Intervista a De Lutiis, storico dei servizi
segreti

«La strategia della provocazione»

la bomba di Roma ed i meccanismi della provocazione

«Professore, ci crede alla pista anarcoide di cui parla Scajola? O le sembra un film già visto». «Storicamente gli anarchici sono sempre stati scelti come capri espiatori», risponde a Liberazione, Giuseppe De Lutiis, uno dei massimi esperti italiani di 007 (sua la "Storia dei servizi segreti" più volte aggiornata da Editori riuniti tra il 1984 e il '98), consulente della commissione stragi, e ricercatore di sociologia a La Sapienza di Roma.

Così non ci sarebbe nulla di sconvolgente nella relazione che il ministro degli Interni sta pronunciando alla camera e nella quale punta il dito su ambienti cosiddetti anarchici?

In passato la firma "anarchica" è stata utilizzata per attentati perpetrati da neofascisti legati a settori di servizi segreti o per attentati di cui non è mai stata chiarita l'origine. Mi riferisco a Piazza Fontana ma anche alla mancata esplosione al Duomo di Milano, del dicembre 2000 poi rivendicata da un sedicente gruppo anarchico "Solidarietà internazionale". Storicamente, poi, vi sono dubbi perfino sull'attentato del 1921 al teatro Diana di Milano.

Tornando ai giorni nostri, a 48 ore di distanza dallo scoppio di via Palermo non sembra esserci alcuna rivendicazione. E' utile per capire la genesi dell'attentato?

Usuamente, l'estrema sinistra rivendica sempre i suoi atti. La destra, almeno nel periodo storicamente determinato della strategia della tensione, non ha mai rivendicato quelle gesta. Ma oggi non penserei a un attentato della destra quanto alla sopravvivenza di "centri di provocazione" in grado di attivarsi quando la dinamica politica e sociale rischia di rafforzare le sinistre. Allo stato attuale non si può escludere che ci possa essere stato un singolo individuo scriteriato che abbia potuto compiere un atto politicamente dannoso ma, certo, il movimento anarchico, per l'assenza di strutture gerarchiche e di auto-tutela sia l'ambito più aperto a possibili infiltrazioni di centri di provocazione.

Tornano alla mente precedenti ondate di episodi terroristici che hanno "animato" certe campagne elettorali o altri periodi caldi per la situazione politica e sociale del paese.

Esiste un documento, per esempio, che il colonnello Viezzer dell'ufficio D del Sid (vecchio nome dei servizi segreti militari, ndr) fece avere al giudice Sica. In quel memoriale si faceva riferimento ad attentati con bombe-carta contro sedi missine, effettuati nella campagna per le politiche del 1972, che - ad avviso di Viezzer - sarebbero stati eseguiti da uomini del nucleo operativo del capitano La Bruna (poi condannato per depistaggi nelle indagini su piazza Fontana, ndr) su ordine del generale Maletti, allora capo dei servizi e subito dopo parlamentare del Msi. Lo scopo sarebbe stato quello di alienare la simpatia degli elettori per le sinistre.

Negli ultimi mesi ci sono stati diversi episodi oscuri...

E' vero, negli ultimi anni più di un episodio è rimasto senza colpevoli individuati e arrestati e questo è particolarmente inquietante vista la grande professionalità acquisita da polizia e carabinieri e considerando come, all'indomani del crollo del muro, i dirigenti dei servizi segreti abbiano cambiato il loro atteggiamento con certi magistrati.

Dopo i "prodigiosi esercizi di divinazione" di cui sono stati protagonisti sia Scajola che Castelli prevedendo una recrudescenza di atti violenti poche ore prima dell'esplosione di Roma, più di un osservatore ha parlato di una bomba lanciata contro il movimento.

Siamo troppo vicini all'evento per etichettare il gesto. Quello dei cosiddetti no global è un arcipelago ampio e articolato all'interno del quale non sono da escludere infiltrazioni. Certo, una bomba in questo momento tenta di gettare ombre, di depotenziare, di creare panico in vista dello sciopero generale e delle manifestazioni indette, per le prossime settimane, sia dalla Cgil che dal movimento in difesa di Mani pulite.

Proprio quelli contro i quali ha tuonato il premier Berlusconi. Ma è possibile che i «toni» adoperati al Palvobis possano spingere chiunque a piazzare due chili di esplosivo sotto al Viminale?

Assolutamente no dato che tutte quelle persone erano lì riunite per inneggiare alla legalità. Gravi e provocatori, casomai, sono i toni usati da uomini investiti da responsabilità di governo i quali, proprio per il ruolo da essi ricoperto dovrebbero stare attenti a esprimere giudizi che appaiono di grave avventatezza.

Un'altra coincidenza è che la bomba arriva all'indomani della retata di presunti terroristi islamici che avrebbero pianificato un attentato all'ambasciata Usa di Roma.

Non ho elementi per valutare l'allarme all'ambasciata ma è sicuro che via Palermo non ha nulla a che fare con la pista islamica: i fondamentalisti tendono a colpire obiettivi di grande visibilità internazionale, come potrebbero esserlo il Colosseo, la Torre di Pisa, una basilica importante. Questo attentato è limitato e con chiari risvolti "interni".

Dai lati oscuri della repressione genovese al boato del Viminale, pensa possa esserci un ruolo oscuro dei servizi segreti?

Dopo il 1989, i vertici dei servizi - pur conservando al loro interno uomini programmati unicamente per l'anticomunismo più duro - hanno mostrato una maggiore affidabilità. Sembra improbabile un coinvolgimento dei servizi segreti ufficiali ma non possiamo escludere che uomini, che in passato hanno operato ai margini dei servizi o in organizzazioni mai chiarite come "Falange armata", possano ancora operare, soli o in gruppo, per avvelenare il libero gioco democratico. In questo momento, è possibile che esitano settori oscuri che abbiano deciso di scatenare una strategia della tensione in risposta allo scatto d'orgoglio di parte cospicua delle sinistre (sia quella del Palavobis che i lavoratori che difendo l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) perché quello scatto rappresenta una svolta inaspettata per chi riteneva la sinistra ormai coinvolta in un'opposizione moderata, priva di mordente e destinata a nuove sconfitte.

Checchino Antonini
Roma, 28 febbraio 2002
da "Liberazione"