Cogliere l'occasione delle novità politiche

Bertinotti - "Azzeriamo l'Ulivo, rifacciamo l'opposizione"

«C'è una contraddizione nella linea politica di Cofferati», dice Bertinotti. «Cofferati indica uno schema di discussione politica che mi sembra molto corretto: prima discutiamo sul programma, poi discuteremo le regole, gli schieramenti, la scelta del leader eccetera. Benissimo, sono d' accordo. Però Cofferati propone di avviare questa discussione dentro i confini del centrosinistra, e successivamente di confrontarsi con Rifondazione. Ecco, qui non funziona più.
Perché? Vediamo qualche tema di programma: la guerra? Sulla guerra Cofferati è più vicino ai movimenti e alla sinistra di alternativa che ai riformisti del suo paritito; e così sul giudizio che dà del neo-liberismo, e così sulla Fiat, e così sull'articolo 18, e sulla chiusura dei centri di reclusione degli immigrati, eccetera eccetera. Io ricordo di avere sfilato un mese fa a Firenze con Cofferati, e con Rosy Bindi, e con Giovanni Berlinguer, e con Gino Strada. Su quali posizioni? Contro la guerra, contro tutte le guerre, a favore del pacifismo, contro il liberismo.
Diciamo su posizioni che non sono le stesse di Fassino e D'Alema e Rutelli. Non è così? L'Ulivo diffida di Rifondazione per le sue posizioni di politica estera: ma le nostre posizioni di politica estera sono molto simili a quelle della sinistra Ds, dei verdi, di parte della Margherita e di vari altri. E allora che logica c'è, mi chiedo, nell'avviare prima una discussione tra coloro che non sono d'accordo, cercare un punto di mediazione, e poi su quella base chiedere le convergenze di quelli con i quali si era d'accordo dall'inizio? E' illogico, viola le regole del buonsenso. Noi oggi ci troviamo di fronte a un paradosso: ci sono, nella sinistra, delle forze divergenti che convergono, e delle forze convergenti che divergono. Questo è un disastro per l'opposizione, lo capisce chiunque. Perché la indebolisce, la paralizza, la espone, le leva grinta e capacità politica reale. Non si può proseguire con una politica schizofrenica che costruisce gli schieramenti non "sui" ma addirittura "contro" i programmi...

E allora cosa bisogna fare?

Sospendiamo il recinto del centro-sinistra. Uso questa parola "moderata": sospendiamo. Non dico di cancellarlo, di spiantarlo. Mettiamo però in frigorifero per un po', questa formula del centrosinistra, o dell'Ulivo: avviamo una discussione seria sui programmi, sulle idee, e svolgiamo questa discussione senza etichette, senza casacche di partito o di gruppo. Tutta l' opposizione deve essere coinvolta: partiti, sindacati, correnti, movimenti, associazioni. Ciascuno porti le sue idee, i suoi punti di vista, e verifichiamo le cose sulle quali siamo d'accordo e quelle sulle quali siamo in disaccordo. Io credo che su questa base si può accertare l'esistenza di un forte nucleo di sinistra alternativa. Ci sarà anche una parte di sinistra che non si riconoscerà su queste posizioni. Allora potremmo definire degli schieramenti su basi ragionevoli, vere: in modo che idee politiche e collocazioni coincidano. E sarà anche più semplice fare alleanze, cercare compromessi, punti di convergenza...

Primarie o no, scelta del leader, regole di comportamento: tutto questo viene dopo?

Certo, viene dopo. Non ha senso discutere di queste cose finché non abbiamo capito quali sono le posizioni politiche in campo

Lei cosa pensa delle primarie che hanno proposto sia Cofferati sia D'Alema?

Si vedrà. Anche questo viene dopo. Si vedrà se sono meglio le primarie o sono meglio altre soluzioni. Io, per esempio, sarei favorevole al ritorno al proporzionale.

Bertinotti, lei sta proponendo la formazione di nuovi partiti? Cioè sta chiedendo alla sinistra Ds di fare una scissione?

No, per carità. Dobbiamo smetterla di pensare alla politica come se stessimo ancora nel '900. Il secolo è finito, è cambiato tutto. Scissioni e ricomposizioni di vecchi e nuovi partiti non hanno più senso. Io penso a un processo molto diverso, che non parta dalle esigenze dei partiti, o addirittura dei loro gruppi dirigenti, ma delle clamorose novità politiche che hanno terremotato la politica in occidente, e in Italia in nmodo particolare.

Quali sono queste novità politiche?

La novità politica fondamentale è stato il nascere e il crescere del movimento dei movimenti. Di questo se ne sono accorti tutti. Il movimento ha cambiato il modo di pensare della gente, e ha cambiato anche gli atteggiamenti dei vertici dei partiti della sinistra. Persino i dirigenti più legati al riformismo hanno preso atto della novità e hanno dichiarato la strategia dell'attenzione. Negli ultimi due anni, in seguito a questa novità, c'è stata una straordinaria modificazione nella costituzione materiale e nella cultura della sinistra italiana (e non solo italiana). Abbiamo assistito a un formidabile spostamento della società civile, alla nascita di nuovi soggetti, di nuove forme politiche, di nuovi valori, di nuove egemonie. Tutto questo però non ha trovato una corrispondenza formale nella società politica. Che è rimasta inmmobile. La sinistra italiana ha sempre avuto questo difetto: è sprecona. Si dimentica di raccogliere quello che è stato seminato, non sfrutta le occasioni. Fu così anche nella grande stagione del '68. La sinistra politica restò ferma, non cambiò in relazione ai cambiamenti che avvenivano nella società. Quella volta però ci fu una trasformazione molto forte nel sindacato. Nacque il sindacato dei consigli, e questo permise al vento del '68, nonostante una certa immobilità dei partiti, di continuare a soffiare fino a oltre la metà degli anni 70. Successe solo in Italia: in Francia, in Germania, in Gran Bretagna il '68 durò molto meno. Il problema che io pongo, oggi, è quello di imprimere una scossa alla politica, per impedire che sia gettata al vento questa nuova grande occasione che ci viene dalla scesa in campo del movimento dei movimenti.

Come si fa per cogliere l'occasione?

A Firenze è successo qualcosa di assolutamente nuovo: un movimento di massa, molto vasto, ha dimostrato, per la prima volta, che radicalità e unità non sono cencetti nemici, possono stare insieme. Radicalità e unità, nella storia della sinistra, si sono sempre poste come ipotesi alternative. C'era una certa sinistra che puntava tutto sull'unità, rinunciando a parte della sua identità e delle sue istanze; e un'altro pezzo della sinistra che per difendere istanze e identità rinunciava alle alleanze, a unirsi, ad allargarsi, a stare insieme con i diversi da se. Questa è la storia del movimento operaio. A Firenze si è rotto lo schema: il movimento chiede radicalità e unità insieme. E' questa è la domanda che i movimenti pongono alla sinistra. E vorrebbero porla a una sinistra meno povero di quella attuale.

Come deve rispondere la sinistra? Cosa deve fare per tenere insieme radicalità e unità?

Deve organizzarsi in un progetto politico. E' tutta qui la spinta che ci viene dai movimenti. Quando io dico "nuovi processi" intendo questo: la ricerca di un progetto politico che dia risposte ai movimenti e che metta insieme le forze che si riconoscono nella grandi discriminanti che i movimenti hanno posto: e cioè il no alla guerra e il no al liberismo. I tempi sono maturi per creare un nocciolo politico forte che inizi a lavorare e che getti le basi per la costruzione di un nuovo soggetto politico.

Quali sono queste forze? Provo a elencarle io: sinistra Ds, verdi, comunisti italiani, un pezzo di Margherita....

Sì, certo, sono queste: ma anche pezzi di sindacati, associazioni, forze della società civile. Io non sto pensando a un partito, sto pensando a una rete della sinistra, e a un nodo di questa rete che sia il nodo politico della sinistra di alternativa. E che si ponga il problema di trasformare in energia politica la grande forza e la richiesta di novità che il movimento pone.

Piero Sansonetti
Roma, 16 dicembre 2002
da "L'Unità"