Elezioni 2006

Rifondazione e Verdi protestano: «Il programma dell’Unione così non va»

Il documente sarebbe addirittura «Irricevibile» e da rifare

Non è un documento ufficiale, probabilmente sarà riscritto dall’inizio alla fine. E’ solo una «bozza di lavoro», modificabile, modificabilissima. Ma in ogni caso quel volumetto di duecentosettantaquattro pagine resterà agli atti come uno dei più brutti episodi della storia dell’Unione. Di cosa si parla? Della stesura, di una prima stesura – firmata da Andrea Papini, fedelissimo di Prodi – per provare a buttare giù il programma definitivo della coalizione. Un testo che per una parte almeno dello schieramento è semplicemente irricevibile. L’hanno detto i verdi che ieri sono andati a protestare direttamente dal candidato premier. E l’ha detto Rifondazione. Che l’altra sera con una lunga e dettagliata lettera firmata da Walter De Cesaris, che rappresenta il Prc nelle trattative sul programma, ha spiegato che quel testo deve essere accantonato. Messo da parte. Riscritto.
Il tutto, a pochi giorni dal vertice fra i leader dei partiti che avrebbe dovuto dare il placet definitivo alla «bozza». Bozza che così sarebbe potuta passare al vaglio delle assemblee regionali, prima della convention nazionale, in programma a metà febbraio.
Si erano decise queste date ravvicinate perché, appena venti giorni fa, il «grosso» sembrava fatto. Come sanno davvero tutti, a dicembre, all’inizio di dicembre, s’era concluso il lavoro delle quattordici commissioni, divise per temi. E la stragrande maggioranza di queste commissioni (le chiamavano «tavoli») si era chiusa con un documento unitario. Votato da tutte le forze presenti: dall’Udeur a Rifondazione. A giudizio di tutti, almeno di quelli che avevano voluto commentare quei documenti, si trattava di proposte avanzate. In qualche caso anche avanzatissime (come per esempio sul riconoscimento delle coppie di fatto).
Solo la commissione che avrebbe dovuto scrivere la «scheda» sulla finanza pubblica aveva chiuso i battenti senza un accordo. Troppo forti erano le distanze sul tema delle liberalizzazioni, sulla priorità da dare al rientro del deficit statale, devastato da cinque anni di governo delle destre, sulla previdenza.
Ma anche in questo caso, passi in avanti erano stati fatti. Al seminario di San Martino al Campo, a due passi da Perugia, dove tutti i leader dei partiti assieme a Prodi aveva concordato di «accogliere» le proposte unitarie avanzate dalle commissioni e di incaricare un ristretto gruppo di persone di scrivere un testo condiviso sulle grandi scelte economiche.
Di questo lavoro si è appunto incaricato l’esponente della Margherita Andrea Papini. Anziché un lavoro collegiale, il responsabile ha preferito affidarsi al suo staff.
«Ma solo per ragioni di tempo, per brevità», ha continuato a ripetere. Si è arrivati così all’altro giorno, quando il testo, appunto quelle duecentosettantaquattro pagine, sono state inviate a tutte le forze dell’Unione. Cos’è accaduto? Molte cose. La «bozza» – con la scusa di asciugare i testi, di riassumerli – ha stravolto, cambiato, cancellato interi punti. Il tutto con un unico obiettivo: edulcorarne i contenuti, ammorbidirli. Spostare al «centro», insomma, l’asse del programma.
Servono esempi? Eccoli. La commissione esteri – che aveva uno dei compiti più delicati da svolgere – dopo estenuanti discussioni aveva trovato una formulazione che tutti, ma proprio tutti, avevano definito accettabile. Il documento definiva «la guerra e l’occupazione militare gravi errori». Ora, nella «bozza», la parola «occupazione» è stata cancellata. Sparita, non c’è più. Solo la guerra, insomma, sarebbe stata un errore, la presenza di truppe americane no.
E ancora. Non c’è più neanche la richiesta dell’istituzione di una commissione d’inchiesta sui tragici fatti di Genova del 2000. Anche di questa proposta, semplicemente non si parla.
La «bozza» allora si limita a cancellare? No, fa di più. A volte sostituisce le parole, le cambia. Stravolgendo il senso delle richieste del centro-sinistra. Anche qui, occorrono esempi? Più chiaro di tutti, è ciò che è avvenuto nel paragrafo relativo al Ponte sullo Stretto di Messina, l’inutile, devastante opera voluta dalle destre. Il testo originale era inequivoco: «Sospendere l’iter procedurale in atto per realizzare le priorità infrastrutturali nel Mezzogiorno». Ora è diventato: «Sospendere l’iter procedurale in atto e valutare le effettive priorità infrastrutturali nel Mezzogiorno». Secondo l’ultima versione, insomma, la progettazione del Ponte si sospende. Ma poi, l’opera potrebbe rientrare nel lavoro di «valutazione» delle opere neessarie al Sud. Due testi se non proprio opposti, molto, molto differenti.
C’è poi, il caso limite. Riguarda un altro dei temi chiave della discussione: la precarietà, gli strumenti per superarla. Riguarda cosa mettere al posto delle norme della legge Biagi. L’iniziale documento, varato dalla commissione, diceva che «la regolamentazione del lavoro interinale dovrà essere rivista, anche considerando l’impostazione legislativa del precedente governo di centrosinistra». Ora quelle righe sono diventate un elogio di Treu, delle politiche del governo D’Alema: «Riteniamo opportuno recuperare l’originaria legislazione definita dai governi di centrosinistra».
Il documento, la «bozza» di documento è tutto così. Là omette, là cancella, là stravolge. Con sistemacità. Perché gli interventi più pesanti avvengono proprio su quei punti dove le componenti moderate e riformiste dell’Unione avevano ingoiato con difficoltà le sintesi raggiunte. Come sulle politiche per i migranti. L’impianto della proposta – che ne avrebbe fatto, se realizzata, una delle legislazione più avanzata d’Europa – è stato stravolto, con piccolissime aggiunte. Con un certosino e millimetrico lavoro di taglia e cuci. Al punto che ora le espulsioni si potrebbero rendere necessarie per «assicurare l’identificazione degli immigrati». Che è più o meno, la filosofia dell’attuale, vigente legge che si voleva superare.
Un documento rispedito al mittente, dunque. Inutilizzabile. Qualcuno ieri diceva che in alcuni parti giustificherebbe l’organizzazione immediata di uno sciopero generale. Un documento di lavoro, però. Un brogliaccio, niente di più. Ma resta la preoccupazione. Che in difficoltà su altri campi, i moderati dell’Unione vogliano giocarsi le loro carte sul programma. I prossimi giorni scioglieramno i dubbi.

Stefano Bocconetti
Roma, 11 gennaio 2006
da "Liberazione"