Insegnanti, studenti, scuola
tra privatizzazione e aziendalizzazione

Un anno scolastico da non dimenticare

Si sta concludendo, in un clima di attesa, anche quest'anno scolastico, segnato da un'ampia e costante mobilitazione, che ha visto i lavoratori della scuola impegnati in una quantità di scioperi senza precedenti, sommando quelli convocati dai sindacati di base con quelli dei confederali. Una tenuta e continuità di lotta da far invidia ai settori storicamente più impegnati della classe operaia. Conseguenza dell'inarrestabile processo di proletarizzazione di questa categoria? Vitalità dei lavoratori pubblici, grazie ad una condizione, ancora oggi, di minore ricattabilità? Identificazione con l'istituzione pubblica, sempre più tartassata, come accade da un bel po' alla scuola?

Probabilmente la risposta è nella somma di tutti questi aspetti ed altri ancora, che hanno consentito ai lavoratori della scuola di costituire una prima consistente contraddizione per il governo Berlusconi. Cosa che assume un valore ancora maggiore, se si pensa che sono già stati una vera e propria spina nel fianco di quello di centrosinistra, promotore della legge di parità e dell'avvio del processo di aziendalizzazione, che la Moratti vorrebbe ora spingere ancora più avanti. A sua volta il movimento degli studenti ha prodotto iniziative più mature, ricche nei contenuti e nelle forme di lotta, mutuate in parte dall'evento di Genova, ma incentrate prevalentemente sulla riforma della scuola.

Sembra perciò incredibile che, di fronte a tale mobilitazione, ai provvedimenti di riforma (si fa per dire), messi in campo con la legge delega ed al palese diniego del governo ad assumere impegni, almeno sulla possibilità di aprire una fase contrattuale con qualche riferimento economico certo, questo non ordinario anno scolastico si chiuda come se nulla fosse accaduto, come se gli stipendi di tanti di noi fossero stati falcidiati per scherzo. E' evidente che la "vertenza scuola" s'inserisce in un contesto più ampio, e la straordinaria partecipazione dei lavoratori del settore allo sciopero generale, con oltre il 75% di adesioni, testimonia anche di una consapevolezza su temi più generali, come quelli riguardanti le tutele sul lavoro, di questo strano ed anomalo mondo.

Ci aspettiamo ancora che qualcuno batta un colpo e si ricordi che quando si aprono vertenze dure, esse debbono avere un seguito e se possibile una conclusione positiva. Inguaribili ottimisti, siamo convinti che un patrimonio tanto grande sia ormai troppo sedimentato, perché possa sfumare la possibilità di dare un seguito a tutto quello che in questi anni di lotte è stato espresso. Siamo fortemente impegnati, come partito, nei referendum, che cercano di cogliere anche questo aspetto, ossia la necessità di dare una spinta in avanti a lotte e mobilitazioni, delle quali è altrimenti anche difficile rintracciare il senso di un percorso minimamente rivolto al futuro.

Non abbiamo mai pensato che con questi referendum si possa esaurire la necessità di generalizzare e far avanzare lotte nate comunque dal basso. Per quello che riguarda la scuola, il referendum sulla legge di parità può tentare di riconnettere tutti i temi che l'hanno attraversata in questi anni, può finalmente dare voce a quella stragrande maggioranza di italiani che sono contro il finanziamento alle scuole private e vorrebbero un vero ed esclusivo sostegno alla scuola pubblica.

La partita dei referendum è nel suo complesso una grande occasione di restituzione alla società di problemi, a cui una cattiva politica ha sottratto la possibilità di essere persino degnamente rappresentati nelle istituzioni. I temi dei diritti sul lavoro, delle tutele ambientali, della centralità della scuola pubblica parlano di uno scontro sociale forte e pericoloso, ma anche di un futuro, che per un'alternativa di sinistra non può che ripartire da questi contenuti. E' questa un'ottima occasione per dichiarare da che parte si sta, su queste questioni di fondo, e se s'intende sul serio lavorare per un'inversione di tendenza.

Decine, centinaia di banchetti per la raccolta delle firme, accompagnati possibilmente da altre iniziative, sono anche presidi di democrazia, in una fase in cui persino il Parlamento viene espropriato della possibilità di discutere e decidere su questioni che riguardano diritti fondamentali. Contattare, parlare con migliaia di persone e farle esprimere è una sfida appassionante in un momento in cui il dissenso rischia la cancellazione da parte dei media, di essere criminalizzato o penalizzato da esorbitanti sanzioni pecuniarie (Fallaci docet).

Loredana Fraleone
Roma, 25 maggio 2002
da "Liberazione"