"Il grande errore di Dionigi il Piccolo, un monaco del IV secolo, che, incaricato da papa Giovanni I di preparare una cronologia, sbagliò la data di nascita di Gesù"

Numeri e millenni, il complesso problema della misurazione del tempo.

Ci risiamo. Come l'anno scorso, anche se indubbiamente con meno enfasi, ricominciano le discussioni sull'inizio del nuovo millennio. Ma allora, l'anno scorso abbiamo festeggiato invano? E' solo con l'alba del primo gennaio 2001 che potremo definitivamente dirci entrati nel XXI secolo e, per chi ci crede, al riparo dall'attesa apocalisse?

E davvero strano che una discussione così astratta e insieme così pignola, accalori la gente più diversa, da attempati filosofi a opinionisti televisivi, da studenti di fisica alle signore del parrucchiere. Ma i numeri, si sa, sono simboli potenti, e se non ci fossero le discussioni di fine anno a confermarlo basterebbe il giro dl miliardi dell'Enalotto. Se si può fermamente credere nell'esistenza di numeri ritardatari, quasi conservassero una memoria del loro sorteggio, come non cedere al fascino potente di una data, tonda e definitiva come un due e tre zero?

Era cristiana: i primi mille anni.

Del resto, anche se ci sentiamo i fortunati testimoni di un passaggio epocale, quello del millennio, appunto, non siamo i primi né gli ultimi a cimentarci con questa discussione che non riguarda solo una sottigliezza definitoria ma anche, e soprattutto, tutta l'inquietudine che si porta dietro. lì primo grande testo mai pubblicato sul passaggio del millennio risale alla fine del XVI secolo, e venne scritto dal cardinale Cesare Baronio che s'interrogava sul fermento millenarista - così si chiamavano gli apocalittici medioevali - che si concentrò, secondo il cardinale, più alla fine del mille che nel dicembre del 999. E' certo infatti che allo scoccare ditali date simboliche — in genere scandite dal passaggio dei secolo ma non solo — i movimenti millenaristi rialzavano la testa trascinandosi dietro intere schiere di emarginati.

Fine del mondo significava cambiamento, rivoluzione, ribaltamento sociale. Apocalisse significava distruzione ma anche, e soprattutto, la possibilità di ricominciare da zero per quei molti che non avevano un granché da perdere. Il senso era indubbiamente religioso e spirituale ma per secoli l'interpretazione della religione e il fermento sociale sono stati indissolubilmente legati, come è stato ben reso da un libro dell'anno scorso "Q", della mitica firma collettiva di Luther Blisset. Nelle rivolte contadine del XVI seco lo l'aspetto millenarista era fortissimo.

ma non era affatto legato al passaggio di data. Se mai la miccia venne innestata da Lutero che contestò alla chiesa di Roma di essere l'unica interprete delle scritture — e diede quindi alla gente comunque il diritto d'interpretare — e si appoggiò ai fermenti rivoluzionari per poi tradirli, alleandosi, con i principi tedeschi. Ma questa, come si dice, è un'altra storia. Resta il fatto che un tempo non si poteva fare una barricata senza invocare la fine del mondo e una data altamente simbolica era pur sempre una buona scusa per dare una cornice religiosa a una rivolta Sociale.

La paura dell'Apocalisse.

In epoca più recente, comunque, la discussione sul passaggio di millennio si è emancipata dalla paura dell'apocalisse anche se resta il fondo catastrofista è sempre una bella scusa per fare buoni affari. L'anno scorso, semplicemente battendo su questo tasto, le società d'informatica hanno guadagnato miliardi di dollari — in realtà nessuno ha avuto la faccia tosta di contarli, semplicemente minacciando il mondo di un arresto globale, un'apocalisse telematica che sarebbe stata innestata dal passaggio di data. Abbiamo avuto perfino i ministri operativi, tutti pronti ad affrontare l'emergenza del "millennium bug", con banche, società uffici amministrati, costretti a comprare dl corsa nuovi computer per evitare il fatidico blocco. Senza nessuno — esperti, scienziati, governanti, che osasse né prima né dopo la fatidica data, gridare alla bufala.

Il novecento di Freud.

Il passaggio al Novecento non fu segnato da simili bufale, ma il dibattito sulla questione della data fu molto intenso. Per dirimere la disputa si scomodò perfino il Kaiser Guglielmo lì di Germania, che dichiarò il secolo ufficialmente iniziato il 1^ gennaio del 1900, e trovò insigni alleati come Sigmund Freud e Lord Kelvin. Quasi contemporaneamente, dall'altra parte dell'oceano, quasi tutti i decani delle università statunitensi sceglievano il 1901 e finì che praticamente ogni importante celebrazione pubblica del nuovo secolo si tenne il 31 dicembre del 1900, anche in Germania.

Una data poco scientifica.

A questo punto, curiosità storiche a parte, qualcuno si aspetta una parola definitiva sulla questione, magari da un punto di vista scientifico o logico matematico, visto che, anche nei secoli passati si sono espressi insigni scienziati. Il problema è che la questione ha ben poco di scientifico e molto di storico. Per citare Stephen Jay Gould e il suo libro lì millennio che non c'è, datato '99: "Le discussioni sul millennio documentano la debolezza umana più che i dettami della natura, perché si trovano tutte dalla parte dell'arbitrarietà. All'altro capo, quello della realtà, la natura stabilisce tre cicli primari: i giorni come rotazioni terrestri, le lunazioni (...) come rivoluzioni della luna intorno alla terra, e gli anni come rivoluzioni della terra intorno al sole". Tutto il resto, insomma, è storia, simbolo, tradizione. Tutte complici nel tramandarci un errore fondamentale.

La scelta fatidica.

L'autore di questo errore ha un volto e un nome. Si tratta di un monaco del VI secolo, passato alla storia con il nome di Dionigi il Piccolo, cui venne affidato il compito di preparare una cronologia per il papa di allora, Giovanni I. Dionigi, come si faceva all'epoca, cominciò a conteggiare gli anni dalla fondazione di Roma ma, per rendere omaggio al papa, divise di nuovo il tempo dalla storica apparizione i Cristo. Dopo attenti calcoli decise che la nascita di Gesù doveva situarsi intorno al 25 dicembre dell'anno 753 dalla fondazione di Roma, e ricominciò il conteggio a partire dal 1^ gennaio, che corrispondeva alla festa della circoncisione — otto giorni dopo la nascita — e al primo giorno dell'anno sia per i romani che per i cristiani. E lì cominciarono i guai.

Prima di tutto Dionigi sbagliò la data di nascita. Essendo Erode morto nel 750 dalla fondazione di Roma, per essersi "incontrati" —vedi censimento che portò la sacra famiglia a Betlemme, e strage degli innocenti — Gesù deve essere nato il 4 avanti Cristo se non prima. Ma, a parte il notevole paradosso di un Gesù nato quattro anni prima di Gesù, Dionigi fece un altro errore, che ebbe conseguenze molto più durature. Il fatidico primo gennaio da cui aveva ricominciato a contare, venne da lui definito "Anno Uno dopo Cristo" e non, come sarebbe stato corretto, l'anno Zero dell'era Cristiana. In pratica Dionigi ha dimenticato dì cominciare a contare il tempo da zero, scombussolando in questo modo il sistema abituale dì computo. Insomma, nell'anno in cui Gesù aveva un anno, il sistema di calcolo del tempo che apparentemente era iniziato con la sua nascita aveva già due anni.

Lo zero che non c'era.

Dionigi, però, aveva un motivo molto serio per compiere questo errore che, stanti le conoscenze dell'epoca, era assolutamente inevitabile. Nel sesto secolo la matematica occidentale non aveva ancora sviluppato lo zero. Veniva utilizzato sporadicamente dagli egizi, dai cinesi e dai maya, ma Dionigi non poteva certo saperlo. In realtà il concetto di zero venne ideato dai matematici indù e dagli arabi verso la fine dell'VIII secolo, e ci mise un po' di tempo per arrivare in Europa. Fu proprio il papa dello scorso millennio, Silvestro Il, che fu pontefice dal 999 al 1003, a introdurre il concetto di zero e il moderno sistema arabo di numerazione, forse il più grande contributo alla scienza occidentale proveniente dall'Islam.

Sono ormai secoli che ci trasciniamo dietro questo errore. Ogni anno che termina con uno "00" dovrebbe essere considerato il centesimo e l'ultimo del secolo, indipendentemente dalla sensibilità comune. Il 1900 si è accompagnato ai precedenti 1800 anni per formare il XIX secolo, e il 2000 è stato sicuramente l'anno conclusivo del XX secolo, e non il primo del millennio. Se Dionigi non avesse sbagliato, la logica e la sensibilità comune coinciderebbero, ma così non è andata.

La questione del millennio, quindi, appartiene alla sfera del simbolico più che a quella del calendario. Ciò che è accaduto, di fatto, è che sia i festeggiamenti sia le paure apocalittiche dal "millennium bug" ai film catastrofisti si sono concentrati tutti negli ultimi mesi del '99, mentre in questo capodanno — davvero il primo del nuovo millennio —l'ansia millenarista sembra un po' sopita. Per chi, invece, avesse ancora paura della fine del mondo ci sono due dati rassicuranti.

I calcoli di Ussher.

Il primo riguarda la più fedele e puntigliosa datazione del mondo che sia mai stata concepita, quella calcolata dall'arcivescovo James Ussher, primate anglicano d'Irlanda, nel 1650. Ussher fissò la data dell'inizio del mondo e quella della sua fine, esattamente seimila anni dopo. Basandosi sui calcoli di Ussher, e compensandoli con l'errore di Dionigi e altri scherzi del calendario, abbiamo una data, e un'ora precise per l'apocalisse: il 23 ottobre 1997, a mezzogiorno. Ussher aveva basato i suoi calcoli su di un uso letterale della bibbia, sommando una dietro l'altra le vite dei patriarchi fino a risalire ad Adamo ed Eva. Un metodo come un altro ma che, come si è visto, non ha funzionato.

Il secondo punto da ricordare, tanto per relativizzare un po' la potenza dei numeri, è che il 2001 è tale solo per i cristiani. Per chi abita a Roma basta farsi una passeggiata nel quartiere ebraico, entrare in una di quelle pasticcerie tipiche del ghetto più antico d'Europa, e consultare il calendario: siamo nel 5761 e, per festeggiare il capodanno, dobbiamo aspettare il 18 settembre, quando entreremo nel '62. Ma se questa cifra vi fa sentire troppo vecchi aspettate allora la primavera: il 26 marzo entrerete nel 1422, sempre che Allah sia d'accordo.

Sabina Morandi
Roma, 30 dicembre 2000
da "Liberazione", 31 dicembre 2000.