Finanziaria 2007

«Il nostro voto una leva per il cambiamento, per l’inizio di una nuova fase»

La dichiarazione di fiducia di Gennaro Migliore, capogruppo del Prc-Se alla Camera

Signor Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, vorrei, non formalmente, partire da alcuni ringraziamenti che ritengo indispensabili, innanzitutto alle compagne, ai compagni, ai colleghi del mio gruppo, che hanno consentito di esaminare, dal nostro punto di vista, con la lettura specifica del partito della Rifondazione comunista-Sinistra europea, un documento complesso, quale quello che è stato qui presentato. Vorrei dire, altresì, che i contributi che sono venuti dal nostro gruppo non hanno mai avuto il carattere della rivendicazione spicciola, della protezione di un interesse, ma si sono sempre configurati, nel quadro di una relazione complessiva, con l’impegno di mantenere unita questa maggioranza, come proposte che tendevano a mettere l’accento sul tratto di equità di questa manovra. Ringrazio, pertanto, anche il relatore, i presidenti di gruppo di maggioranza, i sottosegretari ed il ministro per i rapporti con il Parlamento che, nel corso di questa vicenda, hanno conseguito una chiara funzione di rafforzamento di quell’unità della maggioranza che, in quest’aula, si era già misurata sul decreto fiscale.

Siamo una maggioranza plurale, che discute, e siamo convinti che sia importante mantenere aperta la dialettica che esiste, che non è, come dice il presidente Volonté, un “suk”... ma è la rappresentazione di un’articolazione di questa maggioranza che si ispira e viene proposta da differenti culture politiche.

E’ per questo che - per parlarci con chiarezza - vi dirò subito quali sono i punti su cui non abbiamo conseguito un accordo, nonostante avessimo sottolineato l’importanza degli argomenti. Non siamo stati d’accordo (e crediamo che vi sbagliate) sull’introduzione dei ticket, perché pensiamo che si debba privilegiare l’aspetto della riorganizzazione territoriale della sanità, così come non siamo stati d’accordo - ma su questo interverremo con uno specifico ordine del giorno - a non ridurre le spese di investimento per nuovi armamenti. Per noi, questa è una battaglia fondamentale. Vogliamo discutere su quali e quanti investimenti sia necessario il nostro impegno come paese. Non siamo stati d’accordo - lo dico anche al ministro Chiti - sulla proposta che è stata avanzata relativamente alla regione Lombardia, non tanto sulla costruzione di quella infrastruttura, che, peraltro, già ieri è stata contestata al ministro competente, quanto sulla possibilità di devolvere poteri ad una regione nel momento in cui si sta costruendo una difficile partita, come quella del federalismo. In una dimensione così imponente della legge finanziaria (40 miliardi di euro), ne abbiamo mantenuto i muri maestri. Lo voglio dire al ministro Tommaso Padoa Schioppa, rispetto al quale abbiamo certamente espresso un’opinione diversa quando si è configurata la vastità di questa manovra, ma abbiamo perseguito coerentemente il mantenimento di quell’impegno.

La fiducia è certamente stata determinata dall’atteggiamento dell’opposizione, e ciò è chiaro ed è sotto gli occhi di tutti. Per questo, non spenderò molte parole su tale aspetto, anche perché siete passati dalle «spallate padane» alla rincorsa di qualche voto al Senato. Mi dispiace: questa maggioranza, in quest’aula, ha rappresentato un punto forte e saldo, così come quella al Senato, e questi sotterfugi e queste ricerche non porteranno certo ad un nostro indebolimento. Ribadire la fiducia a questo esecutivo è un’occasione importante, e credo che qui si debba dire con chiarezza che, per noi, la centralità del Parlamento è fondamentale. Nella centralità del Parlamento, uno dei muri maestri dell’intera coalizione è costituito dall’intensa condivisione da parte di tutto il Governo, a partire dall’impegno, qui assunto solennemente da tanti esponenti della maggioranza, di ridefinire lo strumento della legge finanziaria. Come hanno ribadito il Presidente Bertinotti e il Presidente Napolitano, non possiamo avere una finanziaria ipertrofica, che riassuma al suo interno centinaia di provvedimenti che, invece, dovrebbero essere liberamente discussi, uno ad uno, all’interno del dibattito parlamentare.

Per questo motivo, e non solo per ragioni di merito, non siamo stati d’accordo nell’introdurre all’interno della finanziaria la riforma del sistema delle pensioni, perché pensiamo che prima si debbano aumentare le pensioni minime e si debba realizzare rapidamente la cancellazione dello scalone, e, poi, si debba andare nella direzione di costruire una riforma che parta dalle esigenze dei più deboli. Dobbiamo rispondere a questa vera e propria crisi della politica attraverso una forma - voglio ringraziare, a questo proposito, il Presidente della Camera, che ha garantito l’autonomia e l’indipendenza del Parlamento - che privilegi ed evidenzi la forza della discussione parlamentare. La maggioranza ha dato una prova in questo senso e siamo convinti, così come emerge anche dalle dichiarazioni sui giornali, che tutti gli accordi sottoscritti da questa maggioranza in questo ramo del Parlamento verranno riproposti, scritti e condivisi all’interno della legge finanziaria durante l’esame al Senato. Dobbiamo essere chiari su tale aspetto. Penso che ci debba essere un rispetto molto forte tra di noi, anche perché, in questa crisi della politica, leggiamo un’opportunità, data dall’aver scoperchiato il vaso di Pandora tenuto chiuso dal lungo quinquennio oscuro del Governo Berlusconi, che comprimeva la domanda sociale. Quindi, vorrei far notare ai colleghi del Governo che dobbiamo essere soprattutto noi a tenere aperte le orecchie della società italiana e che dobbiamo saper distinguere le richieste che difendono privilegi e che hanno un senso reazionario e regressivo da quelle che, invece, indicano la prospettiva della riforma. Tra queste, noi consideriamo certamente quelle della scuola e dell’università, ed è stato importantissimo aver aggiunto risorse in quel settore. Per questo riteniamo che, tra gli impegni qui assunti, si debba sanare ciò che ha impedito di rimuovere il blocco al 2010 per i precari della scuola.

Pensiamo che nei precari, nella manifestazione del 4 novembre, dove siamo andati per affermare che queste domande andavano ascoltate, c’è la possibilità e l’investimento di una futura riforma complessiva del nostro paese, perché da lì dobbiamo ripartire. Il Governo, nei cinque anni precedenti, infatti, ha segnato una definizione delle classi sociali attraverso la chiusura e l’impermeabilità. E’ di questo che ci parla l’investimento sulla formazione: della promozione e della possibilità di migliorare la propria condizione. » di questo che ci parla la precarietà. E’ di questo che ci parla la stabilizzazione di tanti precari nel pubblico impiego. Dobbiamo dire «no» alla politica di destra, che ha chiuso lo spazio della società, e «sì», invece, ad una politica che sappia interrogarsi, proprio per sconfiggere questa crisi della politica. Altro che questioni di difficoltà di rapporto o di comunicazione del Governo con il paese! Noi dobbiamo essere determinati su quello che è, per noi, il punto di partenza sul quale costruire le basi dell’allargamento del consenso ed un programma condiviso, che rappresenti, in maniera plastica, le altre culture politiche che, all’interno di questo paese, hanno deciso di sconfiggere quelle che si annidavano dentro la coalizione di Berlusconi.

Allora, senza rivendicare tante cose, ma ribadendo che alcuni impegni sono stati mantenuti, noi diciamo che il disegno di legge finanziaria in esame può essere una leva per il cambiamento, una leva per l’apertura di una nuova fase per il nostro paese: non quella breve dei sei mesi (la «seconda fase» di questo Governo, di cui qualcuno ha parlato), ma la fase delle riforme vere, quelle che non costituiscono una minaccia per la povera gente, quelle che possono indicare un sistema più equo all’interno della nostra società. Dobbiamo essere così: convinti che questa possibilità si possa inverare, da quando attuiamo la riforma delle aliquote Irpef a quando realizziamo una misura per contenere i danni del lavoro nero e per dare più diritti alle madri precarie ed a quanti si trovano a vivere simili condizioni lavorative. Abbiamo un paese che è partito con lo svantaggio del Governo Berlusconi, ma non possiamo consegnare ad esso l’ipoteca del risanamento senza l’equità. Contro la politica dei due tempi noi ci batteremo sempre, perché questo è il senso della nostra presenza all’interno della coalizione: penso che questa sia la missione che ci hanno affidato gli elettori alle scorse elezioni.

Gennaro Migliore
Roma, 18 novembre 2006
da "Liberazione"