La proposta di Cofferati

Il "nuovo Ulivo"

L'intervista di Sergio Cofferati al Corriere della Sera è di quelle che lasciano il segno. Per la prima volta il segretario della Cgil, da mesi guida di un'opposizione sociale che ha tutte le caratteristiche della resistenza e della radicalità, mette sul piatto della discussione il precipitato politico di quella opposizione, ne delinea i protagonisti e, anche, alcuni contenuti. La proposta di Cofferati è semplice, anzi, semplicissima: né più né meno che l'Ulivo, così come si è configurato a livello mondiale nella seconda metà degli anni Novanta. L'Ulivo di Bill Clinton e di Romano Prodi: un'aggregazione autonoma, liberaldemocratica di cui formalmente hanno fatto parte il centro e la sinistra e in cui quest'ultima (stando a quanto è avvenuto concretamente in questi anni) è tollerata e, nei contenuti, gradualmente marginalizzata. Poco o niente ha a che fare con quel partito socialdemocratico o laburista che pareva la naturale conseguenza della radicalità di contenuti e della resistenza sociale che il segretario della Cgil ha sostenuto con coerenza in questi mesi.

Un Ulivo che si contrappone (e quindi non cerca convergenze e tantomeno "inciucia") al Polo di centrodestra, cerca di comprendere, almeno formalmente, tutte le forze di opposizione (dai girotondini ai no-global) e vuole competere con la Casa delle libertà in un sistema elettorale maggioritario. Tutto chiaro? Sì, tutto chiaro. Le parole del segretario della Cgil hanno indubbiamente il pregio della chiarezza anche nella parte che riguarda Rifondazione comunista, coerentemente esclusa da un progetto liberaldemocratico i cui contenuti partono, come dice lo stesso Cofferati, dal "Libro bianco" di Jacques Délors. Quel che ancora rimane in ombra e vale la pena di chiarire sono le conseguenze, soprattutto nella sinistra, del manifesto politico del leader della Cgil.

Il ruolo ininfluente dei DS

La prima cosa evidente è il ruolo marginale, quasi ininfluente, nel quale Cofferati relega i Ds. Un partito chiamato, ovviamente, a fondare il nuovo Ulivo, ma che non pare necessitare di un'identità propria. L'Ulivo di Sergio Cofferati appare in questo senso più "americano", più somigliante al partito democratico, di quello che ha guidato l'Italia nel quinquennio 1996-2001. E non solo nell'indicazione della necessità di un leader unico. Cofferati pare non aver bisogno della mediazione dei Ds nel rapporto con la coalizione; le istanze sociali, il sindacato possono fare riferimento direttamente all'Ulivo. Si può dire che, dopo qualche settimana, la frittata dei rapporti tra Cgil e Ds è stata completamente rovesciata. Ai Ds che contrapponevano al rapporto privilegiato con la Cgil quello con tutto il sindacato, Cofferati risponde proponendo un rapporto diretto fra Cgil e nuovo Ulivo scavalcando i Democratici di sinistra.

Lo spiazzamento della sinistra DS

La seconda evidente conseguenza è lo spiazzamento della sinistra di quel partito che aveva visto nel segretario della Cgil il leader conseguente di un progetto socialdemocratico. Quella sinistra che pensava di riprendere con Cofferati quella battaglia interna perduta al Congresso di Pesaro. Il leader della Cgil non pare interessato ad alcuna lotta interna.

Le contraddizioni dell'Ulivo

Il quadro, quindi, cambia e non di poco. Ed è destinato a cambiare ulteriormente nei prossimi mesi. L'intervista di Cofferati costituisce, infatti, un'altra scossa di quel terremoto che pare aver investito la sinistra e che non accenna a dare segnali di assestamento. Per esempio, che cosa averrà quando i contenuti di resistenza sociale e di coerenza che il segretario della Cgil non vuole abbandonare si scontreranno con un progetto politico che non li approva e che, finora, anche nella battaglia parlamentate li ha respinti?

Ma soprattutto l'Ulivo si è rivelato una esperienza politica fallimentare, una operazione "riformista", cioè di neoliberismo temperato che ha aperto la strada alla vittoria della destra: senza una riflessione radicale di questa natura non c'è comitato di saggi, che possa far rinascere ciò che è morto. In questo quadro vale la pena di sottolineare il valore «strategico» che assume il referendum per l'estensione a tutte e a tutti dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Non solo una consultazione dai contenuti più radicali di altre consultazioni ma parte fondamentale e simbolica di un programma alternativo a quello della destra e a quello liberaldemocratico di un eventuale «nuovo Ulivo».

Ritanna Armeni
Roma, 7 agosto 2002
da "Liberazione