Il buono scuola di Formigoni

Il centrodestra non promuove solo tagli alla scuola

Lombardia: 45 milioni di euro per il “buono scuola 2009” e solo 8,5 milioni per il diritto allo studio di tutti.

Il centrodestra non promuove solo tagli alla scuola. Quando vuole finanzia. E lo dice Rifondazione. Non il Governo. Succede in Lombardia, la culla della società berlusconizzata. La palestra di Gelmini (e di Valentina Aprea, la guru della scuola in Forza Italia) e il laboratorio di Formigoni, dove l'alleanza tra leghisti, ciellini e Forza Italia si fa in nome della libertà, della famiglia e dei danée. Tutto ciò che è pubblico, Stato, comunità trasformato in privato, azienda, opportunità. Un rovesciamento dei dettami costituzionali a colpi di autonomia e bugie. Lento e inesorabile. Come il “buono scuola”. Il sussidio rivolto alle famiglie che scelgono le scuole private che la Regione eroga da anni e che il Prc analizza e denuncia in un libro - dedicato all'Onda studentesca - ricco di tabelle, leggi, comparazioni. SCARICA IL DOSSIER (680Kb)

I numeri sono senza appello: 45 milioni di euro per il buono scuola 2009 contro 8,5 milioni per il diritto allo studio di tutti. In sette anni la Regione ha stanziato 282 milioni a favore di 92mila studenti delle private, contro 50 milioni per i restanti 967mila. Perché? Ideologia. Pura. Con meta finale le fondazioni e la parità scolastica sul mercato. Ciascuno si scelga la scuola che si merita socialmente e impostata culturalmente come crede: cattolica, relativista, creazionista, leghista... E nel frattempo Formigoni fa campare le private e discrimina: 707 euro a studente privato contro 7,99 euro per il 90% che va alla pubblica. Ma che volete che sia. Per una crociata come questa nel nome della relatività ciellina dello Stato, non si stanno lì a contare i centesimi. Se nel 2001 solo il 50% degli studenti alle private si prendeva il sussidio pubblico, adesso sono il 70%. E gli stanziamenti sono nel frattempo aumentati del 50%. «Loro la chiamano riforma, noi scandalo - commenta Luciano Muhlbauer, consigliere regionale del Prc - soprattutto nei confronti della protesta in piazza da anni nella nostra Regione, da Moratti a Gelmini».

Ovviamente, siccome deve trattarsi di “libera scelta per le famiglie” (la crociata) e non di sovvenzione ai ricchi, la Regione continua a mettere un tetto ai redditi che possono accedere al sussidio: un “riccometro” (su modello Isee). Però non funziona. Visto che il 75% del denaro (per rimborsare un quarto o metà della retta) va a famiglie che dichiarano fino a 198mila euro di reddito. «In 3.000 dichiarano al fisco un reddito tra 100 e 200mila euro e ricevono lo stesso il sussidio», specifica Muhlbauer. D'altronde alle private vanno i ricchi, i benestanti. E nemmeno “meritevoli”, come si pretende invece per l'erogazione di un qualsiasi sussidio per uno studente della scuola pubblica. I ricchi sono meritevoli di nascita. Ma basta avere pazienza. E poi saranno costretti ad andarci tutti, alle private. Perché lo scopo è questo. E infatti è meglio prepararlo questo futuro. Non sia mai che gli istituti privati non siano in grado di accogliere gli studenti. Così, nonostante siano state escluse con atto formale e risparmioso dai fondi per l'edilizia scolastica “negoziata” (6 milioni di euro per 10 progetti, uno solo pubblico) le “nuove costruzioni”, risulta a bilancio che 4,5 milioni siano andati alla Fondazione Charis di Crema, un istituto privato di area Cl, per una nuova sede. Altri soldi pubblici alle private. Sperando che nulla succeda di grave come a Torino nelle scuole pubbliche a pezzi. Ma si può sempre dire che “alle private” non sarebbe successo.

Purtroppo il lavoro di Rifondazione è solitario. Il Pd è molto impegnato a cercare il buono del modello lombardo. E i media sono pigri. «Uno dei problemi maggiori - spiega Muhlbauer - è che i cittadini lombardi non sanno nulla di tutto ciò. Formigoni continua a parlare di soldi per la scuola come se fossero per tutti, ha addirittura infilato i fondi del “buono” nel piano anticrisi per le famiglie. E nessuno sa che i soldi vanno a pochi e selezionati per reddito e per ideologia o appartenenza confessionale. Una discriminazione». D'altronde il Governatore è una macchina da consenso, lui detta ai giornalisti. Le domande non sono quasi mai ammesse.

Eppure qualcosa da chiedere ci sarebbe. A partire da quell'articolo 33 della Costituzione che recita: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Come si fa a metterlo in soffitta? Basta dire nella legge che il buono è per tutti e poi inserire nel regolamento un tetto d'accesso. Al contrario. Il sussidio va a tutti quelli che spendono più di un tot. Ovvero mandano i figli alle private. E il rovesciamento del welfare è realizzato. In maniera perfetta visto che il 99,63% dei fondi erogati è finito a enti privati. Ma dopo anni di sperimentazione non sarà nemmeno necessario questo trucco. C'è una nuova legge regionale (la n.19 del 2007) che ha come art.1 un manifesto: «Le politiche regionali si informano ai principi della centralità della persona, della funzione educativa della famiglia, della libertà di scelta e della pari opportunità di accesso ai percorsi, nonché ai principi della libertà di insegnamento e della valorizzazione delle professioni educative, dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e formative e della parità dei soggetti accreditati che erogano i servizi». In nome di questa controrivoluzione la legge «avocare a sé tutti i soldi sulla scuola, cosa che ovviamente non si può fare - spiega Muhlbauer - e intanto rende esplicito e definitivo il buono scuola. Solo chi fa domande alle paritarie può chiederlo». Cambia anche nome: “dote di libera scelta”.

Tutto il sistema lombardo ignora la definizione “pubblica” del bene istruzione. Un modello parallelo e in conflitto con quello nazionale. Ma anche in contrasto con le leggi. Lo denunciò la Cgil. E l'allora ministro dell'Istruzione Fioroni, impugnò la legge davanti alla Corte Costituzionale. E non dovevano aver torto, visto che la Regione un anno dopo promuove minimi cambiamenti. Le scuole professionali, ad esempio, tornano a seguire gli standard d'insegnamento nazionali. Un modo per far dire al governo che l'impugnativa davanti alla Suprema Corte non ha più senso d'esistere. E ritirarla. E nel frattempo dedicarsi al grosso. Demolire. Sanno come fare. Hanno cinque anni. E mezzo Pd è con loro. Chi li fermerà?

Claudio Jampaglia
Milano, 28 novembre 2008
da “Liberazione”