E' pienamente riuscita anche in Lombardia la giornata di protesta
del Prc contro la privatizzazione della sanità.
Fin dalle prime ore del mattino di ieri, centinaia di militanti con
cartelli e volantini hanno presidiato una cinquantina di ospedali lombardi,
nelle grandi città e in vari centri minori della regione.
Positiva la reazione della gente, che ha espresso consenso all'iniziativa
ed ai suoi contenuti, dando l'impressione di una presa di coscienza
che si sta rapidamente affermando dopo anni di consenso passivo.
Al centro della mobilitazione, la denuncia delle decisioni del governo,
in particolare la reintroduzione dei ticket e l'avvio del processo di
privatizzazione delle strutture ospedaliere pubbliche, con la consapevolezza
che la politica sanitaria nazionale ha ormai assunto il modello avviato
in Lombardia dalla giunta Formigoni fin dal 1997.
Proprio in questi giorni, si discute in consiglio regionale un documento
che la maggioranza di centrodestra vuole spacciare come “piano socio-sanitario”
regionale, ma che è di fatto un documento di indirizzo (il terzo da
un anno a questa parte) con il quale la giunta assume la delega ad intervenire
pesantemente sul piano strutturale ed organizzativo con atti amministrativi,
senza passare attraverso il confronto in consiglio regionale. Molti
sono gli elementi di questo documento che suscitano gravi preoccupazioni.
Intanto, la trasformazione degli ospedali pubblici in “fondazioni di
partecipazione”, l'ennesima trovata per superare il limite rappresentato
dalle fondazioni, che giuridicamente non hanno scopo di lucro.
Un altro elemento che determinerà gravi conseguenze è lo svuotamento
delle funzioni delle Asl, le quali non avranno più funzioni di erogazione
di prestazioni sanitarie.
I servizi vengono esternalizzati e conferiti ai privati. Stiamo parlando
della prevenzione materno-infantile (consultori), della prevenzione
sui luoghi di lavoro, dell'assitenza domiciliare integrata per i malati
cronici e portatori di handicap. Su queste ultime categorie, si infierisce
ulteriromente prevedendo addirittura il ricorso a fondi integrativi,
mutue e assicurazioni.
Questo presuppone, naturalmente, lo smantellamento di tutti i servizi
territoriali. Inoltre, si prevede la possibilità per le Compagnie di
assicurazioni di diventare soggetti concorrenti delle Asl in quanto
compratori di prestazioni sanitarie. Un vero e proprio colpo di grazia
all'idea di sanità pubblica, quale diritto universale garantito a tutti
i cittadini, è rappresentato dalla abolizione della figura del medico
di famiglia, sostituito da società formate da figure professionali mediche
e paramediche, che avranno l'obbligo dell'accreditamento.
Come ha rivelato Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi, la giunta si prepara
ad abolire la gratuità delle cure primarie suddividendole in tre fasce:
una prima fascia gratuita, una seconda fascia coperta da un sistema
mutualistico assicurativo obbligatorio, una terza a pagamento diretto
con ulteriori forme assicurative private.
A questo quadro già molto fosco, occorre aggiungere che il deficit previsto
dalle aziende sanitarie della regione per l'anno 2001 ammontava a 870
miliardi di lire, che la Regione ha chiesto di rivedere attraverso tagli
al personale ed alle prestazioni. Con tali tagli, il deficit previsto
alla fine del 2001 è di 430 miliardi, per recuperare i quali la giunta
sta decidendo quali nuove tasse introdurre. La politica della parità
e della competizione tra pubblico e privato nella sanità lombarda, ha
prodotto un'esplosione senza precedenti della spesa, passata da 14.500
miliardi del 1997, a ben 23.000 miliardi del 2001.
L'abbandono di una seria e articolata politica di prevenzione, viene
oggi pagata in Lombardia non solo in termini di accresciute sofferenze
per i cittadini, ma anche con questa vera e propria voragine del bilancio
sanitario, prodotto dal mix formigoniano di privatizzazioni e lucrose
ospedalizzazioni.