Una riflessione generale sull'esperienza di questi mesi e sulle prospettive del PRC

Le ragioni di un dissenso

Argomento qui, come credo corretto verso il partito, il significato del dissenso espresso nell'ultima Direzione nazionale del Prc. Convinto che la comune soddisfazione per l'ammissione del referendum e il comune impegno di lotta che ci attende debba combinarsi più che mai con una riflessione generale sull'esperienza di questi mesi e sulla nostra prospettiva.

  1. Il nostro partito ha sottovalutato a lungo, sul piano dell'analisi, l'ascesa del cofferatismo. La tesi dell'inesistenza in Italia di "uno spazio politico socialdemocratico" si è rivelata errata. Ha confuso la crisi sociale del riformismo con l'assenza di uno spazio politico riformista. Invece proprio l'evoluzione liberale della maggioranza dirigente dei Ds, protesa a contendere al vecchio centro dell'Ulivo la rappresentanza della grande impresa, ha liberato a sinistra uno spazio enorme che Cofferati si candida a occupare. Cofferati non punta a un partito socialdemocratico (con buona pace di Patta e Salvi) ma svolge una funzione classicamente socialdemocratica. Da un lato, a partire dal controllo della Cgil, ha moltiplicato enormemente le sue relazioni di movimento. Dall'altro spende la dote raccolta in una prospettiva politica di incontro col centro liberale ed in particolare con la nomenclatura politica di Prodi, aggirando dall'esterno la maggioranza liberale del suo partito. La contraddizione interna ai Ds ha dunque indirettamente una base di classe e, quindi, una radice profonda.
  2. Questa prospettiva politica del cofferatismo -e non solo la vocazione concertativa della Cgil- ha richiesto per sua natura un lavoro organico di dispersione delle potenzialità dell'opposizione sociale. Mentre nel Prc prevaleva un affidamento alla spontaneità dei movimenti, il cofferatismo lavorava a contenerli dentro le compatibilità della sua prospettiva. Il rifiuto di una piattaforma generale di lotta, la logica perdente degli "scioperi generali" centellinati ogni sei mesi, il rifiuto pregiudiziale di ogni prova di forza per la cacciata di Berlusconi, ne sono l'espressione. Questa politica ha condotto l'opposizione sociale ad un'impasse crescente. E le potenzialità non raccolte rischiano ora di implodere. La seria minaccia di una sconfitta alla FIAT rischia di ripercuotersi sui rapporti di forza nel Paese. La ripresa dell'offensiva sociale, politica, istituzionale di un Berlusconi scampato alla stretta pone nuove difficoltà. In particolare tende ad ampliarsi il divario tra l'opposizione politica a Berlusconi del popolo della sinistra -sempre vivace- e il livello più ampio dell'opposizione sociale, che rischia, priva di sbocchi, il ristagno. E proprio il cofferatismo -principale responsabile di questa situazione- ne è paradossalmente oggi il principale beneficiario politico.
  3. La linea del nostro partito ha contrastato questa dinamica generale? Credo purtroppo di no. E' anzi mia convinzione che la nostra politica sia stata, suo malgrado, uno dei fattori che ha agevolato l'ascesa di Cofferati. A partire da un aspetto decisivo dell'impostazione congressuale: la rinuncia a una battaglia di egemonia nei movimenti di massa. In realtà non abbiamo avuto un solo terreno visibile di proposta alternativa al cofferatismo in nessuno dei movimenti di massa. Nel movimento operaio ci siamo adattati, con qulche isolato distinguo, alla gestione Cgil dello scontro sociale. Nel movimento contro la guerra un'impostazione esclusivamente "pacifista" ci rende indistinguibili, nella percezione di massa, dalla posizione attuale di Cofferati. Nel rapporto col popolo girotondino e la sua domanda antiberlusconiana abbiamo scontato gli effetti della mancata rivendicazione della cacciata di Berlusconi, a tutto vantaggio di Cofferati. Nello stesso movimento noglobal, dove importante è il nostro insediamento, abbiamo sostenuto con entusiasmo acritico tutte quelle posizioni programmatiche neoriformiste che oggi Cofferati (e la sua area nel movimento) cavalca e impugna per subordinare il movimento al centrosinistra (v. "il bilancio partecipativo"). La mancata battaglia per un'egemonia alternativa ha dunque danneggiato sia i movimenti che il partito.
  4. Credo allora s'imponga una svolta di linea.
    L'errore più grande che potremmo compiere è da un lato confermare la linea seguita e dall'altro accusare Cofferati di voler "dividere il movimento". L'impostazione va esattamente capovolta: non si tratta di rimproverare a Cofferati la sua battaglia per l'egemonia socialdemocratica ma di fare la nostra battaglia per l'egemonia anticapitalistica, dentro i movimenti, in alternativa a Cofferati. Solo così la nostra demarcazione dal cofferatismo cessa di apparire l'autodifesa tardiva di un proprio spazio di partito (in questo senso "settaria") ma può dotarsi di una ragione sociale e politica riconoscibile.
  5. Il referendum per l'estensione dell'art. 18, tanto più in questo quadro, ha una grande importanza politica. Può essere infatti la preziosa occasione d'avvio di una nostra svolta. Siamo tutti impegnati, come è ovvio, alla vittoria del referendum. Ma è bene evitare di confinarlo in un ambito tutto istituzionale. Tre sono, a me pare, le necessità che si impongono.
    • In primo luogo dobbiamo collegare la battaglia referendaria per l'estensione dei diritti a una proposta generale di piattaforma di lotta che investa il tema dell'abolizione delle leggi di flessibilità ("pacchetto Treu"), il tema centrale del salario, il tema della nazionalizzazione, sotto controllo operaio, di tutte le industrie in crisi, a partire dalla FIAT: fuori da una generalizzazione e radicalizzazione della lotta non c'è prospettiva per il movimento di massa.
    • In secondo luogo dobbiamo ricondurre la campagna referendaria a un confronto di linea con l'apparato Cgil e con Cofferati: dobbiamo sfidarli all'unità sul SI', ma anche denunciare apertamente le loro ambiguità o i loro rifiuti richiamando l'esigenza di un'altra linea generale. In particolare l'attuale pronunciamento di Cofferati sul referendum deve essere oggetto di una nostra denuncia pubblica e sistematica, superando definitivamente la soggezione diplomatica di un anno.
    • In terzo luogo dobbiamo andare alla radice, tutta politica, dell'ambiguità di Cofferati sul referendum: la sua volontà di coalizione con il centro borghese dell'Ulivo cioè con la rappresentanza del grande capitale in Italia. La rivendicazione della rottura col centro liberale deve entrare con forza nella campagna referendaria. Cofferati deve essere incalzato, agli occhi della sua base di massa, nella sua contraddizione di fondo: "o stai col centro liberale che oggi, tra gli applausi di Berlusconi, si scaglia contro l'estensione dei diritti, o stai col Prc in una più ampia unità di lotta delle forze del movimento operaio e dei movimenti di massa, per estendere i diritti, cacciare Berlusconi, costruire insieme un'alternativa anticapitalistica in Italia".
  6. Questa linea di massa e di rottura col centro come alternativa al cofferatismo richiama a sua volta una chiarificazione di fondo sia sulla nostra linea sia sulla nostra prospettiva politica. Sulla nostra linea: non possiamo nelle prossime elezioni amministrative e sul terreno del governo locale continuare a praticare alleanze con quelle forze borghesi di centro (Margherita, Udeur, maggioranza Ds) oggi schierate coerentemente con Confindustria (e con Berlusconi) contro i diritti dei lavoratori. Sulla prospettiva: la proposta di una sinistra di alternativa che fa blocco con la sinistra riformista (Cofferati) per poi negoziare insieme col centro liberale mi pare profondamente negativa. Prospetta, infatti, al posto dell'Ulivo, un centrosinistra rifondato. Esclude per l'oggi una battaglia di massa per l'egemonia e ci espone per il domani a un nuovo coinvolgimento subalterno. La rottura col centro deve invece valere innanzitutto per noi. Per l'oggi e per il futuro. E non semplicemente nel nostro interesse di partito. Ma nell'interesse di quella nuova stagione di domande e di lotte che richiede un'alternativa vera. Un altro mondo è possibile: ma certo non passerà attraverso un eventuale "ticket" rifondato Prodi-Cofferati-Bertinotti.
Marco Ferrando
Roma, 22 gennaio 2003
da "Liberazione"