La Costituzione e le vicende politico-istituzionali italiane dal 1946 al 1994

3.2. 1947-1960: il centrismo

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Negli ultimi mesi di guerra e nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione, i Governi che si succedettero furono condotti con la partecipazione unitaria e con la collaborazione di tutti i partiti antifascisti, e, in particolare, dei tre grandi partiti di massa: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista e il Partito Socialista.

Ma gli sviluppi della situazione politica internazionale ben presto ebbero un effetto dirompente anche sulle condizioni politiche italiane.

La fine del secondo conflitto mondiale sancì anche la fine dell’egemonia delle potenze europee nel mondo; Stati Uniti e Unione Sovietica, fino a quel momento alleati contro il nazifascismo, in quanto principali vincitori della guerra, emersero come i nuovi protagonisti dei futuri scenari politici internazionali.

Già prima della fine del conflitto, nella conferenza di Yalta, Stalin, Roosvelt e Churchill definirono la politica da seguire dopo la resa della Germania, dividendosi, nel mondo, le aree di rispettivo controllo e alleanza, che sarebbero state condizionate dai relativi sistemi politico economici.

L’equilibrio internazionale che ne risultò e che caratterizzò la storia mondiale per oltre quarant’anni, era basato sulla contrapposizione bipolare di USA e URSS, ormai superpotenze, e delle rispettive aree di influenza. Da una parte i sistemi politici occidentali basati su un’economia di mercato, dall’altra i sistemi politici comunisti a economia pianificata dallo Stato.

L’originaria alleanza contro il nazifascismo ben presto si ruppe e il deterioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica sfociò in un’epoca di contrapposizione frontale e di gravissime tensioni, nella ricerca della superiorità militare con una folle corsa agli armamenti, in un equilibrio del terrore che rischiò di trascinare il mondo in un ultimo tremendo conflitto. Fu la guerra fredda.

La partecipazione delle truppe alleate anglo-americane al processo di liberazione dell’Italia dal nazifascismo determinò la collocazione del Paese nella sfera occidentale di influenza statunitense, sanzionata successivamente, nel 1949, con l’adesione al Patto Atlantico.

Nel corso del 1947, ancor prima delle elezioni politiche del 18 aprile 1948, con i lavori dell’Assemblea Costituente ancora in corso, il capo del Governo Alcide De Gasperi, democristiano, accondiscendendo alle sempre più insistenti pressioni politiche statunitensi, provocò, con un pretesto, una crisi di Governo che sfociò nella costituzione di un nuovo Ministero dal quale vennero esclusi i socialisti e i comunisti, responsabili di mantenere legami politici con l’Unione Sovietica, appartenente al blocco politico militare contrapposto.

Le elezioni politiche del 18 aprile, le prime dell’Italia democratica, si tennero in un clima di feroce ostilità, con da una parte la Democrazia Cristiana e dall’altra il Fronte Popolare che riuniva socialisti e comunisti.

La prima impostò, come spesso fece anche in seguito, la campagna elettorale nei termini di un’alternativa secca tra libertà e dittatura comunista, nonostante il PCI e il PSI avessero dato un evidente e fondamentale contributo alla lotta di Liberazione e alla stesura della Costituzione, dimostrando di accettare il metodo democratico nella lotta politica. La DC ebbe inoltre il massiccio appoggio delle gerarchie ecclesiastiche che ricorsero pure alla minaccia della scomunica nei confronti degli appartenenti ai partiti di matrice marxista. Il suo simbolo era un eloquente scudo con al centro una croce.

Il Fronte Popolare, che aveva come simbolo il ritratto di Garibaldi, fece leva invece sulle difficoltà economiche provocate dalle scelte apparentemente liberiste del Governo in carica e sulla politica di restaurazione che esso seguiva; in nome dell’anticomunismo dilagante, in realtà tali orientamenti governativi costituivano un aiuto insperato per le vecchie classi dirigenti reazionarie.

La vittoria andò alla Democrazia Cristiana che ottenne quasi la maggioranza assoluta dei voti dando inizio al periodo del centrismo, caratterizzato da Governi guidati da leader democristiani con la partecipazione di tre piccoli partiti laici intermedi, il Partito Repubblicano, il Partito Socialdemocratico e il Partito Liberale.

L’opposizione era rappresentata a sinistra dalle consistenti forze dei socialisti e dei comunisti con il 31% dei voti, a destra dal Movimento Sociale Italiano, nuovo partito che più o meno direttamente si ispirava all’esperienza e all’ideologia fascista, e dai monarchici.

L’unità delle diverse forze politiche che aveva consentito la Resistenza e l’elaborazione della Costituzione era stata spazzata via dalla guerra fredda e non si sarebbe più ricostituita per molto tempo.

Si instaurò un clima politico di repressione nei confronti delle forze più innovatrici del Paese che a volte sfociò anche in episodi di violenze poliziesche e morti tra i lavoratori che manifestavano per i loro diritti.

Sul piano istituzionale le forze politiche di maggioranza tentarono di rafforzare ulteriormente il loro potere con l’approvazione, nel 1953, di una legge elettorale di tipo maggioritario, ribattezzata dai suoi oppositori come "legge truffa"; ma il risultato ottenuto nelle elezioni dai partiti dell’opposizione ne impedì l’attivazione concreta.

La preoccupazione principale della classe al Governo era quella di favorire lo sviluppo dell’economia del libero mercato, contrastando in ogni modo, oltre che i partiti della sinistra, anche le altre organizzazioni dei lavoratori.

La guerra fredda travolse anche il loro sindacato unitario determinando la creazione di due nuove organizzazioni in concorrenza con la CGIL ad opera delle correnti politiche filogovernative: la CISL e la UIL.

Furono anni di grave, anche se non completa, non attuazione o ritardo nell’attuazione della Costituzione, durante i quali si mantenne, per certi versi, una sostanziale e preoccupante continuità con il precedente Stato fascista.

Le leggi emanate dal regime dittatoriale e non espressamente abrogate, rimasero in vigore anche se in palese contrasto con le norme costituzionali. La stessa Corte Costituzionale venne istituita solo nel 1956 e il suo lavoro di massiccia "bonifica" dell’ordinamento giuridico si protrasse per parecchi anni.

Gli apparati burocratici dello Stato, ed in particolare quelli che attenevano alla sfera della sicurezza nazionale (diplomazia, forze armate, polizia), nonostante la sia pur limitata epurazione di funzionari legati al fascismo, non subirono radicali trasformazioni. Anzi.

Sulla base dei documenti che emersero dalle inchieste giudiziarie e parlamentari sulle stragi e il terrorismo, si deduce che risalirono agli inizi degli anni cinquanta gli accordi segreti tra la CIA, il servizio segreto statunitense, e il SIFAR, l’allora servizio segreto militare italiano, i quali prevedevano misure di carattere interno per fronteggiare situazioni politiche non gradite.

In particolare risaliva a questo periodo la costituzione dell’organizzazione segreta denominata Stay-behind, più nota con il nome di Gladio, in collaborazione e sotto la direzione dei servizi segreti statunitensi, che negli anni fornirono armi e denaro. Essa aveva lo scopo di contrastare un’eventuale invasione sovietica e preparare azioni ben precise qualora un partito della sinistra si fosse avvicinato all’area di governo.

Altri materiali acquisiti da queste inchieste testimoniano che Gladio e i servizi segreti a quello scopo svolsero spionaggio politico, sindacale e sociale, utilizzando anche persone legate al passato regime fascista e inoltre indicano il coinvolgimento di queste istituzioni nelle pagine più fosche ed eversive della storia del Paese.

Né la CIA, né i servizi segreti italiani avevano personalità giuridica per firmare accordi di carattere internazionale fra due Paesi sovrani; soltanto i Governi e i Parlamenti dei rispettivi Paesi avrebbero potuto farlo. Tanto meno potevano sottoscrivere accordi tendenti a rendere inoffensive le forze politiche e sindacali di sinistra e a impedire la loro conquista del potere per via democratica, in dispregio dei più elementari diritti politici solennemente dichiarati nella Costituzione appena approvata.

In Italia, il Comitato parlamentare per i servizi di informazione, che ha proprio il compito istituzionale di controllare i servizi segreti, non ne fu mai messo a conoscenza, così come una parte dei numerosi Presidenti del Consiglio e Ministri della difesa che si succedettero in quei decenni alla guida del Governo, fino a quando l’On. democristiano Giulio Andreotti, allora anche Presidente del Consiglio, non ne svelò ufficialmente l’esistenza nell’ottobre del 1990.

La guerra fredda era spietata e senza esclusione di colpi. L’equilibrio tra le due superpotenze uscito dalla seconda guerra mondiale non consentiva rilevanti mutamenti all’interno degli Stati alleati. Mentre i sovietici spesso imposero direttamente e brutalmente la loro egemonia, gli statunitensi condizionarono il gioco democratico di molti Paesi in modo indiretto e clandestino, ma non per questo meno cruento ed efficace, proprio perché incompatibile con la legalità democratica.

Non va dimenticato che l’Italia non solo rivestiva una posizione geografica rilevante da un punto di vista strategico-militare, ma vedeva nascere anche un forte schieramento di sinistra e, negli anni successivi al dopoguerra, il più grande Partito Comunista dell’occidente.

Il PCI, pur nella sua originalità politica, che poteva essere strumentalmente ignorata, nel 1956 solidarizzava con l’invasione sovietica dell’Ungheria e, solo dopo il 1968, con la condanna dell’invasione della Cecoslovacchia, aveva dato vita a un graduale, ma definitivo processo di allontanamento da Mosca.

In questo contesto, gli interventi dei servizi segreti statunitensi in Italia furono particolarmente evidenti, determinando quella "sovranità limitata" che le inchieste giudiziarie e parlamentari, probabilmente solo in modo parziale, portarono alla luce.

Nonostante il clima politico, nella seconda metà degli anni cinquanta furono istituiti alcuni importanti organi previsti dalla Costituzione. Come già ricordato, nel 1956 la Corte Costituzionale; nel 1958 il Consiglio Superiore della Magistratura, organo fondamentale per garantire l’autonomia e l’indipendenza dei giudici.

Tra le non attuazioni della Costituzione, invece, particolarmente eclatante fu la mancata attivazione dell’ordinamento regionale che, in base alla Costituzione, avrebbe dovuto essere reso operativo entro cinque anni dalla sua entrata in vigore.

Per quanto riguarda la politica economica e sociale, l’intervento dello Stato fu favorito dagli aiuti americani del Piano Marshall di cui l’Italia poté fruire grazie alla scelta di campo occidentale.

Nel 1950 venne istituita la Cassa per il Mezzogiorno, per un primo organico intervento a favore delle zone più povere del Paese.

Nel 1953 venne creato l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) allo scopo di effettuare e coordinare le ricerche petrolifere e metanifere italiane, ma anche di dare un’efficace politica energetica all’Italia.

Infine, prese avvio il lento processo di integrazione europea con l’adesione dell’Italia nel 1951 alla Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e nel 1957 all’Euratom e alla Comunità Economica Europea.

Graziano Galassi
Vignola, 1 maggio 1996
www.grazianogalassi.it