Befana del Lambro 2003

LA BEFANA NATURALMENTE ... MA LEI NON SA CHI SONO IO

Contributi di diversi autori, disegni di Enrico Mason

Indice:

LA BEFANA, NATURALMENTE di Marco Raimondivai a indice

scopaNoi affermiamo con energia e fantasia: "La Befana naturalmente", Perché?
Perché la civiltà nella quale viviamo, così apparentemente pragmatica e razionale, ha perso o rischia di perdere definitivamente la propria anima.

Cosa sta succedendo? Nell'uomo primitivo, i miti costituiscono e fondano la vita dell'individuo,. Non appena l'eredità mitica viene persa o comincia a disgregarsi a sfaldarsi, l'uomo perde, insieme a un repertorio più o meno ampio di miti, anche la propria anima, cioè la realtà psichica, la possibilità stessa di esistere.
Da qui deriva la paura costante dell'uomo "primitivo" di perdere la propria anima. Lungi dall'essere una manifestazione di mera superstizione, il timore atavico di perdere la propria unità originaria, corporea, emotiva e spirituale, è la percezione diretta e immediata di uno stato conseguente alla perdita del rapporto con un mondo originario espresso e attuato, reso vivente dai miti. La civiltà attuale, violando continuamente non solo la natura, il mondo naturale esteriore, ma anche la propria natura umana, il mondo naturale interiore, produce necessariamente una situazione di contrasto, conflitto, disarmonia che porta ad una progressiva estraniazione da se stessi, a un isolamento sterile, a una inevitabile catastrofe.
"La Befana naturalmente" significa allora ritrovare, nel simbolo-mito-rito della Befana, un racconto vivificante e unificante, e significa assecondare, sviluppare, un processo naturale quale è per l'individuo l'identificarsi con la musica dell'origine, la musica dell'inizio. Non si può imporre dunque la propria musica, ma lasciar riecheggiare la musica originaria. La mitologia, infatti, racconta le origini, e i fatti della mitologia sono il principio di ogni cosa, in quanto risalgono e parlano di un primordiale tempo extratemporale che, attraverso la continua ripetizione mitica e rituale, si qualifica come eterno.
Per Kerenyi, uno storico delle religioni, l'unico modo giusto di comportarsi nei riguardi della mitologia "è quello di lasciar parlare i mitogemi per se stessi e prestar loro semplicemente ascolto". (1972, p.17)
In questo ascoltare puro e semplice, sembra di vedervi adombrato l'essere ingenuo e privo di "sovrastrutture" mentali del bambino che, affascinato e "preso" da un oggetto, da un racconto, da un'immagine, da un animale, da una persona, da un albero ecc. lo vive così com'è nel qui ed ora di quell'unico momento.
La terra è il suolo di dio, in qualunque modo si voglia concepire la divinità, e il "fondare" è il tema mitico per eccellenza se la "fondazione" avviene naturalmente, l'uomo costruisce tanti piccoli mondi rispettosi l'uno dell'altro, come nella comprensione e nell'accoglimento delle diversità individuali e collettive, razziali. Ma se la fondazione si prefigura come una serie di atti violenti o come una radicale incomunicabilità e una mancata accettazione e integrazione dell'altro da sé, allora la fondazione diventa uno "sfondamento", e la natura esteriore e interiore reagisce di conseguenza, con conseguenze disastrose in questo senso.
La Befana interviene con la sua carica e la sua valenza positiva e creativa, uniformandosi al carattere che è proprio dei processi naturali, e cioè la loro ricorrenza, il rimanere identici a se stessi. Il culto ha infatti un valore di ripetizione magica, perché riproduce l'avvenimento cosmico, la ripetizione magica dell'apparire della Befana da una parte riproduce nel presente la sua prima e originaria comparsa nel tempo mitico degli antenati, e dall'altra introduce il rispetto per i processi e gli eventi naturali: l'irruzione della luce nella notte, il tramonto, la fine dell'anno vecchio, e l'alba, l'inizio dell'anno nuovo.

"MA LEI NON SA CHI SONO IO"

La Befana può giustamente domandarsi e domandarci: "Ma lei lo sa chi sono io"?
Nel suo essere al di là e al di qua di ogni definizione, nel suo essere irriducibile a qualsiasi spiegazione o interpretazione, anzi rifuggendo ella stessa da ogni tentativo di limitarla, ingabbiarla, limitarla a uno schema, a un solo simbolo, a una sola idea o immagine, sta tutta la ricchezza del "mitogema" Befana, e il suo misterioso dispiegarsi nel passato, nel presente e nel futuro, nel mondo extratemporale degli antenati, rivissuto continuamente grazie al mito-rito.
In altre parole, c'è sempre uno spazio, una zona, un margine, un petalo di libertà, di diversità, di unicità che si annida e si espande nel cuore, nel centro di tutte le cose, siano esse oggetti, piante, animali, esseri umani, stelle o altro.
Quando crediamo di possedere una cosa o una persona, in realtà non stiamo afferrando o legando proprio niente, al contrario siamo posseduti e legati dallo sola idea di possederlo, siamo cioè posseduti da un miraggio.
Tutto nell'universo parla e ha il diritto di parlare con la stessa e medesima voce, con la stessa possibilità di espressione e la stessa dignità.
Quando l'altro da sé parla, chiunque può ascoltare, e se non ascolta, trascura e ignora con l'altro anche una parte di sé, e soffre dentro di sé questo mancato ascolto. Ecco perché anche un minuscolo granello di sabbia, uno stelo d'erba, un piccolo fiore di campo può rivolgersi senza timore al vento, al sole, all'uomo, all'albero e dire: "Ma lei non sa chi sono io ?". Sono la piccola creatura che parla può farlo con autenticità e libertà, perché solo lei può esprimere il proprio mondo, per quanto piccolo esso sia.
Noi non sappiamo cosa sia la Befana per questo possiamo essere contenti di non saper rispondere alla sua domanda; " Ma lei non sa chi sono io?", perché il fatto di non sapere ci libera dal peso e dalla preoccupazione di dover giudicare, valutare, analizzare, c lascia liberi di ascoltare, di essere ricettivi, di aprirci a quello che verrà, e così facendo, ci sentiamo finalmente di lasciar fare, di lasciar esistere quello che di volta in volta è l'altro da noi, senza più timore di essere minacciati, distrutti o limitati.
La Befana è e non è, è la luce, la notte, madre, strega, è questo e il contrario di questo, è altro. Non possiamo "smascherarla" e il granello di sabbia può parlare ed amare con la stessa dignità e la stessa forza di un gigante.

Carl G. Jung e Kà roly Kerenyi, "Prolegomeni dello studio scientifico della mitologia", Boringhieri, 1972.

SIAMO TUTTI, TUTTE ... BEFANEEE! di Viviana Vitellivai a indice

"E il fine di tutto il nostro esplorare sarà di giungere al punto da cui siamo partiti e di conoscere il luogo per la prima volta"
Anche se il corpo invecchia, si indebolisce e diventa fragile e malato, la protezione dell'anima che lo circonda non cessa di abbracciare con tenerezza questa fragilità.
Che il corpo sia nell'anima è motivo di grande consolazione e sicurezza; quando esso invecchia, se ci accorgiamo di come lo avvolge e se ne prende cura, possiamo liberarci del panico e delle paure che spesso accompagnano l'invecchiamento e acquisire un più profondo sentimento di forza, appartenenza e padronanza.
La più efficace immagine della memoria è l'albero. La sua immensa memoria registra tutto il tempo vissuto nel tessuto del suo legno e dei suoi anelli.
La memoria umana è un tempio interiore di sentimento e sensibilità, al suo interno le diverse esperienze vengono raccolte in base alle emozioni che suscitano e alla loro forma .

"Pensiamo nell'eternità, ma ci muoviamo lentamente nel tempo" (Oscar Wilde)

L'anziano che vive nella Befana assomiglia a un tempio, possiamo aggirarci nelle sue stanze e visitare i giorni felici o momenti difficili in cui siamo cresciuti e migliorati.
La befana è il tempio in cui tutti i frammenti del tempo si riuniscono, in questo modo raggiungiamo l'unità e otteniamo una nuova forza, un equilibrio e un'appartenenza che non ci erano mai stati concessi, quando, distrattamente, lasciavamo scorrere via i nostri giorni. Recarsi in visita al tempio della memoria non è un semplice far ritorno al passato, ma significa risvegliare e integrare tutto quanto ci accade. E' parte del processo di riflessione che dà profondità all'esperienza.
Tutto quanto ci accade è un seme di esperienza che viene piantato, saperla raccogliere è altrettanto importante. La Befana del dono è anche colei che perdona se stessa con indulgenza e tenerezza, la Befana non sarebbe nel nostro immaginario così vecchia se ciò non corrispondesse all'essere bisognosa di tenerezza e quindi luogo della fragilità e generosità.
Quando perdoniamo a noi stessi, le ferite interiori cominciano a guarire e usciamo dall'esilio della sofferenza. Se portiamo questa luce delicata alla sua anima e alle sue ferite, possiamo ottenere una straordinaria guarigione interiore.
Spesso le persone anziane hanno una dolcezza commovente.
L'età non dipende dal tempo cronologico, è legata al temperamento di una persona.
"C'è un posto nell'anima che il tempo non può toccare".
La vecchiaia offre l'opportunità d'integrare e raccogliere le molteplici direzioni che abbiamo seguito.
Spesso in un volto anziano vediamo la bellezza trasparire dietro le rughe; è la visione della bellezza più intensa.

LA BEFANA, NATURALMENTE CON I GIOVANI di Isa Verganivai a indice

schema edizione 2003L'anima delle cose, l'anima del creato, l'Anima, per non perderla, per ritrovarla dove si è perduta, per non smarrirsi nel pensiero logico-razionale che spiega, che incasella, che incatena, per riscoprire quella parte del sé bambino, per far emergere forze perfino a noi sconosciute, per ricollegarci con l'origine, con l'andare del tempo sempre diverso e sempre uguale.
Questa è la Befana, naturalmente: un indefinito/finito che affonda le sue radici nei territori del sogno, della fantasia, della morte e dell'eternità.
Se è vero che la poesia è "emozione pensante" (P.Valduga) dove pensiero ed emozione diventano una cosa sola, leggere la Befana, come tutti i miti-riti del passato, significa scoprirne il senso attraverso il pensiero e vivere la sua realtà, oggi, attraverso l'emozione.
Fatta questa premessa, esiste ancora la possibilità per l'uomo d'oggi, abitante di questo mondo occidentale, di riaffermare che la "conoscenza completa" è capire e sentire insieme, è ricomporre la scissione dell'essere che c'è in noi?
Guardando in faccia gli adolescenti di oggi, in un rapporto quotidiano, scopriamo che non hanno "passioni" perché li abbiamo privati del sacro /magico della vita, abbiamo sviluppato più alcuni aspetti della loro persona, li abbiamo voluti razionali perché abbiamo avuto e abbiamo una paura delle forze che si sprigionano dalle loro emozioni.
Non li abbiamo aiutati a conservare ciò che è istintivo nei bambini piccoli, a vedere cioè il mondo non solo così come è, ma come è possibile immaginarlo.
Abbiamo sostituito alla parola "guardare" la parola "osservare", a "sentire" "capire", a "vivere" "pensare a vivere".
Vorrei spiegare che i termini indicati come significativi, includono, non escludono: il guardare include l'osservare, il sentire il capire, il vivere il pensare a vivere.
Abbiamo infine messo a disposizione dei ragazzi le cose, tante cose, ma abbiamo distrutto i sogni.
E' difficile costruire nei ragazzi l'unità perché gli adulti hanno paura nel rapporto educativo, a mettersi in gioco e si appellano alle certezze di un pensiero razionale che, apparentemente e per un tempo limitato, non tradisce.
Era così, e forse ancora di più, anche nel passato, ma ieri il rapporto con la vita di tutti i giorni, nel suo fluire di bene e di male, di gioia e di dolore, di realtà e di fantasia, era più naturale e meno artefatto.
Oggi, invece, per amare la natura bisogna iscriversi al WWF, per correre è necessario partecipare ad una gara ben organizzata da altri, per fare solidarietà bisogna essere sollecitate da appelli televisivi.
Sarebbe lungo l'elenco di situazioni, non certamente negative per carità, nelle quali è la sovrastruttura che determina ed indirizza le nostre scelte.
Ben vengano allora le feste se ci scoprono a noi stessi, se ci ricollegano al passato, se ci riconducono, attraverso il mitico/sacro, all'eterno.
Non so che cosa sia la Befana, lei lo sa chi sono io, ma, a questo punto non è importante.

LA BEFANA, NATURALMENTE di Ernesto Bossivai a indice

Ai primi rintocchi della mezzanotte, a cavallo della sua scopa, si dirige verso la terra a tutta velocità.
E' il suo momento. Emettendo terribili strilli accompagnati da ghigni diabolici che trapassano il cielo, segnala il periodico appuntamento con la terra.
Il naso rosso e i grandi occhi bianchi mettono in risalto le pupille rosso-azzurre che, nel buio della notte, fendono il cielo come due fari abbaglianti.
Uno stridore di freni si dilata in un acuto stereofonico che trapassa i timpani: e' come l'unghia che gratta sulla lavagna.
Cani e gatti fuggono da tutte le parti con la coda in mezzo alle gambe, terrorizzati. Sbiancati dalla paura. Il pelo dei gatti si rizza in piedi e le zampe pronte ad attaccare chi si avvicina.
Sembra la fine del mondo.
La luna piena presenzia l'evento. Un'ombra si fa gigantesca in un attimo. La luna scompare dietro la sagoma scura della Befana.
La Befana a cavallo della scopa, frenata la veloce corsa, si appresta a scendere sulla riva del fiume.
Sotto l'acqua non si sa che pesci pigliare. Un fuggi fuggi generale, uno svuotamento, una piazza frustata da un vento impietoso.
Il bosco è sottosopra.
Agli animali notturni si aggiungono quelli diurni. Senza parlarsi si guardano domandandosi che cosa stia accadendo.
L'arrivo della Befana è per tutti gli animali un cataclisma.
Interrompe il loro tran tran.
La Befana si dirige con passo sicuro verso un'alta catasta di legna.
Tutta la cittadinanza è presente. Ogni persona ha il suo accendino acceso che agita da destra a sinistra a seguire solennemente l'arrampicata della Befana.
La Befana è radiosa. Il gesto che si appresta a fare è sublime. Implica tutta la sua benevolenza verso gli uomini che bruciandola si sentiranno protetti per tutto l'anno in corso.
E' uno scoppiettare aggressivo. La legna gonfiandosi di vapore esplode. Il crepitio si fa alto, il luogo è rischiarato a giorno. Un dolce tepore rassicura tutti. Si sta compiendo il rito.
Si alzano grandi fiamme gagliarde. Una piccola nube sopra il falò attira l'attenzione di tutti. La nube, mentre il falò esuberante continua a bruciare, si informa e riforma fino a che non si definisce in una sagoma nella quale viene riconosciuta la Befana. A cavallo della scopa sorvola la città, fa un giro attorno al campanile e si libera in volo soddisfatta della missione compiuta.

"MA LEI NON SA CHI SONO IO ?"

La Befana è stata creata dagli uomini per instaurare un rapporto con il divino.
L'arrivo della Befana mette idealmente in relazione il cielo e la terra, il divino e i mortali. E' questa la relazione che per Heidegger sta alla base dell'abitare
"Nel salvare la terra, nell'accogliere il cielo, nell'attendere i divini, nel condurre i mortali avviene l'abitare come il quadruplice aver cura...I mortali abitano in quanto essi salvano la terra...il salvare la terra non la padroneggia e non l'assoggetta....I mortali abitano in quanto accolgono il cielo come cielo. Essi lasciano al sole e alla luna il loro corso, alle stelle lasciano il loro cammino....I mortali abitano in quanto attendono i divini come divini.... Sperando, essi li confrontano con l'inatteso e insperato ...Nella disgrazia, essi attendono ancora la salvezza che si è allontanata da loro.
I mortali abitano in quanto conducono la loro essenza propria - che è l'esser capaci della morte in quanto morte....affinchè sia una buona morte... Non significa porre come fine la morte intesa come vuoto nulla....
Il rapporto dell'uomo ai luoghi e, attraverso i luoghi, agli spazi, risiede nell'abitare. La relazione di uomo e spazio non è null'altro che l'abitare pensato nella sua essenza....lo spazio non è qualcosa che sia di fronte all'uomo. Non è nè oggetto esterno nè un'esperienza interiore.... Che i mortali sono, vuol dire che, abitando, abbracciano spazi e si mantengono in essi sulla base del loro soggiornare...."
Il rispetto dell'universo è la regola affinchè nulla venga lasciato al caso.
IL caso non può essere paradigma del nostro vivere quotidiano.
Idealmente quello che accade è voluto dal Creatore e mediato dagli uomini che possono conservare o distruggere quello che hanno ricevuto in consegna.
" L'amicizia è affinità, l'inimicizia è discordia. Tutto quanto esiste in natura è tenuto assieme dall'affinità, mentre è disgregato dalla discordia"(filosofo antico di Agrigento in "Voces in aevum", Oreste Barjes ed., Roma 1959)
Il valore del mito è costituzionalmente universale e il mito della Befana presuppone la partecipazione attiva di tutti gli esseri viventi al banchetto dell'esistenza.

LA BEFANA IN TV, MI CONSENTA di Mariagrazia Burattivai a indice

“La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, col cappello alla romana viva viva la befana”. Il famoso creativo Mollo, della rete televisiva “Canile 5”, disse chiaro e tondo alla signora Befana che questo slogan é trito e ritrito. “Basta con questo vecchiume, la gente ha bisogno di novità, non di vecchio e scarpe rotte” urlò il signor Mollo, ed aggiunse “adesso ci penso io!”
La signora Befana se ne tornò a casa incurante di tanta villania: era abituata; sentiva spesso la gente usare il suo nome come insulto - sei una Befana!-, ma lei sapeva di poter contare sull'affetto dei bambini, e questo era un gran compenso, così si rimise a preparare i doni per i piccoli.
Il signor Mollo, che aveva contattato la Befana per fare un grande spettacolo, trovò una giovane “velina” , Mascia, e le propose di fare la befana; sotto la sua guida sarebbe proprio diventata famosa. La ragazza accettò all'istante, sicura che tutti avrebbero apprezzato la sua bellezza rispetto a quella vecchia della Befana, “certo mi manca la magia, ma userò dei trucchi, la televisione poi mi aiuterà molto. E' la regina dell'inganno la TV!”. Così la preparazione dello spettacolo dell'Epifania partì; segretarie avvisarono scuole materne, elementari, medie dell'arrivo della Befana in TV.
Stilisti famosi chiamati a raccolta, convennero che i vestiti della signora Befana erano proprio stracci fuorimoda.
I sarti proposero i loro abiti logori, rotti e rattoppati, ma con rammendi creativi e alla moda, e si applicarono per fare non un abito, ma un intero guardaroba.
Arrivò il 6 gennaio e lo spettacolo cominciò.
Tutte le famiglie della città scesero in strada, perché ci sarebbe stato il corteo sino agli Studi televisivi. Arrivò la befana Mascia a bordo di una automobile sportiva rossa, con uno stemma davanti, sembrava un cavallino o una scopa spelacchiata. La befana indossava una minigonna e un giacchino, che lasciava nuda la pancia, di “Versacci” e una borsa di “Arpiedi” piena di doni. Si udiva un gran vociare, i padri e le madri commentavano “bella quell'auto” dicevano alcuni e altri replicavano “é così potente che quasi vola” oppure “poverina si vede che si é fatta il lifting”. I bimbi erano infreddoliti e annoiati: insomma era il solito spettacolo quello che si vede tutti i giorni in Tv. Il freddo e la noia andavano aumentando “Non c' è magia, non c'è la Befana” cominciarono a dire alcuni ragazzi.
Ad un certo punto la gente urlò: “Basta con questo vecchiume!” e si avviarono un po' tristi verso le loro case. Mollo e la befana Mascia disperati tentarono di fermare le persone promettendo regali, ma non sortirono alcun risultato, quindi iniziarono a litigare fra loro. Sembrava dovesse iniziare a piovere e alcune persone alzarono gli occhi per scrutare il cielo, sobbalzarono e dissero di guardare. Ed ecco tutti a naso in sù e a bocca spalancata a guardare lei, splendente più che mai che vola per il cielo, la Befana naturalmente. Per la via si cominciò a cantare “La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte e il vestito alla romana viva viva la Befana”, come vuole la tradizione. E come la tradizione vuole Mollo e Mascia ebbero un bel sacco di carbone!

LA BEFANA BEFANA DEL MONDO E ... PER UN MONDO NUOVO, NATURALMENTE di Alessandro Nobilivai a indice

Si dice: "La saggezza è virtù della vecchiaia", di coloro che hanno attraversato nel corso di lunghi anni, pagine di vita, momenti di gioia, passione, dolore, speranza e, della vita hanno colto i valori fondamentali: amicizia, giustizia, uguaglianza, tolleranza, rispetto e pace. La loro virtù è linfa per far crescere nuove coscienze sensibili ai bisogni fondamentali dell'uomo e dei popoli.
La Befana, col suo fardello di anni, di virtù e di saggezza ci fa dono ogni anno di questi valori.
E, anche quest'anno, un po' più vecchia e con un po' più di fatica, tornerà a bussare alla porta della nostra coscienza, in punta di piedi, per risvegliare in noi quello spirito “bambino” che solo può elevare il nostro spirito e liberare il cuore dai pregiudizi di uomini adulti.
La Befana torna anche per ricordarci che la terra e le sue risorse non sono infinite e che non devono soddisfare solo il “nostro” oggi, ma dovranno essere conservate e consegnate ai nostri figli, che, a loro volta, le dovranno custodire e affidare ai loro figli, e così via.
Purtroppo, cupe nubi di odio, di violenza e di morte si affacciano all'orizzonte, per imprigionare nelle tenebre il cuore degli uomini.
L'impegno a cui la Befana ci chiama, non è certo cosa da poco! Il nostro pianeta è in grave pericolo e, dalla capacità che dimostreremo nel saper custodire e disseminare quei valori di cui la Befana ci fa dono, dipenderà il futuro di un mondo, in cui, popoli, tradizioni, culture, religioni potranno convivere ed arricchirsi delle diversità reciproche.
Purtroppo, le cupe ombre dell'egoismo, del potere, dell'intolleranza e della guerra minacciano quei valori, e il mondo è continuamente ferito nei suoi elementi vitali: terra, aria ed acqua.
Ma dov'è finita la saggezza di cui la Befana ci parla? Non è forse stata soggiogata e imprigionata dal potere e dall'avidità economica dei “padroni del mondo”, che, nel nome di uno sviluppo globale, spremono e consumano risorse che dovrebbero appartenere in eguale misura a tutti i cittadini della terra!
E, la giustizia in nome di quale progresso viene asservita al potere dell'economia globale e dei mercanti della terra?
E, la libertà e i diritti, perché sono un miraggio per molti uomini e popoli, resi schiavi da leggi che violano i più elementari diritti dell'umanità.
E, la pace, è ormai un esercizio per pochi nostalgici che si ostinano a non capire che, i padroni del progresso e della civiltà, nel nome di una “giustizia infinita”, diffondono guerra e morte ovunque.
E' davvero strano questo mondo del terzo millennio!
Ma allora, cara Befana, non ci rimane che la speranza, motore e forza interiore che spinge uomini di popoli e culture diverse a unirsi in un cammino di cambiamento per riaffermare a gran voce le virtù, la saggezza e i valori a di cui tu ci fai dono.
E finché, ogni anno instancabilmente, nonostante il peso degli anni, tornerai a bussare alle nostre coscienze per riaffermare il primato di quei valori, la speranza in un mondo diverso non morirà mai. Anzi, da ogni parte della terra si alzerà sempre più forte il grido di giustizia e i popoli torneranno ad essere padroni della propria storia.

UNA STORIA DELLA BEFANA OVVERO: LA FATA BEFANA È UNA PARCA?
UNA STORIA POLITICAMENTE NON CORRETTA*! di Erminia Gariboldivai a indice

“Cough Cough ... Split!” Tossicchiò e sputacchiò la Befana: “Quale derelitto può tenere il camino spento nella notte dell'Epifania?” Il gatto sul sofà le spiegò:”Miaou!”
Tutto taceva nella casa, ed era buio. La vecchina percorse la cucina piccina e salì le scale per le camere da letto.
Nella prima trovò due bambini abbracciati, addormentatisi sfiniti dal gran piangere la morte della loro mamma.
A lungo la vecchierella li guardò chiedendosi quali doni potessero lenire la sofferenza di quei piccolini. Rimestò nel suo gran sacco, rinvenendo giochi e giochino: non adatti al loro grande dolore!
Allora si fermò a pensare. E si trasfigurò. Riprese la sua immagine di eterna dai capelli turchini, dal cui riso scaturiscono soli e dalle cui mani si liberano uccelli multicolori, e si sdraiò accanto ai bambini. Li accolse nelle sue maniche di campanelli e li avviluppò nel suo mantello di luce.
I piccoli orfani sorrisero nel sonno abbandonandosi all'abbraccio della Fata. Il cuore della Befana rise e nel cielo dell'inverno si disegnarono i mille fili del loro destino.
La Befana si sciolse dolcemente dall'abbraccio dei bimbi, si accoccolò in un angolo della stanza e con un uncinetto leggero ricompose la storia riannodando i fili del loro destino.
...La mattina seguente, i bimbi si svegliarono al profumo di frittelle e col dolce bacio della loro mamma: ma a lungo conservarono il ricordo tenue e malinconico di un sogno vago di solitudine , e di una Fata.

* Per chi non crede nel valore catartico delle favole tristi ed horror “a buon fine”, e vorrebbe - lo stolto! - abolire Biancaneve e Cappuccetto Rosso!

Marco Raimondi, Viviana Vitelli, Isa Vergani, Ernesto Rossi, Mariagrazia Buratti, Alessandro Nobili, Erminia Gariboldi
Agliate (Carate Brianza), 4 gennaio 2003
da "Befana del Lambro" info: befanalambro@libero.it