Sanità, no all'intervento dei privati
I costi della spesa sanitaria aumenterebbero anziché diminuire

Le dichiarazioni del presidente Amato sull'eccessiva spesa sanitaria delle regioni e sulla necessità di fare intervenire i privati, meritano qualche considerazione.

Veniamo a volte accusati di essere ideologici quando affermiamo che un sistema sanitario pubblico è migliore di quello privato sia dal punto di vista della spesa che da quello dell'efficacia delle prestazioni. Fa invece dell'ideologia chi legge un dato senza interpretarlo, saltando dei passaggi e arrivando a conclusioni preconcette.

 

La spesa sanitaria

Non si può infatti dire la spesa sanitaria è aumentata di 15mila miliardi, quindi occorre fare intervenire i privati. Bisogna prima chiedersi perché la spesa è aumentata, quali sono le finalità di questa spesa e perché se entrano i privati la spesa pubblica si riduce e migliorano le prestazioni.

Inutile sottolineare che questa è la tesi di Formigoni e della regione Lombardia e che ripresa in questa da un esponente più che autorevole della parte avversa un poco sconcerta, ma lasciamo stare e vediamo di cercare la verità.

 

Il sistema privato non fa diminuire la spesa

Uno studio recentemente pubblicato dall'Istituto di Economia Sanitaria di Milano che ha paragonato tre paesi europei con sistema sanitario nazionale - Ssn - (Regno Unito, Spagna e Italia) con altri tre che hanno una sanità basata su un sistema di assicurazione sociale di malattia - AsdM - ha notato che ambedue i gruppi di paesi hanno aumentato la spesa circa nella stessa misura (negli anni '60-'80 del 6,5 per cento; negli anni '80-'97 i paesi a Ssn sono aumentati del 2,9 per cento; del 2,7 per cento gli altri).

La spesa sanitaria pro-capite dei paesi a Ssn è inferiore a quella dei paesi a AsdM. Calcolata nei primi paesi aveva rispettivamente nel 1960, 1980, 1997 i seguenti valori in dollari costanti 227, 811, 1374 mentre gli altri avevano: 380, 1326 e 2082.

Il bello è che secondo gli indicatori noti (riduzione della mortalità generale, riduzione della mortalità infantile, riduzione della mortalità perinatale, riduzione della mortalità materna, aumento della speranza di vita alla nascita), non vi sono grandi differenze. Chi ha speso di più non ha ottenuto risultati gran che migliori di chi ha speso di meno in un contesto diverso e più pubblico.

 

Il peggioramento del servizio

Naturalmente tutto ha un limite perché i tagli pesanti operati dalla Teacher nel Regno Unito hanno portato ad un peggioramento dei servizi, quindi a peggiori risultati di salute.

Fare entrare i privati nel sistema sanitario (che peraltro ci sono già) non ha molto senso, perché i privati non entrano gratis; non solo vogliono che le prestazioni che forniscono vengano pagate, ma devono avere un profitto.

La spesa aumenta e non diminuisce come del resto si dimostra nei sistemi sanitari quasi totalmente privati come quello degli Usa.

Ma la proposta di Amato (e di Formigoni) è meno stupida di quanto sembri, perché l'intervento dei privati significa un aggravio di spesa per i cittadini.

In pratica i cittadini oltre a pagare con la contribuzione, i ticket (fino a quando ci saranno), dovranno accollarsi altre spese dirette o indirette.

In Italia la spesa sanitaria attuale pubblica raggiunge il 5,7 per cento del Prodotto interno lordo (Pil), quella privata è del 2 per cento, grava cioè per circa il 30 per cento di tutta la spesa ed è attribuibile in gran parte a cittadini che si rivolgono a strutture private o addirittura a strutture pubbliche a pagamento usando l'istituto della libera professione, perché il pubblico risponde in modo inadeguato o insufficiente ai bisogni di salute.

Sicuramente, nemmeno va trascurata una certa spesa indotta, scientificamente non giustificata, che comunque non è prevalente.

La spesa sanitaria italiana è troppo bassa

Per concludere, oggi in Italia abbiamo raggiunto il limite.

La spesa sanitaria è troppo bassa. Le scoperte tecnologiche in medicina che hanno avuto un grande sviluppo e continuano ad averlo finiranno per discriminare gli utenti secondo il reddito, perché il servizio sanitario non sarà in grado di rispondere a tutti nello stesso modo.

Non solo, ma quelle che sono considerate le fasce marginali della sanità, come gli anziani cronici, i malati psichiatrici, i tossicodipendenti, nonché tutto ciò che riguarda il tema della prevenzione, dall'igiene pubblica alla medicina del lavoro e alla veterinaria affinché vengano rafforzate. Ci dobbiamo battere perché progressivamente alla sanità venga assegnato il 10 per cento del Pil.

Fulvio Aurora, responsabile Sanità del Prc
Milano, 8 marzo 2001
da "Liberazione"