Virus H5N1, influenza aviaria

La cura miracolosa per l'epidemia che non c'è

La prevenzione non consiste nel potenziare i servizi che dovrebbero gestire l'eventuale pandemia - come consigliano tutti gli esperti - quanto nell'acquisto di vaccini ancora da sintetizzare e di antivirali

Virus H5N1 al microscopio

Il virus dell'influenza aviaria H5N1 appare dorato in questa immagine colorata che mostra la crescita del virus nelle cellule (colorate in verde). L'H5N1 sarà probabilmente la causa della prossima "pandemia" aviaria.

Photo by CDC/C. Goldsmith, J. Katz, and S. Zaki

Prima di tutto le cattive notizie: ebbene sì, una nuova pandemia è possibile, anzi si potrebbe dire che è abbastanza probabile che prima o poi il virus influenzale azzecchi la combinazione più letale per la specie umana, esattamente come è possibile - anzi, probabile - che prima o poi un asteroide colpisca di nuovo la terra come avvenne 65 milioni di anni fa.

Inoltre, a differenza della traiettoria dell'asteroide, il compito del virus è facilitato dalle nostre pessime abitudini alimentari. Per produrre carne a basso costo, infatti, gli allevamenti sono stati trasformati in veri e propri ricettacoli di malattie come appunto le influenze aviarie che fanno strage di animali e rovinano gli allevatori a ondate ricorrenti, da almeno quindici anni. E va sottolineato che siamo in presenza di un ceppo particolarmente virulento, l'H5N1, strettamente imparentato con la spagnola che, nel 1918, uccise 40 milioni di persone.

La buona notizia è che, al momento, non c'è proprio nessuna prova che la pandemia sia dietro l'angolo come sostengono i telegiornali. E' molto più probabile che l'influenza di quest'anno assomigli al solito male di stagione (con una media di 700 mila vittime) o, nel peggiore dei casi, che sfoci in una variante di poco più grave. Dopo il 1918 ci sono state infatti già due pandemie gravi: l'asiatica del 1957 (quattro milioni di morti) e la "Hong Kong" del 1968 (due milioni di morti). Per trasformarsi in una nuova spagnola l'influenza aviaria dovrebbe prima imparare ad infettare gli esseri umani su larga scala conservando la propria virulenza, e poi mutare per diventare trasmissibile da persona a persona. Per quanto risulta all'Organizzazione mondiale della sanità ci sono casi di infezioni da animali - quelle per esempio che hanno colpito persone che lavorano degli allevamenti - ma non ci sono assolutamente prove che sia verificata la trasmissione fra esseri umani, una notizia ripetuta ossessivamente dai giornalisti ma, a tutt'oggi, mai confermata.

Al momento attuale nel sito che l'Oms dedica alle emergenze si trova uno scarno aggiornamento sull'influenza aviaria dove si dà notizia del quinto paziente trovato positivo all'H5N1 in Indonesia, mentre si enfatizza molto di più l'allarme poliomielite visto che ci sono ben 251 casi accertati nello stesso paese. Eppure la pandemia prossima ventura non manca mai dai telegiornali, rinforza le farneticazioni apocalittiche di Bush e spinge i governi a spendere montagne di soldi in prevenzione. Peccato che la suddetta prevenzione non consista nel potenziare i servizi che dovrebbero gestire l'eventuale epidemia - come consigliano tutti gli esperti - quanto nell'acquisto di vaccini ancora da sintetizzare e di antivirali. Anzi del solo farmaco che sembra capace di bloccare l'infezione: il Tamiflu prodotto dalla Roche di Basilea.

Gli ordinativi che stanno piovendo sulla Roche da parte dei governi sono davvero considerevoli: 2,3 milioni di dosi per gli Stati Uniti e la Svizzera, 5,4 milioni di confezioni per il Canada, 13 milioni ne vuole la Francia e 14,6 milioni la Gran Bretagna. Anche l'Italia non si tira indietro visto che il ministro Francesco Storace ha ottenuto dal ministero dell'Economia l'autorizzazione a comperare antivirali per il 10 per cento della popolazione del nostro paese, in aggiunta ai 5 milioni di euro stanziati dal suo ministero per i vaccini. Per la Roche, insomma, la paura globale prende la forma di una pioggia di soldi: nel 2004 il Tamiflu ha raddoppiato le vendite raggiungendo i 280 milioni di euro, destinati a raddoppiare entro quest'anno. Niente di male - è il mercato bellezza, ci dicono i fan dei brevetti. I bei tempi in cui la paura del contagio spingeva i governi a sospendere i brevetti e nazionalizzare la produzione del farmaco sono passati da un pezzo anche se, come si vede, il settore pubblico continua a essere un importante fonte di profitti per Big Pharma. Ma, al di là della polemica sui brevetti, si suppone che i nostri soldi vengano spesi se non per un'epidemia accertata almeno per un farmaco di provata efficacia. Invece il Tamiflu funziona in provetta, uccide il virus nelle cavie da esperimento ma nessuno è ancora riuscito a dimostrare che salverà davvero gli esseri umani dalla peste nera prossima ventura.

In realtà il Tamiflu non è neanche un prodotto particolarmente nuovo. Nel 1992 un'azienda californiana presentò una molecola in grado, si diceva, di arrestare ogni influenza perché agisce su di una sostanza (neuraminidase) che è necessaria al virus per diffondersi nel corpo dell'ospite. Il nuovo farmaco venne brevettato (la molecola è protetta dalle "contraffazioni" fino al 2017), venne confezionato in pastiglie e, nel 1999, venne lanciato sul mercato. Fu un fiasco. Troppo costoso come prodotto da banco, il Tamiflu non piaceva nemmeno ai medici di base, che segnalavano pesanti controindicazioni - soprattutto nausea e vomito - per alleviare sintomi che la gente era abituata a curarsi da sola. Due anni dopo il farmaco stava per essere ritirato mentre la Gilead, la partner californiana del progetto, faceva causa alla Roche per mancati guadagni con l'accusa di non aver promosso abbastanza efficacemente il prodotto. Al mancato rientro delle colossali spese affrontate dall'azienda per sintetizzare l'antivirale - più di 800 milioni di dollari - rischiava di aggiungersi anche una mazzata legale.

Poi è arrivata la notizia dei contagi avvenuti in Vietnam, in Thailandia, poi in Indonesia e in Cambogia, da parte di una variante molto aggressiva del virus, appunto l'H5N1. All'inizio la Roche esitava. Quando però si è saputo che un gruppo di ricercatori britannici aveva testato con successo il Tamiflu su alcuni campioni di tessuti risalenti alle vittime della spagnola, l'azienda di Basilea ha rotto gli indugi. In un comunicato stampa diffuso il 29 gennaio del 2004 annunciava che il Tamiflu è «efficace nel trattamento dell'influenza aviaria», precisando però che l'azienda attendeva ancora dati certi clinici certi. Come dice Laurent Kaiser, virologo del Centro nazionale per l'influenza di Ginevra intervistato da Christoph Keller per Das Magazin, «gli esperimenti in provetta e su animali non bastano a dare certezze sulle applicazioni agli esseri umani» aggiungendo che «darei il farmaco ai miei familiari, ma senza alcuna certezza che funzioni». Anche Martina Rupp, responsabile dell'ufficio stampa della Roche, ammette: «Al momento non si può fare altro che confidare nei test in vitro e in quelli su topi, scimmie e capre, che sembrano indicare l'efficacia del Tamiflu contro il virus dell'influenza sia aviaria sia umana. E sperare che vada tutto bene».

Abbiamo dunque un farmaco che salva un'importante azienda da un buco finanziario colossale, e anzi rivitalizza le sue quotazioni borsistiche (aumentate di oltre un terzo nei primi sei mesi del 2005), non perché sia particolarmente efficace - non avendo ancora passato la lunga e costosissima fase dei test clinici sugli esseri umani che servono appunto a dimostrarne il grado di efficacia - ma come risultato di una campagna più che allarmistica. Guadagni mostruosi ricavati non dai successi della ricerca scientifica ma da un'enorme paura alimentata con ogni mezzo mediatico che, fino a questo momento, non è assolutamente giustificata dai numeri. Eppure i sedicenti esperti continuano a consigliare l'acquisto preventivo dell'antivirale mentre, come abbiamo visto, i governi spendono i soldi dei contribuenti offrendo i propri cittadini come cavie sperando che, alla fine «vada tutto bene». Tanto nel migliore (e più probabile) dei casi, la fine del mondo è rimandata a tempi migliori mentre la "pandemia influenzale" è pronta per essere archiviata, insieme al millennium bug, fra le bufale mediatiche globali.

Sabina Morandi
Roma, 12 ottobre 2005
da "Liberazione"