Perché, dopo Genova, lascio i Popolari, lettera a "Liberazione"
Cercavo Sturzo, ma ho trovato Don Abbondio.

Caro direttore, purtroppo durante i tragici avvenimenti e luttuosi eventi di Genova, mi trovavo all'estero a vendere il cosiddetto Made in Italy mentre il nostro Paese esportava immagini che ricordavano con preoccupazione il Cile del 1973. Avrei tanto voluto essere a Genova. ho sofferto, imprecato e sperato, sino all'orrore per l'assurda morte di un giovane dimostrante.

Quei fatti hanno messo a nudo le contraddizioni e l'incapacità delle forze del Centro Sinistra di spendersi generosamente a fianco della moltitudine di donne, uomini e giovani pacificamente convenute a Genova alla ricerca di un mondo più giusto ed equo, dimostrandosi invece pronte e sollecite nei distinguo e nelle prese di distanza e cadendo così di fatto nell'inganno ordito dalla destra, impegnata scientemente, anche “utilizzando” la presenza di frange violente e ben conosciute alle forze dell'”ordine” ma “sbadatamente” lasciate libere di scorrazzare impunemente per la città di Genova, a voler far apparire un movimento pacifista un gruppo di pericolosi rivoluzionari.

E mentre Genova, medaglia d'oro della Resistenza, che annovera fra i suoi figli l'operaio Guido Rossa caduto sotto i colpi delle Brigate Rosse, veniva messa a “ferro e fuoco” con il beneplacito del ministro Scajola, gli atti del nuovo governo andavano tutti in direzione di una società neo-iper- liberista nella quale sempre più verranno amplificate le diseguaglianze sociali e nella quale i ricchi potranno essere più ricchi e i poveri...

Del resto, con un presidente del consiglio che è stato un precursore delle cosiddette società off-shore, cosa potremmo aspettarci? Da un Governo nel quale è presente un “reduce” della repubblica di Salò? Da un governo nel quale Bossi e Berlusconi si accingono a varare la cosiddetta Devoluzione, perseguendo con coerenza l'idea che chi è ricco deve esserlo di più e nel quale Fini minaccia di incarcerare i cittadini extracomunitari, il cui ruolo, per questo governo, è solo quello di lavorare (preferibilmente malpagati) sino a quando servono, salvo poi rigettarli nella povertà dalla quale sono fuggiti.

Così “mentre a Genova si muore, a Roma si discute” o meglio, non si discute più perché tanto “noi abbiamo i numeri”. Un governo che, nonostante i falsi atti di fede del suo “piazzista” nei confronti dell'Europa e dei suoi padri fondatori (Schumann, Adenauer e De Gasperi), corre prono e supino in “soccorso dei vincitori”, cercando il ruolo di scendiletto degli Stati Uniti d'America, ancorché cercare all'interno dei popoli europei le ragioni ed i motivi per una comune battaglia per uno sviluppo sostenibile, per la tutela dell'ambiente, per la cancellazione delle diseguaglianze nel mondo.

Di fronte a tutte queste cose, ed a una stagione che si preannuncia buia e pericolosa, le forze del Centro Sinistra non hanno saputo trovare un'unità di intenti, timorose di fare la prima mossa, restando, così come la Margherita, in un “fragoroso” e colpevole silenzio.

Ed è per questo che, dopo tanti anni di impegno politico, ho deciso di abbandonare quel Partito Popolare nel quale per anni ho militato, credendo di trovare in questa formazione gli ideali di Sturzo e ritrovandomi invece in mezzo a tanti don Abbondio!

Non so se sono pronto per iscrivermi al vostro partito (PRC ndr), che guardo con tanta simpatia per la sua capacità di comprendere ed interpretare il disagio di un momento storico tanto buio, pericolosamente in bilico fra una deriva plebiscitaria di stampo peronista, ma nel quale però si avvertono segnali di un “altro” Paese, l'Italia di Genova che non si piega alla politica del Libro (quello di Berlusconi) e del Moschetto, o meglio del Manganello, tanto invocato dalla destra di Fini e Gasparri.

Luca Zardoni
Cesano Maderno, 7 luglio 2001
da "Liberazione"