Riforma della Scuola Superiore

Confusione e ambiguità morattiane

Uscita una bozza ministeriale del decreto sulla scuola secondaria superiore

Ecco dunque il decreto sulla secondaria superiore. La bozza almeno o, meglio, una bozza, in qualche parte ancora incompleta. Ma che dovrebbe dirci che fine faranno a partire dal 1 settembre 2006  i diversi ordini di scuola, gli studenti che si iscriveranno, gli insegnanti e il personale che vi lavora. Per il prossimo anno scolastico infatti non entra in vigore nulla, mentre l’anno scolastico 2006-2007 è individuato come l’anno di avvio dell’applicazione della legge. Gli alunni iscritti fino all’anno 2005-2006 continueranno col vecchio sistema, fatta salva, par di capire, la collocazione istituzionale dell’istruzione professionale.

Scontata la divisione ciclo secondario superiore (o, meglio, del secondo ciclo) nei due contestati sistemi dei licei da un lato e dell’istruzione e della formazione professionale dall’altro, già prevista dalla legge 53 e ripresa nei primi articoli del decreto, tutti si aspettano di sapere quale sarà la propria sorte.

Il sistema dei licei

Il sistema dei licei sarà suddiviso in otto licei (anche questo era già previsto dalla legge 53): 

  1. artistico
  2. classico
  3. economico
  4. linguistico
  5. musicale e coreutico
  6. scientifico
  7. tecnologico
  8. delle scienze umane

I licei artistico, tecnologico e economico saranno articolati in ulteriori indirizzi (anche questo era già previsto dalla legge 53, ma non era scontato nelle posizioni più astrattiste che ne erano seguite), i quali saranno:

  1. per il liceo artistico:
    • arti figurative
    • architettura-design-ambiente
    • audiovisivo-multimediale-scenografico
  2. per il liceo economico:
    • economico aziendale
    • economico istituzionale
  3. per il liceo tecnologico:
    • meccanico
    • elettrico ed elettronico
    • informatico e della comunicazione
    • chimico e biochimico
    • sistema moda
    • agrario
    • costruzioni e territorio

I corsi di tutti i licei saranno suddivisi in due bienni e un anno terminale. Gli alunni, ancorché valutati tutti gli anni, saranno promossi o respinti solo al termine dei bienni (tranne non meglio specificati motivi molto gravi) se non avranno raggiunto tutti (tutti!) gli obiettivi previsti. Gli obiettivi saranno definiti in appositi regolamenti di cui cominciano ora a conoscersi ufficiosamente le bozze.

I corsi saranno conclusi dall’esame di stato a cui gli alunni accedono previa ammissione e le cui prove saranno in parte decise dalla commissione (interna) e in parte dall’Invalsi.

Gli orari di lezione saranno però differenti da liceo a liceo:

Se ne desume che le ore opzionali obbligatorie  nel liceo economico e le ore opzionali di laboratorio nei licei tecnologico ed artistico caratterizzeranno l’indirizzo specifico dei licei in questione. Gli orari sono dunque sostanzialmente due: 30 ore obbligatorie +3  facoltative  nel classico, nel linguistico, nello scientifico e nel liceo delle scienze umane e 33 + 3 nell’artistico, nell’economico e nel tecnologico.

Nell’orario facoltativo potranno essere ingaggiati a contratto anche esperti esterni, nel caso che le attività riguardino materie non copribili da personale abilitato. Se ne desume che l’organico di diritto sarà costituito solo sulla base dell’orario obbligatorio.

Nell’orario obbligatorio non opzionale andrà però compresa la religione cattolica (o l’ora alternativa), la quota (non definita) riservata alle regioni e quella (non definita) riservata all’autonomia della singola scuola. L’articolazione oraria si configurerà perciò come un mosaico variabile da regione a regione, da scuola a scuola.

Per lo svolgimento delle attività didattiche spunta come un fungo “il docente in possesso di specifica formazione” che svolge funzioni di orientamento (di chi? degli alunni? dei docenti nell’individuare le attività facoltative da mettere in essere?) nella scelta delle opzionali obbligatorie, facoltative e di approfondimento, di tutorato degli studenti, di coordinamento delle attività educative e didattiche, di cura dei rapporti con le famiglie e della documentazione dello studente. In altre parole il tutor, unico e plurivalente, ancorché si dica aiutato dai colleghi.

Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.

A partire dall’anno scolastico  2006-07 l’istruzione professionale passerà gradualmente alle regioni. Passeranno beni, risorse e personale.  Ma il trasferimento è subordinato  alla definizione dei livelli essenziali  di prestazione e di servizio da mantenere da definirsi attraverso accordi Stato-Regioni. Comunque a partire dal 2006-07 la cosa si concretizzerà anche con un potenziamento dei corsi “tappabuco” definiti sperimentali o integrati. Il diritto dovere fino a 16 anni si realizza solo nei corsi rispondenti ai livelli essenziali. I livelli essenziali di prestazione saranno definiti con apposito regolamento e ad essi dovranno attenersi le regioni che dovranno assicurare, come livello essenziale, il soddisfacimento della richiesta di frequenza.

I corsi, come già previsto dalla legge 53, saranno triennali  o quadriennali. I triennali daranno luogo al conseguimento di una qualifica professionale. I quadriennali al conseguimento di un diploma professionale.

Gli orari dovranno essere di almeno 990 ore annue (30 ore settimanali medie, ndr)

Non vengono definite né aree né indirizzi, la cui definizione viene rinviata ad intese in sede di Conferenza Unificata, alla possibilità di riferirsi a figure professionali presenti sul territorio e purchè siano rispettati gli standard minimi previsti per la spendibilità nazionale ed europea. Nei primi due anni di corso le regioni devono comunque assicurare la prevalenza nell’orario obbligatorio di insegnamenti afferenti a competenze in:

mirate in relazione al livello della qualifica e del titolo.

Devono anche assicurare interventi di orientamento e tutoraggio.

Gli insegnamenti devono essere affidati a docenti abilitati ma anche ad esperti  in possesso di una documentata esperienza nel settore professionale di riferimento per almeno cinque anni.

Per la valutazione occorre che gli studenti siano stati valutati dai loro docenti, che abbiano un certificazione di tutti i percorsi fatti, che superino esami per la qualifica e il diploma professionale, che questi esami siano fatti dai docenti.

La dizione è alquanto vaga e ambigua perché si attribuiscono compiti di insegnamento  a docenti abilitati e ad esperti senza precisare quote, non si si dice quanti e quali, né dove. E quando si parla di valutazione si fa riferimento ai docenti senza lasciar capire se si intendano, alla lettera, i docenti abilitati veri propri (ma allora perché non dirlo esplicitamente?) o tutti gli insegnanti, compresi gli esperti.

Non sono, per ora,definiti gli standard minimi delle strutture e dei servizi: a questo, giova ricordarlo, è legata la sorte degli Ata.

Le regioni sono poi tenute a curare per quanto di loro competenza le passerelle da un sistema all’altro.

Nell’insieme tutta la partita sul canale professionale resta nel vago non solo per le necessarie intese che ancora non ci sono, e che daranno luogo comunque a condizioni differenti da regione a regione, ma perché è proprio di questo settore la sregolatezza e l’imprecisione, ricercata e spacciata per flessibilità e adattabilità Ma che in realtà si traduce in un forte elemento di differenziazione col sistema dei licei.

La mancanza di pari dignità emerge da subito in questa differenza di logica, rafforza quella già individuata nei tempi del percorso scolastico di 5 anni nei licei e massimo di 4 nel professionale (e non vi è nessuna traccia dell’anno integrativo per proseguire nell’università), e si enfatizza nel fatto che mentre nei licei si prevedono due lingue straniere qui le competenze linguistiche riguardano la sola lingua inglese.

Pino Patroncini
Roma, 18 dicembre 2004