Un aspetto della "riforma" Moratti è la prospettiva dell'abolizione del valore legale del titolo di studio

Titolo di studio? C'è chi vuole svalutarlo!

Meglio puntare sulla qualità della nostra scuola

Tra una protesta dei precari, una manifestazione dei “sissini”, indignazione per il bonus per le famiglie che scelgano la scuola privata, c’è un’altra voce che inizia a farsi sempre più insistente nel sistema dell’istruzione italiana: l’abolizione del valore legale del titolo.

Molti, dinanzi ad una tale ipotesi si mostrano possibilisti, valutando positivamente questa eventualità.

Accogliere questa proposta come la strada per poter risolvere tutti i mali della scuola italiana, è il sintomo di una mancanza di capacità di analisi su quali potrebbero essere gli scenari futuri in tempi relativamente brevi:

  1. L'abolizione del valore legale porterebbe a notevoli discriminazioni tra lauree conseguite in una università piuttosto che in un altra. Ciò è quanto succede già in America o in altri paesi dove conta solo la laurea presa ad Harvard, Oxford o al Mit.

    Questo significa che il titolo conseguito non sarà affatto considerato se non ci si è laureati in una università molto quotata, quindi o si è disposti a sborsare migliaia e migliaia di euro per iscriversi in tali università o si investono, coscientemente, le proprie energie in un riconoscimento non spendibile nel mercato del lavoro.

  2. Il fatto che il valore legale non esista, autorizza a considerare in un concorso altri titoli come validi per poter accedere alle prove (leggi Master). Infatti non si potrà protestare se ad esempio l'ente previdenziale imponesse, nel suo bando d’assunzione, il conseguimento necessariamente di un costoso master (tipo 25.000 euro) ad esempio in "Manager and Management in servizi previdenziali".

    Nessuno potrà obbligare tale ente ad assumere semplicemente in base al titolo di laurea visto che questo non avrebbe valore legale !!!

E c'è di più. A tal punto non sarebbe difficile ipotizzare la nascita di Master creati ad arte per poter accedere a determinati concorsi con la promessa che quel master dia “diritto ad un posto” presso quell'azienda o quell'ente.

Ciò, chiaramente, si configurerebbe come una sorta di tangente: vuoi lavorare ad esempio in una azienda di trasporti pubblici? Fai un master da 30.000 euro in "Gestione e Marketing di trasporti pubblici" e ti assicuri il posto, con tali master organizzati direttamente dall'azienda o da enti ad essa collegati.

Praticamente sarà come comprarsi il posto con inutili Master creati ad arte dalle stesse aziende, le uniche a trarne da essi notevole profitto.

Non è questa la direzione giusta, stiamo sbagliando !! Non si può liberalizzare il settore dell'istruzione in modo così selvaggio: bisogna puntare su nuovi programmi, su nuovi metodi di insegnamento, su ricerca, cominciando dalle elementari.

Bisognerebbe eliminare i “diplomifici” ed evitare che si arrivi anche ai “laureifici”, verso i quali, per altro, oggi ci stiamo avviando. Non si può correre dietro all'Europa imitandola in settori chiave come l'istruzione pubblica.

I nostri ingegneri sono stati sempre i più apprezzati al mondo e l'Inghilterra, solo per fare un esempio, ci ha chiesto migliaia di medici per la loro bravura (e già qui ci sarebbe molto da ridire, perché sappiamo quanto sia troppo spesso falsata da noi la laurea in medicina, conseguita anche da parecchi asini, figli di papà e di medici, nonostante ciò ritenuti molto più bravi di quelli inglesi e di tutti quelli che si sono laureati laddove ci si laurei facendo solo quiz a risposta multipla).

Bisogna puntare sull'istruzione, su quella vera ! Un noto professore universitario diceva che solo col sudore si acquisiscono veramente i concetti. Pur essendo egli un fisico aveva l'umiltà di ammettere che aveva compreso appieno, con padronanza, la relatività di Einstein solo dopo 20 anni. Sono contrario alle lauree facili o a tutti i costi per stare dietro all'Europa. Si possono cambiare i programmi, modificarli per favorire l'occupazione e lo sviluppo, ma non è regalando i titoli o togliendo loro valore legale che si risolvono i problemi.

Salvatore Longobardi
6 settembre 2003