Sconfitte le lobby economiche legate alle imprese elettriche e delle telecomunicazioni. Ora si attendono i decreti attuativi per l'introduzione concreta dei nuovi limiti.
Elettrosmog, finalmente c'è la legge.

Il Parlamento ha resistito alle pressioni delle lobbies economiche e finanziarie delle imprese elettriche e delle telecomunicazioni, approvando una legge che fa proprio il principio di precauzione: questo è il risultato più importante che scaturisce dal voto definitivo della legge-quadro sull'inquinamento elettromagnetico.

Soltanto poche settimane fa, infatti, la Confindustria era intervenuta direttamente chiedendo di non approvare la legge. E' stato, quindi, difficile giungere a questo voto finale, si sono dovuti superare ostacoli e tranelli.

Rifondazione comunista è stata in prima fila in questa battaglia in Parlamento e nel paese, è stata la sponda politica dei comitati e delle associazioni che si battono nel territorio per misure di tutela adeguate. Possiamo, quindi, essere soddisfatti di questo risultato: non era scontato.

Al tempo stesso, non dobbiamo commettere l'errore di pensare che sia tutto fatto. Al contrario, il veramente difficile comincia ora. Fatta la legge, occorre varare i decreti attuativi con l'introduzione concreta dei nuovi limiti di cautela e degli obiettivi di qualità, occorrerà applicare le nuove normative sul territorio, far funzionare i controlli.

Non sarà per niente facile, anche perché nella legge permangono alcune lacune (il sistema dei controlli e delle sanzioni, in primo luogo). Per questo, la nostra soddisfazione è senza retorica e senza enfasi. Noi diciamo che siamo solo a metà dell'opera.

Ci siamo battuti con grande forza ed in piena sinergia con i comitati e le associazioni e siamo comunque riusciti ad ottenere le cose fondamentali: il principio di precauzione è dentro la legge.

I valori di cautela (quelli per la protezione dagli effetti a lungo termine) sono limiti da non superare ovunque la popolazione risieda, il risanamento degli impianti esistenti si deve fare agli obiettivi di qualità (quindi ai valori più bassi), si mantiene inalterata la possibilità per le regioni e gli enti locali di intervenire per determinare misure di maggiore tutela delle popolazioni, secondo il principio di “minimizzazione”.

Abbiamo, quindi, vinto sui due principali punti di scontro: rendere la protezione dagli effetti a lungo termine condizionata alla valutazione del rapporto costi/benefici (si sarebbe, così, colpito il cuore della legge), impedire alle regioni e agli enti locali di poter intervenire attivamente sul territorio (impedendogli di decidere condizioni di tutela più avanzate nelle città).

L'ostilità della destra si è sciolta come neve al sole: sono stati bocciati tutti gli emendamenti che ha presentato con lo scopo evidentemente di far tornare la legge al Senato affossandola definitivamente, vista ormai l'imminenza dello scioglimento delle Camere.

Non hanno neanche avuto il coraggio di fare un'opposizione aperta alla legge perché sentivano addosso gli occhi delle associazioni e delle centinaia di comitati sparsi sul territorio nazionale.

Una tigre di carta questa destra, allorché non la si insegue ma, al contrario, la si sfida sul terreno di una vera politica riformatrice.

Emergono tutte intere le sue contraddizioni.

Parla di “libertà” della ricerca ma, guarda caso, ha votato contro una delle poche norme positive della recente legge finanziaria: il finanziamento pubblico della ricerca scientifica e dell'indagine epidemiologica sugli effetti dall'elettrosmog.

Vuole, quindi, non una ricerca “libera” ma una ricerca da “libero mercato”, in cui siano le imprese a finanziarla e a contrattarla.

La lotta continua, quindi, sia a livello nazionale per il varo dei decreti attuativi, senza i quali la legge è un corpo senza gambe, sia a livello locale per l'approvazione di leggi regionali e regolamenti comunali che applichino concretamente il principio di “minimizzazione”.

Questa vicenda ci parla, infine, di associazioni e comitati. Sono stati una forza decisiva nel condizionare tempi e contenuti della discussione parlamentare.

Rappresentano una ricchezza che noi dobbiamo valorizzare e che dobbiamo indagare. Esprimono, qualche volta non consapevolmente, una critica ai processi di liberalizzazione selvaggia propri del neoliberismo.

Non può partire anche da lì una nuova stagione dell'ambientalismo critico che tenti di collegare e unificare le battaglie che si svolgono sul territorio contro l'antenna selvaggia, le discariche, gli inceneritori, la distruzione delle coste e così via?

Walter De Cesaris
Roma, 15 febbraio 2001
da "Liberazione"