Dal quotidiano “Europa” l'intervista a Rossana Rossanda sulle Brigare Rosse

Quell'album di famiglia chiuso per sempre

“L'album di famiglia del movimento no global semplicemente non esiste”

Fu lei a coniare la formula, nel pieno del rapimento Moro: i brigatisti, scrisse, non sono alieni ma escono dall’album di famiglia della sinistra italiana. Fu scandalo. Oggi il concetto viene ripreso a proposito degli arrestati per D’Antona e Biagi, chiamando in causa centri sociali e no global. Ma la fondatrice del “manifesto” non ci sta: «Nessuna continuità, né coi movimenti né con la storia delle Br». Per Rossana Rossanda, il terrorismo degli anni Duemila è più prossimo al confine col gesto esistenziale individuale. C’è uno zoccolo oppositivo nel paese che non vede sbocchi, e qui può nascere la disperazione. Ma non c’è progetto politico, non esiste referente sociale o di movimento. Del resto l’Italia sembra indifferente e solo il sistema politico si accorge degli attentati e li “usa”.

Rossana Rossanda «è stufa» delle Brigate rosse. beh, certo, non solo lei, e qualcuno sicuramente è anche più stufo di lei. Però la fondatrice del manifesto ha anche dei motivi suoi per reagire con fastidio alle polemiche che si sono riaperte intorno agli arresti di questi giorni: contigui, interni al movimento, reclutati nei centri sociali, uomini e donne "di sinistra". Dunque, stanno nel famoso "album di famiglia" e la sinistra dovrebbe una volta di più fare ammenda, dice la destra e non soltanto la destra… Siccome quella formula l'ha tirata fuori lei, ormai un quarto di secolo fa, non è tanto contenta di vederla piegata a questi usi. Tanto più - questa è la cosa importante é che la sua impressione è che la storia di questi anni sia tutt'altra…

Come è nata la vicenda dell'album di famiglia?

La puoi definire una "ribellione filologica". E sarà il caso di precisarla: accadde che nel pieno del sequestro Moro, commentando uno dei documenti delle Br, qualcuno - mi pare su Repubblica - scrisse che quelle parole scendevano dirette dal '68. Ma quando mai? Allora scrissi quell'articolo sul manifesto. Per ricordare che mai il '68 aveva parlato in quei termini della Dc come agente politico della borghesia e dell'imperialismo delle multinazionali. Anzi, il '68 della Dc non parlava proprio: guardava al mondo, contestava la chiusura culturale italiana… Quei termini, scrissi, venivano diretti dalle parole d'ordine del Pci del dopoguerra. E' il nostro album di famiglia, dicevo io che di quella famiglia facevo parte. Apriti cielo…

Che successe?

Che se ne ricavò l'assioma: allora i brigatisti vengono dal Pci. E, guarda, non ho le prove ma sono abbastanza convinta: la linea della fermezza di Berlinguer nasceva anche dalla paura che quando li avessero presi, qualcuno di questi brigatisti si sarebbe rivelato davvero uno del Pci, che so io, segretario di sezione di chissà dove. Ed era un timore assurdo, perché io conoscevo bene quel partito e sapevo che qualsiasi velleità insurrezionale era stata sepolta da Togliatti praticamente subito. Mai presa in considerazione alcuna ipotesi rivoluzionaria nel Pci del dopoguerra…

Ma poi, alla verifica dei fatti, davvero quei brigatisti stavano nell'album di famiglia?

Per filiazione diretta giusto quelli di Reggio Emilia, del cosiddetto "gruppo dell'appartamento". Gallinari, Franceschini, un altro paio, non di più, nipoti di partigiani… Gli altri in definitiva non c'entravano niente, pensa soltanto alle Br romane. Ne parlai a lungo con Moretti…

…hai scritto con Carla Mosca un libro-intervista con lui, "Una storia italiana"…

Sì, l'avevo avvicinato in un'aula di tribunale. «Non sapete nulla di noi», mi disse. «Ti credo, scrivete cose così assurde…», risposi. Volevo sapere, volevo capire, allora frequentare le carceri era più facile di adesso e potemmo scrivere quel libro. Comunque, alla fine la loro non era una provenienza ma una aspirazione: si erano messi in testa che la base del Pci, vedendo Moro nella "prigione del popolo", si sarebbe ribellata alla linea del partito del compromesso storico. Non avevano capito che invece proprio Moro era l'unico vero aggancio che il Pci avesse con la Dc. Lo si comprende bene adesso, per esempio con la pubblicazione degli appunti di Tonino Tatò. A parte Moro, e forse Zaccagnini, non c'era nessuno nella Dc che volesse davvero quell'avvicinamento. E pure Moro… Alla fine, in che cosa di concreto si era tradotta la sua apertura? Che cosa diede davvero al Pci, come potere reale, nelle banche o negli altri luoghi nevralgici? La sua era l'intuizione di un percorso necessario, da cui discendevano ragionamenti spesso un po' tortuosi. Ma in definitiva, a parte la nascita di gruppi dirigenti locali, democristiani e comunisti, più propensi al dialogo reciproco, tutta quella storia del consociativismo secondo me non produsse proprio niente di concreto. Il Pci non entrò mai davvero nella stanza dei bottoni, né dalla porta principale come chiedeva Amendola, né da quella di servizio.

Questo chiarisce l'errore di analisi di "quelle" Br E quelle successive?

Per me, le Br sostanzialmente finiscono quando cade il gruppo del rapimento Moro. Chiaro, ne erano rimasti fuori tanti, e quello che è successo dopo - Dozier, Conti, Tarantelli, Ruffilli, L'Ucc, il Pcc della Balzerani, il partito guerriglia di Senzani - è la lunga e sanguinosa coda di una storia chiusa, gente che non accettava di deporre le armi come era anche prevedibile che accadesse per una vicenda che era stata davvero un progetto politico che aveva coinvolto tanta gente. Pensa che a cavallo del 1980 erano più degli altri: con un totale errore di analisi e con un profondo errore morale (anche se io non sono di quelli che pensano che la violenza stia soltanto nel terrorismo), ma comunque all'interno di una esperienza politica. Come spezzone politico di una storia razionalizzabile. Non come questi qui di adesso…

Ecco, ci siamo. Neghi alle Br del duemila un progetto e una "appartenenza"?

Ma quali, ma dove? Sì, si chiamano Pcc, e scrivono documenti dai quali si evince anche una certa preparazione culturale. Tolto questo, a me sembrano quattro gatti assolutamente non in grado di tenere in piedi il minimo progetto.

In grado di ammazzare, però.

Senti: se è per ammazzare persone indifese come D'Antona e Biagi, è più facile che organizzare uno sciopero in una piccola fabbrica. E sono passati tre anni dalla morte del primo e quella del secondo… quando in Italia c'era davvero il terrorismo di morti e feriti ce n'era uno a settimana. No, se parliamo sotto il profilo organizzativo questi qui non esistono. Le Br in treno si saranno fatte controllare i documenti centinaia di volte, senza che fosse pensabile quello che hanno fatto la Lioce e Gallesi. E tenere i files nel computer portatile, usare i telefonini quando anche i ragazzini sanno che lasciano tracce dappertutto… Quanto agli obiettivi: se neanche le Br avevano capito che il cuore dello stato non era Aldo Moro, chi credono di terrorizzare questi qui? Pensano che se uccidono Biagi qualche intellettuale margheritino si tira da parte? Ma dove vivono?

Il tema di adesso sono i loro contatti con il movimento no global, il loro provenire da quel mondo…

Ma che c'entrano coi no global? Quel movimento è di grande interesse in un mondo schiacciato sul consumismo ma, francamente… non sono neanche anticapitalisti. Vanno contro le porcherie che si fanno nel Terzo mondo, contro la distribuzione ingiusta delle risorse, i loro leader sono Alex Zanotelli e Naomi Klein… Superano le strisce rosse per terra per prendersi uno sfizio simbolico. Oppure ci stanno quelli lì, i black block di Genova che rompono i bancomat: cose pesanti, non lo nego affatto, ma il terrorismo è un'altra cosa. Guarda, diciamolo chiaro: l'album di famiglia del movimento no global semplicemente non esiste.

Gli arrestati di questi giorni frequentavano i centri sociali, alcuni - la destra polemizza molto su questo - erano iscritti ai sindacati di base o alla Cgil.

E che ci vuole? dove vuoi andare la sera, se la pensi in un certo modo, se non in un centro sociale? La dimostrazione di quanto poco c'entri la politica sta nel fatto che questi qui, senza essere clandestini, avevano col mondo nel quale vivevano molti meno rapporti di quanti ne avessero le Br clandestine ai loro tempi. Quelli volantinavano, reclutavano, ricordi che a Giuliano Ferrara venne in mente di fare quel questionario a Torino? Di questi qui, nessuno stupore che nessuno che lavorasse o vivesse con loro immaginasse nulla della loro attività… Sempre ammesso - fammelo dire - che questa attività ci sia stata davvero. Mi dispiace, ma io aspetto qualche prova in più di quello che è uscito, e neanche mi basta che uno si proclami prigioniero politico per accollargli un omicidio.

Ma insomma: niente progetto politico, niente brodo di coltura, nessuna capacità organizzativa… Come li vedi, come criminali e basta?

No, io il termine criminale non lo uso se non vedo nelle azioni una motivazione bassa, di interesse personale. E neanche vedo gente che spara nei parchi come a New York o fa vandalismo metropolitano. Faccio un'altra ipotesi, da verificare però. So che in questo paese esiste uno "zoccolo oppositivo", chiamiamolo così, che mugugna molto. Se non ti senti dentro la corrente liberista che in definitiva tiene bloccato il sistema italiano, se ti senti battuto, isolato, senza nessuna politica che parli a te, io posso aspettarmi il gesto esplosivo, disperato. E' come nella Pastorale americana di Philip Roth. Ma siamo alle soglie dell'atto esistenziale, individuale, qui la politica non c'entra quasi più…

Però hanno spaventato un paese, sono diventati un fatto politico in qualche modo…

Ti pare? A me pare proprio il contrario. Questo è un paese indifferente, una spugna che assorbe tutto. Nessuna vera emozione per Biagi, nessuna vera emozione se nuotando a Lampedusa ti sfiora il cadavere di un immigrato. Solo la scena politica reagisce, ma per regolare i suoi conti, come hanno cercato di fare dopo Biagi contro la Cgil, contro Cofferati, contro il sindacato. Per il resto, è solo indifferenza.

Stefano Menichini
Roma, 31 ottobre 2003
da "Europa" (quotidiano)