Il riordino esalta la formazione professionale gestita per il 90% da enti confessionali o d'emanazione sindacale
L'istruzione sarà selettiva e polarizzata. L'obbligo scolastico abbassato a 15 anni pone l'Italia all'ultimo gradino dei paesi europei.
Scuola, ritorno al passato

Il 12 dicembre 2000 sarà ricordato come un giorno infausto per la scuola italiana: la Camera dei Deputati ha approvato una risoluzione, primo firmatario Mussi (DS), con la quale si dà il placet al "Programma quinquennale di progressiva attuazione della riforma dei cicli scolastici".

La votazione è avvenuta con solo i due terzi dei parlamentari presenti e la risoluzione Mussi è stata approvata con la sola maggioranza relativa di 246 voti.

Una vergogna per un provvedimento che demolisce il sistema scolastico del Paese.

Ma anche dal punto di vista formale si tratta di uno scempio, ad una leggina di sei articoli per riformare l'intero sistema scolastico fa riscontro un piano d'attuazione tutto discorsivo che lascerà la più ampia discrezionalità ai governi futuri di manomettere e manipolare a piacimento, secondo le maggioranze incontrollate, la scuola del nostro paese. A nulla è valsa la Risoluzione Bertinotti che richiamando il grande successo di partecipazione allo sciopero del 7 dicembre contro la legge di riordino dei cicli, "impegnava il governo a adottare ogni iniziativa di propria competenza affinché si giunga all'abrogazione della legge 30 del 2000 sul riordino dei cicli scolastici e al ritiro del programma quinquennale": risoluzione che comunque ha incassato 194 voti a favore.

Filosofia della legge

La legge (n. 30, febbraio 2000) sta dando i suoi malefici frutti: ha abbassato di un anno l'obbligo scolastico, riducendolo a soli nove anni; grazie all'obbligo formativo fino a 18 ha innescato un vertiginoso aumento dei contratti d'apprendistato; ha rafforzato la Formazione Professionale Regionale che è Il settore più anacronistico e scandaloso del sistema formativo nel nostro Paese.

L'obbligo scolastico fino a 18, che è l'unico parametro comune a tutti i sistemi scolastici europei, ridotto a 15 anni ci pone all'ultimo gradino dei sistemi scolastici in compagnia solo del Portogallo.

L'Isfol prevede che i contratti d'apprendistato si moltiplichino per 4-5 volte nei prossimi due anni. La recente riforma dell'apprendistato "consente" che i giovani possano fare gli apprendisti dai 15 ai 24-26 anni. Un bel bottino per le imprese: paghe ridotte, ridotti contributi fiscali e previdenziali, giovani costretti dalla legge che impone l'obbligo formativo anche attraverso l'apprendistato che può durare fino ad 11 anni.

La legge esalta il verminaio della Formazione Professionale che distribuisce soldi pubblici regionali ai Centri professionali gestiti per il 90% da enti confessionali o d'emanazione sindacale, i cui costi per allievo sono in media di 14 milioni l'arino, e il cui valore formativo consiste soprattutto nel promuovere ignoranza e subalternità tra i giovani.

La scuola dell'infanzia

Non manca il rituale richiamo al "riconoscimento sul piano Internazionale", ma non vi ètraccia dei problemi che pure incombono: la solitudine delle insegnanti sole per otto ore con classi di 25/28 bambini dai tre ai sei anni cui si chiedono i compiti impegnativi previsti dagli Orientamenti del '91 senza che sia garantito alcun tempo di compresenza che è una costante dei sistemi prescolastici europei. Nessun richiamo all'accoglienza, agli strumenti e risorse perché non diventino i giorni infernali cui spesso si assiste. E' indiscutibilmente importante e positivo il fatto che si riconosca "il valore fondativo della scuola per l'infanzia" ma non vi è neanche un accenno all'ormai storico obiettivo di rendere l'ultimo anno obbligatorio. Solo nel capitolo sugli organici si parla della graduale generalizzazione della scuola dell'infanzia, ignorando che la grande richiesta di scuola materna è stata, da sempre, caratterizzata da una esplicita richiesta di scuola pubblica e non solo per ragioni economiche.

La scuola di base

E' quella che demolisce più gravemente gli ordinamenti precedenti: la scuola elementare e la scuola media che sono gli ordini di scuola sui quali sì era elaborata una legislazione che, fino ai 1985, era stata l'esito di un formidabile movimento di lotta che sui temi della scuola aveva investito tutta la società nel nostro paese. L'istituzione della scuola media unica e l'abolizione dell'avviamento professionale, i programmi della stessa scuola media, gli organi collegiali, il tempo pieno nella scuola elementare e in misura più ridotta nella scuola media, l'inserimento, l'integrazione delle bambine/i handicappati, l'introduzione della programmazione e delle attività integrative, le Dotazioni Organiche Aggiuntive, fino ai nuovi programmi per la scuola elementare dell'85... altro che abbattimento della scuola gentiliana, si sta realizzando la demolizione delle conquiste di una stagione dì riforme che ha avuto come protagonisti studenti, insegnante lo stesso movimento operaio.

E' disarmante la banalità dell'ipotesi prevalente. Scartate le ipotesi di scansione in due parti del settennio "poiché essa verrebbe ad essere costruita attraverso il semplice accorpamento - per di più ridotto di un anno - delle due scuole oggi esistenti", il governo presenta "un'ipotesi, tra le altre possibili" che può così essere sintetizzata: siccome del settennio i primi due anni sono contigui alla scuola per l'infanzia essi costituiranno la continuità con questo ordine di scuola; gli ultimi due anni sono contigui alla scuola superiore essi saranno propedeutici al ciclo successivo; i tre anni che stanno in mezzo serviranno ad intrecciare i percorsi. C'è, evocato nel testo, un problema vero, quello dell'accentuata discontinuità tra scuola elementare e scuola media e il dato tremendo delle bocciature nella prima media, un tassello importante nella selezione dl classe ancora in atto nella scuola italiana diciamo noi, ma appunto di una mera enunciazione si tratta.

Quello che c'è, imperscrutabilmente, è la cancellazione del Tempo Pieno e la sua sostituzione con un "ampliamento fino ad un massimo di 10 ore" che altro non potrà essere che un ritorno all'ignobile doposcuola per bambini poveri modello anni '50 e '60.

Le superiori

La liceizzazione della scuola superiore con i quattro licei d'area (classico-umanistica, scientifica, tecnica e tecnologica, artistica e musicale) anziché per seguire ad un innalzamento del livello della formazione sembra voler nascondere Il generale abbassamento del livello di formazione dei giovani anche di quelli destinati a proseguire gli studi universitari. L'uso del termine "licei" non è sostenuta da nessun tentativo di individuazione dl uno o più "assi culturali" che motivino ed argomentino le scelte che comunque avvengono in un contesto di percorso formativo abbreviato, più veloce e intrapreso più precocemente. L'assenza nel liceo di area tecnica e tecnologica di un indirizzo di tipo "professionale" intrecciata con il combinato disposto del D. Lvo 112/99 (artt. 140-147) dà ragione a chi paventava il passaggio della Istruzione Professionale Statale armi e bagagli al ruolo dei Centri di Formazione Professionale Regionale. Cosi si sottraggono al percorso scolastico e alla scuola superiore il 20% della popolazione scolastica che attualmente frequenta l'istruzione professionale (500.000 giovani circa) per ghettizzarla ulteriormente nella verminaio della FP regionale, lì sistema si presenta fortemente polarizzato, duale e ferocemente selettivo: da una parte i ragazzini che sempre più numerosi andranno a 15 anni a fare gli apprendisti o i corsi di addestramento professionale, dall'altra gli eletti, sempre dimeno, che potranno aspettare di laurearsi per andare a lavorare.

Chi poi afferma trionfalmente che con la riforma si passa dagli oltre duecento indirizzi della scuola superiore attuale ai futuri 11 indirizzi, bara. Nasconde a se stesso e all'opinione pubblica che la maggior parte dei citati 200 indirizzi andranno a frantumarsi ulteriormente nella Formazione Professionale regionale; che negli stessi 11 indirizzi citati dal Programma (allegato A) ci sono tutti i germi dl una loro moltiplicazione incontenibile considerando anche le vistose assenze nell'elenco proposto e che il 20/40% delle ore a disposizione delle singole scuole, sottratto alla quota nazionale obbligatoria del curricolo, per l'insegnamento delle discipline scelte dalle scuole saranno un elemento non più di un processo di frantumazione ma di vera e propria polverizzazione del sistema scolastico. Operazione, peraltro, già in corso in obbedienza ad un altro diktat della Confindustria: l'abolizione del valore legale dei titoli di studio perché il lavoro e i lavoratori diventino sempre più merce.

Quale futuro

Nell'anno scolastico 1998/99 il 70% (circa 1.800.000 giovani) degli studenti delle scuole superiori frequentava gli Istituti Tecnici, gli Istituti Professionali di Stato, le Scuole e Istituti Magistrali, gli Istituti d'Arte, tutte scuole ed istituti destinati a scomparire quando la riforma sarà andata a regime. Sarà impossibile conseguire i diplomi di geometra, ragioniere, periti (agrario, informatico, elettronico ecc.) alla conclusione del percorso scolastico.

Per raggiungere quei titoli bisognerà frequentare almeno i tre anni della laurea breve o quelli della Formazione Professionale Superiore. Quindi un rinvio di almeno tre anni dell'inserimento lavorativo. Secondo una ricerca dell'lsfol su un campione di 2.500 ventunenni si tratta in grande prevalenza di figli di operai, artigiani, commercianti con una infima presenza di figli imprenditori, liberi professionisti, dirigenti.

Dal punto di vista del titolo di studio tra i padri di questi giovani sono largamente presenti i privi di titoli di studio, i licenziati dalle scuole elementari e dalle medie. Come si vede una chiara connotazione dl classe di questi giovani che con la maturità tecnica e professionale superavano di gran lunga le condizioni sociali e culturali della famiglia di provenienza.

Selezione e polarizzazione

Come sì vede si tratta di giovani nel cui orizzonte formativo e di vita è pressoché esclusa la possibilità di intraprendere degli studi universitari, il carattere professionalizzante della scuola aveva una forza dirimente rispetto all'abbandono degli studi. A 15 anni, concluso l'obbligo scolastico e con l'obbligo formativo fino a 18 anni sancito dalla riforma dei cicli, per la quasi totalità di questi giovani rimarrà l'obbligo coatto dell'apprendistato o della formazione professionale regionale.

Un bel passo indietro nell'assetto culturale e sociale del nostro paese, altro che "superamento dell'impianto gentiliano della nostra scuola superiore", lo spirito classista della riforma Gentile pervade e informa di sé l'impianto di tutto il nuovo sistema formativo.

L'intervento del parlamento

Ma torniamo alla Risoluzione del diessino Mussi, essa approva il Programma quinquennale di progressiva attuazione del riordino dei cicli e ne specifica le scelte, là dove il programma indicava più ipotesi possibili. La Risoluzione, in particolare "impegna il Governo" a:

Due considerazioni importanti si impongono:

Piero Castello
Roma, 31 marzo 2001
dalla rivista "Il bambino e l'acqua sporca"