivamente politico. Vogliono iniziare una discussione, che, anche se aspra, può migliorare lo stato dei nostri rapporti di questi mesi e di questi anni.

Le sinistre

La sinistra sta vivendo un periodo complicato, ma ricco e fecondo. In questo periodo la chiarezza e la capacità di ascolto sono un fatto importate fra le sinistre e fra i tre giornali che la sinistra si trova ad avere. Tre appunto o cinque, se ci aggiungiamo la Repubblica e il Riformista, perché evidentemente diversi sono i punti di vista, i sistemi di riferimento e anche le aspirazioni. Ma questo deve impedire il dialogo? Un dialogo vero intendo, quello che esclude i buonismi (inutili), ma anche i cattivismi (dannosi) e include l'attenzione, la curiosità e il rispetto.

Oggi la sostanza del confronto politico e anche del dialogo fra le tre sinistre e fra i loro giornali è, a mio parere, il seguente: questa sinistra ha un futuro ed una prospettiva vincente nell'Ulivo così come è? Oppure il suo futuro è in un restyling del centro sinistra? O, ancora, le sue prospettive sono fuori di esso? Un domanda dalla quale discendono altre due: l'Ulivo è una gabbia o una leva per sinistra? E quindi, in questo quadro, quali sono i pregi e i limiti dell'operazione tentata da Sergio Cofferati, ma anche dai girotondini e dal complesso e variegato schieramento che oggi contesta i gruppi dirigenti dei Ds e del centro sinistra?

La nostra risposta a questa domande sono note. Meno note forse ai lettori del Manifesto vista la reticenza con la quale Rifondazione viene trattata.

Per il PRC non è l'Ulivo il futuro della sinistra

Noi crediamo che il futuro della sinistra sia fuori dell'Ulivo perché questa formula politica l'ha portata ad una dannosa rincorsa del centro moderato e ad un adeguamento al modello liberista. Abbiamo una posizione diversa sulla terza sinistra e dell'operazione tentata da Sergio Cofferati.

Abbiamo apprezzato le grandi lotte organizzate contro l'articolo 18 e la resistenza che la Cgil ha attuato nei confronti della politica del centro destra. Abbiamo pensato però che fosse insufficiente e che, accanto ad una battaglia di resistenza, ne andasse condotta un'altra più forte e radicale per i diritti ed abbiamo promosso il referendum per l'allargamento dell'articolo 18 a tutti e a tutte. Abbiamo guardato con interesse e con entusiasmo una Cgil che dopo anni di ambiguità abbracciava la battaglia per la pace. Abbiamo criticato e critichiamo il fatto di voler mantenere i contenuti sociali interni al neoliberismo temperato dell'Ulivo. Perché - è facile accorgersene - in gran parte dei contenuti sociali ed istituzionali la sinistra riformista non si differenzia dalla sinistra neocentrista di D'Alema. E, infine, siamo fortemente critici nei confronti di un restyling dell'Ulivo che può avvenire a spese dell'unità del movimento dei movimenti. In poche e semplici parole noi pensiamo che l'operazione Cofferati, (ma anche Strada, Moretti, Santoro, Pardi, ecc) comprenda in una prima fase la divisione del movimento no global, la sua partiticizzazione e poi la sua riduzione ad una lobby democratica cavalcando la quale si conquista la leadership del centro sinistra.

Quindi siamo critici, fortemente e seriamente critici. Un atteggiamento che dovrebbe essere nel dna del Manifesto, ma che evidentemente, per le strane leggi della genetica di sinistra, non è più capace di svilupparsi.

Per il Manifesto Riformismo e girotondi sono l'unica sinistra possibile

Voi la pensate diversamente. Con qualche cedimento conformistico, pensate che la sinistra riformista di Cofferati e dei girotondi, sia la migliore delle sinistre possibili. E vi accodate con molto entusiasmo a quel che si muove. Fiat, pensioni, riforme istituzionali, giustizia (non giustizialismo) salari diventano trasparenti. Acquistano spazio e visibilità problemi di cui non neghiamo l'importanza, come ad esempio quello dell'informazione, ma che, slegati dai primi, perdono di radicalità e di incidenza. Acquista spazio l'urlo antiberlusconiamo, sganciato dalla lotta all'orribile politica del centro destra.

Il Manifesto pratica l'oscuramento del PRC

Il vostro è un atteggiamento politico comprensibile e legittimo anche se in qualcuno che ha condiviso con voi un passato di altro spessore, provoca una certa tristezza. Quel che non è comprensibile è invece l'atteggiamento giornalistico che ne consegue. Bertinotti critica Cofferati? Lo fa per narcisismo. Rifondazione riscuote un grande successo a Firenze (successo di cui si accorge anche il francese Le Monde)? Sul Manifesto neppure una riga. Si parla della nazionalizzazione della Fiat? Si evita di ricordare che è una proposta di Rifondazione. Le iniziative parlamentari sono ignorate. Se ci sono degli errori a sinistra li fa sempre tutta la sinistra, anche quando Rifondazione ha tutt'altra posizione. Quando si parla delle nostre vicende non lo si fa in modo critico (ripeto legittimo e stimolante) ma politicista e astioso. Eppure non è difficile fare altrimenti. Guardate l'altro giornale della sinistra, l'Unità. Sa Iddio se le posizioni di Colombo e Padellaro non divergono dalle nostre, ma questo non impedisce a quel giornale attenzione e rispetto nei nostri confronti. Perché non provate a fare così anche voi invece di imitare l'altra Unità, quella che nel 1971 all'uscita del Manifesto scrisse l'ignobile corsivo: "chi li paga"?

Ho capito che per voi è difficile, credo di conoscere anche l'origine di questa difficoltà e sono per nominarla, finalmente. Al Manifesto, da sempre in difficoltà economiche e ingiustamente penalizzato dalle leggi dell'economia e dell'editoria, pare che la presenza di Liberazione abbia contribuito alle sue difficoltà. Le copie che noi vendiamo - questo pensa la redazione del Manifesto - sono ingiustamente sottratte a loro. E' vero? Francamente non ci sentiamo di rispondere di sì o di no. Ci sentiamo però di dire che il problema è mal posto. Se le opinioni a sinistra sono tante e diverse perché non dovrebbero esistere dei giornali che le rappresentano? Rifondazione può essere rappresentata da un giornale che anni fa, durante la crisi del governo Dini, presentava Bertinotti in ginocchio davanti a Berlusconi? o nel 1998 lo attaccava ferocemente ritenendolo responsabile della caduta del governo Prodi? Credo di no, come oggi Liberazione non potrebbe rappresentare quella sinistra che crede nella rinascita di un Ulivo allargato e migliorato. E Repubblica non può rappresentare quei lettori dell'Unità che non condividono gli inni al mercato del quotidiano di Mauro. E così via.

Allora meglio così. Meglio due, tre o quattro giornali. Meglio che ognuno dica la sua. Meglio ancora se lo fa con rispetto e attenzione. Con serenità.

Sapendo che tutti insieme siamo in un difficile, ma stimolante passaggio della sinistra nel quale sarebbe bene liberarsi completamente da quel pesante fardello costituito dai cascami comportamentali del socialismo reale. Quelli che oggi rendono (ironia della sorte) il comportamento del Manifesto nei confronti di Rifondazione simile a quello di Armando Cossutta.

Credetemi, cambiare è possibile.

Ritanna Armeni
Roma, 11 gennaio 2003
da "Liberazione"