Elezioni politiche 2006

Il lavoro, elemento centrale dell’identità del nuovo partito della sinistra europea

Il contributo di un “metalmeccanico” a questo percorso politico

Maurizio Zipponi

Maurizio Zipponi

Mi è stata offerta la possibilità di partecipare a un “inizio”, alla fase costituente di un nuovo soggetto politico: la “sezione italiana del partito della sinistra europea”. La decisione di partecipare a questa avventura affonda le sue radici nell’esperienza dei metalmeccanici, scaturisce dalle nostre battaglie degli ultimi anni. Anni in cui siamo passati dall’esigenza di affermare “ci siamo” (siamo una parte importante del processo di trasformazione della società), al “si può” (si può fare del lavoro un punto centrale per la costruzione dei processi contro la frammentazione), all’affermazione della democrazia come nodo irrinunciabile nel rapporto con i lavoratori.

Negli anni bui che vanno dal 1980 al primo accordo separato sul contratto nazionale del 2001 e poi nella stagione delle lotte (da Melfi, a Terni, alla Fincantieri) fino alle straordinarie mobilitazioni per dimostrare che si può fare un buon contratto, la storia dei metalmeccanici dice al paese che è possibile costruire una rappresentanza del lavoro per contrastare quella frammentazione che si è tradotta, molto spesso in solitudine. Da lì siamo partiti, per riappropriarci faticosamente di una soggettività cancellata, per ricostruire un punto di vista autonomo.

Questo percorso, costellato di esperienze concrete, di vertenze aziendali aspre, di resistenze tenaci, di circoscritte ma significative vittorie e di altrettante sconfitte, ha permesso ai lavoratori di reggere per 13 mesi il conflitto con la parte più retriva dell’impresa e di ottenere un contratto che apre una nuova fase, rilancia la contrattazione, anche contro la precarietà.

La vicenda dei metalmeccanici parla di ricomposizione della rappresentanza sociale e chiede alla politica di rappresentarla. Nel passato questo rapporto era dato dalla “cinghia di trasmissione” tra sindacato e partiti, oppure dalla presenza di un governo “amico”. La risposta non può essere questa. Oggi si tratta di trasportare il lungo, faticoso cammino dei metalmeccanici, non come esempio, ma come pratica, anche nella politica.

La frammentazione non è solo caratteristica del mondo del lavoro, ma anche dei movimenti, dei partiti della sinistra, delle associazioni, assistiamo al proliferare delle iniziative, dei movimenti che nascono e si sviluppano sui problemi del territorio, su specifici temi (dall’acqua all’ambiente, dalle discariche alle grandi infrastrutture come la Tav, il Ponte di Messina). Ognuno di questi movimenti e delle persone che ne fanno parte, è portatore di una parzialità, di una specificità, di una esperienza che non accetta di azzerare entrando in un partito strutturato in modo tradizionale. Contemporaneamente, però, queste specificità che sono una ricchezza rischiano di essere deboli in assenza di un contesto che le collega, di un luogo di incontro. Per questo sento l’esigenza di una nuova forma-partito, capace di valorizzare identità ed esperienze diverse, di “sommarle” senza annullarle.

Un partito dove sia possibile la “doppia appartenenza”, dove le idee e le pratiche di chi opera nel sociale, sul territorio, in un movimento, un sindacato possano vivere all’interno di un soggetto di cambiamento. Io penso che debba essere così il Partito della Sinistra Europea: luogo dove la pratica, il fare di ognuno, l’esperienza sono il motore del cambiamento, lo rendono visibile.

Il mio contributo vuole essere quello di una lettura dei processi in corso in Europa, in Italia, nella singola azienda attraverso la chiave della trasformazione dell’impresa e del lavoro, sulla base di una analisi del capitalismo e dei suoi mutamenti.

I poteri forti stanno ricostruendo un controllo e tentano di imporre i loro modelli liberisti. Uno sviluppo alternativo deve passare, necessariamente dalla risposta ai quesiti di fondo: che tipo di energia, che tipo di mobilità, che tipo di prestazione lavorativa, quante ore di lavoro, che senso ha il lavoro (a chi serve, a cosa serve, come produrre beni e servizi).

Il nodo è, ancora una volta, una domanda: quello che il sistema capitalistico impone al mondo accresce il benessere della collettività, estende l’accesso ai beni primari, migliora la vita delle donne e degli uomini? Se per una certa fase la risposta è stata “si” (seppur a caro prezzo), oggi la curva si è invertita, oggi sta avvenendo l’opposto: élites sempre più ristrette si arricchiscono sempre più, mentre nel mondo aumenta la schiavitù, si estende la già vasta area di chi non ha acceso all’acqua, al cibo, all’istruzione, alla salute, arretrano i diritti dei lavoratori.

In questi giorni, mentre tutti discutono dell’opportunità o meno di pubblicare vignette satiriche su Maometto, a Teheran gli autisti degli autobus in sciopero sono stati arrestati e sostituiti da militari alla guida dei mezzi.

Qualcuno ha calcolato la dinamica autoritaria, interna ai processi di produzione, ai rapporti di lavoro, alle libertà e ai diritti, che si scatena quando entra in gioco lo scontro di civiltà, il conflitto religioso?

E’ evidente poi che questa repressione cambierà di “intensità” da luogo a luogo, utilizzerà strumenti diversi: in Italia, in Francia, in Germania non si ammazzano i sindacalisti (come avviene in tante parti del mondo), non si arrestano i lavoratori in sciopero (come accade in Iran): qui si metterà in discussione il diritto di sciopero.

Oggi, in Italia, l’obiettivo primario è cacciare Berlusconi. Ma possiamo sconfiggere davvero Berlusconi (e quello che rappresenta) solo se sapremo essere “altro” da Berlusconi: altro nelle risposte ai bisogni delle persone, altro per le soluzioni che proponiamo, altro perché sappiamo esprimere una diversa classe dirigente, un diverso modo di produrre.

Ho la fortuna di essere metalmeccanico (e lo sarò sempre): questo mi ha permesso di sentire la solitudine ma anche la forza dell’agire collettivo e per questo di capire che deve esistere necessariamente una rappresentanza politica del lavoro. Tantopiù per coprire il vuoto che la nascita del partito liberal-democratico (Ds e Margherita) lascerà: la rappresentanza del lavoro. Questo vuoto può essere riempito solo da un nuovo soggetto politico che fa capo alla dimensione europea e che fa del lavoro la chiave interpretativa dei fenomeni.

La risposta positiva alla richiesta avanzata da Rifondazione Comunista di candidarmi nasce dall’occasione di dire (alla pari di tante altre e altri) che si è parte di un nuovo processo politico in cui ciascuno contribuisce con la propria esperienza e la propria pratica, con quello che ha fatto e che sa fare.

Maurizio Zipponi
Milano, 19 febbraio 2006
da "Liberazione"