Elezioni Politiche 2006

La Confindustria non è amica

E’ bene che la Confindustria di Luca Cordero di Montezemolo abbia abbandonato la collocazione politica della gestione precedente e la linea di rottura antisindacale da essa operata d’intesa con il governo Berlusconi. Ma ciò non può indurre l’Unione a considerare la Confindustria “amica”.

La Confindustria è entrata prepotentemente nella campagna elettorale. Da un lato questo produce un’utile conseguenza perché mette al centro del dibattito le grandi questioni economico e sociali purtroppo oscurate da una brutta campagna elettorale. Ma dall’altro, tutto ciò si rovescerebbe in una perdita per il Paese se le forze politiche, e in particolare quelle dell’Unione, manifestassero nei confronti di Confindustria una abdicazione alla necessità di autonomia della politica dai grandi centri di potere economici e una riduzione della capacità critica.

Bisogna ricordarsi che la Confindustria, piuttosto che interpretare l’interesse generale, rappresenta un solido terreno di parte. La posizione illustrata dal presidente Luca Cordero di Montezemolo si distanzia infatti significativamente dal programma dell’Unione. La critica dura del presidente di Confindustria alla conclusione del congresso della Cgil, accusata di conservatorismo, rivela una propensione della Confindustria a ridimensionare il potere contrattuale del sindacato per ottenere mano libera per le imprese sulla flessibilità del lavoro. E’ una linea già perseguita nei rinnovi dei contratti, sconfitta dalla conclusione del rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, che ora viene rilanciata dalla Confindustria a livello generale. Non è una sfida da poco.

Le relazioni sociali, il potere contrattuale delle rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro non hanno soltanto una specificità sindacale, sono un punto decisivo delle politiche sociali ed hanno un forte rilievo politico. L’Unione non può in questa contesa essere cerchiobottista, ma anche sugli indirizzi generali di politica economica, le posizioni di Confindustria indicano una linea per l’uscita dalla crisi che non convince per l’unilaterale richiesta di centralità del profitto senza che si possa vedere oltreché una convincente strategia di riforma dell’economia, necessari risultati sul terreno della crescita occupazionale, della lotta alla precarietà, della necessaria redistribuzione del reddito a favore di salari, stipendi, pensioni.

In realtà, quello che emerge nell’intervista di Luca Cordero di Montezemolo, è una richiesta di ridurre i costi per l’impresa, sia sul terreno del lavoro che su quello dell’energia e quello fiscale. Le risorse necessarie andrebbero trovate prevalentemente con lo spostamento della tassazione sui consumi, ma così si opererebbe soltanto un trasferimento delle ricchezze dall’insieme della produzione alle imprese. Colpisce la mancanza di una chiara presa di posizione a favore di una politica fiscale sulla rendita. Dunque, ci sono tutte le ragioni per aprire un grande dibattito pubblico sullo stato del Paese, sulla natura della sua crisi e sulle strategie per uscirne. E’ bene che la Confindustria di Luca Cordero di Montezemolo abbia abbandonato la collocazione politica della gestione precedente e la linea di rottura antisindacale da essa operata d’intesa con il governo Berlusconi. Ma ciò non può indurre l’Unione a considerare la Confindustria “amica”. La difesa dell’autonomia dell’Unione e del governo che essa propone al Paese passa per la piena valorizzazione del programma concordato. E’ questo programma che non casualmente ha riscosso l’interesse ed il giudizio positivo di grandi organizzazioni dei lavoratori, come nel congresso della Cgil, e di grandi organizzazioni dell’associazionismo, come nel congresso dell’Arci. L’Unione farebbe bene a mostrare al Paese la convinzione politica e la determinazione necessaria per far vivere un buon programma in una buona politica».

Fausto Bertinotti
Roma, 8 marzo 2006
da "Liberazione"