Il caso di Simonetta, insegnante di religione, licenziata perché ragazza madre

Se il crocifisso diventa un'arma

Libertà di insegnamento? Non per la chiesa.

Un'insegnante di religione della scuola pubblica viene rimossa dall'incarico perché sta per diventare madre fuori dal matrimonio. Il "frutto del peccato" di Simonetta non può essere mostrato in pubblico, per lo più agli occhi degli studenti di una scuola media. Dice così in estrema sintesi la motivazione della diocesi fiorentina, che con il beneplacito della Corte di cassazione, le ha revocato l'abilitazione all'insegnamento e che in base ai patti concordatari ha fatto scattare il suo licenziamento.

Che religione è una religione che può impedire ad una ragazza madre di insegnare in una scuola è sensato domandarselo. Ma innanzitutto, da laici, dobbiamo interrogarci se si può ancora considerare laico lo Stato italiano, se leggi o trattati che siano, come in questo caso il concordato, possono consentire atti di inciviltà, di ingiustizia, di discriminazione come questo, che si ripetono spesso nell'indifferenza dell'opinione pubblica e che sedimentano culturalmente nella coscienza collettiva.

Non c'è da stupirsi quando ad un tratto conquiste e diritti considerati inattaccabili, vengono sottoposti ad attacchi inusitati, come sta avvenendo con la 194, con la legge sulla fecondazione assistita, con l'art. 18, e su tutti i temi che attengono le libertà individuali. La repressione interna, l'omologazione culturale, lo scardinamento dei diritti sociali e civili, sono parte integrante di questa crisi della globalizzazione neoliberista.

Mi chiedo se non sia giunto il momento di ragionare apertamente, laici e credenti di tutte le religioni che oggi stanno provando a costruire un altro mondo possibile, e insieme si mobilitano straordinariamente per la pace, perché i principi contenuti nell'articolo 3 della Costituzione possano essere estesi a tutti e perché la collettività, lo Stato, recuperi il suo ruolo di garante, rimuovendo tutti gli ostacoli che si oppongono al godimento di questi diritti fondamentali. E' del tutto evidente che siamo attraversati da una spinta regressiva di cui questa maggioranza di destra è violentemente portatrice, guidata da un cocktail di furore ideologico: quello revisionista e integralista della Lega e di Alleanza nazionale si mescola all'apologia del mercato e della selezione sociale dei berlusconiani.

Non è dunque un affare di laicismo o di anticlericalismo il richiamo che storie come quella di Simonetta ci impongono, ma un grido di coscienza civile ed etico, di quell'etica pubblica costruita sui diritti sociali e civili che dovrebbe fondare uno stato laico, e su cui questo movimento dei movimenti per la sua articolazione credo abbia qualcosa di originario da esprimere. Anche la coscienza cristiana, davanti a storie come quella di Simonetta in cui la persona e la sua dignità vengono profondamente violati e così anche lo stato di diritto, non può tacere.

Se principi sanciti dalla nostra Costituzione vengono così aggressivamente erosi giorno per giorno, la politica non può restare immobile. Non si può restare indifferenti davanti alle parole che come pietre sono state lanciate sul corpo di Simonetta e sui tanti corpi che quotidianamente sono oggetto di discriminazione, pregiudizio, omofobia. C'è un processo di monopolio etico che invade prepotentemente le istituzioni laiche della Repubblica: la scuola in primis, come luogo strategico della formazione critica, che la Moratti vorrebbe trasformare in un servizio di indottrinamento subalterno al pensiero unico e alla morale unica.

Lo chiedo ai tanti amici cattolici: finanziamenti pubblici e buoni scuola, ora di religione ormai obbligatoria nella scuola dell'infanzia, assunzione di docenti di religione con meccanismi del tutto autonomi dai normali sistemi di reclutamento, non sono decisamente troppo a carico della scuola pubblica? Difenderla, restituendole la laicità e la pluralità che la nostra Costituzione le conferisce deve essere un obiettivo prioritario per costruire un'altra cittadinanza possibile. La scuola come laboratorio di pace deve contrastare ogni guerra di religione: e quel crocifisso, se imposto con la forza della legge, non è più un crocifisso ma un'arma che ferisce.

Il caso di Simonetta, l'attacco alla libertà di insegnamento, la ricattabilità e la precarizzazione perenne, non possono considerarsi scissi dal quadro complessivo di attacco ai diritti del lavoro che si sta producendo dentro questa globalizzazione. Non è più il tempo solo di resistere in attesa di momenti migliori. Ma per fermare questa regressione è necessario oggi battersi per una estensione dei diritti civili e sociali, e su questo terreno sfidare e battere le destre. Ce lo dicono le straordinarie mobilitazioni di questi mesi, il conflitto che si sta riaprendo nel paese.

Di questo ci parla la nostra battaglia a difesa della scuola pubblica e per l'estensione dell'art. 18. Di questo ancora ci parla l'iniziativa parlamentare che abbiamo assunto in queste settimane nei confronti del governo che è chiamato a recepire entro il 10 aprile la direttiva europea contro le discriminazioni sul lavoro motivate dall'età, la religione, l'orientamento sessuale, l'handicap. Simonetta ha presentato un ricorso alla corte europea, siamo con lei, e siamo convinti che lo vincerà. Anche noi possiamo vincere.

Titti De Simone
Roma, 2 marzo 2003
da "Liberazione"