Elezioni politiche 2006

Ferrando: “Una vicenda umilia Rifondazione. Giusto resistere, anche con la forza, alle truppe di occupazione”

Alice intervista Marco Ferrando, leader dell’Area Progetto Comunista di Rifondazione, escluso da Bertinotti dalle liste del partito

Marco Ferrando

Marco Ferrando

Ferrando, come sta vivendo questa campagna elettorale?

Molto serenamente da un lato, e con una certa amarezza dall'altro.

Serenamente perché quando un militante comunista si sente a posto con la sua coscienza, ha detto ciò che pensa e non ha niente da rettificare rispetto a quanto dichiarato, è in pace con se stesso.

Con amarezza per il fatto che, a fronte dell'aggressione maccartista che è stata scatenata in queste settimane contro di me da parte di organi di stampa e dirigenti politici (tra i più autorevoli di centrodestra e centrosinistra) che hanno chiesto imperiosamente (e alla fine ottenuto) la mia cancellazione dalle liste di Rifondazione comunista, ho visto che il mio partito, che avrebbe dovuto difendermi, per difendere se stesso, la sua sovranità e autonomia, ha avvallato questa campagna e si è arreso. L'amarezza che porto dentro è per il mio partito.

Come giudica il livello della campagna elettorale di Rifondazione comunista?

E' una campagna molto singolare perché tutta incentrata sul programma dell'Unione e senza la presentazione di un programma, fosse pure formale, del Partito. E' la prima volta che ciò accade nella nostra storia: i candidati di Rifondazione non hanno alcun riferimento ad alcuna nostra piattaforma rivendicativa. Questo fatto è la misura di una subalternità profonda.

Perché questa scelta?

Perché il programma dell'Unione è talmente estraneo e ostile alle ragioni per cui il nostro partito è nato e alla speranza che ha raccolto, e talmente segnato dagli interessi degli industriali e dei banchieri nei suoi indirizzi di politica estera come in quelli di politica economica e sociale, che qualsiasi proposta di Rifondazione, anche la più timida, sarebbe entrata in rotta di collisione con quella dell'Unione. E siccome il segretario del mio partito ha deciso di conquistare sul campo la propria legittimazione di partner di governo leale e affidabile ha finito col rimuovere lo stesso programma elettorale di Rifondazione.

Quindi adesso cosa farete?

Tutto ciò per noi ha una conseguenza precisa: ci assumeremo, come componente “Progetto Comunista”, come sinistra anticapitalista e rivoluzionaria del partito, la responsabilità di fare una campagna elettorale parallela. Essa non sarà condotta sul programma dell'Unione, ma su una proposta programmatica “per” e “del” partito, che metta al centro le ragioni dei lavoratori, dei precari e dei disoccupati, e che magari riproponga le pietre dello scandalo che mi sono costate la candidatura, tra cui la denuncia del colonialismo italiano in Iraq e i crimini di guerra delle truppe di occupazione coloniale.

Lei condivide lo slogan: “1, 10, 100, 1000 Nassyria”?

No, lo giudico criticamente. Detto questo rivendico integralmente l'intervista da me rilasciata al Corriere, non il titolo giornalistico che aveva poco a che vedere con il contenuto delle mie dichiarazioni ma molto, probabilmente, con lo scopo politico che il direttore del Corriere si prefiggeva.

Cioè?

Affondare una candidatura anticapitalistica, poco governabile e poco compatibile con il programma Unione.

Distinguo nettamente il terrorismo islamista, il terrorismo fondamentalista religioso, rispetto al quale la mia avversità è totale, dal diritto di resistenza popolare, anche armata, di un popolo oppresso che si vede invasa la propria terrà e sequestrate le proprie risorse, contro le truppe di occupazione coloniale. Questo diritto è un diritto internazionalmente riconosciuto, persino da una recente sentenza della magistratura Italia.

Trovo strabiliante che lo rimuovano i comunisti, tanto più nel contesto attuale nel quale in tutto il mondo documentano le brutalità delle truppe britanniche contro bambini iracheni, le responsabilità delle truppe italiana a Nassyria nella battaglia dei ponti (con venticinque morti), la pratica quotidiana della tortura nelle carceri di Abu Graib da parte delle truppe americane, ma anche da contractor italiani.

In questo quadro affermare il diritto di resistenza significa rivendicare un diritto democratico elementare.

E' comprensibile che gridino indignate le forze reazionarie o le forze del centro dell'Unione che in passato hanno condotto guerre umanitarie all'uranio impoverito, ma trovo strabiliante che il Partito della Rifondazione comunista avvalli questo scandalo ipocrita e accetti di “ripulire” le sue liste da un militante che denuncia tutto questo.

Si sente un po' il capro espiatorio utilizzato per sdoganare Bertinotti e lanciarlo verso un importante ruolo istituzionale o di governo?

Sì, mi pare del tutto evidente. I fatti non lasciano margine a dubbi. Hanno scelto di capitolare. C'è un gruppo dirigente che, pur di aver le carte in regola per essere un partito di governo con l'Unione, ha esibito la vittima sacrificale, nella mia persona.

Però in questi giorni lei ha ricevuto tanti attestati di solidarietà e stima.

Sì, nel corpo di Rifondazione si è espressa una reazione molto vasta a fronte della decisione di escludermi che ha coinvolto settori infinitamente più larghi di quelli che hanno votato la mia mozione all'ultimo congresso nazionale. Nei prossimi giorni si pronunceranno tante altre personalità, dentro e fuori il partito.

Lei ha parlato di sinistra rivoluzionaria... cosa vuol dire essere rivoluzionari nel 2006?

Vuol dire una sinistra che in prospettiva metta in discussione il capitalismo e quindi i rapporti di produzione e di proprietà su cui il capitalismo si basa. E quindi mette in discussione un ordine del mondo che vede nelle mani delle grandi multinazionali le leve fondamentali dell'economia mondiale, e le principali potenze del mondo sgomitare fra loro per spartirsi le spoglie e le risorse (magari il petrolio) del resto dell'umanità. Mettere in discussione l'irrazionalità di questo sistema sociale internazionale è la ragione stessa dei comunisti.

Credo che un partito comunista dovrebbe ricondurre le sue battaglie e i suoi obiettivi quotidiani (nel territorio, nei movimenti di lotta, nelle organizzazioni sindacali) a questo grande scopo di trasformazione sociale. In altre parole, legare il programma minimo delle lotte quotidiane al programma massimo del fine anticapitalista.

Se questa nuova prospettiva anticapitalista e rivoluzionaria non la mettono all'ordine del giorno i comunisti, chi altri dovrebbe farlo? Rifondazione comunista nacque 15 anni fa raccogliendo questa aspirazione. Devo dire che la sua rotta attuale è esattamente in collisione con questa speranza.

Lei il 9 aprile voterà per Romano Prodi?

Noi faremo la campagna elettorale per Rifondazione sulla base di un programma autonomo del partito, non per l'Unione. Naturalmente, portando voti al nostro partito, contribuiremo alla sconfitta di Berlusconi che noi vogliamo incondizionatamente. Ma vogliamo la sua cacciata dal versante delle domande e delle rivendicazioni sociali, non per fare un'operazione trasformistica delle classi dirigenti del Paese che rimpiazzi Berlusconi con un governo per certi versi ancora più legato agli interessi generali del capitalismo italiano.

Andrea Marsiletti
Roma, 1 marzo 2006
da "Dillo ad Alice" (n.79 del 01/03/2006)